LE NUOVE AZIONI DELLA COMMISSIONE EUROPEA CONTRO GLI ACCORDI "CIELO APERTO"
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In
seguito alle misure adottate in luglio e dicembre 2004 per indurre gli
Stati membri ad osservare le sentenze “cieli aperti” della Corte di
giustizia, la Commissione europea, nella propria veste di custode dei
trattati, ha deciso il 16 marzo scorso di inviare lettere di
costituzione in mora e pareri motivati a undici Stati membri, tra cui
l’Italia, per aver concluso accordi di servizi di trasporto aereo con
gli Stati Uniti.
In particolare la Commissione ha deciso di inviare pareri motivati a quattro Stati membri (Francia, Grecia, Italia e Portogallo) per gli accordi internazionali di servizi di trasporto aereo tra gli Stati membri e gli Stati Uniti, e lettere di costituzione in mora a sette Stati membri (Spagna, Irlanda, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca e Malta).
Ne consegue che, ad oggi, tutti gli Stati membri che hanno concluso accordi con gli Stati Uniti (vale a dire 20 Stati su 25) sono oggetto di procedure d'infrazione.
Ricordiamo brevemente che la Commissione, a norma dell’art. 226 CE può, a sua discrezione (anche in presenza di denunce di violazione del diritto comunitario), avviare dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso per infrazione contro gli Stati membri dell’Unione ogni qualvolta ravveda gli estremi della violazione delle norme del Trattato.
Il procedimento volto a far dichiarare la condanna dello Stato inadempiente, consta di due fasi: una precontenziosa ed una giudiziale vera e propria.
La prima fase ha inizio con una lettera formale di addebito rivolta dalla Comunità allo Stato indiziato di aver mancato un obbligo comunitario e con la quale sono forniti gli elementi sui quali lo stesso Paese è invitato a presentare, entro un certo termine, le proprie osservazioni. Tale fase, se non si conclude con un provvedimento di archiviazione, termina con l’adozione da parte della Commissione di un parere motivato in cui è confermato in tutto o parte quanto contestato nella lettera formale ed è assegnato un termine per adeguarsi.
La seconda fase (giudiziale) si apre qualora lo Stato destinatario di un parere motivato non si conformi allo stesso nel termine fissato dalla Commissione.
Quest'ultima, in tal caso, può adire la Corte di giustizia avviando un procedimento giudiziale vero e proprio, in cui oltre alla Commissione ed allo Stato convenuto possono partecipare, ai sensi dell’ art. 37 dello Statuto della Corte, anche gli altri Stati membri e le altre istituzioni della Comunità.
La sentenza emessa al termine del procedimento di infrazione (che a norma dell’art. 227 CE può anche essere avviato su ricorso di uno Stato dell’Unione) è una pronuncia dichiarativa dell’avvenuta violazione, senza che in essa possa essere prescritta la misura che lo Stato deve attuare per rimuovere la infrazione accertata.
Inoltre, meccanismi ad hoc per garantire l’esecuzione della sentenza da parte degli Stati membri sono previsti dal Trattato CE ai sensi dell’art. 228, così come modificato dal trattato di Maastricht: in caso di inottemperanza, se cioè lo Stato membro dichiarato inadempiente non abbia preso i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza entro i termini fissati, la Commissione potrà adire nuovamente la Corte per esperire un’azione volta a far comminare il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.
* * *
Le recenti azioni della Commissione contro gli accordi illegali "cieli aperti" scaturiscono dalla mancata ottemperanza alle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in data 5 novembre 2002, allorquando otto Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Lussemburgo, Regno Unito, Repubblica federale di Germania e Svezia) che avevano concluso negli anni '90 accordi di servizi aerei con gli Stati Uniti furono condannati per la violazione del diritto comunitario.
Con otto distinti ricorsi la Commissione contestava ai sensi dell’art 169 CE (ora art. 226) che gli accordi bilaterali raggiunti tra gli Stati Uniti e gli Stati membri dell’UE avessero lo scopo di facilitare le alleanze tra vettori aerei americani ed europei.
In particolare la Commissione addebitava ai convenuti di essere venuti meno agli obblighi incombenti in forza del Trattato CE [segnatamente degli artt. 5 (divenuto art. 10 CE) e 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE)] e del diritto derivato emanato sulla base del suddetto Trattato; nonché di aver violato l'art. 234 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 307 CE) per non aver fatto il possibile per rendere pienamente conformi con il diritto comunitario gli accordi conclusi con gli Usa anteriormente all’entrata in vigore del Trattato Cee o all’adozione della normativa comunitaria in materia di trasporto aereo (questa censura per dovere di precisione non è stata rivolta nella analoga causa intentata contro il Regno Unito).
