IV FORUM MONDIALE SULL'ACQUA. L'UE CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE
Archivio > Anno 2006 > Maggio 2006
di Micaela FALCONE
Ogni
giorno 6000 bambini muoiono per disidratazione, mancanza di igiene e
ingestione di acqua non potabile”: questo il dato più allarmante emerso
durante il IV Forum mondiale sull’Acqua svoltosi a Città del Messico tra
il 18 e il 22 marzo scorso, organizzato dal Consiglio mondiale
dell’Acqua (ente privato creato nel 1996 dalla Banca mondiale) sul tema
“Local Actions for a Global Challenge”, secondo gli impegni assunti
nell’ambito del Plan of Action redatto nel 2002 durante il Vertice
mondiale sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg e recentemente
riconfermati nel quadro dei Millennuim Goals.
Il Forum, che ha visto la partecipazione di un elevatissimo numero di Stati, governi, organizzazioni internazionali e imprese nonché la mobilitazione di numerose associazioni non governative, esperti e tecnici di settore, ha trattato i temi-problemi legati alla crisi mondiale dell’acqua sollevati da recenti relazioni delle Nazioni Unite e dell’Unesco in materia di depauperamento, gestione e distribuzione delle risorse idriche del pianeta.
Secondo i dati presentati, più di un quinto della popolazione mondiale non ha accesso diretto all’acqua potabile ed il 40% della stessa non dispone di servizi igienico-sanitari di base. Le malattie legate al consumo di acqua contaminata rappresentano la causa principale della mortalità infantile nei paesi più poveri dell’Africa e dell’Asia meridionale e orientale, minacciando ogni giorno la sopravvivenza di oltre 8 milioni di esseri umani e pregiudicando bisogni sociali fondamentali dell’infanzia quali l’istruzione e il diritto di crescere, apprendere e vivere con dignità.
L’uso eccessivo delle risorse idriche nei centri urbani e nel settore agricolo (rilevato sulla base di uno studio prodotto dal Global International Water Assessment delle N.U.), slegato da appropriati criteri di gestione e distribuzione, impone interventi immediati che invertano le attuali tendenze di consumo nei paesi più ricchi, dovute non solo alla insufficienza di norme e strategie adeguate ma, in larga parte, anche alla mancanza di consapevolezza ed educazione dei cittadini. Occorrono interventi fondati su una nuova consapevolezza secondo la quale l’acqua non può più essere considerata una risorsa inesauribile ma piuttosto, proprio a causa delle attività umane che nel tempo ne hanno ostacolato il ciclo, una risorsa “finita” e sempre meno accessibile, e come tale assolutamente preziosa, da difendere, risparmiare e valorizzare ai fini della sopravvivenza non solo delle aree meno sviluppate ma dell’intero pianeta.
Si tratta di una sfida globale che assume il carattere di una vera e propria emergenza sociale che, in quanto tale, ha sollevato un acceso dibattito tra i rappresentanti dei governi presenti al Forum in Messico, soprattutto con riferimento al rapporto delle N.U. secondo il quale solo il 12% dei Paesi coinvolti ha sviluppato una gestione integrata delle risorse idriche e idonei piani di efficienza dell’acqua, nonostante il Summit delle N.U. del 2002 sullo Sviluppo Sostenibile li avesse dati per avviati entro il 2005.
L’evidente ritardo rilevato durante il Forum determinerà lo slittamento del 7° obiettivo di sviluppo del Millennio fissato a Johannesburg che mirava a dimezzare il numero delle persone private dell’accesso all’acqua potabile entro il 2015 sulla base di un piano di investimenti individuato tra gli 8 e i 25 miliardi di euro all’anno. Tra le cause principali di tale ritardo, che frena notevolmente la possibilità di accesso all’acqua per le popolazioni povere del pianeta, va ricondotta l’assenza di sufficienti risorse finanziarie impiegate per risolvere il problema. Negli ultimi anni, da quando cioè è emersa con forza l’esigenza di investimenti specifici di settore, il Programma ufficiale di sviluppo (ODA) per le risorse idriche ha stanziato ingenti fondi e molteplici prestiti per i Paesi in via di sviluppo (PVS), dei quali fondi però appena il 12% circa ha raggiunto i più bisognosi di aiuto e solo il 10% si è orientato a supportare lo sviluppo di politiche, pianificazioni e programmi integrati relativi alla risorsa idrica.
