LIBRO VERDE SULLA TRASPARENZA DEL PATRIMONIO DEL DEBITORE
Archivio > Anno 2008 > Dicembre 2008
di
Antonella CAFAGNA (Dottoranda di ricerca in Diritto internazionale e
dell’Unione europea nell’Università degli Studi di Bari)
Il
recupero all’interno dello spazio giudiziario integrato europeo di
crediti pecuniari, il cui accertamento sia contenuto in una decisione
munita di efficacia esecutiva in base alla normativa interna
dell’ordinamento di origine, presenta per il soggetto interessato ancora
non poche difficoltà, che non di rado possono pregiudicarne un rapido
ed integrale soddisfacimento delle pretese.
L’esecuzione di provvedimenti giudiziali che rechino statuizioni di condanna al pagamento di somme di danaro in uno Stato membro diverso da quello nel quale siano stati emessi (eccezion fatta per i provvedimenti aventi per oggetto crediti li-quidi ed esigibili non contestati dal convenuto, per i quali è ammesso in alternativa il ricorso al meccanismo della certificazione nello Stato di origine previsto dal regolamento (CE) 805/04) richiede tuttora la presentazione da parte del creditore di un’istanza volta ad ottenere dall’autorità competente dell’ordinamento ad quem il rilascio di autorizzazione.
Nonostante la notevole semplificazione degli adempimenti necessari per l’ottenimento della dichiarazione di esecutività nello Stato richiesto introdotta dal regolamento (CE) 44/01, del 22 dicembre 2001 nondimeno l’avvio di una procedura diretta all’attuazione coattiva del credito potrebbe venire significativamente ritardato per effetto di iniziative talora anche meramente dilatorie del debitore, rendendo così il più delle volte opportuno un tempestivo ricorso da parte dell’istante a rimedi cautelari di carattere conservativo.
Non è infrequente, peraltro, che l’esecuzione di un’ordinanza di pagamento o anche solo di una misura provvisoria di natura interinale possa incontrare ostacolo in uno Stato diverso da quello di provenienza a causa della mancanza o scarsezza delle informazioni a disposizione del creditore riguardo, ad esempio, alla consistenza patrimoniale e finanziaria del soggetto obbligato ovvero all’indirizzo al quale rintracciarlo. Si ricordi, in proposito, che proprio l’individuazione del domicilio o della residenza del debitore è indispensabile per poter procedere ad alcune forme di espropriazione forzata (come quella mobiliare), ma anche all’invio delle notifiche degli atti giudiziari che la normativa locale preveda come necessarie per iniziare la procedura (ad esempio, in Italia, quella del precetto, del pignoramento presso terzi o del pignoramento immobiliare) od in pendenza della stessa.
Si deve tenere conto, tuttavia, del fatto che la ricerca in territorio comunitario di elementi utili all’individuazione dell’indirizzo del debitore, nonché dei beni o crediti nella titolarità del medesimo da assoggettare ad esecuzione potrebbe non essere del tutto agevole per il creditore in ragione delle marcate differenze esistenti tra i sistemi nazionali degli Stati membri quanto alle condizioni, al contenuto ed ai limiti per l’accesso ai canali ed alle strutture informative.
Poiché tale situazione sarebbe in grado di pregiudicare in modo particolarmente grave gli interessi delle imprese come dei consumatori, incidendo negativamente sul corretto funzionamento del mercato interno, la Commissione delle Comunità europee ha presentato il 6 marzo 2008 (documento COM/2008/128 def.) un Libro verde sull’esecuzione effettiva delle decisioni giudiziarie nell’Unione europea avente quale scopo quello di avviare una consultazione tra gli Stati membri e le altri parti interessate per l’individuazione di strumenti atti a garantire una maggiore trasparenza del patrimonio del debitore. Il citato Libro verde pone allo studio, da un lato, la proposta di definire una serie di misure dirette a facilitare l’accertamento dei dati relativi alla situazione patrimoniale complessiva di un soggetto determinato soprattutto per mezzo della richiesta di informazioni alle autorità nazionali preposte alla conservazione ed alla tenuta di registri pubblici di varia natura; dall’altro, quella di realizzare un’armonizzazione delle normative nazionali mediante l’introduzione in ogni Stato membro di una procedura cui sia possibile il ricorso per ottenere che il debitore dichiari il proprio patrimonio (eventualmente soltanto nella misura necessaria per la soddisfazione del credito) ovvero di una vera e propria dichiarazione patrimoniale europea che lo obbligherebbe a render noti al creditore munito di un titolo esecutivo tutti i beni posseduti sul territorio dell’Unione.
