LA MODERNIZZAZIONE DEI SERVIZI DI INTERESSE GENERALE NELLA RIFORMA DI LISBONA: IL BILANCIAMENTO FRA COMPETIZIONE E SOLIDARIETA' - Sud in Europa

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LA MODERNIZZAZIONE DEI SERVIZI DI INTERESSE GENERALE NELLA RIFORMA DI LISBONA: IL BILANCIAMENTO FRA COMPETIZIONE E SOLIDARIETA'

Archivio > Anno 2008 > Dicembre 2008
di Edgardo PIZZOLO (Dottorando di ricerca in Istituzioni e Politiche Comparate nell’Università degli Studi di Bari)    
Se è vero che nel corso degli anni l’Unione europea si è sempre più imposta come uno dei più importanti laboratori di ricostruzione di un livello di governance delle relazioni umane, in grado di rispondere alle sfide poste dai processi di globalizzazione nel Vecchio Con­ti­nente, è altrettanto vero che oggi l’UE attraversa uno dei mo­menti più delicati della sua storia. Il cumulo di sfide che l’agenda politica europea si ritrova a dover affrontare non riguarda, infatti, solamente lo scenario dell’ordinamento politico ed istituzionale, bensì attiene anche il quadro delle di­namiche economiche e sociali in con­tinua e rapida trasformazione. Co­sì, se nel dicembre 2000 veniva proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, nel marzo il Con­si­glio europeo aveva già varato la strategia di Lisbona, mediante la quale l’Eu­ropa sarebbe dovuta di­venire entro il 2010 l’economia della conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, accompagnata da un mi­glioramento quantitativo e qua­li­tativo del­l’oc­cupazione e da una mag­giore coe­sione sociale. Obiettivi rilevanti e tali da giustificare finanche mo­­difiche di assetto nella divisione delle competenze fra UE e Stati membri, in piena conformità a quei principi di sussidiarietà e proporzionalità che regolano la ripartizione delle competenze nell’ordinamento multilivello eu­ropeo.
Le società europee, dunque, si trovano oggigiorno a dover fronteggiare nuove sfide, a causa dei fenomeni di continua in­novazione tecnologica e di globalizzazione, della tendenza all’in­vecchiamento della popolazione e dalle modifiche dei rapporti di genere e delle strutture familiari, che hanno apportato mutamenti spesso anche radicali nelle esigenze dei cittadini europei. Tra questi, l’espansione della domanda di servizi sociali che le nostre società devono fronteggiare è cruciale, soprattutto per l’importante ruolo di promozione della coesione sociale, economica e territoriale, ed il valore, in termini di solidarietà ed eguaglianza sostanziale, che tali servizi ricoprono nell’Europa del XXI secolo.
Elemento essenziale dunque nella configurazione del modello sociale europeo, nonché ai fini dell’effettivo godimento dei diritti fondamentali, i servizi sociali si vedono oggi impegnati in importanti processi di modernizzazione, parte della più generale modernizzazione dei sistemi di welfare state. Processi spesso sfociati in profonde modifiche delle modalità di organizzazione, fornitura e finanziamento di tali servizi, come ad esempio per quanto riguarda l’esternalizzazione dei servizi prima forniti dalle autorità pubbliche o il crescente trasferimento di competenze a livello locale, ed il cui effetto complessivo è stato quello di far rientrare all’interno dell’ambito di applicazione del diritto comunitario un numero sempre maggiore di attività svolte dai servizi sociali, nella misura in cui queste andavano a configurarsi come attività a carattere economico. In particolare, si può sottolineare a riguardo che in molti Paesi eu­ropei, a partire dai primi anni novanta, si è assistito al passaggio da un sistema di regolazione basato sulla programmazione pubblica ad uno incentrato sulla regolazione offerta dai meccanismi del mercato (SEC(2008) 2179/2).
È questo quello che emerge dal di­battito sui servizi d’in-teresse generale avviato dalla Commissione nel 2003, con il Libro Verde sui Servizi di interesse generale (COM(2003)270), ed approdato nel 2008 ad un denso Rapporto Biennale sui Servizi sociali di interesse generale (SEC(2008) 2179/2), e che in sostanza, oltre a ri­trarre le caratteristiche fondamentali dei cambiamenti intervenuti, mette in evidenza il nuovo impegno assunto dalle istituzioni comunitarie in materia di servizi sociali di interesse generale (SSIG). In particolare, il dibattito ha contribuito a mettere a fuoco le questioni centrali, tra le quali, da una parte, quella della compatibilità fra gli obiettivi del mercato unico e quelli dello sviluppo di SSIG di alta qualità, accessibili ed abbordabili, e dall’altra parte, l’esigenza di ga­ran­tire una maggiore certezza del diritto comunitario in materia, sembrano cogliere appieno il senso e la portata che l’azione dell’Unione è chiamata a svolgere in questo campo.
