LA DIMENSIONE EUROPEA TRA FEDERALISMO E REGIONALISMO. DILEMMI E CONSEGUENZE - Sud in Europa

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LA DIMENSIONE EUROPEA TRA FEDERALISMO E REGIONALISMO. DILEMMI E CONSEGUENZE

Archivio > Anno 2005 > Aprile 2005

di Mario VITOBELLO (Direttore Ripartizione Segreteria Generale Comune di Bari con funzioni di Segretario Generale vicario)    Chi presenta le distanze dal modello federale presenta le Regioni come enti sub-statali insediatisi su territori ampi ove svolgono potestà pubbliche connesse ad interessi di dimensione locale. Tali interessi sono elevati a canoni di regime di distribuzione delle competenza legislativa esclusiva, concorrente o di principio.
Il regionalismo, quindi, rappresenterebbe una sorta di forma costituzionalmente autonoma dello Stato federale, ovvero una forma incompiuta del federalismo, anche se alcuni affermano che esso possa costituire una forma di transizione allo stesso federalismo.
Nel regionalismo classico non opera il principio della “competenza residuale locale”. Infatti nel portafoglio di potestà legislativa regionale sono inserite materie predefinite, tutte le altre sono di spettanza dei poteri centrali.
Più diffusa è l’impressione che il regionalismo sia una forma di “pseudo-federalismo” (dal punto di vista organizzativo) nella misura in cui esso è rappresentato come ordinamento di enti territoriali, dotati di poteri propri, spesso in settori molto vasti, riguardanti collettività e territorio di riferimento. Tale ordinamento è ancora formalmente retto dal principio della competenza residuale locale, secondo cui le materie non attribuite al potere centrale permangono di competenza dei poteri federati.
Ma allo pseudo-regionalismo è più facile accostare il cd. “regionalismo qualificato” che rappresenterebbe una formula politicoistituzionale dagli incerti confini, ma che ha il merito di indicare chiaramente che da un lato le autorità centrali sono beneficiate da processi centripeti che portano all’incremento delle loro attribuzioni, dall’altro le Regioni riescono progressivamente a strappare nuovi spazi liberi e di crescita utilizzabili in funzione di una autonoma potestà di indirizzo politico territoriale. Nel senso che i riferimenti concreti rimandano agli ambiti reali delle posizioni di autonomia di cui le strutture possono essere accreditate, alle effettive capacità decisionali di singoli e di gruppi operanti in loro no-me e per conto loro, ai rapporti che legano collettività locali ai loro governanti, alle peculiarità degli ambiti territoriali e delle collettività di riferimento.
Troviamo esempi di pseudo-federalismo nello Stato austriaco e forme di neo-regionalismo nello Stato spagnolo. Ma le forme di regionalismo si differenziamo a seconda della distribuzione e peculiarità dei tre sottoriportati indicatori:
- i rapporti con la società civile;
- le qualità giuridico-formali dei poteri devoluti;
- le materie di competenza regionale (con particolare riguardo ai loro contenuti).
Si passa quindi, da Regioni ritagliate a misura di gruppi territoriali in regime di autogoverno a Regioni disegnate dalle istituzioni centrali, così regionalizzate; da Regioni titolari di potestà legislative a Regioni dotate solo di poteri amministrativi; da Regioni i cui ambiti competenziali sono ampi in termini territoriali e di corpo sociale, a Regioni confinate ad un ruolo di strutture di implementazione di indirizzi e decisioni dettate da ambiti statali.
Per quanto concerne l’Italia, possiamo definire il nostro Paese, uno Stato a “forte regionalismo”. Molti osservatori hanno rilevato che il sistema del decentramento politico italiano è tra quelli fenomenologicamente ascrivibili al “pre-federalismo”. Ma a parte l’enfasi ingiustificata il punto significativo per raggiungere la piena autonomia delle Regioni è la mancanza di un’incisiva riforma costituzionale che ha determinato come modello di riferimento lo “Stato Regionale”. È stato ed è un percorso lungo e non privo di ostacoli, anche se il regionalismo italiano ha rappresentato un paradigma distinto dalle esperienze pseudo-federaliste austriache o più autonomiste del regionalismo spagnolo.

ESEMPI DI COMPARAZIONE TRA I DIVERSI MODELLI DI FEDERALISMO E REGIONALISMO IN EUROPA
Per capire le differenze tra gli istituti del federalismo e quelli del regionalismo in Europa è utile svolgere una analisi comparativa lungo 5 direttrici:
- l’autonomia strutturale;
- la partecipazione revisionale costituzionale;
- il procedimento di formazione degli atti relativi alle costituzioni federali o agli statuti regionali;
- l’autonomia funzionale legislativa;
- l’autonomia funzionale finanziaria.
Negli esempi qui riportati non è stato volutamente analizzato il caso francese definito dai più uno Stato a “debole regionalismo” e, pertanto, poco significativo nella comparazione tra i diversi modelli di regionalismo in Europa; mentre nel confronto si fa riferimento a Stati quali: la Svizzera, la Germania, la Spagna e l’Italia.