Affinchè l’impegno internazionale ad oggi profuso consenta di raggiungere risultati più rapidi ed efficaci pertanto è prioritario finalizzare meglio le risorse, consentendo un maggiore e concreto controllo della loro utilizzazione attraverso il coinvolgimento della società civile accanto ai responsabili politici, sulla base di un approccio fondato sulla collaborazione internazionale.
In tal senso l’Unione europea, in occasione del Forum, ha rinnovato il proprio impegno per la soluzione della crisi idrica mondiale stanziando 178 milioni di euro (che si sommano ad una prima tranche di 230 milioni di euro in precedenza destinati alla realizzazione di progetti finalizzati agli obiettivi di sviluppo del Millennio), che provengono dalle risorse a disposizione del Fondo europeo per l’acqua - il programma dell’UE per promuovere l’accesso all’acqua pulita e salubre per le popolazioni dei PVS.
Larga parte di questo fondo è destinata al finanziamento del Programma quadro di ricerca dell’UE che, supportando attività volte a individuare più avanzate forme di gestione delle risorse idriche, rappresenta l’indispensabile punto di partenza dei processi decisionali volti a ottenere risultati socialmente accettabili in tema di riorganizzazione e distribuzione dell’acqua, spesso consentendo di conciliare i tradizionali metodi utilizzati dalle popolazioni locali con le maggiori conquiste scientifiche e tecnologiche dell’era moderna. Alcuni dei più significativi progetti presentati dall’UE in Messico riguardano il ripristino dei sistemi di raccolta e distribuzione delle acque nelle aree desertiche dell’Africa e del Medio oriente e il miglioramento della gestione delle risorse idriche nei centri urbani in crescita dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina.
Attraverso l’importante contributo fornito in occasione del Forum mondiale, l’UE ha confermato il proprio ruolo di primo piano nel panorama internazionale in tema di sostegno allo sviluppo e di cooperazione scientifica in materia di acqua. Già dal 2002, infatti, con il lancio a Johannesburg dell’iniziativa “Acqua per la vita” (basata su finanziamenti, parternariati, ricerca e collaborazioni), l’UE rappresenta il maggiore donatore mondiale di fondi per fronteggiare la crisi idrica e l’assenza di condizioni igienico-sanitarie di base. Nel 2003, inoltre, il Parlamento ha adottato una risoluzione sulla gestione delle risorse idriche nei Paesi in via di sviluppo (GU C 76 E del 25.3.2004) e nel 2004 il Consiglio ha creato un Fondo ACP-Ue per l’acqua con uno stanziamento di 500 milioni di euro.
L’impegno dell’UE non si indirizza, tuttavia, solo al sostegno dei paesi meno sviluppati, ma comprende numerose importanti iniziative interne basate su nuovi indirizzi politici e progetti innovativi tesi a migliorare la qualità dell’acqua sul suo territorio. Sin dal 1995, infatti, l’Unione europea ha adottato un approccio globale alla gestione delle acque fino all’adozione, nel 2000, della Direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60/CE) per promuovere l’uso sostenibile delle risorse idriche, garantire la coerenza delle politiche di settore, gestire in maniera integrata i bacini idografici, curare aspetti geomorfologici, idrologici ed ecologici, tutelare gli ecosistemi e coinvolgere i cittadini.
Ma gli interventi interni esigono un coordinamento anche sul piano internazionale dal momento che l’approvvigionamento di acqua potabile, la tutela delle risorse e della salute sono questioni che, con problematiche differenti, interessano tutti i paesi del pianeta.
