2007 EUROPEAN YEAR OF EQUAL OPPORTUNITIES FOR ALL
Archivio > Anno 2007 > Febbraio 2007
di Irene PAOLINO
A
Summit europeo sulle pari opportunità svoltosi a Berlino il 30 e 31
gennaio scorso è stato lanciato ufficialmente l’«Anno europeo delle pari
opportunità per tutti». Al Vertice, organizzato dalla Commissione
europea insieme alla presidenza tedesca dell’UE per inaugurare l’Anno
europeo, hanno partecipato 450 delegati provenienti da tutti i paesi
dell’UE, ministri, organizzazioni sindacali, associazioni datoriali,
enti ed organizzazioni non governative che si occupano di pari
opportunità.
L’obiettivo dell’Anno europeo è quello di sensibilizzare i cittadini circa i loro diritti a non essere discriminati, celebrare le diversità e promuovere le pari opportunità in campo economico, sociale, culturale e politico.
Numerose sono le iniziative già cantierizzate e finanziate dalla Commissione sui temi della diversità e delle discriminazioni basate sul genere, la razza o l’origine etnica, l’orientamento sessuale, l’età, le disabilità, la religione o la diversità d’opinione, che serviranno ad avviare ed approfondire il dibattito sui vantaggi della diversità nella società civile. Il budget messo a disposizioni è 15 milioni di euro e servirà per finanziare in particolare una campagna di informazione su scala europea, un sondaggio di Eurobarometro sulla discriminazione e centinaia di iniziative nei 27 Paesi membri oltre che in Norvegia, Islanda e Liechtenstein.
“Per un anno intero insisteremo sulle pari opportunità e sui benefici di una società fondata sulla diversità”, ha sottolineato durante il vertice Vladimir Splida, Commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari sociali e le Pari opportunità. La risorsa più preziosa dell’Europa unita è proprio la ricca diversità dei popoli che la compongono. Eppure sono ancora molti i pregiudizi e gli stereotipi che impediscono ad alcuni cittadini di ricevere un equo trattamento e di vivere una vita senza discriminazioni.
Questo evento cade esattamente nel decimo anniversario dell’“Anno europeo contro il razzismo” e l’introduzione nel Trattato CE dell’art. 13 che consente all’Unione europea di agire contro ogni forma di discriminazione.
In realtà, sin dalla sua creazione, la Comunità europea si è impegnata nella lotta contro le discriminazioni. Alla nascita uno dei suoi compiti più impellenti era, infatti, quello di prevenire le discriminazioni in materia di nazionalità per garantire la libera circolazione dei lavoratori su un continente martoriato da conflitti etnici e nazionalistici. Il Trattato di Amsterdam del 1997 apporta, con l’art. 13, una modifica sostanziale ai trattati precedenti in quanto conferisce nuovi poteri di lotta alle discriminazioni in materia di razza o di origine etnica, di religione o diversità d’opinione, di disabilità, di tendenze sessuali e di età.
In conformità a questo articolo, la strategia dell’UE contro le discriminazioni ha previsto l’emanazione di una direttiva che attua il principio della parità di trattamento tra le persone, indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (Direttiva del Consiglio 2000/43/CE) e di una direttiva che stabilisce il quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (Direttiva del Consiglio 2000/78/CE). Le due direttive definiscono una serie di principi atti a garantire un livello minimo di protezione giuridica contro le discriminazioni valido in tutti i Paesi dell’UE.
La prima, infatti, fornisce una tutela contro le discriminazioni nel campo del diritto all’occupazione, alla formazione, all’istruzione, alla previdenza sociale, alla salute, alla casa, il diritto di accesso a beni e servizi realizzando il principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; contiene la definizione di discriminazione diretta ed indiretta, molestie e ritorsioni; contempla il diritto di presentare una denuncia attraverso una procedura giudiziaria o amministrativa e dispone l’istituzione in ogni Stato membro di un ente preposto alla promozione della parità di trattamento e a fornire assistenza alle vittime di discriminazione.
La seconda comprende disposizioni identiche alla prima per quanto riguarda le definizioni di discriminazione, ricorso alla giustizia, ma realizza il principio della parità di trattamento nel campo dell’occupazione e della formazione indipendentemente dalla religione o convinzioni personali, dalle tendenze sessuali, dall’età e dalla disabilità, consentendo pochissime eccezioni al principio.
