L’UE IN PRIMA LINEA PER LA LOTTA AI CAMBIAMENTI CLIMATICI
Archivio > Anno 2009 > Aprile 2009
di Monica DEL VECCHIO
In
una recente relazione (Relazione della Commissione al Parlamento
europeo e al Consiglio, del 28 ottobre 2014, Progressi nella
realizzazione degli obiettivi di Kyoto e di Europa 2020 (a norma
dell’articolo 21 del regolamento (UE) n. 525/2013 del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 21 maggio 2013, relativo a un meccanismo di
monitoraggio e comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra e di
comunicazione di altre informazioni in materia di cambiamenti climatici
a livello nazionale e dell’Unione europea e che abroga la decisione n.
280/2004/CE), COM/2014/0689 def.), la Commissione europea ha evidenziato
i notevoli progressi compiuti dall’Unione per la riduzione delle
emissioni di gas ad effetto serra, preannunciando il superamento dei
relativi obiettivi prefissati per il 2020. I risultati constatati si
inseriscono nel quadro di un sempre maggiore impegno dell’Unione nella
lotta ai cambiamenti climatici, sia sul piano interno, sia sulla scena
internazionale.
Giova ricordare che l’azione internazionale dell’UE per il clima si svolge essenzialmente nell’ambito della Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), adottata nel 1992 a Rio de Janeiro. La Convenzione ha costituito il primo grande accordo internazionale nel settore e si propone di prevenire le “interferenze antropogeniche” sul clima, cioè le alterazioni causate dalle attività umane, in particolare da quelle responsabili del noto “effetto serra”. Per ridurre le emissioni di carbonio e degli altri gas dannosi per l’atmosfera, nel 1997 è stato adottato il Protocollo di Kyoto che impegna tutti gli Stati a diminuire le emissioni, ma introduce obblighi solo per i Paesi industrializzati, responsabili dell’inquinamento in misura maggiore rispetto ai Paesi in via di sviluppo (principio delle responsabilità comuni ma differenziate).
L’Unione ha concluso il Protocollo di Kyoto in forma mista con i quindici Stati all’epoca membri, i quali hanno convenuto di impegnarsi collettivamente per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Accordo: una riduzione delle emissioni dell’8% rispetto all’anno base, il 1990, per il primo periodo di impegni (2008-2012). Per gli Stati che hanno aderito all’UE successivamente, sono stati fissati specifici obiettivi a livello nazionale.
I dati comunicati dalla Commissione nella sua relazione di ottobre permettono una prima stima dei risultati, sebbene un esame ufficiale e la conseguente valutazione di conformità al Protocollo spetterà all’UNFCCC. Il quadro che emerge appare incoraggiante: l’UE è sulla buona strada per raggiungere e superare i traguardi definiti a Kyoto. Le emissioni totali di gas serra sono infatti diminuite e si attestano a livelli notevolmente inferiori all’8% stabilito; per l’UE a 15, la riduzione è stata del 18,5%, che aumenta al 22,1% se si considera anche il contributo degli altri Stati membri.
Tuttavia, l’attuazione degli impegni non è stata uniforme in tutto il territorio dell’Unione. La relazione della Commissione evidenzia che per sette Stati membri, tra cui l’Italia, i livelli di emissioni sono ancora superiori agli obiettivi di Kyoto. Le performances negative di tali Paesi sono compensate comunque da quelle degli Stati più virtuosi e pertanto non sono suscettibili di pregiudicare il pieno adempimento degli obblighi da parte dell’Unione.
I progressi segnalati nell’esecuzione degli impegni internazionali rappresentano il risultato di una politica accorta sul piano interno, caratterizzata da un approccio ambizioso alla questione ambientale. Già nel 2009 l’UE aveva adottato un pacchetto di misure volte a ridurre del 20% le emissioni di gas serra, a promuovere il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, fino al 20% del consumo totale, e ad aumentare del 20% l’efficienza energetica dell’Unione. Tali obiettivi sono stati successivamente integrati nella Strategia “Europa 2020” per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che ha rafforzato l’azione dell’UE per il clima e l’energia.