Per questa ragione, al fine di sensibilizzare i decisori politici internazionali e la società civile, il Parlamento europeo, in occasione del Forum mondiale dell’Acqua, ha varato una Risoluzione che, facendo propri numerosi principi e proposte sostenute in questi anni dal Contratto Mondiale dell’Acqua, afferma l’importanza della difesa politica e culturale dell’acqua come bene comune e, come tale, riconosce che l’accesso all’acqua potabile riveste il carattere di un vero e proprio diritto umano fondamentale.
Sulla base di tale Risoluzione la Commissione europea è stata invitata dal Parlamento a negoziare, in sede internazionale, il riconoscimento di tale diritto e di proporre un Trattato internazionale sull’acqua nel quale l’acqua sia definita “servizio pubblico universale”, in tal modo condannando la privatizzazione delle risorse idriche nel tentativo di arrestare la attuale tendenza delle grandi multinazionali del settore e delle politiche discutibili di governi e organismi internazionali che le assecondano. Si tratta di un documento che delinea una posizione europea in netto contrasto con le conclusioni del recente vertice del WTO di Hong Kong (dicembre 2005), nel quale si è trattato il tema della privatizzazione e dell’inserimento della distribuzione dell’acqua negli accordi Gats sul commercio dei servizi, nella prospettiva di assimilare l’acqua a una semplice merce soggetta alle leggi di mercato.
Tuttavia, la questione di fondo rispetto all’esigenza - condivisibile in via di principio - di una gestione pubblica delle risorse idriche da contrapporre alla prospettiva della privatizzazione porta a chiedersi chi, se non i privati (enti o multinazionali), possa soddisfare l’immenso fabbisogno economico necessario per garantire effettivamente l’approvvigionamento idrico in quantità e qualità idonea per tutti, stando la crisi finanziaria dei principali paesi sviluppati, le cui le risorse pubbliche non sono minimamente sufficienti a finanziare i piani di ammodernamento delle reti idriche nazionali, ormai inadeguate e obsolete in quasi tutte le regioni.
Sul tema della privatizzazione, i partecipanti al Forum hanno respinto l’accusa di voler mercificare le risorse idriche, introducendo piuttosto argomenti quali “partecipazione” e “decentralizzazione”, che tuttavia poco si discostano dall’idea di considerare l’acqua quale necessità da soddisfare mediante un servizio. Questa posizione emerge con chiarezza dalla Dichiarazione finale ministeriale del Forum, che tuttavia dai più è stata giudicata priva di contenuti in grado di contribuire concretamente alla soluzione della crisi idrica mondiale. In essa, infatti, a fronte di una incisiva esortazione alla collaborazione internazionale e allo scambio di informazioni e buone pratiche in grado di rafforzare gli sforzi di implementazione diretti al raggiungimento degli obiettivi in materia di approvvigionamento e depurazione, mancano espliciti riferimenti all’acqua quale diritto umano inalienabile.
Per tale ragione, alcuni Stati (Venezuela, Messico, Bolivia, Cuba, Uruguay) si sono opposti alla redazione del predetto documento ed hanno sottoscritto una Dichiarazione complementare nella quale si afferma che “l’accesso all’acqua nella qualità, quantità ed equità costituisce un diritto fondamentale dell’uomo”, si sollecitano la collaborazione e l’impegno a tutti i livelli al fine di riconoscere e rendere effettivo questo diritto e si esprime “profonda preoccupazione sui possibili impatti negativi che qualsiasi strumento internazionale – come i Trattati di Libero Commercio – può avere sulle risorse idriche”, riaffermando altresì “il diritto sovrano di ogni paese a regolare l’acqua in tutti gli usi e servizi”.
La privatizzazione e l’accesso all’acqua salubre quale diritto inalienabile di ciascun individuo hanno costituito anche il tema principale del Forum alternativo promosso in contemporanea a Città del Messico dal WWF che, contrapponendosi al foro ufficiale, ha creato un fronte comune (cui hanno aderito attivisti e organizzazione di più di 40 paesi) per la difesa del diritto all’acqua.