Tutti gli Stati membri avrebbero dovuto recepire e implementare le direttive antidiscriminazione nell’ordinamento nazionale entro il 19 luglio 2003 per le norme sull’uguaglianza razziale, entro il 2 dicembre 2003 per le norme sulle tendenze sessuali, sull’età, sulla religione, sulle convinzioni personali, sulle disabilità. In realtà, in merito ai provvedimenti in materia di discriminazioni relative all’età e alle disabilità è stato previsto che gli Stati membri potessero richiedere una proroga sino alla fine del 2006 per allineare il proprio sistema legislativo.
Le due direttive europee 2000/43/CE e 2000/78/CE sono state recepite nella normativa italiana rispettivamente con il De-creto legislativo n. 215 del 9 luglio 2003 entrato in vigore il 28 agosto dello stesso anno, e con il Decreto legislativo n. 216 del 9 luglio 2003.
Nei decreti attuativi sono state inserite le definizioni di discriminazione diretta ed indiretta previste dalle direttive europee e sono state disciplinate le eccezioni al principio di parità di trattamento contenute nella normativa europea. Inoltre, grazie ad uno strumento previsto nell’art. 44 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (D. Leg. 25 luglio 1998 n. 286), il decreto legislativo permette di agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni anche attraverso le rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale o, per quanto attiene le discriminazioni razziali, attraverso le associazioni e gli enti inseriti in un apposito elenco approvato con decreto dei Ministri del Welfare e delle Pari opportunità.
Sono stati previsti, inoltre, ampi poteri per il giudice che può provvedere al risarcimento del danno anche non patrimoniale, ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio e l’adozione di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nel novembre 2004 è stato creato dal Ministero per le Pari opportunità l’Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali.
Di recente, sulla base dell’art. 13 succitato, è stata adottata un’altra direttiva (Direttiva 2004/113/CE) che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura.
Queste leggi sono importantissime, ma da sole non sono sufficienti per porre fine alle discriminazioni. Per sostenere i progetti di lotta contro le discriminazioni, fu istituito nel 2000 un Programma d’Azione comunitario per il periodo 2001-2006 (Decisione 2000/750/CE), con l’obiettivo di combattere nella pratica gli atteggiamenti e le prassi discriminatorie elencate all’art. 13 del Trattato. Il programma prevedeva tre ambiti prioritari:
– migliorare la conoscenza e la valutazione delle discriminazioni nell’UE analizzando l’efficacia delle misure adottate;
– contribuire a costruire le capacità delle organizzazioni impegnate nella lotta alle discriminazioni;
– sensibilizzare verso i temi della discriminazione e delle opportunità offerte dalla diversità diffondendo valori e pratiche che sottendono la lotta contro le discriminazioni.
Per il prossimo periodo di programmazione 2007-2013 è stato istituito un nuovo programma d’azione denominato Progress, che in realtà riunisce numerosi programmi europei attualmente esistenti, e continuerà a finanziare iniziative e campagne di informazione su vasta scala sulle norme antidiscriminatorie.
Le principali tematiche proposte dalla Commissione per il 2007 sono:
- diritti: aumentare la consapevolezza sul diritto all’eguaglianza e alla non-discriminazione;
- rappresentatività: stimolare il dibattito sui mezzi per aumentare la partecipazione dei gruppi vittime di discriminazioni nella società;
- riconoscimento: favorire e celebrare la diversità e l’uguaglianza;
- rispetto e tolleranza: promuovere una società più coesa ed integrata.
La discriminazione rappresenta il portato di complessi intrecci storici, culturali, economici e sociali ed è un problema legato strettamente al cambiamento di atteggiamenti e di valori. Per questo occorre migliorare la conoscenza e la comprensione delle problematiche discriminatorie e considerare le diversità come una delle risorse competitive che permette di sviluppare nell’UE un’area di libertà, giustizia e sicurezza.
Sul nuovo sito web dedicato all’Anno europeo sono stati pubblicati i risultati di un’indagine dell’UE sulla lotta contro la discriminazione. In base all’indagine – effettuata in preparazione dell’Anno europeo – più della metà degli europei (51%) pensa che non si faccia abbastanza per combattere la discriminazione, i pregiudizi, l’intolleranza e le disuguaglianze nei loro paesi e la maggior parte degli interpellati ritiene anche che la discriminazione sia ampiamente diffusa (64%).
La discriminazione ha conseguenze deleterie sulla vita delle persone, ma comporta anche ripercussioni economiche per la società civile e per l’intera economia. Dall’inchiesta condotta dalla Commissione, emerge che l’83% delle imprese che hanno predisposto politiche in materia di diversità afferma di averne tratto vantaggi: fruizione di forze di lavoro più innovative, maggiori motivazioni per il personale, possibilità di attingere da un più ampio bacino di potenziali dipendenti.
