RECENTI PROPOSTE SUL REGIME PATRIMONIALE DELLE COPPIE INTERNAZIONALI (*) - Sud in Europa

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RECENTI PROPOSTE SUL REGIME PATRIMONIALE DELLE COPPIE INTERNAZIONALI (*)

Archivio > Anno 2011 > Maggio 2011
di Egeria NALIN    
Il 16 marzo 2011 la Commissione ha presentato due proposte di regolamenti relative a giurisdizione, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni, rispettivamente, in materia di regimi patrimoniali tra coniugi (COM (2011)126 def.) e di effetti patrimoniali delle unioni registrate (COM(2011)127 def.).
Le due proposte rappresentano i primi seguiti della pubblicazione della relazione 2010 sulla cittadinanza europea (COM (2010)603 def., del 27 ottobre 2010), contenente un programma di azione – che consta di ben 25 punti – da attuare in tre anni per rimuovere alcuni ostacoli al diritto fondamentale alla libera circolazione dei cittadini dell’UE (articoli 21 TFUE e 45 Carta dei diritti fondamentali dell’UE, proclamata a Nizza il 12 dicembre 2000 e integrata nel Trattato di Lisbona; d’ora in avanti, Carta dei diritti fondamentali), rendendo più effettivo e pieno il godimento di tutti i diritti derivanti dalla cittadinanza dell’Unione. Si tratta di un do­cumento estremamente interessante perché è stato elaborato sulla base delle segnalazioni, indirizzate alla Commissione da parte degli stessi cittadini, volte a denunciare i problemi concreti in cui questi ultimi sono incorsi esercitando i propri diritti (ad es. di sposarsi, comprare, vendere, viaggiare, studiare) in un Paese del­l’Unio­ne diverso da quello nazionale. Nel tentativo di semplificare la vita dei cittadini eu­ropei, le mi­sure proposte hanno riguardo, tra l’altro, al potenziamento dei canali di informazione del cittadino circa i propri diritti e gli strumenti per goderne a pieno; all’emanazione di norme per rendere effettivo il diritto alla protezione consolare; alla semplificazione delle procedure di immatricolazione di un’auto acquistata in un altro Paese del­l’UE; all’estensione della normativa sui pacchetti di viaggio ai consumatori che utilizzino internet per comprarli; all’agevolazione dei rimborsi per le cure sanitarie di cui si è fruito all’estero; alla predisposizione di un codice dei diritti fondamentali di chi viaggia in Europa con qualsiasi mezzo di trasporto; all’individuazione di norme comuni per la tutela delle vittime di crimini; alla salvaguardia dei diritti delle persone accusate o imputate nell’ambito di processi penali.
Orbene, i due regolamenti proposti dalla Commissione intendono agevolare l’esercizio della libera circolazione dei cittadini, realizzando “una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali” (art. 81, par. 1 TFUE); in questo modo, essi contribuiscono a rendere effettivo l’accesso alla giustizia per la tutela dei di­ritti e a favorire il riconoscimento delle sentenze nello spazio giudiziario europeo (Program­ma di Stoccolma, adottato dal Consiglio europeo l’11 dicembre 2009) e aiutano l’Unione ad offrire “ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne (…)” (art. 3, par. 2 TUE).
Infatti, se approvate, le di­sposizioni in argomento consentiranno alle coppie internazionali – cioè composte da persone di differente nazionalità o che vivono in uno Stato diverso da quello di cui sono cittadini o di cui uno di essi non sia cittadino – di fruire di un insieme di norme comuni per determinare l’auto­rità giurisdizionale competente e la legge applicabile a rapporti ed effetti patrimoniali di matrimoni e unioni; semplificheranno le procedure di riconoscimento del­le decisioni e degli atti relativi agli aspetti patrimoniali di tali unioni e matrimoni in tutta l’UE; permetteranno alle coppie sposate di scegliere la legge applicabile ai propri rapporti patrimoniali; aumenteranno la certezza del diritto per le unioni registrate con carattere internazionale assoggettando, come regola generale, i beni delle coppie legate da un’unione registrata alla legge del Paese in cui l’unione è stata registrata. L’obiettivo è di evitare il forum shopping da parte del coniuge/partner più abbiente e di consentire, al contempo, un risparmio economico, favorendo la proposizione ad un’unica autorità giurisdizionale (ad es. quella competente per lo scioglimento del matrimonio o dell’unione, ov­vero per la successione mortis causa) delle domande relative a rapporti ed effetti patrimoniali di matrimoni e unioni; peraltro, il quadro normativo in esame dovrebbe rafforzare la tutela dei diritti di proprietà (art. 17 Carta dei diritti fondamentali) e ad un ricorso giurisdizionale effettivo dinanzi a un giudice imparziale in caso di violazione dei propri diritti (art. 47 Carta dei diritti fondamentali).