Tra le misure del primo tipo figura, anzitutto, quella relativa alla predisposizione di un manuale, di cui si potrebbe consentire la consultazione on-line sul sito internet della Rete giudiziaria europea, che contenga tutte le informazioni relative ai sistemi di esecuzione forzata in vigore negli Stati membri e rechi altresì un’indicazione dettagliata delle modalità e dei costi connessi all’utilizzo delle procedure previste da ogni singola legislazione nazionale per la ricerca di elementi rilevanti ai fini della ricostruzione del patrimonio di una determinata persona. L’approntamento di una guida che renda trasparenti ed immediatamente accessibili le regole di procedura proprie di ciascuno Stato membro e le formalità da osservare per ottenere informazioni sui beni dell’obbligato potrebbe presentare un’indubbia utilità pratica per il creditore o per il professionista che lo assiste, semplificando e riducendo notevolmente i tempi di una ricerca che la prassi rivela esser spesso assai laboriosa, lunga ed economicamente onerosa per ragioni non solo di ordine linguistico, ma anche legate alle divergenze talora nette tra sistemi processuali.
Oltre a quella appena indicata, il Libro verde prende in considerazione l’opportunità di una misura diretta ad ampliare le possibilità di consultazione dei registri pubblici mediante un aumento delle informazioni presenti nei registri delle imprese ed un miglioramento dell’accesso a quelli dello stato civile, della sicurezza sociale e dell’amministrazione fiscale.
Per quanto attiene ai registri del primo tipo, la Commissione ricorda che un ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sia stato già realizzato in materia con le direttive 68/151 /CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968 (direttiva “pubblicità”), e 89/666/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989 (direttiva “succursali”), dalle quali discendeva per gli Stati membri il vincolo di introdurre, a carico delle imprese esercenti la propria attività in forma di società di capitali, un obbligo di pubblicità dei documenti, degli atti e delle informazioni inerenti alle vicende costitutive, modificative ed estintive del vincolo nonché al capitale ed ai bilanci. Si rammenta, d’altro canto, che le menzionate direttive abbiano consentito solo un’armonizzazione parziale ed incompleta delle normative nazionali, essendo l’obbligo di pubblicità nei registri soggettivamente ristretto alle società dotate di autonomia patrimoniale rispetto ai soci (con esclusione, quindi, delle società di persone ed ovviamente delle imprese individuali) e lasciata agli Stati membri la scelta se subordinare o meno l’annotazione delle informazioni ad una previa verifica della loro veridicità, così come la determinazione delle conseguenze derivanti dalla mancata annotazione di eventuali variazioni intervenute successivamente all’iscrizione.
Viene allora considerato auspicabile dalla Commissione un intervento della Comunità diretto a prevedere un incremento dei dati da riportare all’interno dei registri delle imprese ma anche a garantire una maggiore affidabilità delle informazioni che da essi possano essere ricavate mediante la consultazione. Il Libro verde valuta, altresì, come prioritaria la creazione delle condizioni per il trattamento elettronico dei dati e per il collegamento in rete dei registri delle imprese (e di quelli di insolvenza), secondo le direttrici tracciate dal Consiglio europeo nelle conclusioni rassegnate al termine delle riunioni del 12 e 13 giugno 2007. La Commissione avverte, inoltre, delle difficoltà cui un creditore può andare incontro quando gli occorra rintracciare l’indirizzo del proprio debitore che non svolga alcuna attività a titolo professionale od imprenditoriale (e sia, quindi, un consumatore od un privato cittadino) ed evidenzia, in particolare, che una ricerca del genere non sia talune volte neppure concretamente praticabile a causa della varietà dei criteri cui sono improntate la redazione e l’accesso al pubblico dei registri dello stato civile negli Stati membri in cui ne sia stata prevista l’istituzione (si pensi, per esempio, a quello che potrebbe accadere nei Paesi in cui tali registri non siano tenuti da un’autorità centrale ovvero in cui ne sia impedita la consultazione a terzi od alle autorità preposte all’esecuzione). Il Libro verde intende allora avviare un dibattito sui possibili provvedimenti da adottare per ottenere che ne sia migliorato l’accesso, salvaguardando l’osservanza delle normative nazionali in materia di tutela della privacy emanate in attuazione della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995.