Questi ultimi hanno elaborato una Dichiarazione che presenta una piattaforma unitaria articolata in una serie di iniziative locali e di progetti diretti alla creazione di un quadro normativo internazionale che garantisca la gestione pubblica delle risorse idriche e promuova una serie di campagne contro l’appropriazione e la mercificazione dell’acqua, oltre alla moltiplicazione dei tribunali dell’acqua in tutti i paesi. Ulteriore obiettivo posto dal Forum alternativo consiste nell’obbligare governi ed imprese a riparare i danni provocati alla salute umana e agli ecosistemi, promuovendo campagne informative sul corretto uso dell’acqua e favorendo tecnologie pulite, impianti di potabilizzazione e riciclaggio.
Il carattere di emergenza della crisi idrica mondiale, che minaccia non soltanto lo sviluppo sostenibile, ma la salute e la stessa sopravvivenza di intere popolazioni solleva un allarmante problema di giustizia sociale e determina un enorme rischio per la pace e la sicurezza, proprio in ragione delle forti tensioni presenti in molte regioni attorno al controllo delle sorgenti. Politologi ed esperti di settore hanno più volte manifestato profonda preoccupazione circa possibili guerre e conflitti che già stanno scoppiando per la gestione di una risorsa che rischia di divenire sempre meno disponibile ed accessibile. Attualmente, infatti, si contano più di 50 conflitti locali tra Stati per cause legate alla proprietà, alla spartizione e all’utilizzo dei bacini idrografici comuni a più paesi.
Le risorse idriche vanno considerate una fonte di vita piuttosto che una fonte di lucro e, pertanto, occorre diffondere un’etica universale dell’acqua ed acquisire la chiara consapevolezza che l’acqua non può essere assimilata a qualsiasi altro bene economico, ma deve essere garantita in egual modo a tutte le popolazioni del pianeta per assicurarne sopravvivenza e benessere.
Sulla base dei precedenti Forum mondiali dell’acqua (Marrakech 1997, L’Aja 2000 e Kyoto 2003) ed in aperto contrasto con alcune dichiarazioni conclusive degli stessi (si pensi alla Dichiarazione conclusiva de L’Aja che sancisce la vittoria della concezione dell’acqua come bene di mercato e non come diritto umano e sociale inalienabile), la Risoluzione approvata dal Parlamento europeo ribadisce la posizione dell’UE a favore di una politica di pace strettamente connessa ai principi di giustizia sociale, che pongono al centro il diritto alla vita di ogni essere umano. Diritto alla vita e al benessere che, attraverso la tutela qualitativa della risorsa idrica e la sua salvaguardia quantitativa, rappresenta un obiettivo fondamentale dell’impegno politico europeo. A tale scopo la Risoluzione afferma con forza il valore dell’acqua come bene comune e la responsabilità di tutti i decisori politici chiamati a sostenerne la regolazione pubblica quale modello partecipato di governo del territorio. Le autorità locali sono investite di un ruolo fondamentale nella gestione dell’acqua sulla base di una strategia di sviluppo coerente e intersettoriale, comprensiva anche di altri settori quali la sanità, l’istruzione, le infrastrutture, il potenziamento delle capacità e la buona governance, nonché le strategie di sviluppo sostenibile.
Su invito del Parlamento, la Commissione europea ha anche proposto la creazione di una Agenzia di coordinamento sull’acqua sotto la diretta responsabilità delle Nazioni Unite, evidenziando la dimensione democratica che deve caratterizzarne la gestione, oltre che il ruolo essenziale del contributo delle comunità locali e della società civile.
Dall’orientamento delle istituzioni comunitarie emerge la ricerca di un difficile equilibrio tra le esigenze di sviluppo economico, legate allo sfruttamento delle risorse naturali, e gli imperativi della loro protezione a medio e lungo termine, in modo che l’uso attuale di tali risorse non ne comprometta la disponibilità e l’impiego futuro. Alla base di questo atteggiamento riposa il concetto fondamentale di equità intergenerazionale proprio del principio generale dello sviluppo sostenibile, secondo il quale le risorse del pianeta devono essere gestite in modo tale da assicurare il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti senza pregiudicare, ed anzi garantendo, quelli del-le generazioni future.
