LA CONCLUSIONE DELLA NUOVA CONVENZIONE DI LUGANO. LA COMUNITA' EUROPEA HA COMPETENZA ESCLUSIVA
Archivio > Anno 2006 > Maggio 2006
di Giovanni PASTINA (Dottorando di Diritto internazionale nell'Università di Bari)
Con
il parere 1/03 del 7 febbraio 2006 emesso, su richiesta del Consiglio,
ai sensi dell’art. 300 comma 6 del Trattato CE, la Corte di Giustizia ha
dato un importante chiarimento circa la natura concorrente o esclusiva
della Comunità europea a concludere accordi con Stati terzi nella
materia della cooperazione giudiziaria civile. Il parere ha ad oggetto
la nuova Convenzione di Lugano, un accordo che dovrebbe sostituire la
precedente Convenzione di Lugano del 16 settembre 1988 (G.U., L. 319, p.
9), conclusa fra gli Stati membri della Comunità e quelli
dell’Associazione europea di libero scambio (AELS) (ad eccezione del
Leichtestein) al fine di istituire, fra di loro, un sistema analogo a
quello della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968. Come è noto
tale ultima Convenzione, espressione del primo accordo raggiunto fra
gli Stati membri della Comunità sulla disciplina dei conflitti di
competenza giurisdizionale e dell’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale, è stata poi sostituita, tranne che nei confronti
della Danimarca, dal regolamento (CE) n. 44/2001 (G.U., 2001, L. 12, p.
1) cha ha istituito un regime generale di competenza giurisdizionale, di
riconoscimento e di esecuzione delle decisioni rese in materia civile e
commerciale; un regolamento emanato dal Consiglio, il 22 dicembre 2000,
dopo l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, che ha conferito
alla Comunità nuove competenze relative alla cooperazione giudiziaria in
materia civile con l’inclusione di un nuovo titolo IV (Visti, Asilo ed
immigrazione) nel Trattato CE.
Dopo che, nella 2455a sessione, svoltasi il 14 e 15 ottobre 2002, il Consiglio aveva autorizzato la Commissione ad iniziare i negoziati per l’adozione della nuova Convenzione di Lugano tra la Comunità e la Danimarca, da un lato, e l’Islanda, la Norvegia, la Svizzera e la Polonia, dall’altro, esso ha domandato alla Corte di giustizia il seguente parere: “la conclusione della nuova Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale………rientra interamente nella competenza esclusiva della Comunità o nella competenza condivisa tra la Comunità e gli Stati membri?” (cfr. par.27 del parere).
Nel parere in esame, la Corte ricorda innanzitutto come essa, nella precedente sentenza AETS del 31 marzo 1971 (causa 22/70, Commissione/Consiglio, in Racc., 1971, p. 263), aveva già stabilito il principio secondo il quale, ove per la realizzazione di una politica comune prevista dal Trattato, la Comunità abbia adottato atti normativi, gli Stati membri perdono la propria competenza a stipulare accordi, individualmente o collettivamente, con Stati terzi al fine di evitare l’assunzione di obblighi che incidano su dette norme comunitarie. Tale principio è stato esteso successivamente dalla Corte anche ai casi in cui siano state adottate disposizioni comunitarie in settori rientranti non in politiche comuni, ma negli scopi del Trattato CE; ciò in quanto l’articolo 10 impone agli Stati membri di favorire la Comunità nell’adempimento dei propri compiti e di astenersi dall’adottare qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione dei suddetti scopi (parere 2/91 del 19 marzo 1993, in Racc. 1993, p.I-1061).
La Corte ritiene pertanto che, per valutare se la Comunità disponga di una competenza esclusiva a concludere un accordo internazionale, occorre effettuare una analisi globale e concreta e prendere in considerazione non solo il settore disciplinato tanto dalle norme comunitarie quanto dalle disposizioni dell’accordo previsto, ma altresì la natura ed il contenuto delle suddette norme e disposizioni “al fine di assicurarsi che l’accordo non sia tale da pregiudicare l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie ed il corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono” (cfr. par. 133). Constatato che la Comunità, con l’approvazione del regolamento n. 44/2001, adottato sulla base degli artt. 61, lett. c) e 67, n. 1 del trattato CE, ha di fatto già adottato delle disposizioni interne concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la Corte valuta se la Comunità abbia acquisito una competenza esclusiva a concludere accordi internazionali nella suddetta materia e sia pertanto la sola legittimata a concludere l’accordo diretto a sostituire la Convenzione di Lugano definita, nel quinto considerando dello stesso regolamento n. 44/2001, come “Convenzione parallela alla Convenzione di Bruxelles”.