La Corte in quella sede ha rilevato che tali accordi nel settore aereo contengono clausole denominate "di nazionalità" che riservano i benefici degli accordi stessi ai soli vettori nazionali degli Stati firmatari, in flagrante violazione del diritto sovranazionale. Infatti, riservando diritti di traffico alle proprie aviolinee nazionali, gli Stati membri hanno creato discriminazioni e distorsioni della concorrenza, provocando mutamenti nella struttura dei flussi di traffico verso gli Stati Uniti e consentendo ai vettori d’oltreoceano di operare sul mercato intracomunitario senza essere assoggettati a tutti gli obblighi comunitari: il traffico aereo sarebbe stato convogliato verso uno Stato membro a discapito di altri, vanificando, così, l’equilibrio perseguito mediante l’introduzione di norme comuni.
Siffatta turbativa del mercato comunitario, derivante dagli accordi conclusi in via bilaterale, renderebbe la clausola relativa alla proprietà ed al controllo delle compagnie aeree contraria alle disposizioni relative alla libertà di stabilimento, con la conseguente inadempienza dei Paesi europei convenuti agli obblighi scaturenti dal Trattato di Roma.
I giudici di Lussemburgo hanno così messo in evidenza l'illegalità delle clausole di nazionalità e hanno sottolineato che gli Stati convenuti avevano ignorato la competenza esclusiva dell'Unione di trattare determinati aspetti della politica comunitaria nel settore dell'aviazione con i Paesi terzi (quali le bande orarie e i sistemi telematici di prenotazione).
Le otto sentenze, dunque, ribadiscono il primato assoluto della Unione nella stipulazione di accordi commerciali con Paesi terzi: per la realizzazione di una politica comune, la Comunità ha fissato norme comuni e gli Stati UE non hanno più il potere di contrarre con Paesi terzi, né di pattuire obblighi che incidano su tali norme.
In risposta alle sentenze "cieli aperti", la Commissione aveva già presentato nel 2003 una proposta di regolamento sulla negoziazione degli accordi relativi ai servizi aerei tra Stati membri e Paesi terzi, al fine di garantire uno svolgimento coordinato e concentrato della negoziazione di accordi comunitari in materia di servizi aerei.
Tale originaria proposta è oggi confluita in un’altra proposta legislativa.
Nel 2004, infatti, Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo sul cosiddetto progetto del cielo unico europeo, fissando un quadro decisionale e normativo volto a migliorare le norme di sicurezza aerea ed a porre rimedio ai problemi strutturali che interessano il controllo del traffico.
Secondo un piano d‘azione concordato la Commissione dovrebbe, in una prima fase negoziare un accordo su uno spazio aereo senza frontiere con gli USA, e in secondo luogo, dovrebbero essere negoziati e conclusi accordi con Paesi terzi che dispongano di un mercato del traffico aereo liberalizzato (o che intendano liberalizzarlo).
Nella terza fase, infine, vi sarebbe l'avvio di negoziati con gli Stati terzi nei quali non si è proceduto alla liberalizzazione.
Si aggiunga, inoltre, che nella Comunicazione del 2003 (COM(2003) 238 non pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ma reperibile sul sito web www.europa.eu.int ) è stata tracciata la strategia per il mercato interno, indicando un elenco di priorità ed un calendario di lavoro per il periodo 2003 - 2006: l'obiettivo della strategia è quello di potenziare il mercato interno al fine di trarre pieno profitto da un mercato allargato di 25 Stati membri. A tale scopo, nel settore del trasporto aereo la comunicazione rimarca la necessità di creare un cielo europeo comune, per garantire che la gestione del traffico aereo risponda al principio comunitario del buon funzionamento del mercato interno e garantisca così la creazione di un effettivo cielo unico europeo.
La strategia per ottimizzare la gestione del traffico aereo e soddisfare tutti gli utenti - civili e militari - dello spazio aereo, deve essere gestita in maniera collettiva senza tener conto delle frontiere nazionali, e pertanto è la Commissione, l‘istituzione vocata a negoziare un accordo "cieli aperti" con gli Stati Uniti.
In relazione alle azioni intraprese nel marzo scorso, va precisato che mentre nel caso di Francia, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Austria, gli accordi oggetto di infrazione furono conclusi in violazione della competenza esclusiva dell'Unione, per gli altri Stati membri interessati (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca e Malta), gli accordi furono conclusi prima della loro adesione all'Unione europea e, pertanto, senza violare la competenza esclusiva di quest'ultima.