Se prendiamo in considerazione “L’AUTONOMIA STRUTTURALE”, la prima differenza sta nell’esistenza (in alcuni Stati Europei) di una Seconda Camera. Infatti nell’esperienza federale esiste una Camera delle autonomie (vedi Svizzera e Germania, pur nella loro differenza); mentre un caso a parte è la Spagna, che pur appartenendo all’ambito degli Stati Regionali, ha nel suo ordinamento una II Camera delle Cortes, nella quale vi sono anche i rappresentanti territoriali delle re-gioni spagnole. In Italia non esiste una Seconda Camera in rappresentanza delle regioni, pur essendoci stata l’esperienza della Bicamerale, purtroppo fallita.
Rispetto al punto “LA PARTECIPAZIONE REVISIONALE COSTITUZIONALE”, anche qui la differenza tra Stato Federale e Stato Regionale si differenzia attraverso la partecipazione degli enti territoriali alla revisione della Costituzione federale o centrale. Nello Stato Federale la partecipazione avviene in maniera diretta, infatti vengono coinvolgi i Cantoni (svizzeri) e i Länder (tedeschi), mentre ciò non accade in quello Regionale. Mentre in Svizzera i cantoni sono stati coinvolti in ogni fase della procedura per la Costituzione federale secondo una formula più o meno pattizia; in Germania ciò non avvenuto facilmente in quanto la tradizione del federalismo tedesco non è mai stata di tipo pattizio-paritario, anche se la Costituzione del 1948 si è fondata sulla presenza dei Länder dell’epoca, già dotati di Costituzioni proprie.
La Spagna fa caso a parte nella misura in cui si voglia considerare il Senato una seconda Camera a partecipazione regionale. Infatti il costituente spagnolo ha cercato di patteggiare la Costituzione cercando di risolvere il contenzioso derivante dal nazionalismo basco e catalano, nella famosa “cuestio territorial”, poi fallito. Mentre il successivo processo di regionalizzazione spagnolo, sia pure con aperture concernenti le competenze comunitarie, è stato diretto dal centro.
L’esperienza italiana del regionalismo (a differenza di quella spagnola che comunque fu lasciata alla spontanea iniziativa dal basso) ab origine si caratterizzò attraverso l’articolazione territoriale che corrispondeva ai vecchi compartimenti statistici. Non vi fu alcuna partecipazione al processo costituente da parte delle Regioni neanche nelle successive revisioni costituzionali.
Per quanto concerne “il procedimento di formazione degli atti relativi alle costituzioni federali o agli statuti regionali”, la differenza importante, che risulta nelle motivazioni tra il federalismo e il regionalismo, è quella legata al procedimento di formazione, ai limiti ed al contenuto degli atti giuridici supremi del livello sub-federale e del livello sub-statale e per essi rispettivamente alle Costituzioni e agli Statuti. Le prime (le Costituzioni) sono autonome, e cioè, formate da organi sub-federali; i secondi (gli Statuti) sono normalmente eteronomi, con la partecipazione al procedimento per la loro formazione sub-statale anche dello Stato centrale. Le Costituzioni dei cantoni svizzeri sono state approvate ed emendate a livello cantonale. Tali costituzioni conferiscono l’esercizio dei diritti politici in materia federale. Stessa garanzia viene conferita alle Costituzioni dei Länder tedeschi. In Spagna le procedure di approvazione degli Statuti delle comunità autonome sono più di una e si fondano su articoli della Costituzione spagnola e, comunque lo statuto regionale e le sue modificazioni vengono approvati con legge organica delle Cortes. Inoltre al procedimento relativo all’espressione della volontà del corpo elettorale della costituenda comunità regionale, che si accorda al concetto di autonomia, si soprappone la volontà del corpo elettorale dell’intero territorio nazionale. Per quanto concerne l’esperienza delle nostre Regioni a Statuto ordinario siamo di fronte ad un duplice aspetto: a) mentre le procedure di ap-provazione dello stesso si avvicinavano a quelle spagnole; b) con l’introduzione dell’art.123 si fa un passo in avanti verso una configurazione più federale delle Regioni, nel momento in cui il Governo può promuovere al riguardo, soltanto la questione di legittimità costituzionale di fronte alla Corte Costituzionale.