Questo principio configura, quindi, non solo la responsabilità, ma piuttosto un vero e proprio obbligo per tutti gli Stati di tu-telare la “dimensione umana” implicita in tutti i problemi di uso e protezione delle risorse idriche, nel senso di garantire, nelle scelte politiche ed economiche, tutti gli individui quali titolari di un diritto fondamentale ad un ambiente salubre e vivibile.
Il Forum, che ha visto la partecipazione di un elevatissimo numero di Stati, governi, organizzazioni internazionali e imprese nonché la mobilitazione di numerose associazioni non governative, esperti e tecnici di settore, ha trattato i temi-problemi legati alla crisi mondiale dell’acqua sollevati da recenti relazioni delle Nazioni Unite e dell’Unesco in materia di depauperamento, gestione e distribuzione delle risorse idriche del pianeta.
Secondo i dati presentati, più di un quinto della popolazione mondiale non ha accesso diretto all’acqua potabile ed il 40% della stessa non dispone di servizi igienico-sanitari di base. Le malattie legate al consumo di acqua contaminata rappresentano la causa principale della mortalità infantile nei paesi più poveri dell’Africa e dell’Asia meridionale e orientale, minacciando ogni giorno la sopravvivenza di oltre 8 milioni di esseri umani e pregiudicando bisogni sociali fondamentali dell’infanzia quali l’istruzione e il diritto di crescere, apprendere e vivere con dignità.
L’uso eccessivo delle risorse idriche nei centri urbani e nel settore agricolo (rilevato sulla base di uno studio prodotto dal Global International Water Assessment delle N.U.), slegato da appropriati criteri di gestione e distribuzione, impone interventi immediati che invertano le attuali tendenze di consumo nei paesi più ricchi, dovute non solo alla insufficienza di norme e strategie adeguate ma, in larga parte, anche alla mancanza di consapevolezza ed educazione dei cittadini. Occorrono interventi fondati su una nuova consapevolezza secondo la quale l’acqua non può più essere considerata una risorsa inesauribile ma piuttosto, proprio a causa delle attività umane che nel tempo ne hanno ostacolato il ciclo, una risorsa “finita” e sempre meno accessibile, e come tale assolutamente preziosa, da difendere, risparmiare e valorizzare ai fini della sopravvivenza non solo delle aree meno sviluppate ma dell’intero pianeta.
Si tratta di una sfida globale che assume il carattere di una vera e propria emergenza sociale che, in quanto tale, ha sollevato un acceso dibattito tra i rappresentanti dei governi presenti al Forum in Messico, soprattutto con riferimento al rapporto delle N.U. secondo il quale solo il 12% dei Paesi coinvolti ha sviluppato una gestione integrata delle risorse idriche e idonei piani di efficienza dell’acqua, nonostante il Summit delle N.U. del 2002 sullo Sviluppo Sostenibile li avesse dati per avviati entro il 2005.
L’evidente ritardo rilevato durante il Forum determinerà lo slittamento del 7° obiettivo di sviluppo del Millennio fissato a Johannesburg che mirava a dimezzare il numero delle persone private dell’accesso all’acqua potabile entro il 2015 sulla base di un piano di investimenti individuato tra gli 8 e i 25 miliardi di euro all’anno. Tra le cause principali di tale ritardo, che frena notevolmente la possibilità di accesso all’acqua per le popolazioni povere del pianeta, va ricondotta l’assenza di sufficienti risorse finanziarie impiegate per risolvere il problema. Negli ultimi anni, da quando cioè è emersa con forza l’esigenza di investimenti specifici di settore, il Programma ufficiale di sviluppo (ODA) per le risorse idriche ha stanziato ingenti fondi e molteplici prestiti per i Paesi in via di sviluppo (PVS), dei quali fondi però appena il 12% circa ha raggiunto i più bisognosi di aiuto e solo il 10% si è orientato a supportare lo sviluppo di politiche, pianificazioni e programmi integrati relativi alla risorsa idrica.