Dall’’indagine si evidenzia che le norme contro la discriminazione sono ancora poco note nell’UE - solo un terzo dei cittadini dichiara di conoscere i propri diritti in caso di discriminazioni o molestie.
Per questa ragione gli obiettivi principali dell’Anno europeo consisteranno nell’informare i cittadini dei loro diritti, nel promuovere le pari opportunità per tutti e nell’evidenziare i vantaggi della diversità. Per raggiungere i cittadini, la campagna sarà notevolmente decentralizzata e le attività saranno organizzate a livello comunale, regionale e nazionale.
Saranno organizzate diverse attività, tra cui premi per la diversità nella vita lavorativa, destinati alle imprese pubbliche e private che compiono sforzi concreti per combattere la discriminazione, concorsi per le scuole, che prevedono composizioni sui temi del rispetto e della tolleranza, formazione, destinata ai media, sulla lotta contro la discriminazione.
Le manifestazioni coinvolgeranno le persone e le organizzazioni maggiormente interessate al successo dell’anno: sindacati, datori di lavoro, ONG, associazioni di giovani, organizzazioni che rappresentano le persone vittime di disuguaglianze così come autorità locali e regionali. L’approccio decentralizzato dell’Anno europeo consentirà di portare avanti le attività anche dopo l’Anno, con un impatto duraturo sul terreno.
Il sito web costituirà un importante mezzo di comunicazione, in quanto potrà fornire informazioni aggiornate sulle iniziative, fungere da fonte d’ispirazione per altre attività e promuovere la formazione di reti.
Per garantire l’impatto a lungo termine dell’Anno europeo il nuovo programma dell’UE per l’occupazione e la solidarietà, Progress, riprenderà le idee migliori sviluppate durante l’Anno. I nuovi approcci, le nuove idee e il nuovo slancio dell’Anno europeo contribuiranno a rafforzare l’impegno dell’UE nel campo della parità e della non discriminazione.
Link alla sintesi di Eurobarometro:
http://ec.europa.eu/employment_social/news/2007/jan/euro_baro_summary_en.pdf
Link al sito web dell’AEPO: http://equality2007.europa.eu
Link al Vertice di Berlino sulla parità:
http://ec.europa.eu/employment_social/eyeq/index.cfm?&page_id=95
L’obiettivo dell’Anno europeo è quello di sensibilizzare i cittadini circa i loro diritti a non essere discriminati, celebrare le diversità e promuovere le pari opportunità in campo economico, sociale, culturale e politico.
Numerose sono le iniziative già cantierizzate e finanziate dalla Commissione sui temi della diversità e delle discriminazioni basate sul genere, la razza o l’origine etnica, l’orientamento sessuale, l’età, le disabilità, la religione o la diversità d’opinione, che serviranno ad avviare ed approfondire il dibattito sui vantaggi della diversità nella società civile. Il budget messo a disposizioni è 15 milioni di euro e servirà per finanziare in particolare una campagna di informazione su scala europea, un sondaggio di Eurobarometro sulla discriminazione e centinaia di iniziative nei 27 Paesi membri oltre che in Norvegia, Islanda e Liechtenstein.
“Per un anno intero insisteremo sulle pari opportunità e sui benefici di una società fondata sulla diversità”, ha sottolineato durante il vertice Vladimir Splida, Commissario europeo per l’Occupazione, gli Affari sociali e le Pari opportunità. La risorsa più preziosa dell’Europa unita è proprio la ricca diversità dei popoli che la compongono. Eppure sono ancora molti i pregiudizi e gli stereotipi che impediscono ad alcuni cittadini di ricevere un equo trattamento e di vivere una vita senza discriminazioni.
Questo evento cade esattamente nel decimo anniversario dell’“Anno europeo contro il razzismo” e l’introduzione nel Trattato CE dell’art. 13 che consente all’Unione europea di agire contro ogni forma di discriminazione.
In realtà, sin dalla sua creazione, la Comunità europea si è impegnata nella lotta contro le discriminazioni. Alla nascita uno dei suoi compiti più impellenti era, infatti, quello di prevenire le discriminazioni in materia di nazionalità per garantire la libera circolazione dei lavoratori su un continente martoriato da conflitti etnici e nazionalistici. Il Trattato di Amsterdam del 1997 apporta, con l’art. 13, una modifica sostanziale ai trattati precedenti in quanto conferisce nuovi poteri di lotta alle discriminazioni in materia di razza o di origine etnica, di religione o diversità d’opinione, di disabilità, di tendenze sessuali e di età.