La Commissione, in persona del suo vicepresidente, Jacques Barrot, responsabile della politica dei trasporti, sta attivamente portando avanti in questi giorni negoziati con la controparte statunitense per mettere a punto un nuovo quadro normativo che disciplini i trasporti aerei transatlantici al fine di elaborare una strategia comune volta a rilanciare la creazione di uno spazio aereo comune.
In particolare la Commissione ha deciso di inviare pareri motivati a quattro Stati membri (Francia, Grecia, Italia e Portogallo) per gli accordi internazionali di servizi di trasporto aereo tra gli Stati membri e gli Stati Uniti, e lettere di costituzione in mora a sette Stati membri (Spagna, Irlanda, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca e Malta).
Ne consegue che, ad oggi, tutti gli Stati membri che hanno concluso accordi con gli Stati Uniti (vale a dire 20 Stati su 25) sono oggetto di procedure d'infrazione.
Ricordiamo brevemente che la Commissione, a norma dell’art. 226 CE può, a sua discrezione (anche in presenza di denunce di violazione del diritto comunitario), avviare dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee un ricorso per infrazione contro gli Stati membri dell’Unione ogni qualvolta ravveda gli estremi della violazione delle norme del Trattato.
Il procedimento volto a far dichiarare la condanna dello Stato inadempiente, consta di due fasi: una precontenziosa ed una giudiziale vera e propria.
La prima fase ha inizio con una lettera formale di addebito rivolta dalla Comunità allo Stato indiziato di aver mancato un obbligo comunitario e con la quale sono forniti gli elementi sui quali lo stesso Paese è invitato a presentare, entro un certo termine, le proprie osservazioni. Tale fase, se non si conclude con un provvedimento di archiviazione, termina con l’adozione da parte della Commissione di un parere motivato in cui è confermato in tutto o parte quanto contestato nella lettera formale ed è assegnato un termine per adeguarsi.
La seconda fase (giudiziale) si apre qualora lo Stato destinatario di un parere motivato non si conformi allo stesso nel termine fissato dalla Commissione.
Quest'ultima, in tal caso, può adire la Corte di giustizia avviando un procedimento giudiziale vero e proprio, in cui oltre alla Commissione ed allo Stato convenuto possono partecipare, ai sensi dell’ art. 37 dello Statuto della Corte, anche gli altri Stati membri e le altre istituzioni della Comunità.
La sentenza emessa al termine del procedimento di infrazione (che a norma dell’art. 227 CE può anche essere avviato su ricorso di uno Stato dell’Unione) è una pronuncia dichiarativa dell’avvenuta violazione, senza che in essa possa essere prescritta la misura che lo Stato deve attuare per rimuovere la infrazione accertata.
Inoltre, meccanismi ad hoc per garantire l’esecuzione della sentenza da parte degli Stati membri sono previsti dal Trattato CE ai sensi dell’art. 228, così come modificato dal trattato di Maastricht: in caso di inottemperanza, se cioè lo Stato membro dichiarato inadempiente non abbia preso i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza entro i termini fissati, la Commissione potrà adire nuovamente la Corte per esperire un’azione volta a far comminare il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.
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Le recenti azioni della Commissione contro gli accordi illegali "cieli aperti" scaturiscono dalla mancata ottemperanza alle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in data 5 novembre 2002, allorquando otto Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Lussemburgo, Regno Unito, Repubblica federale di Germania e Svezia) che avevano concluso negli anni '90 accordi di servizi aerei con gli Stati Uniti furono condannati per la violazione del diritto comunitario.
Con otto distinti ricorsi la Commissione contestava ai sensi dell’art 169 CE (ora art. 226) che gli accordi bilaterali raggiunti tra gli Stati Uniti e gli Stati membri dell’UE avessero lo scopo di facilitare le alleanze tra vettori aerei americani ed europei.
In particolare la Commissione addebitava ai convenuti di essere venuti meno agli obblighi incombenti in forza del Trattato CE [segnatamente degli artt. 5 (divenuto art. 10 CE) e 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE)] e del diritto derivato emanato sulla base del suddetto Trattato; nonché di aver violato l'art. 234 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 307 CE) per non aver fatto il possibile per rendere pienamente conformi con il diritto comunitario gli accordi conclusi con gli Usa anteriormente all’entrata in vigore del Trattato Cee o all’adozione della normativa comunitaria in materia di trasporto aereo (questa censura per dovere di precisione non è stata rivolta nella analoga causa intentata contro il Regno Unito).