Affinchè l’impegno internazionale ad oggi profuso consenta di raggiungere risultati più rapidi ed efficaci pertanto è prioritario finalizzare meglio le risorse, consentendo un maggiore e concreto controllo della loro utilizzazione attraverso il coinvolgimento della società civile accanto ai responsabili politici, sulla base di un approccio fondato sulla collaborazione internazionale.
In tal senso l’Unione europea, in occasione del Forum, ha rinnovato il proprio impegno per la soluzione della crisi idrica mondiale stanziando 178 milioni di euro (che si sommano ad una prima tranche di 230 milioni di euro in precedenza destinati alla realizzazione di progetti finalizzati agli obiettivi di sviluppo del Millennio), che provengono dalle risorse a disposizione del Fondo europeo per l’acqua - il programma dell’UE per promuovere l’accesso all’acqua pulita e salubre per le popolazioni dei PVS.
Larga parte di questo fondo è destinata al finanziamento del Programma quadro di ricerca dell’UE che, supportando attività volte a individuare più avanzate forme di gestione delle risorse idriche, rappresenta l’indispensabile punto di partenza dei processi decisionali volti a ottenere risultati socialmente accettabili in tema di riorganizzazione e distribuzione dell’acqua, spesso consentendo di conciliare i tradizionali metodi utilizzati dalle popolazioni locali con le maggiori conquiste scientifiche e tecnologiche dell’era moderna. Alcuni dei più significativi progetti presentati dall’UE in Messico riguardano il ripristino dei sistemi di raccolta e distribuzione delle acque nelle aree desertiche dell’Africa e del Medio oriente e il miglioramento della gestione delle risorse idriche nei centri urbani in crescita dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina.
Attraverso l’importante contributo fornito in occasione del Forum mondiale, l’UE ha confermato il proprio ruolo di primo piano nel panorama internazionale in tema di sostegno allo sviluppo e di cooperazione scientifica in materia di acqua. Già dal 2002, infatti, con il lancio a Johannesburg dell’iniziativa “Acqua per la vita” (basata su finanziamenti, parternariati, ricerca e collaborazioni), l’UE rappresenta il maggiore donatore mondiale di fondi per fronteggiare la crisi idrica e l’assenza di condizioni igienico-sanitarie di base. Nel 2003, inoltre, il Parlamento ha adottato una risoluzione sulla gestione delle risorse idriche nei Paesi in via di sviluppo (GU C 76 E del 25.3.2004) e nel 2004 il Consiglio ha creato un Fondo ACP-Ue per l’acqua con uno stanziamento di 500 milioni di euro.
L’impegno dell’UE non si indirizza, tuttavia, solo al sostegno dei paesi meno sviluppati, ma comprende numerose importanti iniziative interne basate su nuovi indirizzi politici e progetti innovativi tesi a migliorare la qualità dell’acqua sul suo territorio. Sin dal 1995, infatti, l’Unione europea ha adottato un approccio globale alla gestione delle acque fino all’adozione, nel 2000, della Direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60/CE) per promuovere l’uso sostenibile delle risorse idriche, garantire la coerenza delle politiche di settore, gestire in maniera integrata i bacini idografici, curare aspetti geomorfologici, idrologici ed ecologici, tutelare gli ecosistemi e coinvolgere i cittadini.
Ma gli interventi interni esigono un coordinamento anche sul piano internazionale dal momento che l’approvvigionamento di acqua potabile, la tutela delle risorse e della salute sono questioni che, con problematiche differenti, interessano tutti i paesi del pianeta.
Per questa ragione, al fine di sensibilizzare i decisori politici internazionali e la società civile, il Parlamento europeo, in occasione del Forum mondiale dell’Acqua, ha varato una Risoluzione che, facendo propri numerosi principi e proposte sostenute in questi anni dal Contratto Mondiale dell’Acqua, afferma l’importanza della difesa politica e culturale dell’acqua come bene comune e, come tale, riconosce che l’accesso all’acqua potabile riveste il carattere di un vero e proprio diritto umano fondamentale.
