LE BASI GIURIDICHE DELLA SICUREZZA ALIMENTARE NELL'UNIONE
Archivio > Anno 2010 > Settembre 2010
di Giandonato CAGGIANO (Professore di Diritto dell’Unione europea nell’Università degli Studi Roma Tre)
1. L’adozione ormai prossima da parte del Consiglio del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 gennaio 2008 relativo alla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori (documento COM(2008)40) sollecita alcune riflessioni sul percorso del sistema giuridico europeo della filiera agroalimentare e sulla divisione dei ruoli tra responsabilità degli operatori e del controllo degli Stati. Il testo adottato dal Parlamento europeo, il 16 giugno u.s., non comprende la proposta, sostenuta dai verdi e dalle associazioni dei consumatori, del cosiddetto “sistema a semaforo” che avrebbe aiutato a riconoscere facilmente i fattori di rischio dei diversi prodotti alimentari. L’industria alimentare ha sostenuto a riguardo una grande azione di lobby, forse la più grande dopo quella che fu realizzata contro l’approvazione del regolamento Reach sui prodotti chimici. I produttori avranno però l’obbligo di indicare nella parte anteriore della confezione alimentare tutta una serie di indicazioni.
Anche la Corte di giustizia si occupa spesso della materia. Da ultimo, per quanto riguarda gli elenchi di vitamine e minerali che possono essere aggiunti agli alimenti, la Corte (sentenza del 29 aprile 2010, causa C-446/08, Solgar Vitamin’s France) ha chiarito che gli Stati membri restano competenti ad adottare una disciplina relativa ai quantitativi massimi di queste componenti nella fabbricazione degli integratori alimentari se la Commissione non ne ha stabilito i quantitativi. La fissazione di quantitativi massimi non è indispensabile, a meno che, in forza del principio di precauzione, non vi sia un pericolo probabile per la salute delle persone.
2. La fase del diritto europeo dell’alimentazione è caratterizzata dalla codificazione dei principi della sicurezza dei prodotti alimentari (ivi compresi quelli per animali) contenuta nel regolamento (CE)178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio. Il carattere unitario del quadro giuridico vigente, che riguarda sia la legislazione alimentare che le procedure di controllo, si poggia sulla complementarietà delle basi giuridiche per l’azione dell’Unione in materia: l’organizzazione comune dei mercati agricoli (già art. 37 CE, ora art. 43 TFUE), il ravvicinamento delle legislazioni in materia di sanità pubblica ed ambiente (già art. 95 CE, ora art. 114 TFUE), la politica commerciale comune (già art. 133 CE, ora art. 207 TFUE), misure nei settori veterinario e fitosanitario (già art. 152, par. 4, lett. b) CE, ora art. 168, par. 4, lett. b) TFUE).
Il diritto europeo dell’alimentazione è oggi un sistema integrato di regole per l’agro-alimentare, che protegge la nostra salute e costituisce un obiettivo da realizzare in tutte le politiche dell’Unione europea (art. 168 TFUE già art. 152 del TCE). La sicurezza alimentare implica una politica e una legislazione europea sulla qualità e sui rischi in un processo di valutazione, basato sulle prove scientifiche disponibili “allo stato dell’arte”, tramite la partecipazione di tutti i protagonisti (autorità pubbliche e private, organizzazioni rappresentative, produttori e consumatori).
Un approccio integrato a beneficio del consumatore richiede norme europee sull’intera catena alimentare (produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione). La necessità di efficaci misure di regolamentazione e di controllo dell’alimentazione ha portato, nell’ultimo decennio, alla convergenza delle azioni dell’Unione europea per la politica agricola comune e per il mercato unico dei prodotti alimentari. Un ruolo importante e complementare è attribuito agli Stati membri e agli operatori.