Anche rispetto ai traguardi definiti sul piano interno si rilevano significativi avanzamenti. I dati comunicati dalla Commissione nella relazione in commento mostrano che, in base alle misure esistenti e alle informazioni fornite dagli Stati membri, l’Unione nel suo insieme sarà in grado di ridurre le emissioni di gas serra del 21% entro il 2020, superando l’obiettivo previsto dalla citata Strategia. Anche in questo caso, i risultati dei singoli Stati non sono tutti positivi. Stando ai dati del 2013, alcuni Membri non saranno in grado di onorare gli impegni: tra questi figura anche il nostro Paese, che dovrà potenziare gli sforzi.
Il documento della Commissione conferma dunque il successo dell’azione dell’Unione per il clima e fornisce altresì una ricca serie di informazioni utili a comprenderne l’ampia portata. In proposito, rileva la comunicazione di informazioni inedite sui proventi derivanti dal sistema di scambi di quote di emissioni di gas serra, istituito dalla direttiva 2003/87/CE e avviato nel 2005 (“sistema ETS”). Com’è noto, il sistema si basa sulla fissazione di un limite quantitativo alle emissioni di biossido di carbonio per ogni tipologia di impianto e sulla vendita all’asta delle quote di emissioni non prodotte da parte delle imprese più “virtuose”. Le quote immesse sul mercato del carbonio possono essere acquistate dagli Stati per gli impianti che, invece, superano il tetto stabilito. Fino ad ora, però, non erano mai stati resi noti dati sull’effettivo ammontare delle quote vendute e sull’utilizzo dei relativi introiti, che conformemente alla succitata direttiva dovrebbero essere reimpiegati per scopi legati al clima e all’energia. Simili informazioni sono state pubblicate nella comunicazione di ottobre, sulla base di dati trasmessi dagli Stati membri. Nel 2013 l’UE ha ricavato 3,6 miliardi di euro in totale; tutti gli Stati membri hanno destinato (o destineranno nei prossimi anni) almeno il 50% dei proventi ad azioni in tali settori, come ad esempio il finanziamento di progetti di miglioramento dell’efficienza energetica o di sviluppo delle energie rinnovabili. Oltre ai proventi delle vendite di emissioni, le azioni di contrasto al cambiamento climatico potranno beneficiare di altri stanziamenti. Le istituzioni europee hanno convenuto che il 20% della spesa nell’ambito del quadro finanziario pluriennale sarà connesso alla questione del clima e che opportunità di finanziamento deriveranno dai fondi strutturali e di investimento europei e dai pagamenti diretti della PAC, che comprenderanno anche misure di ecologizzazione. Si segnala che la ricerca potrà usufruire di una cospicua parte dei fondi stanziati nell’ambito del programma Orizzonte 2020, il nuovo programma dell’UE per la ricerca e l’innovazione: almeno il 35% del suo bilancio sarà investito per obiettivi connessi al clima.
Il cammino compiuto per l’adempimento degli obiettivi per il 2020 non esaurisce l’impegno dell’UE sul fronte della lotta al cambiamento climatico, rilanciato proprio nel corso di quest’anno dalle istituzioni europee.
Sulla base di una proposta della Commissione presentata a gennaio, il Consiglio europeo di ottobre ha raggiunto un accordo su un “quadro sul clima e l’energia per il 2030”. Esso individua tre principali obiettivi, tra loro interconnessi, volti a rendere l’Unione un’economia “verde” a basse emissioni di carbonio. Il punto focale del nuovo quadro è rappresentato dall’obiettivo vincolante di riduzione del 40% delle emissioni interne di gas serra rispetto al 1990, con una diminuzione del 43% nei settori inclusi nel sistema ETS e del 30% in quelli esclusi da tale sistema (come ad esempio il trasporto aereo) e per i quali sarà necessario individuare specifici obiettivi a livello nazionale. Le mete fissate per il 2030 sono coerenti con la tabella di marcia stabilita dalla Commissione per il 2050, anno in cui si dovrà registrare una diminuzione dell’80% delle emissioni. La strategia per il 2030 si propone altresì di aumentare il ricorso alle energie rinnovabili, prefiggendosi per tale data una quota di utilizzo pari almeno al 27% del consumo energetico totale dell’Unione: un incremento nell’utilizzo di fonti di energia più pulite, alternative rispetto ai combustibili fossili, è funzionale anche ad una notevole riduzione delle emissioni. Infine, il quadro 2030 fissa l’obiettivo del miglioramento dell’efficienza energetica, nella misura del 27%, ma con lo sguardo ad un più ambizioso 30%, che garantirebbe il conseguimento di tutti gli obiettivi delle politiche europee connesse con il clima e l’energia.