Sulla base di tale Risoluzione la Commissione europea è stata invitata dal Parlamento a negoziare, in sede internazionale, il riconoscimento di tale diritto e di proporre un Trattato internazionale sull’acqua nel quale l’acqua sia definita “servizio pubblico universale”, in tal modo condannando la privatizzazione delle risorse idriche nel tentativo di arrestare la attuale tendenza delle grandi multinazionali del settore e delle politiche discutibili di governi e organismi internazionali che le assecondano. Si tratta di un documento che delinea una posizione europea in netto contrasto con le conclusioni del recente vertice del WTO di Hong Kong (dicembre 2005), nel quale si è trattato il tema della privatizzazione e dell’inserimento della distribuzione dell’acqua negli accordi Gats sul commercio dei servizi, nella prospettiva di assimilare l’acqua a una semplice merce soggetta alle leggi di mercato.
Tuttavia, la questione di fondo rispetto all’esigenza - condivisibile in via di principio - di una gestione pubblica delle risorse idriche da contrapporre alla prospettiva della privatizzazione porta a chiedersi chi, se non i privati (enti o multinazionali), possa soddisfare l’immenso fabbisogno economico necessario per garantire effettivamente l’approvvigionamento idrico in quantità e qualità idonea per tutti, stando la crisi finanziaria dei principali paesi sviluppati, le cui le risorse pubbliche non sono minimamente sufficienti a finanziare i piani di ammodernamento delle reti idriche nazionali, ormai inadeguate e obsolete in quasi tutte le regioni.
Sul tema della privatizzazione, i partecipanti al Forum hanno respinto l’accusa di voler mercificare le risorse idriche, introducendo piuttosto argomenti quali “partecipazione” e “decentralizzazione”, che tuttavia poco si discostano dall’idea di considerare l’acqua quale necessità da soddisfare mediante un servizio. Questa posizione emerge con chiarezza dalla Dichiarazione finale ministeriale del Forum, che tuttavia dai più è stata giudicata priva di contenuti in grado di contribuire concretamente alla soluzione della crisi idrica mondiale. In essa, infatti, a fronte di una incisiva esortazione alla collaborazione internazionale e allo scambio di informazioni e buone pratiche in grado di rafforzare gli sforzi di implementazione diretti al raggiungimento degli obiettivi in materia di approvvigionamento e depurazione, mancano espliciti riferimenti all’acqua quale diritto umano inalienabile.
Per tale ragione, alcuni Stati (Venezuela, Messico, Bolivia, Cuba, Uruguay) si sono opposti alla redazione del predetto documento ed hanno sottoscritto una Dichiarazione complementare nella quale si afferma che “l’accesso all’acqua nella qualità, quantità ed equità costituisce un diritto fondamentale dell’uomo”, si sollecitano la collaborazione e l’impegno a tutti i livelli al fine di riconoscere e rendere effettivo questo diritto e si esprime “profonda preoccupazione sui possibili impatti negativi che qualsiasi strumento internazionale – come i Trattati di Libero Commercio – può avere sulle risorse idriche”, riaffermando altresì “il diritto sovrano di ogni paese a regolare l’acqua in tutti gli usi e servizi”.
La privatizzazione e l’accesso all’acqua salubre quale diritto inalienabile di ciascun individuo hanno costituito anche il tema principale del Forum alternativo promosso in contemporanea a Città del Messico dal WWF che, contrapponendosi al foro ufficiale, ha creato un fronte comune (cui hanno aderito attivisti e organizzazione di più di 40 paesi) per la difesa del diritto all’acqua.
Questi ultimi hanno elaborato una Dichiarazione che presenta una piattaforma unitaria articolata in una serie di iniziative locali e di progetti diretti alla creazione di un quadro normativo internazionale che garantisca la gestione pubblica delle risorse idriche e promuova una serie di campagne contro l’appropriazione e la mercificazione dell’acqua, oltre alla moltiplicazione dei tribunali dell’acqua in tutti i paesi. Ulteriore obiettivo posto dal Forum alternativo consiste nell’obbligare governi ed imprese a riparare i danni provocati alla salute umana e agli ecosistemi, promuovendo campagne informative sul corretto uso dell’acqua e favorendo tecnologie pulite, impianti di potabilizzazione e riciclaggio.