Da un lato, gli Stati membri controllano l’applicazione delle norme, verificandone il rispetto da parte degli operatori anche con la previsione di misure e sanzioni applicabili in caso di violazione; in caso di rischio, le autorità pubbliche ne informano la popolazione e mettono in atto misure provvisorie cautelari. Dall’altro, gli operatori adottano sistemi e procedure che consentono la tracciabilità dei prodotti alimentari, degli alimenti per animali e di qualsiasi altra sostanza introdotta nei prodotti alimentari; l’operatore provvede al ritiro dal mercato dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali (importati, prodotti, trasformati, fabbricati o distribuiti) quando ritenga che siano nocivi alla salute umana o animale, oltre alla relativa notificazione alle autorità competenti; nel caso in cui il prodotto sia già stato malauguratamente acquistato dai consumatori, deve informarli sui rischi.
3. All’attuale quadro giuridico siamo giunti per effetto di crisi alimentari, che hanno messo in luce le difficoltà dell’Europa, e interventi della Corte di giustizia, che il legislatore comunitario ha recepito.
La prima fase dello sviluppo europeo della sicurezza alimentare è stata caratterizzata dall’applicazione dei principi della circolazione delle merci e del ravvicinamento delle legislazioni nazionali per il mercato comune. Il funzionamento del mercato interno sarebbe certamente ostacolato senza l’armonizzazione europea delle misure nazionali in materia. Basta ricordare a riguardo la direttiva 89/397 del Consiglio sul controllo ufficiale dei prodotti alimentari con la finalità della protezione della sanità pubblica e la tutela dei consumatore (adottata sulla base giuridica dell’art. 100A dell’AUE per l’obiettivo del mercato unico del ’92).
La fase successiva, a seguito della crisi dell’epidemia di BSE (mucca pazza), ha portato ad un nuovo approccio di protezione dell’intera catena agro-alimentare, che comporta la saldatura della politica agricola comune e della politica di mercato per la rimozione degli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti agricoli. In questo senso, sono da ricordare i Principi generali della legislazione alimentare nell’Unione europea, contenuti nei Libri Verde e Bianco della Commissione (1997 e 2000), ed il regolamento sulla tracciabilità e l’etichettatura della carne bovina, adottato dal Consiglio esclusivamente sulla base giuridica dell’organizzazione dei mercati agricoli.
La prospettiva di regolazione integrata dell’attività dei soggetti della filiera produttiva per la protezione dei consumatori si consolida, subito dopo, per via giurisprudenziale. La svolta nell’approccio europeo alla sicurezza alimentare costituiva l’oggetto di due fondamentali sentenze della Corte di giustizia. La prima riguardava il rilievo per la politica agricola delle esigenze di interesse generale, quali la tutela dei consumatori, della salute e della vita delle persone e degli animali (sentenza del 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno Unito c. Commissione). La seconda riguardava la legittimità della base giuridica (esclusiva) dell’organizzazione dei mercati (sentenza del 4 aprile 2000, causa C-269/97, Commissione c. Consiglio), in quanto la politica agricola comune può rappresentare l’ambito di protezione ottimale della sicurezza alimentare.
4. Il medesimo regolamento 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio ha creato l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che opera a Parma quale riferimento scientifico per il controllo e per la valutazione degli alimenti. La codificazione dei principi è stata, infine, completata in relazione all’accreditamento degli enti di certificazione dei prodotti agricoli dal regolamento del Parlamento e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che peraltro generalizza a tutto il mercato interno l’esperienza acquisita nel settore alimentare sui sistemi di sorveglianza ed il controllo dei prodotti importati da Paesi terzi.
è in funzione un sistema europeo di “allarme rapido” che consente l’individuazione delle misure di emergenza e di gestione delle crisi in atto (Comitato permanente della catena alimentare e della salute animale). La direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti prevede un sistema comunitario d’informazione rapida (RAPEX) e la relativa procedura di notifica da attuare secondo le linee guida emanate dalla Commissione (decisione del 16 dicembre 2009).