In conformità a questo articolo, la strategia dell’UE contro le discriminazioni ha previsto l’emanazione di una direttiva che attua il principio della parità di trattamento tra le persone, indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (Direttiva del Consiglio 2000/43/CE) e di una direttiva che stabilisce il quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (Direttiva del Consiglio 2000/78/CE). Le due direttive definiscono una serie di principi atti a garantire un livello minimo di protezione giuridica contro le discriminazioni valido in tutti i Paesi dell’UE.
La prima, infatti, fornisce una tutela contro le discriminazioni nel campo del diritto all’occupazione, alla formazione, all’istruzione, alla previdenza sociale, alla salute, alla casa, il diritto di accesso a beni e servizi realizzando il principio della parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; contiene la definizione di discriminazione diretta ed indiretta, molestie e ritorsioni; contempla il diritto di presentare una denuncia attraverso una procedura giudiziaria o amministrativa e dispone l’istituzione in ogni Stato membro di un ente preposto alla promozione della parità di trattamento e a fornire assistenza alle vittime di discriminazione.
La seconda comprende disposizioni identiche alla prima per quanto riguarda le definizioni di discriminazione, ricorso alla giustizia, ma realizza il principio della parità di trattamento nel campo dell’occupazione e della formazione indipendentemente dalla religione o convinzioni personali, dalle tendenze sessuali, dall’età e dalla disabilità, consentendo pochissime eccezioni al principio.
Tutti gli Stati membri avrebbero dovuto recepire e implementare le direttive antidiscriminazione nell’ordinamento nazionale entro il 19 luglio 2003 per le norme sull’uguaglianza razziale, entro il 2 dicembre 2003 per le norme sulle tendenze sessuali, sull’età, sulla religione, sulle convinzioni personali, sulle disabilità. In realtà, in merito ai provvedimenti in materia di discriminazioni relative all’età e alle disabilità è stato previsto che gli Stati membri potessero richiedere una proroga sino alla fine del 2006 per allineare il proprio sistema legislativo.
Le due direttive europee 2000/43/CE e 2000/78/CE sono state recepite nella normativa italiana rispettivamente con il De-creto legislativo n. 215 del 9 luglio 2003 entrato in vigore il 28 agosto dello stesso anno, e con il Decreto legislativo n. 216 del 9 luglio 2003.
Nei decreti attuativi sono state inserite le definizioni di discriminazione diretta ed indiretta previste dalle direttive europee e sono state disciplinate le eccezioni al principio di parità di trattamento contenute nella normativa europea. Inoltre, grazie ad uno strumento previsto nell’art. 44 del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (D. Leg. 25 luglio 1998 n. 286), il decreto legislativo permette di agire in giudizio per il riconoscimento della sussistenza di una delle discriminazioni anche attraverso le rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale o, per quanto attiene le discriminazioni razziali, attraverso le associazioni e gli enti inseriti in un apposito elenco approvato con decreto dei Ministri del Welfare e delle Pari opportunità.
Sono stati previsti, inoltre, ampi poteri per il giudice che può provvedere al risarcimento del danno anche non patrimoniale, ordinare la cessazione del comportamento, della condotta o dell’atto discriminatorio e l’adozione di un piano di rimozione delle discriminazioni accertate. Nel novembre 2004 è stato creato dal Ministero per le Pari opportunità l’Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali.
Di recente, sulla base dell’art. 13 succitato, è stata adottata un’altra direttiva (Direttiva 2004/113/CE) che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura.
Queste leggi sono importantissime, ma da sole non sono sufficienti per porre fine alle discriminazioni. Per sostenere i progetti di lotta contro le discriminazioni, fu istituito nel 2000 un Programma d’Azione comunitario per il periodo 2001-2006 (Decisione 2000/750/CE), con l’obiettivo di combattere nella pratica gli atteggiamenti e le prassi discriminatorie elencate all’art. 13 del Trattato. Il programma prevedeva tre ambiti prioritari:
– migliorare la conoscenza e la valutazione delle discriminazioni nell’UE analizzando l’efficacia delle misure adottate;
– contribuire a costruire le capacità delle organizzazioni impegnate nella lotta alle discriminazioni;
– sensibilizzare verso i temi della discriminazione e delle opportunità offerte dalla diversità diffondendo valori e pratiche che sottendono la lotta contro le discriminazioni.