Per quanto concerne, anzitutto, la ricerca di un giusto bilanciamento fra i principi della concorrenza e della solidarietà, la recente giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee sugli aiuti di Stato, e l’interpretazione data alla collocazione dei servizi d’interesse generale nell’ambito di applicazione delle norme sulla concorrenza sancita dall’articolo 86(2) TCE, contiene linee di tendenza innovative in linea con i mutamenti intervenuti. Se già con il Trattato di Amsterdam si era contribuito a meglio specificare la soglia di incompatibilità fra regole concorrenziali e missione pubblicistica, individuandola oltre che nella tutela delle specifiche missioni affidate ai servizi d’interesse generale, anche nel rispetto dei valori comuni dell’Unione e nella promozione della coesione sociale e territoriale (articolo 16 TCE), l’opera interpretativa della Corte ha contribuito non poco a chiarire ulteriormente i principi guida che regolano l’aspetto centrale del finanziamento dei servizi d’interesse generale, andando in definitiva ad affiancare ed integrare la normativa esistente in materia. La sentenza Altmark Trans (C-280/00) del luglio 2003, infatti, chiariva i quattro criteri secondo i quali i compensi pubblici, forniti alle imprese incaricate della gestione ed esecuzione di un servizio di interesse generale, non si configurano come aiuti di stato ai sensi dell’articolo 87(1) TCE. L’attività della Corte rendeva quindi più trasparente la normativa comunitaria in materia, permettendo così un maggior ricorso agli strumenti previsti dal Trattato sulla Comunità europea per rendere compatibile, ed in un certo senso razionalizzare, il finanziamento pubblico dei SSIG con il mercato interno. Inoltre, si può osservare come nei testi sugli aiuti di Stato adottati dalla Commissione dopo tale sentenza, ovvero la Decisione sull’applicazione dell’articolo 86(2) TCE (GUUE L 312, 29.11.2005, p. 67) e la Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (GUUE C 297, 29.11.2005, p. 4), mediante i quali si esenta in pratica dall’obbligo di notifica la maggior parte dei servizi prestati a livello locale, si opera un’apertura a favore della promozione dei servizi sociali, seguendo al contempo un approccio di favore per le soluzioni locali, che costituisce un aspetto rilevante della strategia di rimodernamento dei servizi sociali di cui le istituzioni comunitarie si stanno facendo portatrici. Un approccio approfondito negli anni, e che di recente ha conosciuto un ulteriore sviluppo. Nella sentenza Union General de Trabajadores de la Rioja del settembre 2008 (C-434/06), infatti, stabilendo definitivamente che le misure adottate da enti infra-statali do­tati di autonomia isti­tuzionale, procedurale ed economico-finanziaria, non sono da considerarsi selettive, e quindi incompatibili con il mercato comune ai sensi dell’art. 87(1) TCE, ha chiarito anche il ruolo che gli enti locali possono svolgere nei processi di delocalizzazione e modernizzazione dei servizi sociali, del tutto in linea con i recenti orientamenti espres­si dal­laCommissione (COM (2007) 725).
Per quanto riguarda invece l’esigenza di ga­rantire una maggiore certezza del diritto co­mu­nitario in materia di SSGI, questa sembra aver trovato un primo accoglimento con l’in­no­vativo Proto­collo n. 26, sui Servizi di interesse generale, allegato al Trattato di Lisbona, nella misura in cui, me­diante le disposizioni in­ter­pretative di tale at­to, viene tracciato un primo quadro coerente di principi e valori comuni su cui si fondano le politiche dell’U­nione, rendendo più visibile e chiara l’impo­stazione dell’Unione ap­plicabile a tali servizi. Una innovazione che va letta alla luce di un’altra importante novità introdotta dal Trat­tato di Li­sbona, rappresentata dalla nuova base giuridica per l’azione dell’UE introdotta dal nuovo articolo 14 (ex art. 16 TCE) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea. Secondo la lettera dell’art. 14 TFUE, infatti, pur nella comune responsabilità di Unione e Stati membri in materia di SSIG, Parlamento europeo e Consiglio, mediante procedura legislativa ordinaria, stabiliscono tali principi e fissano tali condizioni.
Ultima notazione può svolgersi sulla centralità della cooperazione, ben illustrata nelle recenti valutazioni della Com­mis­sione sui risultati ottenuti dal metodo di coordinamento aperto nel settore della protezione ed integrazione sociale (COM (2008)418), e che illumina su quello che dovrebbe essere il telos fondamentale dell’integrazione europea tout court, ovvero la costruzione di una nuova sovranità politica cosmopolita. Una sovranità in cui l’apertura degli Stati verso nuove forme di interdipendenza non avviene nei termini di un aut-aut fra Stati membri ed istituzioni europee, bensì secondo dinamiche cooperative in grado di valorizzare le differenze e l’altro, e di configurare, in ultima analisi, una nuova architettura del politico che riesca a rispondere alle trasformazioni apportate dai fenomeni di globalizzazione nelle società occidentali contemporanee.                                                                                                                     
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