Il carattere di emergenza della crisi idrica mondiale, che minaccia non soltanto lo sviluppo sostenibile, ma la salute e la stessa sopravvivenza di intere popolazioni solleva un allarmante problema di giustizia sociale e determina un enorme rischio per la pace e la sicurezza, proprio in ragione delle forti tensioni presenti in molte regioni attorno al controllo delle sorgenti. Politologi ed esperti di settore hanno più volte manifestato profonda preoccupazione circa possibili guerre e conflitti che già stanno scoppiando per la gestione di una risorsa che rischia di divenire sempre meno disponibile ed accessibile. Attualmente, infatti, si contano più di 50 conflitti locali tra Stati per cause legate alla proprietà, alla spartizione e all’utilizzo dei bacini idrografici comuni a più paesi.
Le risorse idriche vanno considerate una fonte di vita piuttosto che una fonte di lucro e, pertanto, occorre diffondere un’etica universale dell’acqua ed acquisire la chiara consapevolezza che l’acqua non può essere assimilata a qualsiasi altro bene economico, ma deve essere garantita in egual modo a tutte le popolazioni del pianeta per assicurarne sopravvivenza e benessere.
Sulla base dei precedenti Forum mondiali dell’acqua (Marrakech 1997, L’Aja 2000 e Kyoto 2003) ed in aperto contrasto con alcune dichiarazioni conclusive degli stessi (si pensi alla Dichiarazione conclusiva de L’Aja che sancisce la vittoria della concezione dell’acqua come bene di mercato e non come diritto umano e sociale inalienabile), la Risoluzione approvata dal Parlamento europeo ribadisce la posizione dell’UE a favore di una politica di pace strettamente connessa ai principi di giustizia sociale, che pongono al centro il diritto alla vita di ogni essere umano. Diritto alla vita e al benessere che, attraverso la tutela qualitativa della risorsa idrica e la sua salvaguardia quantitativa, rappresenta un obiettivo fondamentale dell’impegno politico europeo. A tale scopo la Risoluzione afferma con forza il valore dell’acqua come bene comune e la responsabilità di tutti i decisori politici chiamati a sostenerne la regolazione pubblica quale modello partecipato di governo del territorio. Le autorità locali sono investite di un ruolo fondamentale nella gestione dell’acqua sulla base di una strategia di sviluppo coerente e intersettoriale, comprensiva anche di altri settori quali la sanità, l’istruzione, le infrastrutture, il potenziamento delle capacità e la buona governance, nonché le strategie di sviluppo sostenibile.
Su invito del Parlamento, la Commissione europea ha anche proposto la creazione di una Agenzia di coordinamento sull’acqua sotto la diretta responsabilità delle Nazioni Unite, evidenziando la dimensione democratica che deve caratterizzarne la gestione, oltre che il ruolo essenziale del contributo delle comunità locali e della società civile.
Dall’orientamento delle istituzioni comunitarie emerge la ricerca di un difficile equilibrio tra le esigenze di sviluppo economico, legate allo sfruttamento delle risorse naturali, e gli imperativi della loro protezione a medio e lungo termine, in modo che l’uso attuale di tali risorse non ne comprometta la disponibilità e l’impiego futuro. Alla base di questo atteggiamento riposa il concetto fondamentale di equità intergenerazionale proprio del principio generale dello sviluppo sostenibile, secondo il quale le risorse del pianeta devono essere gestite in modo tale da assicurare il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni presenti senza pregiudicare, ed anzi garantendo, quelli del-le generazioni future.
Questo principio configura, quindi, non solo la responsabilità, ma piuttosto un vero e proprio obbligo per tutti gli Stati di tu-telare la “dimensione umana” implicita in tutti i problemi di uso e protezione delle risorse idriche, nel senso di garantire, nelle scelte politiche ed economiche, tutti gli individui quali titolari di un diritto fondamentale ad un ambiente salubre e vivibile.