Pare utile sottolineare che le due proposte seguono di circa tre mesi l’approvazione del regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale delle coppie internazionali. Si conferma, in questo modo, il crescente interesse dell’UE per l’armonizzazione delle legislazioni in materia di diritto di famiglia, interesse già reso manifesto dalla circostanza che il regolamento 1259/2010 realizza la prima cooperazione rafforzata nell’ambito dell’Unione (art. 20 TUE e articoli 326-334 TFUE). In altri termini, esso consente ad un gruppo di Stati membri (nella specie ai 14 Stati partecipanti: Austria, Belgio, Bul­garia, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Mal­ta, Portogallo, Romania, Slovenia, Spagna e Ungheria) di at­tuare una cooperazione ed una integrazione privilegiata nel quadro di una delle competenze non esclusive dell’UE, in quanto, da una parte, non è stato possibile raggiungere un’intesa comune tra i 27 Membri entro un termine ragionevolmente bre­ve; dall’altra, la cooperazione nel settore in esame promuove la realizzazione degli obiettivi dell’Unione, protegge i suoi interessi e rafforza il processo di integrazione (art. 20, par. 1, com­ma 2 TUE).
Infine, appare altrettanto degno di nota che, ancora una volta, si sia preferito esperire un tentativo di armonizzazione delle le­gislazioni dei Paesi europei, senza “uniformare istituti che, per tradizioni sociali e giuridiche, sono e saranno ancora molto di­versi in un prossimo futuro”, per dirla con le parole del Com­missario per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza Vivian Reding. Trattandosi di misure dirette a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nel campo del diritto di famiglia, si applicherà la procedura legislativa speciale pertinente, la quale prescrive l’approvazione unanime da parte del Consiglio, previa consultazione del Parla­mento europeo (art. 81, par. 3 TFUE).
Esaminando più nel dettaglio i due regolamenti proposti, essi, anzitutto, attribuiscono la giurisdizione ai tribunali competenti a giudicare sulla successione mortis causa o sullo scioglimento del matrimonio o dell’unione (articoli 3 e 4). Ove tali giu­dici non possano conoscere della questione, o questa sorga indipendentemente dalla morte del partner o dallo scioglimento del matrimonio/unione, sono competenti a giudicare, in con­corso suc­cessivo, i giudici del luogo di comune residenza; di ul­tima residenza abituale comune, purché uno dei due vi risieda an­cora; di residenza abituale del convenuto; di nazionalità co­mune degli sposi o di registrazione dell’unione (art. 5, par. 1). Per quan­to attiene al regime patrimoniale tra coniugi, gli sposi possono, altresì, convenire di attribuire giurisdizione al giudice del luogo la cui legge abbiano designato come applicabile ai propri rapporti patrimoniali, al fine di favorire la coincidenza tra forum e ius (art. 5, par. 2).
L’optio legis è consentita esclusivamente per la regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra coniugi e limitatamente alle leggi indicate dall’art. 16 (legge di comune residenza abituale ovvero di residenza abituale o di cittadinanza di uno dei due co­niugi al momento in cui la scelta è compiuta). In mancanza di scelta, si applica la legge del primo luogo di comune abituale residenza degli sposi, ovvero del Paese di cui entrambi siano cittadini al tempo del matrimonio, oppure dello Stato più strettamente collegato ad entrambi gli sposi, tenuto conto delle circostanze e, in particolare, del luogo di celebrazione del matrimonio (art. 17). In ogni caso, è fatto salvo il diritto degli sposi di modificare la scelta effettuata o di scegliere, in qualsiasi mo­mento, di applicare ai propri rapporti patrimoniali la legge del luogo di residenza o di cittadinanza di uno dei due al momento della scelta (art. 18).