La Corte valuta a tal fine. separatamente, prima le norme sulla competenza e poi quelle sul riconoscimento ed esecuzione delle sentenze straniere contenute tanto nel regolamento quanto nella Convenzione di Lugano, per valutare concretamente se le norme dell’accordo non pregiudichino la uniforme e coerente applicazione del regolamento ed il corretto funzionamento del sistema che esso istituisce.
Con riferimento alle norme sulla competenza, la Corte osserva che ogni accordo internazionale concluso dagli Stati membri o dalla Comunità con Stati terzi, contenente norme sui conflitti di competenza, stabilirebbe necessariamente criteri di competenza dei giudici non solo degli Stati terzi ma altresì degli Stati membri e per ciò solo riguarderebbe materie disciplinate dal regolamento n. 44/2001 (cfr. par. 142).
L’incidenza della Convenzione di Lugano sul regolamento 44/2001 non è esclusa né dalla sostanziale identità di contenuti delle disposizioni dei due atti, né dalla cosiddetta clausola di disgiunzione contenuta nel nuovo accordo.
Quanto al primo punto, la Corte rileva innanzitutto che l’identità di oggetto e formulazione fra le norme sulla competenza giurisdizionale del regolamento e quella della Convenzione di Lugano non sono elementi sufficienti a garantire la coerenza fra i due sistemi giuridici e l’assenza di ogni pregiudizio per le norme comunitarie. Tale identità fra le predette norme sui titoli di giurisdizione non sarebbe infatti sinonimo di assenza di pregiudizio dato che l’applicazione di una norma contenuta nella Convenzione di Lugano ben potrebbe portare alla designazione di un giudice competente differente da quello che sarebbe stato designato in base alle norme del regolamento n. 44/2001. A titolo di esempio potrebbe infatti ricordarsi come, mentre la nuova Convenzione, ove contenesse delle disposizioni identiche agli artt. 22 e 23 del regolamento, potrebbe designare, come foro competente, quello di uno Stato terzo parte contraente della Convenzione, in assenza di quest’ultima invece, nel caso in cui il convenuto fosse domiciliato in uno Stato membro, sarebbe in tale ultimo Stato il foro competente (cfr. parr. 152-153).
Quanto poi all’esistenza, nel nuovo accordo, di una clausola di disgiunzione simile a quella già contenuta nell’art. 54 ter della Convenzione attuale, ai sensi della quale l’accordo non pregiudicherebbe l’applicazione da parte degli Stati membri delle disposizioni pertinenti di diritto comunitario, la Corte rileva come la previsione di detta clausola non costituirebbe una garanzia idonea ad escludere ogni incidenza delle norme dell’accordo su quelle comunitarie ma al contrario essa potrebbe apparire come l’indice del rischio di incidenza su tali norme (cfr. parr. 130 e 154). A giudizio della Corte la clausola di disgiunzione contenuta in un accordo di diritto internazionale privato avrebbe una natura differente dalla clausola classica. Il suo scopo sarebbe infatti, non quello di preservare l’applicazione del regolamento ma di disciplinare in modo coerente il rapporto fra quest’ultimo e la Convenzione. È opportuno poi aggiungere che la suddetta clausola, contenuta nell’art. 54 della Con-venzione di Lugano, prevede peraltro, al n. 2 lett. a) e b), due eccezioni che ancora una volta potrebbero pregiudicare l’applicazione del regolamento n. 44/2001 (cfr. parr. 157-158). Se ne deduce quindi che la clausola in esame non verrebbe ad escludere la competenza esclusiva della Comunità a concludere il nuovo accordo.
Sulla base delle predette riflessioni la Corte ritiene pertanto che “dall’analisi delle disposizioni della nuova Convenzione di Lugano relative alle norme sulla competenza risulta che tali disposizioni pregiudicano l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie relative alla competenza giurisdizionale e il corretto funzionamento del sistema che queste ultime istituiscono” (cfr. par. 161).