Un conveniente bilanciamento rispetto all’esigenza di preservare il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali (ed, in particolar modo, di quelli c.d. sensibili) garantito dalla richiamata direttiva dovrebbe essere assicurato, altresì, nel prevedere qualsivoglia misura che sia diretta a facilitare la consultazione dei registri della sicurezza sociale e dell’amministrazione fiscale, attingendo ai quali sarebbe possibile ottenere informazioni precise tanto sulla persona del debitore (indirizzo ed occupazione) quanto sui suoi beni (inclusi depositi o conti correnti bancari).
Per migliorare, invece, il livello di efficienza generale dei sistemi informativi esistenti in ogni Stato membro, la Commissione invita le parti interessate a riflettere intorno all’opportunità di introdurre uno strumento comunitario che istituisca un sistema di cooperazione diretta tra le autorità nazionali degli Stati membri preposte all’esecuzione ai fini di uno scambio dei dati accessibili mediante consultazione dei rispettivi registri pubblici, eventualmente sul modello della direttiva 2001/44/CE del Consiglio, del 15 giugno 2001, in materia di reciproca assistenza tra autorità fiscali e tributarie.
Tale misura potrebbe anche contemplare la designazione di specifiche autorità centrali nazionali che, tramite ricorso al Sistema di informazione per il mercato interno (IMI) od ad altro strumento elettronico similare, provvedano alla ricezione delle richieste di informazioni ed al successivo invio delle risposte, con l’uso semmai di una modulistica standardizzata predisposta in tutte le lingue comunitarie.
Da ultimo, come già anticipato, il Libro verde riserva attenzione alla possibilità di definire a livello comunitario misure relative alla dichiarazione del debitore, aventi quale finalità quella di ottenerne un contributo nell’acquisizione di informazioni sui beni che gli appartengano e che potrebbero servire per tacitare il credito legittimamente vantato dall’esecutando. Sono due le soluzioni al riguardo prospettate dalla Commissione: una prima, che potrebbe essere ispirata al contenuto della proposta formulata nell’art. 12.4 del rapporto Storme sul ravvicinamento delle procedure civili europee, consistente nell’imporre agli Stati membri l’istituzione di una procedura ad hoc per richiedere al debitore una dichiarazione sui propri averi; una seconda, per contro, idonea a realizzare un’armonizzazione massima delle normative nazionali, recante l’introduzione di una dichiarazione patrimoniale comune per tutti gli Stati membri la quale obbligherebbe il debitore che ne sia richiesto a rendere noto il proprio patrimonio nella sua interezza, con esclusione dei beni situati al di fuori del territorio comunitario.
In particolare, questa seconda opzione offrirebbe ai creditori la possibilità di accedere ad una dichiarazione di contenuto identico per tutti gli ordinamenti dell’Unione europea, che il debitore dovrebbe redigere su un modulo standard disponibile in tutte le lingue comunitarie ed eventualmente da riempire per via telematica tramite collegamento al sito dell’Atlante giudiziario europeo in materia civile.
Inoltre, mentre la prima alternativa recherebbe con sé l’inconveniente del lasciar permanere notevoli differenze tra i sistemi nazionali sul piano delle sanzioni irrogabili nel caso di inottemperanza all’obbligo di fare la dichiarazione, la seconda potrebbe eludere il problema se all’introduzione di una dichiarazione unica si decidesse di accompagnare la previsione di norme uniformi relative alle conseguenze, anche penali, di un eventuale rifiuto del debitore ovvero di una dichiarazione inesatta od incompleta.
In conclusione, mettendo a disposizione dei creditori strumenti di supporto per le ricerche dirette ad ottenere una conoscenza precisa della situazione economica relativa a persone determinate, le misure sulle quali il Libro verde ha invitato le parti interessate ad esprimere il proprio parere sembrerebbero possedere attitudine a garantire un miglioramento dell’esecuzione delle decisioni nell’àmbito dell’Unione europea e contribuire, pertanto, a rendere effettivo il corrispondente diritto.