Per conseguire più facilmente i traguardi suindicati, nel gennaio di quest’anno la Commissione ha presentato una proposta legislativa per la riforma del sistema ETS, volta a porre rimedio ad alcune inefficienze. Uno degli ostacoli al pieno funzionamento delle vendite all’asta delle emissioni è costituito dalle eccedenze di quote e di crediti internazionali, che abbassano il “prezzo” del carbonio e ostacolano gli scambi. Per far fronte al problema, è stata prevista la creazione di una “riserva stabilizzatrice del mercato”, che si auspica possa entrare in funzione al più tardi nel 2021: sarà questo il primo passo di una più ampia revisione del mercato del carbonio, annunciata dal nuovo Commissario per l’azione per il clima e per l’energia, Miguel Arias Cañete (v. discorso alla Commissione per l’ambiente del Parlamento europeo, pronunciato l’11 novembre scorso) e che rientra nel progetto di “Unione dell’energia” promosso dalla Commissione Junker appena insediatasi.
Il complesso di misure brevemente richiamate in questa sede sono espressione di una politica lungimirante per il futuro, idonea a guidare anche l’azione internazionale dell’UE. I rischi di un ulteriore innalzamento della temperatura sono stati chiaramente presentati con nuove evidenze scientifiche dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo internazionale che studia i cambiamenti climatici (v. le conclusioni del Quinto rapporto di valutazione, pubblicate il 2 novembre 2014). A livello globale, l’Unione può porsi quale leader credibile nel contrasto alle alterazioni del clima e sollecitare l’assunzione di responsabilità da parte degli altri membri della Comunità internazionale. A questo riguardo, insieme ad alcuni Paesi in via di sviluppo, l’UE ha promosso l’avvio di negoziati per la conclusione di un accordo globale sul clima, che dovrebbe avvenire nell’ambito della ventunesima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, prevista a Parigi nel 2015. Uno step intermedio ma decisivo sarà rappresentato dalla Conferenza internazionale che si svolgerà a Lima dal 1° al 12 dicembre 2014. L’Unione sta svolgendo un ruolo di primo piano nella preparazione dell’evento, spronando le altre Parti contraenti a presentare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas serra e mantenendo alta l’ambizione per lo scenario post-2020.
Giova ricordare che l’azione internazionale dell’UE per il clima si svolge essenzialmente nell’ambito della Convenzione-quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCCC), adottata nel 1992 a Rio de Janeiro. La Convenzione ha costituito il primo grande accordo internazionale nel settore e si propone di prevenire le “interferenze antropogeniche” sul clima, cioè le alterazioni causate dalle attività umane, in particolare da quelle responsabili del noto “effetto serra”. Per ridurre le emissioni di carbonio e degli altri gas dannosi per l’atmosfera, nel 1997 è stato adottato il Protocollo di Kyoto che impegna tutti gli Stati a diminuire le emissioni, ma introduce obblighi solo per i Paesi industrializzati, responsabili dell’inquinamento in misura maggiore rispetto ai Paesi in via di sviluppo (principio delle responsabilità comuni ma differenziate).
L’Unione ha concluso il Protocollo di Kyoto in forma mista con i quindici Stati all’epoca membri, i quali hanno convenuto di impegnarsi collettivamente per raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Accordo: una riduzione delle emissioni dell’8% rispetto all’anno base, il 1990, per il primo periodo di impegni (2008-2012). Per gli Stati che hanno aderito all’UE successivamente, sono stati fissati specifici obiettivi a livello nazionale.