Con riguardo invece alle norme concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale contenute del regolamento n. 44/2001, la Corte di Giustizia, in antitesi alle osservazioni presentate da diversi Stati membri, osserva che, come sostenuto dalla Commissione e dal Parlamento, esse non costituiscano insiemi distinti ed autonomi di norme ma siano strettamente connesse a quelle sulla competenza (cfr. parr. 162-163).
Dopo aver esaminato attentamente le norme del suddetto regolamento ed aver rilevato che esso costituisca un sistema globale e coerente per quanto riguarda il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, la Corte rileva in via di principio che un accordo simile a quello costituito dalla Convenzione di Lugano, indipendentemente dal fatto che esso contenga disposizioni riguardanti i titoli di giurisdizione, il riconoscimento o l’esecuzione delle decisioni, potrebbe incidere sulle norme comunitarie (cfr. parr. 162-168).
Dall’analisi poi delle norme della vigente Convenzione di Lugano, la Corte giudica che esse siano effettivamente influenti sulle disposizioni del regolamento n. 44/2001.
La Corte, non potendo ancora disporre del testo definitivo del nuovo accordo di Lugano, esamina l’art. 26 della Convenzione vigente, il quale, prevedendo espressamente che le decisioni rese in uno Stato contraente sono riconosciute negli altri Stati parti dell’accordo senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, estende, a giudizio della Corte, l’àmbito di applicazione del riconoscimento senza procedimento delle decisioni giurisdizionali, provocando in tal modo un aumento del numero dei casi in cui potrebbero essere riconosciute decisioni rese da giudici di Stati che non sono membri della Comunità e la cui applicazione non deriva da quella delle disposizioni del regolamento n. 44/2001 (cfr. par. 170).
Con riferimento invece all’esistenza di una clausola di disgiunzione simile a quella contenuta nell’art. 54 ter n. 1 dell’attuale Convenzione di Lugano, anche per quanto riguarda le norme sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni, la Corte, riportandosi a quanto già affermato per le norme sulla competenza, rileva, ancora una volta, come la sua previsione non possa in alcun modo valere ad escludere l’esistenza di una competenza esclusiva della Comunità a concludere il nuovo accordo (cfr. par. 171).
Alla luce di tutte le considerazioni prospettate, la Corte di Giustizia conclude infine che “le norme comunitarie relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni non sono scindibili da quelle relative alla competenza dei giudici, con cui le prime formano un sistema globale e coerente, e che la nuova Convenzione di Lugano pregiudicherebbe l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie per quanto riguarda sia la competenza giurisdizionale sia il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e il corretto funzionamento del sistema globale istituito da tali norme” (cfr. par. 172). Ne consegue pertanto che “la Comunità detiene una competenza esclusiva a concludere la nuova Convenzione di Lugano” (cfr. par. 173).
Dopo che, nella 2455a sessione, svoltasi il 14 e 15 ottobre 2002, il Consiglio aveva autorizzato la Commissione ad iniziare i negoziati per l’adozione della nuova Convenzione di Lugano tra la Comunità e la Danimarca, da un lato, e l’Islanda, la Norvegia, la Svizzera e la Polonia, dall’altro, esso ha domandato alla Corte di giustizia il seguente parere: “la conclusione della nuova Convenzione di Lugano concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale………rientra interamente nella competenza esclusiva della Comunità o nella competenza condivisa tra la Comunità e gli Stati membri?” (cfr. par.27 del parere).
Nel parere in esame, la Corte ricorda innanzitutto come essa, nella precedente sentenza AETS del 31 marzo 1971 (causa 22/70, Commissione/Consiglio, in Racc., 1971, p. 263), aveva già stabilito il principio secondo il quale, ove per la realizzazione di una politica comune prevista dal Trattato, la Comunità abbia adottato atti normativi, gli Stati membri perdono la propria competenza a stipulare accordi, individualmente o collettivamente, con Stati terzi al fine di evitare l’assunzione di obblighi che incidano su dette norme comunitarie. Tale principio è stato esteso successivamente dalla Corte anche ai casi in cui siano state adottate disposizioni comunitarie in settori rientranti non in politiche comuni, ma negli scopi del Trattato CE; ciò in quanto l’articolo 10 impone agli Stati membri di favorire la Comunità nell’adempimento dei propri compiti e di astenersi dall’adottare qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione dei suddetti scopi (parere 2/91 del 19 marzo 1993, in Racc. 1993, p.I-1061).