Solo dopo il 30 settembre 2008 (termine ultimo per far pervenire i contributi alla Commissione) sarà possibile, tuttavia, verificare se le soluzioni prospettate nel Libro verde siano considerate dagli Stati membri concretamente idonee a risolvere le problematiche che, in materia, ancora caratterizzano la situazione attuale.
L’esecuzione di provvedimenti giudiziali che rechino statuizioni di condanna al pagamento di somme di danaro in uno Stato membro diverso da quello nel quale siano stati emessi (eccezion fatta per i provvedimenti aventi per oggetto crediti li-quidi ed esigibili non contestati dal convenuto, per i quali è ammesso in alternativa il ricorso al meccanismo della certificazione nello Stato di origine previsto dal regolamento (CE) 805/04) richiede tuttora la presentazione da parte del creditore di un’istanza volta ad ottenere dall’autorità competente dell’ordinamento ad quem il rilascio di autorizzazione.
Nonostante la notevole semplificazione degli adempimenti necessari per l’ottenimento della dichiarazione di esecutività nello Stato richiesto introdotta dal regolamento (CE) 44/01, del 22 dicembre 2001 nondimeno l’avvio di una procedura diretta all’attuazione coattiva del credito potrebbe venire significativamente ritardato per effetto di iniziative talora anche meramente dilatorie del debitore, rendendo così il più delle volte opportuno un tempestivo ricorso da parte dell’istante a rimedi cautelari di carattere conservativo.
Non è infrequente, peraltro, che l’esecuzione di un’ordinanza di pagamento o anche solo di una misura provvisoria di natura interinale possa incontrare ostacolo in uno Stato diverso da quello di provenienza a causa della mancanza o scarsezza delle informazioni a disposizione del creditore riguardo, ad esempio, alla consistenza patrimoniale e finanziaria del soggetto obbligato ovvero all’indirizzo al quale rintracciarlo. Si ricordi, in proposito, che proprio l’individuazione del domicilio o della residenza del debitore è indispensabile per poter procedere ad alcune forme di espropriazione forzata (come quella mobiliare), ma anche all’invio delle notifiche degli atti giudiziari che la normativa locale preveda come necessarie per iniziare la procedura (ad esempio, in Italia, quella del precetto, del pignoramento presso terzi o del pignoramento immobiliare) od in pendenza della stessa.
Si deve tenere conto, tuttavia, del fatto che la ricerca in territorio comunitario di elementi utili all’individuazione dell’indirizzo del debitore, nonché dei beni o crediti nella titolarità del medesimo da assoggettare ad esecuzione potrebbe non essere del tutto agevole per il creditore in ragione delle marcate differenze esistenti tra i sistemi nazionali degli Stati membri quanto alle condizioni, al contenuto ed ai limiti per l’accesso ai canali ed alle strutture informative.
Poiché tale situazione sarebbe in grado di pregiudicare in modo particolarmente grave gli interessi delle imprese come dei consumatori, incidendo negativamente sul corretto funzionamento del mercato interno, la Commissione delle Comunità europee ha presentato il 6 marzo 2008 (documento COM/2008/128 def.) un Libro verde sull’esecuzione effettiva delle decisioni giudiziarie nell’Unione europea avente quale scopo quello di avviare una consultazione tra gli Stati membri e le altri parti interessate per l’individuazione di strumenti atti a garantire una maggiore trasparenza del patrimonio del debitore. Il citato Libro verde pone allo studio, da un lato, la proposta di definire una serie di misure dirette a facilitare l’accertamento dei dati relativi alla situazione patrimoniale complessiva di un soggetto determinato soprattutto per mezzo della richiesta di informazioni alle autorità nazionali preposte alla conservazione ed alla tenuta di registri pubblici di varia natura; dall’altro, quella di realizzare un’armonizzazione delle normative nazionali mediante l’introduzione in ogni Stato membro di una procedura cui sia possibile il ricorso per ottenere che il debitore dichiari il proprio patrimonio (eventualmente soltanto nella misura necessaria per la soddisfazione del credito) ovvero di una vera e propria dichiarazione patrimoniale europea che lo obbligherebbe a render noti al creditore munito di un titolo esecutivo tutti i beni posseduti sul territorio dell’Unione.