Alle unioni registrate – per le quali, come si è detto, non è concessa un’analoga facoltà di optio legis – si applica sempre la legge del luogo di registrazione dell’unione (art. 15).
D’altro canto, entrambi i regolamenti proposti fanno salva l’applicazione, in luogo della lex causae, delle disposizioni im­perative “the upholding of which is regarded as crucial by a Member State for safeguarding its public interest, such as its political, social or economic organisation”, soprattutto – secondo la relazione di accompagnamento della Commissione – al fine di tutelare la casa familiare (articoli 22 e 17).
Quanto al riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, le disposizioni in esame rinviano alle norme contenute negli articoli 38-56 del regolamento (CE) n. 44/2001, del Consiglio, del 22 dicembre 2000 (Bruxelles I) concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (capitolo IV delle proposte di re­golamento). In sintesi, le decisioni sono automaticamente riconosciute; l’esecuzione presuppone l’avvio di un procedimento uni­forme basato su verifiche documentali e, solo in caso di op­posizione del contro-interessato, di un ulteriore procedimento volto ad accertare che non sussistano ragioni ostative alla concessione della dichiarazione di esecutività (contrarietà all’ordine pubblico dello Stato richiesto; domanda giudiziale o atto e­quivalente non notificato o comunicato al convenuto contumace in tempo utile e in modo tale da poter presentare le proprie difese eccetto qualora, pur avendone avuto la possibilità, egli non abbia impugnato la decisione; contrasto con una decisione emessa tra le medesime parti nello Stato membro richiesto; contrasto con una decisione emessa precedentemente tra le medesime parti in un altro Stato membro o in un Paese terzo, in una con­troversia avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo, allorché tale decisione presenti le condizioni necessarie per es­sere riconosciuta nello Stato membro richiesto).
In conclusione, ci pare opportuno segnalare che, con riferimento alle unioni registrate, è previsto che non osti al riconoscimento delle decisioni sugli effetti patrimoniali di tali unioni la circostanza che lo Stato richiesto non conosca o disciplini in modo difforme l’istituto in questione (art. 24). La precisazione appare particolarmente utile in considerazione del fatto che 14 Stati membri riconoscono le unioni registrate tra persone dello stesso sesso e che, tra di essi, 4 (Belgio, Francia, Lussemburgo e Paesi Bassi) ammettono altresì quelle tra persone di sesso op­posto. Tuttavia, ci sembra che tale principio possa trovare applicazione anche con riguardo ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, ammessi attualmente in alcuni Paesi UE.
In altri termini, pur restando inalterate le leggi statali che di­sciplinano matrimoni e unioni, con l’approvazione delle nor­me comuni contenute nei due regolamenti proposti, ciascuno Stato membro potrebbe essere tenuto a riconoscere nel proprio ordinamento gli effetti patrimoniali di un matrimonio tra persone dello stesso sesso o di una unione registrata, intercorsa tra persone dello stesso sesso oltre che tra persone di sesso diverso. Infatti, come risulta da consolidata giurisprudenza relativa, ad esempio, al riconoscimento degli effetti dei matrimoni poligamici, difficilmente il limite dell’ordine pubblico potrà impedire il riconoscimento degli effetti patrimoniali di tali matrimoni e unioni, sebbene il medesimo limite potrebbe impedire l’ap­plicazione della legge straniera che ammetta matrimoni e unioni tra persone dello stesso sesso.




(*) Il presente studio è stato condotto nell’ambito del progetto di ricerca na­zionale PRIN 2007 “Cittadinanza europea e diritti fondamentali nell’attuale processo di integrazione”. Responsabile nazionale, prof. Ennio Trig­giani (PROT. 2007ETKBLF).                                                                                                                     
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