La Corte ritiene pertanto che, per valutare se la Comunità disponga di una competenza esclusiva a concludere un accordo internazionale, occorre effettuare una analisi globale e concreta e prendere in considerazione non solo il settore disciplinato tanto dalle norme comunitarie quanto dalle disposizioni dell’accordo previsto, ma altresì la natura ed il contenuto delle suddette norme e disposizioni “al fine di assicurarsi che l’accordo non sia tale da pregiudicare l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie ed il corretto funzionamento del sistema che esse istituiscono” (cfr. par. 133). Constatato che la Comunità, con l’approvazione del regolamento n. 44/2001, adottato sulla base degli artt. 61, lett. c) e 67, n. 1 del trattato CE, ha di fatto già adottato delle disposizioni interne concernenti la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la Corte valuta se la Comunità abbia acquisito una competenza esclusiva a concludere accordi internazionali nella suddetta materia e sia pertanto la sola legittimata a concludere l’accordo diretto a sostituire la Convenzione di Lugano definita, nel quinto considerando dello stesso regolamento n. 44/2001, come “Convenzione parallela alla Convenzione di Bruxelles”.
La Corte valuta a tal fine. separatamente, prima le norme sulla competenza e poi quelle sul riconoscimento ed esecuzione delle sentenze straniere contenute tanto nel regolamento quanto nella Convenzione di Lugano, per valutare concretamente se le norme dell’accordo non pregiudichino la uniforme e coerente applicazione del regolamento ed il corretto funzionamento del sistema che esso istituisce.
Con riferimento alle norme sulla competenza, la Corte osserva che ogni accordo internazionale concluso dagli Stati membri o dalla Comunità con Stati terzi, contenente norme sui conflitti di competenza, stabilirebbe necessariamente criteri di competenza dei giudici non solo degli Stati terzi ma altresì degli Stati membri e per ciò solo riguarderebbe materie disciplinate dal regolamento n. 44/2001 (cfr. par. 142).
L’incidenza della Convenzione di Lugano sul regolamento 44/2001 non è esclusa né dalla sostanziale identità di contenuti delle disposizioni dei due atti, né dalla cosiddetta clausola di disgiunzione contenuta nel nuovo accordo.
Quanto al primo punto, la Corte rileva innanzitutto che l’identità di oggetto e formulazione fra le norme sulla competenza giurisdizionale del regolamento e quella della Convenzione di Lugano non sono elementi sufficienti a garantire la coerenza fra i due sistemi giuridici e l’assenza di ogni pregiudizio per le norme comunitarie. Tale identità fra le predette norme sui titoli di giurisdizione non sarebbe infatti sinonimo di assenza di pregiudizio dato che l’applicazione di una norma contenuta nella Convenzione di Lugano ben potrebbe portare alla designazione di un giudice competente differente da quello che sarebbe stato designato in base alle norme del regolamento n. 44/2001. A titolo di esempio potrebbe infatti ricordarsi come, mentre la nuova Convenzione, ove contenesse delle disposizioni identiche agli artt. 22 e 23 del regolamento, potrebbe designare, come foro competente, quello di uno Stato terzo parte contraente della Convenzione, in assenza di quest’ultima invece, nel caso in cui il convenuto fosse domiciliato in uno Stato membro, sarebbe in tale ultimo Stato il foro competente (cfr. parr. 152-153).