Tra le misure del primo tipo figura, anzitutto, quella relativa alla predisposizione di un manuale, di cui si potrebbe consentire la consultazione on-line sul sito internet della Rete giudiziaria europea, che contenga tutte le informazioni relative ai sistemi di esecuzione forzata in vigore negli Stati membri e rechi altresì un’indicazione dettagliata delle modalità e dei costi connessi all’utilizzo delle procedure previste da ogni singola legislazione nazionale per la ricerca di elementi rilevanti ai fini della ricostruzione del patrimonio di una determinata persona. L’approntamento di una guida che renda trasparenti ed immediatamente accessibili le regole di procedura proprie di ciascuno Stato membro e le formalità da osservare per ottenere informazioni sui beni dell’obbligato potrebbe presentare un’indubbia utilità pratica per il creditore o per il professionista che lo assiste, semplificando e riducendo notevolmente i tempi di una ricerca che la prassi rivela esser spesso assai laboriosa, lunga ed economicamente onerosa per ragioni non solo di ordine linguistico, ma anche legate alle divergenze talora nette tra sistemi processuali.
Oltre a quella appena indicata, il Libro verde prende in considerazione l’opportunità di una misura diretta ad ampliare le possibilità di consultazione dei registri pubblici mediante un aumento delle informazioni presenti nei registri delle imprese ed un miglioramento dell’accesso a quelli dello stato civile, della sicurezza sociale e dell’amministrazione fiscale.
Per quanto attiene ai registri del primo tipo, la Commissione ricorda che un ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sia stato già realizzato in materia con le direttive 68/151 /CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968 (direttiva “pubblicità”), e 89/666/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989 (direttiva “succursali”), dalle quali discendeva per gli Stati membri il vincolo di introdurre, a carico delle imprese esercenti la propria attività in forma di società di capitali, un obbligo di pubblicità dei documenti, degli atti e delle informazioni inerenti alle vicende costitutive, modificative ed estintive del vincolo nonché al capitale ed ai bilanci. Si rammenta, d’altro canto, che le menzionate direttive abbiano consentito solo un’armonizzazione parziale ed incompleta delle normative nazionali, essendo l’obbligo di pubblicità nei registri soggettivamente ristretto alle società dotate di autonomia patrimoniale rispetto ai soci (con esclusione, quindi, delle società di persone ed ovviamente delle imprese individuali) e lasciata agli Stati membri la scelta se subordinare o meno l’annotazione delle informazioni ad una previa verifica della loro veridicità, così come la determinazione delle conseguenze derivanti dalla mancata annotazione di eventuali variazioni intervenute successivamente all’iscrizione.
Viene allora considerato auspicabile dalla Commissione un intervento della Comunità diretto a prevedere un incremento dei dati da riportare all’interno dei registri delle imprese ma anche a garantire una maggiore affidabilità delle informazioni che da essi possano essere ricavate mediante la consultazione. Il Libro verde valuta, altresì, come prioritaria la creazione delle condizioni per il trattamento elettronico dei dati e per il collegamento in rete dei registri delle imprese (e di quelli di insolvenza), secondo le direttrici tracciate dal Consiglio europeo nelle conclusioni rassegnate al termine delle riunioni del 12 e 13 giugno 2007. La Commissione avverte, inoltre, delle difficoltà cui un creditore può andare incontro quando gli occorra rintracciare l’indirizzo del proprio debitore che non svolga alcuna attività a titolo professionale od imprenditoriale (e sia, quindi, un consumatore od un privato cittadino) ed evidenzia, in particolare, che una ricerca del genere non sia talune volte neppure concretamente praticabile a causa della varietà dei criteri cui sono improntate la redazione e l’accesso al pubblico dei registri dello stato civile negli Stati membri in cui ne sia stata prevista l’istituzione (si pensi, per esempio, a quello che potrebbe accadere nei Paesi in cui tali registri non siano tenuti da un’autorità centrale ovvero in cui ne sia impedita la consultazione a terzi od alle autorità preposte all’esecuzione). Il Libro verde intende allora avviare un dibattito sui possibili provvedimenti da adottare per ottenere che ne sia migliorato l’accesso, salvaguardando l’osservanza delle normative nazionali in materia di tutela della privacy emanate in attuazione della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995.