I dati comunicati dalla Commissione nella sua relazione di ottobre permettono una prima stima dei risultati, sebbene un esame ufficiale e la conseguente valutazione di conformità al Protocollo spetterà all’UNFCCC. Il quadro che emerge appare incoraggiante: l’UE è sulla buona strada per raggiungere e superare i traguardi definiti a Kyoto. Le emissioni totali di gas serra sono infatti diminuite e si attestano a livelli notevolmente inferiori all’8% stabilito; per l’UE a 15, la riduzione è stata del 18,5%, che aumenta al 22,1% se si considera anche il contributo degli altri Stati membri.
Tuttavia, l’attuazione degli impegni non è stata uniforme in tutto il territorio dell’Unione. La relazione della Commissione evidenzia che per sette Stati membri, tra cui l’Italia, i livelli di emissioni sono ancora superiori agli obiettivi di Kyoto. Le performances negative di tali Paesi sono compensate comunque da quelle degli Stati più virtuosi e pertanto non sono suscettibili di pregiudicare il pieno adempimento degli obblighi da parte dell’Unione.
I progressi segnalati nell’esecuzione degli impegni internazionali rappresentano il risultato di una politica accorta sul piano interno, caratterizzata da un approccio ambizioso alla questione ambientale. Già nel 2009 l’UE aveva adottato un pacchetto di misure volte a ridurre del 20% le emissioni di gas serra, a promuovere il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, fino al 20% del consumo totale, e ad aumentare del 20% l’efficienza energetica dell’Unione. Tali obiettivi sono stati successivamente integrati nella Strategia “Europa 2020” per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che ha rafforzato l’azione dell’UE per il clima e l’energia.
Anche rispetto ai traguardi definiti sul piano interno si rilevano significativi avanzamenti. I dati comunicati dalla Commissione nella relazione in commento mostrano che, in base alle misure esistenti e alle informazioni fornite dagli Stati membri, l’Unione nel suo insieme sarà in grado di ridurre le emissioni di gas serra del 21% entro il 2020, superando l’obiettivo previsto dalla citata Strategia. Anche in questo caso, i risultati dei singoli Stati non sono tutti positivi. Stando ai dati del 2013, alcuni Membri non saranno in grado di onorare gli impegni: tra questi figura anche il nostro Paese, che dovrà potenziare gli sforzi.
Il documento della Commissione conferma dunque il successo dell’azione dell’Unione per il clima e fornisce altresì una ricca serie di informazioni utili a comprenderne l’ampia portata. In proposito, rileva la comunicazione di informazioni inedite sui proventi derivanti dal sistema di scambi di quote di emissioni di gas serra, istituito dalla direttiva 2003/87/CE e avviato nel 2005 (“sistema ETS”). Com’è noto, il sistema si basa sulla fissazione di un limite quantitativo alle emissioni di biossido di carbonio per ogni tipologia di impianto e sulla vendita all’asta delle quote di emissioni non prodotte da parte delle imprese più “virtuose”. Le quote immesse sul mercato del carbonio possono essere acquistate dagli Stati per gli impianti che, invece, superano il tetto stabilito. Fino ad ora, però, non erano mai stati resi noti dati sull’effettivo ammontare delle quote vendute e sull’utilizzo dei relativi introiti, che conformemente alla succitata direttiva dovrebbero essere reimpiegati per scopi legati al clima e all’energia. Simili informazioni sono state pubblicate nella comunicazione di ottobre, sulla base di dati trasmessi dagli Stati membri. Nel 2013 l’UE ha ricavato 3,6 miliardi di euro in totale; tutti gli Stati membri hanno destinato (o destineranno nei prossimi anni) almeno il 50% dei proventi ad azioni in tali settori, come ad esempio il finanziamento di progetti di miglioramento dell’efficienza energetica o di sviluppo delle energie rinnovabili. Oltre ai proventi delle vendite di emissioni, le azioni di contrasto al cambiamento climatico potranno beneficiare di altri stanziamenti. Le istituzioni europee hanno convenuto che il 20% della spesa nell’ambito del quadro finanziario pluriennale sarà connesso alla questione del clima e che opportunità di finanziamento deriveranno dai fondi strutturali e di investimento europei e dai pagamenti diretti della PAC, che comprenderanno anche misure di ecologizzazione. Si segnala che la ricerca potrà usufruire di una cospicua parte dei fondi stanziati nell’ambito del programma Orizzonte 2020, il nuovo programma dell’UE per la ricerca e l’innovazione: almeno il 35% del suo bilancio sarà investito per obiettivi connessi al clima.