Quanto poi all’esistenza, nel nuovo accordo, di una clausola di disgiunzione simile a quella già contenuta nell’art. 54 ter della Convenzione attuale, ai sensi della quale l’accordo non pregiudicherebbe l’applicazione da parte degli Stati membri delle disposizioni pertinenti di diritto comunitario, la Corte rileva come la previsione di detta clausola non costituirebbe una garanzia idonea ad escludere ogni incidenza delle norme dell’accordo su quelle comunitarie ma al contrario essa potrebbe apparire come l’indice del rischio di incidenza su tali norme (cfr. parr. 130 e 154). A giudizio della Corte la clausola di disgiunzione contenuta in un accordo di diritto internazionale privato avrebbe una natura differente dalla clausola classica. Il suo scopo sarebbe infatti, non quello di preservare l’applicazione del regolamento ma di disciplinare in modo coerente il rapporto fra quest’ultimo e la Convenzione. È opportuno poi aggiungere che la suddetta clausola, contenuta nell’art. 54 della Con-venzione di Lugano, prevede peraltro, al n. 2 lett. a) e b), due eccezioni che ancora una volta potrebbero pregiudicare l’applicazione del regolamento n. 44/2001 (cfr. parr. 157-158). Se ne deduce quindi che la clausola in esame non verrebbe ad escludere la competenza esclusiva della Comunità a concludere il nuovo accordo.
Sulla base delle predette riflessioni la Corte ritiene pertanto che “dall’analisi delle disposizioni della nuova Convenzione di Lugano relative alle norme sulla competenza risulta che tali disposizioni pregiudicano l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie relative alla competenza giurisdizionale e il corretto funzionamento del sistema che queste ultime istituiscono” (cfr. par. 161).
Con riguardo invece alle norme concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale contenute del regolamento n. 44/2001, la Corte di Giustizia, in antitesi alle osservazioni presentate da diversi Stati membri, osserva che, come sostenuto dalla Commissione e dal Parlamento, esse non costituiscano insiemi distinti ed autonomi di norme ma siano strettamente connesse a quelle sulla competenza (cfr. parr. 162-163).
Dopo aver esaminato attentamente le norme del suddetto regolamento ed aver rilevato che esso costituisca un sistema globale e coerente per quanto riguarda il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, la Corte rileva in via di principio che un accordo simile a quello costituito dalla Convenzione di Lugano, indipendentemente dal fatto che esso contenga disposizioni riguardanti i titoli di giurisdizione, il riconoscimento o l’esecuzione delle decisioni, potrebbe incidere sulle norme comunitarie (cfr. parr. 162-168).
Dall’analisi poi delle norme della vigente Convenzione di Lugano, la Corte giudica che esse siano effettivamente influenti sulle disposizioni del regolamento n. 44/2001.
La Corte, non potendo ancora disporre del testo definitivo del nuovo accordo di Lugano, esamina l’art. 26 della Convenzione vigente, il quale, prevedendo espressamente che le decisioni rese in uno Stato contraente sono riconosciute negli altri Stati parti dell’accordo senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, estende, a giudizio della Corte, l’àmbito di applicazione del riconoscimento senza procedimento delle decisioni giurisdizionali, provocando in tal modo un aumento del numero dei casi in cui potrebbero essere riconosciute decisioni rese da giudici di Stati che non sono membri della Comunità e la cui applicazione non deriva da quella delle disposizioni del regolamento n. 44/2001 (cfr. par. 170).
Con riferimento invece all’esistenza di una clausola di disgiunzione simile a quella contenuta nell’art. 54 ter n. 1 dell’attuale Convenzione di Lugano, anche per quanto riguarda le norme sul riconoscimento ed esecuzione delle decisioni, la Corte, riportandosi a quanto già affermato per le norme sulla competenza, rileva, ancora una volta, come la sua previsione non possa in alcun modo valere ad escludere l’esistenza di una competenza esclusiva della Comunità a concludere il nuovo accordo (cfr. par. 171).
Alla luce di tutte le considerazioni prospettate, la Corte di Giustizia conclude infine che “le norme comunitarie relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni non sono scindibili da quelle relative alla competenza dei giudici, con cui le prime formano un sistema globale e coerente, e che la nuova Convenzione di Lugano pregiudicherebbe l’applicazione uniforme e coerente delle norme comunitarie per quanto riguarda sia la competenza giurisdizionale sia il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni e il corretto funzionamento del sistema globale istituito da tali norme” (cfr. par. 172). Ne consegue pertanto che “la Comunità detiene una competenza esclusiva a concludere la nuova Convenzione di Lugano” (cfr. par. 173).