Infine, vale la pena di ricordare l’interpretazione del principio di precauzione, del Tribunale di primo grado (sentenza del 10 marzo 2004, causa T-177/02, Malagutti-Vezinhet) che ha ritenuto legittimo un intervento della Commissione di attivazione del “sistema rapido di allerta” a causa dell’alto livello di pesticidi presenti in alcune importazioni di mele. Respingendo la richiesta di danni dell’importatore interessato, il Tribunale ha chiarito che l’applicazione del principio può comportare misure appropriate per prevenire taluni rischi potenziali, senza bisogno di attenderne la preventiva ed esauriente dimostrazione della effettività e della gravità del rischio per la salute. In caso contrario, il principio di precauzione sarebbe privato del suo effetto utile. In sostanza, alla “protezione della sanità pubblica deve vedersi accordare un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni economiche” .
Anche la Corte di giustizia si occupa spesso della materia. Da ultimo, per quanto riguarda gli elenchi di vitamine e minerali che possono essere aggiunti agli alimenti, la Corte (sentenza del 29 aprile 2010, causa C-446/08, Solgar Vitamin’s France) ha chiarito che gli Stati membri restano competenti ad adottare una disciplina relativa ai quantitativi massimi di queste componenti nella fabbricazione degli integratori alimentari se la Commissione non ne ha stabilito i quantitativi. La fissazione di quantitativi massimi non è indispensabile, a meno che, in forza del principio di precauzione, non vi sia un pericolo probabile per la salute delle persone.
2. La fase del diritto europeo dell’alimentazione è caratterizzata dalla codificazione dei principi della sicurezza dei prodotti alimentari (ivi compresi quelli per animali) contenuta nel regolamento (CE)178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio. Il carattere unitario del quadro giuridico vigente, che riguarda sia la legislazione alimentare che le procedure di controllo, si poggia sulla complementarietà delle basi giuridiche per l’azione dell’Unione in materia: l’organizzazione comune dei mercati agricoli (già art. 37 CE, ora art. 43 TFUE), il ravvicinamento delle legislazioni in materia di sanità pubblica ed ambiente (già art. 95 CE, ora art. 114 TFUE), la politica commerciale comune (già art. 133 CE, ora art. 207 TFUE), misure nei settori veterinario e fitosanitario (già art. 152, par. 4, lett. b) CE, ora art. 168, par. 4, lett. b) TFUE).
Il diritto europeo dell’alimentazione è oggi un sistema integrato di regole per l’agro-alimentare, che protegge la nostra salute e costituisce un obiettivo da realizzare in tutte le politiche dell’Unione europea (art. 168 TFUE già art. 152 del TCE). La sicurezza alimentare implica una politica e una legislazione europea sulla qualità e sui rischi in un processo di valutazione, basato sulle prove scientifiche disponibili “allo stato dell’arte”, tramite la partecipazione di tutti i protagonisti (autorità pubbliche e private, organizzazioni rappresentative, produttori e consumatori).
Un approccio integrato a beneficio del consumatore richiede norme europee sull’intera catena alimentare (produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione). La necessità di efficaci misure di regolamentazione e di controllo dell’alimentazione ha portato, nell’ultimo decennio, alla convergenza delle azioni dell’Unione europea per la politica agricola comune e per il mercato unico dei prodotti alimentari. Un ruolo importante e complementare è attribuito agli Stati membri e agli operatori.
Da un lato, gli Stati membri controllano l’applicazione delle norme, verificandone il rispetto da parte degli operatori anche con la previsione di misure e sanzioni applicabili in caso di violazione; in caso di rischio, le autorità pubbliche ne informano la popolazione e mettono in atto misure provvisorie cautelari. Dall’altro, gli operatori adottano sistemi e procedure che consentono la tracciabilità dei prodotti alimentari, degli alimenti per animali e di qualsiasi altra sostanza introdotta nei prodotti alimentari; l’operatore provvede al ritiro dal mercato dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali (importati, prodotti, trasformati, fabbricati o distribuiti) quando ritenga che siano nocivi alla salute umana o animale, oltre alla relativa notificazione alle autorità competenti; nel caso in cui il prodotto sia già stato malauguratamente acquistato dai consumatori, deve informarli sui rischi.