Dal punto di vista contenutistico sia la Costituzione elvetica che la Legge fondamentale tedesca lasciano notevole libertà d’azione agli enti sub-federali, nella forma di governo e nel sistema elettorale, apponendo soltanto dei limiti agli enti territoriali inferiori, sottraendoli alla piena regolamentazione degli enti federati. In Germania le differenze rispetto al centro sono minori a causa di una sorta di mimetismo costituzionale. Un esempio è stata la riduzione dell’autonomia dei Länder da parte del tribunale costituzionale federale sia sulla forma di governo che sugli istituti di democrazia diretta. Più numerose sono state le limitazioni contenutistiche stabilite dalla Costituzione spagnola per le comunità autonome che hanno approvato il loro Statuto. Ciò ha riguardato la forma di governo parlamentare che deve essere obbligatoriamente adottata dalle comunità costituite. Per l’Italia con il novellato art. 123 si allargano i contenuti necessari per definire l’atto statutario, con significativi cambiamenti all’organizzazione interna delle Regioni, anche per la parte riguardante l’introduzione di nuove materie di competenza statutaria, ad esempio in materia di articolazione delle nuove forme di governo o in materia elettorale.
Si fa più significativa la differenza tra le Costituzioni degli Stati federali membri e gli Statuti Regionali sempre dal punto di vista del contenuto quando: a) nei primi si contraddistinguono veri e propri atti fondamentali dell’ordinamento, corredati anche della disciplina dei diritti fondamentali ed inviolabili; b) nei secondi appaiono prevalere atti amministrativi (sia pure ampliati come nel caso spagnolo) con qualche forma autonoma per la tutela linguistica o diritti legati alle comunità presenti nel territorio.
Rispetto al punto “Autonomia funzionale legislativa” in Germania la legislazione federale è molto ampia e l’esecuzione è per lo più lasciata ai Länder. Ma vi sono oggi forti tendenze a spinte centralistiche che prevedono che l’approvazione di leggi in materie che interessano i Länder passino obbligatoriamente dal Bundersrat. Anche in Svizzera sia pure in forma più attenuata le competenze federali sono andate aumentando, anche se ogni modifica del testo supremo richiede comunque la doppia maggioranza sia del popolo nazionale che dei cantoni. Tuttavia la distinzione tra i vari tipi di competenza (esclusiva, concorrente e parallela) risulta essere insufficiente ed è emersa la necessità di chiarire, materia per materia, l’intreccio tra competenza federale e cantonale. Basti ricordare che quando i due livelli perseguono gli stessi interessi pubblici, lo svolgimento dei compiti è comune, viceversa si rende necessario un coordinamento. Ma sia in Svizzera che in Germania il problema maggiore sta nelle materie di competenza parallela, cioè quando due disposizioni disciplinano in maniera con compatibile la stessa materia. In questo caso la clausola generale di prevalenza del diritto federale sulle costituzioni offre soluzioni adeguate e semplici per risolvere il conflitto. In Spagna l’elenco delle materie di competenza delle Comunità non è completo come in Italia e come normalmente avviene negli Stati regionali. Infatti la Costituzione si limita ad elencare le materie che appartengono obbligatoriamente alla competenza dello Stato centrale ed alcune di quelle che ricadono nella competenza regionale, a cui uno Statuto può aggiungerne di nuove che potranno essere individuate caso per caso ed in funzione alle possibilità finanziarie e ed organizzative. Il problema vero non si pone per quelle competenze la cui potestà legislativa è esclusiva sia a livello statale che a livello regionale, mentre il problema rimane aperto per le materie riferite alla competenza concorrente.
Relativamente al punto “AUTONOMIA FUNZIONALE FINANZIARIA”, in Germania la potestà legislativa federale si è allargata negli ultimi anni con enormi proteste da parte dei livelli sub-federali. Tuttavia la ridistribuzione sia orizzontale che verticale ha finalità di perequazione tra i Länder ed è senz’altro un fiore all’occhiello del sistema costituzionale tedesco. In Svizzera, invece, è nota ed ampia l’autonomia cantonale in materia fiscale sia per quanto riguarda il tasso che il tipo di imposizione. Anche in Svizzera v’è l’attuazione di un modello federalistico cooperativo. In Spagna il sistema autonomico si basa dal punto di vista finanziario/tributario su obiettivi di sviluppo, nel perseguimento delle solidarietà e dell’equilibrio economico in uno Stato caratterizzato da forti differenze anche di risorse economiche. Infatti si è ridimensionata la possibilità di differenziazione degli Statuti, stabilendo proprio che le differenze non potranno in alcun caso implicare privilegi economici e sociali. Gli Statuti prevedono al riguardo una rinegoziazione periodica della parte relativa alla partecipazione alle entrate dello Stato Centrale sulla base degli effettivi bisogni e delle effettive entrate. In Italia il sistema tributario delle nostre Regioni a statuto ordinario senza dubbio allarga le competente regionali. Ma il dubbio è: la legge all’interno della quale gli enti locali potranno con regolamenti istituire i tributi dovrà essere statale o regionale? Gli enti territoriali sono ora titolari del potere di imporre tributi ed entrate proprie, sia pure in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Certamente è stato previsto un fondo di perequazione, mentre per rispondere alle rivendicazioni di alcune Regioni, si dà la possibilità di ricevere risorse aggiuntive che richiamano alla mente il modello di regionalismo differenziato a cui si è ispirato il nostro legislatore costituzionale con la riforma del titolo V della Costituzione.
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