DISTINZIONE TRA HANDICAP E MALATTIA NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA - Sud in Europa

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DISTINZIONE TRA HANDICAP E MALATTIA NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

Archivio > Anno 2006 > Novembre 2006
di Valeria DI COMITE    
La normativa comunitaria mirante alla tutela di lavoratori portatori di handicap non può essere applicata in modo talmente estensivo da riconoscere lo stesso grado di tutela ai lavoratori anche in caso di malattia. Tale principio si desume da un’interessante pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità europee. Con sentenza dell’11 luglio 2006, causa C-13/05, Sonia Chacón Navas e Eurest Colectividades SA (in futuro caso Chacón Navas) la Corte si è infatti pronunciata per la prima volta sulla nozione di handicap ai fini dell’applicazione della direttiva n. 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre del 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (pubblicata in GUCE L 303, 2 dicembre 2000, p. 16 ss).
I fatti che hanno dato luogo alla pronuncia pregiudiziale da parte della Grande sezione della Corte di giustizia riguardano il licenziamento della sig.ra Sonia Chacón Navas da parte dell’impresa Eurest, avvenuto a seguito dell’interruzione dell’attività lavorativa da parte della lavoratrice a causa di malattia. In considerazione del fatto che, in base a quanto veniva attestato dai servizi sanitari pubblici, la Sig.ra Chacón Navas non era in grado di riprendere la sua attività lavorativa in un breve periodo, la società Eurest, specializzata in servizi di ristorazione collettiva, comunicò alla lavoratrice il suo licenziamento. La società Eurest ammettendo l’irregolarità del licenziamento offriva alla lavoratrice un indennizzo. La sig.ra Chacón Navas, invece, considerava che il suo licenziamento fosse nullo, per cui proponeva ricorso giurisdizionale contro lo stesso, motivandolo in ragione della disparità di trattamento e discriminazione sofferta e chiedeva, pertanto, al giudice nazionale di reintegrarla nel suo posto di lavoro.
È opportuno segnalare che la normativa spagnola distingue tra licenziamento nullo e licenziamento irregolare. In caso di licenziamento irregolare il lavoratore perde il posto di lavoro, ma ha diritto ad un indennizzo; mentre, in caso di licenziamento nullo il lavoratore ha diritto ad essere reintegrato nel posto di lavoro. La distinzione tra licenziamento nullo e licenziamento irregolare dipende dalla causa dello stesso. In caso di licenziamento effettuato in violazione del principio di non discriminazione previsto dalla Costituzione spagnola e dalla legge nazionale di attuazione della direttiva 2000/78/CE, il licenziamento si configura come un licenziamento nullo. L’art. 14 della Costituzione spagnola stabilisce il divieto di discriminazione per motivi di nascita, razza, sesso, religione, opinione e per qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale. L’art. 17 dello Statuto dei lavoratori spagnolo (a seguito della modifica introdotta con la legge del 30 dicembre 2003, n. 62 che dà attuazione alla direttiva 2000/78/CE) dispone che: «Sono nulli e privi di effetto le norme di regolamento, le clausole dei contratti collettivi, i contratti individuali e le decisioni unilaterali del datore di lavoro che creano direttamente o indirettamente discriminazioni sfavorevoli ai fini dell’impiego, come pure ai fini della retribuzione, dell’orario di lavoro e di altre condizioni di lavoro, per ragioni basate su sesso, razza, origine etnica, stato civile, condizione sociale, religione o convinzioni personali, idee politiche, orientamento sessuale, adesione o meno a sindacati e ai relativi accordi, vincoli di parentela con altri lavoratori nell’impresa e lingua nell’ambito dello Stato spagnolo».
Il giudice a quo al fine di determinare se il licenziamento della sig.ra Chacón Navas fosse irregolare o nullo si è trovato ad affrontare la questione se un licenziamento per causa di malattia rientrasse nell’ambito di applicazione del divieto di discriminazione nei confronti dei portatori di handicap, previsto dalla direttiva 2000/78/CE. Il giudice spagnolo ha dunque chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sulle seguenti questioni: 1) «Se il quadro generale tracciato dalla direttiva 2000/78 per la lotta contro al discriminazione fondata sull’handicap appresti una tutela ad una persona che è stata licenziata dal datore di lavoro esclusivamente in ragione della malattia» (par. 35 della sentenza); 2) «Se la malattia possa essere considerata come un motivo che si aggiunge quelli in base ai quali è vietata dalla direttiva 2000/78 qualsiasi discriminazione» (par. 53 della sentenza).
Al fine di rispondere a tali questioni la Corte di giustizia si è soffermata a chiarire la distinzione tra handicap e malattia, precisando la nozione di handicap. Premesso che la direttiva europea non stabilisce una definizione di handicap, la Corte di giustizia ha riaffermato il principio in base al quale per garantire un’applicazione uniforme delle norme comunitarie è necessario stabilire concetti giuridici che abbiano la stessa portata per tutti gli Stati dell’Unione. La Corte ha quindi precisato che «dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto dal principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto nell’intera Comunità di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi» (par. 40 della sentenza). Nel determinare una nozione autonomia di handicap ai fini dell’applicazione della normativa comunitaria, la Corte ha evidenziato come la direttiva 2000/78/CE tenda a combattere alcuni tipi di discriminazione in relazione all’occupazione e dalle condizioni di lavoro. In siffatto contesto con la nozione di handicap il legislatore intende riferirsi ad un limite costituito da «lesioni fisiche, mentali o psichiche» che impedisce la partecipazione di una persona alla vita professionale. Si tratta quindi di un concetto diverso rispetto a quello di malattia. Dalla previsione del sedicesimo considerando della direttiva il quale si riferisce alla necessità di predisporre misure tese a soddisfare i bisogni dei disabili sul luogo di lavoro, al fine di combattere la discriminazione basata sull’handicap, la Corte desume che, affinché una limitazione alla partecipazione alla vita professionale possa considerarsi un handicap, tale limitazione deve essere di lunga durata. La direttiva pertanto non tende a tutelare i lavoratori non appena si manifesti una malattia.
La Corte ha dunque distinto le nozioni di handicap e malattia in base alle caratteristiche della limitazione alla partecipazione alla vita lavorativa sofferta dal lavoratore ed alla sua durata. Inoltre la Corte ha precisato che la direttiva 2000/78/CE mira a tutelare i lavoratori da discriminazioni fondate sull’handicap. La malattia non rientra invece tra i motivi di discriminazione che la direttiva intende vietare. Sulla base di tali considerazioni la Corte ha dunque concluso che «una persona che è stata licenziata dal datore di lavoro esclusivamente per causa di malattia non rientra nel quadro generale per la lotta contro la discriminazione fondata sull’handicap» istituito dalla direttiva 2000/78/CE. Inoltre, sulla base delle disposizioni dell’art. 2, n. 1 e dell’art. 3, n. 1, lett. c) la Corte ha ritenuto che la direttiva 2000/78/CE «osta a un licenziamento fondato su un handicap che, tenuto conto dell’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, non è giustificato dal fatto che la persona di cui trattasi non sia competente, né capace, né disponibile a svolgere le funzioni essenziali del suo posto di lavoro».
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