3. All’attuale quadro giuridico siamo giunti per effetto di crisi alimentari, che hanno messo in luce le difficoltà dell’Europa, e interventi della Corte di giustizia, che il legislatore comunitario ha recepito.
La prima fase dello sviluppo europeo della sicurezza alimentare è stata caratterizzata dall’applicazione dei principi della circolazione delle merci e del ravvicinamento delle legislazioni nazionali per il mercato comune. Il funzionamento del mercato interno sarebbe certamente ostacolato senza l’armonizzazione europea delle misure nazionali in materia. Basta ricordare a riguardo la direttiva 89/397 del Consiglio sul controllo ufficiale dei prodotti alimentari con la finalità della protezione della sanità pubblica e la tutela dei consumatore (adottata sulla base giuridica dell’art. 100A dell’AUE per l’obiettivo del mercato unico del ’92).
La fase successiva, a seguito della crisi dell’epidemia di BSE (mucca pazza), ha portato ad un nuovo approccio di protezione dell’intera catena agro-alimentare, che comporta la saldatura della politica agricola comune e della politica di mercato per la rimozione degli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti agricoli. In questo senso, sono da ricordare i Principi generali della legislazione alimentare nell’Unione europea, contenuti nei Libri Verde e Bianco della Commissione (1997 e 2000), ed il regolamento sulla tracciabilità e l’etichettatura della carne bovina, adottato dal Consiglio esclusivamente sulla base giuridica dell’organizzazione dei mercati agricoli.
La prospettiva di regolazione integrata dell’attività dei soggetti della filiera produttiva per la protezione dei consumatori si consolida, subito dopo, per via giurisprudenziale. La svolta nell’approccio europeo alla sicurezza alimentare costituiva l’oggetto di due fondamentali sentenze della Corte di giustizia. La prima riguardava il rilievo per la politica agricola delle esigenze di interesse generale, quali la tutela dei consumatori, della salute e della vita delle persone e degli animali (sentenza del 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno Unito c. Commissione). La seconda riguardava la legittimità della base giuridica (esclusiva) dell’organizzazione dei mercati (sentenza del 4 aprile 2000, causa C-269/97, Commissione c. Consiglio), in quanto la politica agricola comune può rappresentare l’ambito di protezione ottimale della sicurezza alimentare.
4. Il medesimo regolamento 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio ha creato l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che opera a Parma quale riferimento scientifico per il controllo e per la valutazione degli alimenti. La codificazione dei principi è stata, infine, completata in relazione all’accreditamento degli enti di certificazione dei prodotti agricoli dal regolamento del Parlamento e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che peraltro generalizza a tutto il mercato interno l’esperienza acquisita nel settore alimentare sui sistemi di sorveglianza ed il controllo dei prodotti importati da Paesi terzi.
è in funzione un sistema europeo di “allarme rapido” che consente l’individuazione delle misure di emergenza e di gestione delle crisi in atto (Comitato permanente della catena alimentare e della salute animale). La direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti prevede un sistema comunitario d’informazione rapida (RAPEX) e la relativa procedura di notifica da attuare secondo le linee guida emanate dalla Commissione (decisione del 16 dicembre 2009).
Infine, vale la pena di ricordare l’interpretazione del principio di precauzione, del Tribunale di primo grado (sentenza del 10 marzo 2004, causa T-177/02, Malagutti-Vezinhet) che ha ritenuto legittimo un intervento della Commissione di attivazione del “sistema rapido di allerta” a causa dell’alto livello di pesticidi presenti in alcune importazioni di mele. Respingendo la richiesta di danni dell’importatore interessato, il Tribunale ha chiarito che l’applicazione del principio può comportare misure appropriate per prevenire taluni rischi potenziali, senza bisogno di attenderne la preventiva ed esauriente dimostrazione della effettività e della gravità del rischio per la salute. In caso contrario, il principio di precauzione sarebbe privato del suo effetto utile. In sostanza, alla “protezione della sanità pubblica deve vedersi accordare un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni economiche” .