Il cammino compiuto per l’adempimento degli obiettivi per il 2020 non esaurisce l’impegno dell’UE sul fronte della lotta al cambiamento climatico, rilanciato proprio nel corso di quest’anno dalle istituzioni europee.
Sulla base di una proposta della Commissione presentata a gennaio, il Consiglio europeo di ottobre ha raggiunto un accordo su un “quadro sul clima e l’energia per il 2030”. Esso individua tre principali obiettivi, tra loro interconnessi, volti a rendere l’Unione un’economia “verde” a basse emissioni di carbonio. Il punto focale del nuovo quadro è rappresentato dall’obiettivo vincolante di riduzione del 40% delle emissioni interne di gas serra rispetto al 1990, con una diminuzione del 43% nei settori inclusi nel sistema ETS e del 30% in quelli esclusi da tale sistema (come ad esempio il trasporto aereo) e per i quali sarà necessario individuare specifici obiettivi a livello nazionale. Le mete fissate per il 2030 sono coerenti con la tabella di marcia stabilita dalla Commissione per il 2050, anno in cui si dovrà registrare una diminuzione dell’80% delle emissioni. La strategia per il 2030 si propone altresì di aumentare il ricorso alle energie rinnovabili, prefiggendosi per tale data una quota di utilizzo pari almeno al 27% del consumo energetico totale dell’Unione: un incremento nell’utilizzo di fonti di energia più pulite, alternative rispetto ai combustibili fossili, è funzionale anche ad una notevole riduzione delle emissioni. Infine, il quadro 2030 fissa l’obiettivo del miglioramento dell’efficienza energetica, nella misura del 27%, ma con lo sguardo ad un più ambizioso 30%, che garantirebbe il conseguimento di tutti gli obiettivi delle politiche europee connesse con il clima e l’energia.
Per conseguire più facilmente i traguardi suindicati, nel gennaio di quest’anno la Commissione ha presentato una proposta legislativa per la riforma del sistema ETS, volta a porre rimedio ad alcune inefficienze. Uno degli ostacoli al pieno funzionamento delle vendite all’asta delle emissioni è costituito dalle eccedenze di quote e di crediti internazionali, che abbassano il “prezzo” del carbonio e ostacolano gli scambi. Per far fronte al problema, è stata prevista la creazione di una “riserva stabilizzatrice del mercato”, che si auspica possa entrare in funzione al più tardi nel 2021: sarà questo il primo passo di una più ampia revisione del mercato del carbonio, annunciata dal nuovo Commissario per l’azione per il clima e per l’energia, Miguel Arias Cañete (v. discorso alla Commissione per l’ambiente del Parlamento europeo, pronunciato l’11 novembre scorso) e che rientra nel progetto di “Unione dell’energia” promosso dalla Commissione Junker appena insediatasi.
Il complesso di misure brevemente richiamate in questa sede sono espressione di una politica lungimirante per il futuro, idonea a guidare anche l’azione internazionale dell’UE. I rischi di un ulteriore innalzamento della temperatura sono stati chiaramente presentati con nuove evidenze scientifiche dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organismo internazionale che studia i cambiamenti climatici (v. le conclusioni del Quinto rapporto di valutazione, pubblicate il 2 novembre 2014). A livello globale, l’Unione può porsi quale leader credibile nel contrasto alle alterazioni del clima e sollecitare l’assunzione di responsabilità da parte degli altri membri della Comunità internazionale. A questo riguardo, insieme ad alcuni Paesi in via di sviluppo, l’UE ha promosso l’avvio di negoziati per la conclusione di un accordo globale sul clima, che dovrebbe avvenire nell’ambito della ventunesima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, prevista a Parigi nel 2015. Uno step intermedio ma decisivo sarà rappresentato dalla Conferenza internazionale che si svolgerà a Lima dal 1° al 12 dicembre 2014. L’Unione sta svolgendo un ruolo di primo piano nella preparazione dell’evento, spronando le altre Parti contraenti a presentare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas serra e mantenendo alta l’ambizione per lo scenario post-2020.