Un conveniente bilanciamento rispetto all’esigenza di preservare il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali (ed, in particolar modo, di quelli c.d. sensibili) garantito dalla richiamata direttiva dovrebbe essere assicurato, altresì, nel prevedere qualsivoglia misura che sia diretta a facilitare la consultazione dei registri della sicurezza sociale e dell’amministrazione fiscale, attingendo ai quali sarebbe possibile ottenere informazioni precise tanto sulla persona del debitore (indirizzo ed occupazione) quanto sui suoi beni (inclusi depositi o conti correnti bancari).
Per migliorare, invece, il livello di efficienza generale dei sistemi informativi esistenti in ogni Stato membro, la Commissione invita le parti interessate a riflettere intorno all’opportunità di introdurre uno strumento comunitario che istituisca un sistema di cooperazione diretta tra le autorità nazionali degli Stati membri preposte all’esecuzione ai fini di uno scambio dei dati accessibili mediante consultazione dei rispettivi registri pubblici, eventualmente sul modello della direttiva 2001/44/CE del Consiglio, del 15 giugno 2001, in materia di reciproca assistenza tra autorità fiscali e tributarie.
Tale misura potrebbe anche contemplare la designazione di specifiche autorità centrali nazionali che, tramite ricorso al Sistema di informazione per il mercato interno (IMI) od ad altro strumento elettronico similare, provvedano alla ricezione delle richieste di informazioni ed al successivo invio delle risposte, con l’uso semmai di una modulistica standardizzata predisposta in tutte le lingue comunitarie.
Da ultimo, come già anticipato, il Libro verde riserva attenzione alla possibilità di definire a livello comunitario misure relative alla dichiarazione del debitore, aventi quale finalità quella di ottenerne un contributo nell’acquisizione di informazioni sui beni che gli appartengano e che potrebbero servire per tacitare il credito legittimamente vantato dall’esecutando. Sono due le soluzioni al riguardo prospettate dalla Commissione: una prima, che potrebbe essere ispirata al contenuto della proposta formulata nell’art. 12.4 del rapporto Storme sul ravvicinamento delle procedure civili europee, consistente nell’imporre agli Stati membri l’istituzione di una procedura ad hoc per richiedere al debitore una dichiarazione sui propri averi; una seconda, per contro, idonea a realizzare un’armonizzazione massima delle normative nazionali, recante l’introduzione di una dichiarazione patrimoniale comune per tutti gli Stati membri la quale obbligherebbe il debitore che ne sia richiesto a rendere noto il proprio patrimonio nella sua interezza, con esclusione dei beni situati al di fuori del territorio comunitario.
In particolare, questa seconda opzione offrirebbe ai creditori la possibilità di accedere ad una dichiarazione di contenuto identico per tutti gli ordinamenti dell’Unione europea, che il debitore dovrebbe redigere su un modulo standard disponibile in tutte le lingue comunitarie ed eventualmente da riempire per via telematica tramite collegamento al sito dell’Atlante giudiziario europeo in materia civile.
Inoltre, mentre la prima alternativa recherebbe con sé l’inconveniente del lasciar permanere notevoli differenze tra i sistemi nazionali sul piano delle sanzioni irrogabili nel caso di inottemperanza all’obbligo di fare la dichiarazione, la seconda potrebbe eludere il problema se all’introduzione di una dichiarazione unica si decidesse di accompagnare la previsione di norme uniformi relative alle conseguenze, anche penali, di un eventuale rifiuto del debitore ovvero di una dichiarazione inesatta od incompleta.
In conclusione, mettendo a disposizione dei creditori strumenti di supporto per le ricerche dirette ad ottenere una conoscenza precisa della situazione economica relativa a persone determinate, le misure sulle quali il Libro verde ha invitato le parti interessate ad esprimere il proprio parere sembrerebbero possedere attitudine a garantire un miglioramento dell’esecuzione delle decisioni nell’àmbito dell’Unione europea e contribuire, pertanto, a rendere effettivo il corrispondente diritto.
Solo dopo il 30 settembre 2008 (termine ultimo per far pervenire i contributi alla Commissione) sarà possibile, tuttavia, verificare se le soluzioni prospettate nel Libro verde siano considerate dagli Stati membri concretamente idonee a risolvere le problematiche che, in materia, ancora caratterizzano la situazione attuale.