La Corte in quella sede ha rilevato che tali accordi nel settore aereo contengono clausole denominate "di nazionalità" che riservano i benefici degli accordi stessi ai soli vettori nazionali degli Stati firmatari, in flagrante violazione del diritto sovranazionale. Infatti, riservando diritti di traffico alle proprie aviolinee nazionali, gli Stati membri hanno creato discriminazioni e distorsioni della concorrenza, provocando mutamenti nella struttura dei flussi di traffico verso gli Stati Uniti e consentendo ai vettori d’oltreoceano di operare sul mercato intracomunitario senza essere assoggettati a tutti gli obblighi comunitari: il traffico aereo sarebbe stato convogliato verso uno Stato membro a discapito di altri, vanificando, così, l’equilibrio perseguito mediante l’introduzione di norme comuni.
Siffatta turbativa del mercato comunitario, derivante dagli accordi conclusi in via bilaterale, renderebbe la clausola relativa alla proprietà ed al controllo delle compagnie aeree contraria alle disposizioni relative alla libertà di stabilimento, con la conseguente inadempienza dei Paesi europei convenuti agli obblighi scaturenti dal Trattato di Roma.
I giudici di Lussemburgo hanno così messo in evidenza l'illegalità delle clausole di nazionalità e hanno sottolineato che gli Stati convenuti avevano ignorato la competenza esclusiva dell'Unione di trattare determinati aspetti della politica comunitaria nel settore dell'aviazione con i Paesi terzi (quali le bande orarie e i sistemi telematici di prenotazione).
Le otto sentenze, dunque, ribadiscono il primato assoluto della Unione nella stipulazione di accordi commerciali con Paesi terzi: per la realizzazione di una politica comune, la Comunità ha fissato norme comuni e gli Stati UE non hanno più il potere di contrarre con Paesi terzi, né di pattuire obblighi che incidano su tali norme.
In risposta alle sentenze "cieli aperti", la Commissione aveva già presentato nel 2003 una proposta di regolamento sulla negoziazione degli accordi relativi ai servizi aerei tra Stati membri e Paesi terzi, al fine di garantire uno svolgimento coordinato e concentrato della negoziazione di accordi comunitari in materia di servizi aerei.
Tale originaria proposta è oggi confluita in un’altra proposta legislativa.
Nel 2004, infatti, Parlamento e Consiglio hanno raggiunto un accordo sul cosiddetto progetto del cielo unico europeo, fissando un quadro decisionale e normativo volto a migliorare le norme di sicurezza aerea ed a porre rimedio ai problemi strutturali che interessano il controllo del traffico.
Secondo un piano d‘azione concordato la Commissione dovrebbe, in una prima fase negoziare un accordo su uno spazio aereo senza frontiere con gli USA, e in secondo luogo, dovrebbero essere negoziati e conclusi accordi con Paesi terzi che dispongano di un mercato del traffico aereo liberalizzato (o che intendano liberalizzarlo).
Nella terza fase, infine, vi sarebbe l'avvio di negoziati con gli Stati terzi nei quali non si è proceduto alla liberalizzazione.
Si aggiunga, inoltre, che nella Comunicazione del 2003 (COM(2003) 238 non pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ma reperibile sul sito web www.europa.eu.int ) è stata tracciata la strategia per il mercato interno, indicando un elenco di priorità ed un calendario di lavoro per il periodo 2003 - 2006: l'obiettivo della strategia è quello di potenziare il mercato interno al fine di trarre pieno profitto da un mercato allargato di 25 Stati membri. A tale scopo, nel settore del trasporto aereo la comunicazione rimarca la necessità di creare un cielo europeo comune, per garantire che la gestione del traffico aereo risponda al principio comunitario del buon funzionamento del mercato interno e garantisca così la creazione di un effettivo cielo unico europeo.
La strategia per ottimizzare la gestione del traffico aereo e soddisfare tutti gli utenti - civili e militari - dello spazio aereo, deve essere gestita in maniera collettiva senza tener conto delle frontiere nazionali, e pertanto è la Commissione, l‘istituzione vocata a negoziare un accordo "cieli aperti" con gli Stati Uniti.
In relazione alle azioni intraprese nel marzo scorso, va precisato che mentre nel caso di Francia, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Irlanda e Austria, gli accordi oggetto di infrazione furono conclusi in violazione della competenza esclusiva dell'Unione, per gli altri Stati membri interessati (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca e Malta), gli accordi furono conclusi prima della loro adesione all'Unione europea e, pertanto, senza violare la competenza esclusiva di quest'ultima.
La Commissione, in persona del suo vicepresidente, Jacques Barrot, responsabile della politica dei trasporti, sta attivamente portando avanti in questi giorni negoziati con la controparte statunitense per mettere a punto un nuovo quadro normativo che disciplini i trasporti aerei transatlantici al fine di elaborare una strategia comune volta a rilanciare la creazione di uno spazio aereo comune.