Per il prossimo periodo di programmazione 2007-2013 è stato istituito un nuovo programma d’azione denominato Progress, che in realtà riunisce numerosi programmi europei attualmente esistenti, e continuerà a finanziare iniziative e campagne di informazione su vasta scala sulle norme antidiscriminatorie.
Le principali tematiche proposte dalla Commissione per il 2007 sono:
- diritti: aumentare la consapevolezza sul diritto all’eguaglianza e alla non-discriminazione;
- rappresentatività: stimolare il dibattito sui mezzi per aumentare la partecipazione dei gruppi vittime di discriminazioni nella società;
- riconoscimento: favorire e celebrare la diversità e l’uguaglianza;
- rispetto e tolleranza: promuovere una società più coesa ed integrata.
La discriminazione rappresenta il portato di complessi intrecci storici, culturali, economici e sociali ed è un problema legato strettamente al cambiamento di atteggiamenti e di valori. Per questo occorre migliorare la conoscenza e la comprensione delle problematiche discriminatorie e considerare le diversità come una delle risorse competitive che permette di sviluppare nell’UE un’area di libertà, giustizia e sicurezza.
Sul nuovo sito web dedicato all’Anno europeo sono stati pubblicati i risultati di un’indagine dell’UE sulla lotta contro la discriminazione. In base all’indagine – effettuata in preparazione dell’Anno europeo – più della metà degli europei (51%) pensa che non si faccia abbastanza per combattere la discriminazione, i pregiudizi, l’intolleranza e le disuguaglianze nei loro paesi e la maggior parte degli interpellati ritiene anche che la discriminazione sia ampiamente diffusa (64%).
La discriminazione ha conseguenze deleterie sulla vita delle persone, ma comporta anche ripercussioni economiche per la società civile e per l’intera economia. Dall’inchiesta condotta dalla Commissione, emerge che l’83% delle imprese che hanno predisposto politiche in materia di diversità afferma di averne tratto vantaggi: fruizione di forze di lavoro più innovative, maggiori motivazioni per il personale, possibilità di attingere da un più ampio bacino di potenziali dipendenti.
Dall’’indagine si evidenzia che le norme contro la discriminazione sono ancora poco note nell’UE - solo un terzo dei cittadini dichiara di conoscere i propri diritti in caso di discriminazioni o molestie.
Per questa ragione gli obiettivi principali dell’Anno europeo consisteranno nell’informare i cittadini dei loro diritti, nel promuovere le pari opportunità per tutti e nell’evidenziare i vantaggi della diversità. Per raggiungere i cittadini, la campagna sarà notevolmente decentralizzata e le attività saranno organizzate a livello comunale, regionale e nazionale.
Saranno organizzate diverse attività, tra cui premi per la diversità nella vita lavorativa, destinati alle imprese pubbliche e private che compiono sforzi concreti per combattere la discriminazione, concorsi per le scuole, che prevedono composizioni sui temi del rispetto e della tolleranza, formazione, destinata ai media, sulla lotta contro la discriminazione.
Le manifestazioni coinvolgeranno le persone e le organizzazioni maggiormente interessate al successo dell’anno: sindacati, datori di lavoro, ONG, associazioni di giovani, organizzazioni che rappresentano le persone vittime di disuguaglianze così come autorità locali e regionali. L’approccio decentralizzato dell’Anno europeo consentirà di portare avanti le attività anche dopo l’Anno, con un impatto duraturo sul terreno.
Il sito web costituirà un importante mezzo di comunicazione, in quanto potrà fornire informazioni aggiornate sulle iniziative, fungere da fonte d’ispirazione per altre attività e promuovere la formazione di reti.
Per garantire l’impatto a lungo termine dell’Anno europeo il nuovo programma dell’UE per l’occupazione e la solidarietà, Progress, riprenderà le idee migliori sviluppate durante l’Anno. I nuovi approcci, le nuove idee e il nuovo slancio dell’Anno europeo contribuiranno a rafforzare l’impegno dell’UE nel campo della parità e della non discriminazione.
Link alla sintesi di Eurobarometro:
http://ec.europa.eu/employment_social/news/2007/jan/euro_baro_summary_en.pdf
Link al sito web dell’AEPO: http://equality2007.europa.eu
Link al Vertice di Berlino sulla parità:
http://ec.europa.eu/employment_social/eyeq/index.cfm?&page_id=95