I RAPPORTI UNIONE EUROPEA-AMERICA LATINA TRA DESIDERI E REALTÀ: IL IV VERTICE UE-AL-CARAIBI
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di Raffaele CAMPANELLA (Ambasciatore)
Rafforzare
l’associazione strategica fra le due aree era l’ambizioso obiettivo che
si era posto il IV Vertice Unione Europea – America Latina-Caraibi che
ha riunito a Vienna, sotto la presidenza austriaca, oltre 50 Capi di
Stato e di Governo dei due continenti.L’obiettivo era in linea con
quelli fissati nei tre Vertici precedenti (Rio de Janeiro 1999, Madrid
2002, Guadalajara 2004) che avevano tutti sottolineato appunto il
carattere “strategico” – e quindi non effimero o contingente – del
rapporto fra queste due zone del mondo legate da intensi e molteplici
rapporti suscettibili di notevoli sviluppi. Oltre all’obiettivo politico
generale di consolidare i processi democratici ed il rispetto dei
diritti umani nonché di riaffermare sul piano internazionale il
principio del multilateralismo, a Guadalajara erano state in
particolare indicate le seguenti mete prioritarie: a) l’impegno nella
lotta contro la povertà, l’ignoranza e le malattie mediante profonde
riforme interne anche di carattere sociale;b) una accresciuta
cooperazione fra le due aree volta a favorire gli scambi commerciali, la
collaborazione economica industriale e finanziaria nonché
l’accelerazione dei processi di integrazione subregionale;c) una più
stretta collaborazione fra UE e Mercosud, Comunità Andina e Mercato
centroamericano ossia con le tre subregioni con cui erano stati avviati
importanti negoziati;d) l’utilizzazione di tutti i fori e di tutti gli
strumenti finanziari disponibili sul piano bilaterale e multilaterale
(BANCA MONDIALE, BEI, BID, CAF, FMI, OMC ecc.) per favorire il
commercio, gli investimenti ed il finanziamento di grandi progetti
nonché per risolvere il grave problema del debito estero e delle crisi
finanziarie;e) l’aumento della cooperazione nei settori dell’educazione,
della cultura, della scienza e della tecnologia con particolare
riguardo all’informatica e alle comunicazioni.In questi due anni si
trattava quindi di concentrarsi su tre obiettivi essenziali: ridurre le
disuguaglianze; intensificare i rapporti commerciali, industriali,
economici e finanziari; accelerare i processi di integrazione
subregionale.Senonché - come è emerso a Vienna - non sono molti
purtroppo i progressi che sono stati fatti in questi tre vitali settori.
L’America Latina continua ad essere una delle regioni più sperequate
del mondo e, secondo alcuni, è addirittura l’area che presenta maggiori
disuguaglianze in termini di distribuzione della ricchezza. Tale
situazione, oltre ad essere pericolosa politicamente e grave
socialmente, è anche un freno dal punto di vista economico per un
processo sostenuto di sviluppo del subcontinente.Le relazioni
commerciali e quelle di collaborazione economica, industriale e
finanziaria fra UE-America Latina sono ancora lontane dall’esprimere
tutte le loro potenzialità e molto resta ancora da fare da una parte e
dall’altra per colmare questo divario.I processi di integrazione
subregionale più significativi (Mercosur e Comunità Andina di Nazioni)
stanno attraversando una fase di pericolosa crisi che, se dovesse
perdurare o peggio ancora aggravarsi nel tempo, indebolirebbe
ulteriormente sia le possibilità di sviluppo complessivo delle due aree,
sia la capacità negoziale esterna di quei Paesi.La crisi di questi due
processi subregionali è emersa, nella sua drammatica evidenza, nel
Vertice di Vienna che è stato dominato, più che dalla ricerca degli
strumenti più idonei per un rilancio della cooperazione complessiva fra
le due aree, dalle preoccupazioni europee per la politica energetica
fortemente nazionalista propugnata da Chávez e da Morales nonché dai
conflitti tra diversi Paesi latinoamericani e dalle contrapposizioni fra
i loro leader.Così i presidenti dell’Argentina e dell’Uruguay, pur
membri del Mercosur, si sono posti l’un contro l’altro per una forte
disputa per la costruzione di una cartiera sul Rio Uruguay, impedendo la
realizzazione del previsto Minivertice UE-Mercosur. Il venezuelano
Chávez, che poche settimane prima aveva annunciato la sua uscita dalla
Comunità Andina di Nazioni, si è contrapposto al collega peruviano ed ad
altri capi di Stato; il brasiliano Lula ed il boliviano Morales si sono
affrontati sul tema della nazionalizzazione del gas boliviano che
colpisce forti interessi e investimenti brasiliani in Bolivia. A queste
tensioni più recenti hanno fatto da sfondo conflitti storici irrisolti
tra Cile e Bolivia per lo sbocco al mare, fra Cile e Perù per
rivendicazioni territoriali e fra Venezuela e Colombia per la questione
della guerriglia colombiana.In queste condizioni era inevitabile che i
negoziati fra l’Unione Europea e il Mercosur e fra l’Unione Europea e la
Comunità Andina di Nazioni subissero una battuta d’arresto, creando
quindi una situazione di stallo da cui non sarà facile uscire nel
prossimo futuro.Sul versante UE-Mercosur la Dichiarazione Finale si
limita ad un elogio formale dei progressi fatti nei negoziati volti alla
conclusione d’un Accordo di Associazione Interregionale e dà mandato ai
negoziatori affinché intensifichino gli sforzi per avanzare in tale
processo. La Dichiarazione attribuisce “la massima importanza”
all’obiettivo di raggiungere un accordo “equilibrato e ambizioso”, nella
consapevolezza che esso rafforzerà i rapporti fra le due aree nei
diversi settori. In realtà questa formula diplomatica cerca di
nascondere, da un lato lo scarso livello di coesione esistente tra i
quattro soci del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) e
dall’altro l’incertezza che regna tuttora sugli esiti dei negoziati del
Doha Round, da cui in ultima istanza dipende qualsiasi accordo fra UE e
Mercosur. Analogo livello di incertezza pesa sul negoziato UE-Comunità
Andina di Nazioni, soprattutto dopo la clamorosa uscita del Venezuela
che fra l’altro aspira, in prospettiva, ad una partecipazione piena al
Mercosur. I quattro Paesi tuttora membri della Comunità (Colombia, Perù,
Ecuador e Bolivia) hanno insistito per mantenere aperto il negoziato
con l’Unione, sperando di far ritornare Chávez sui suoi passi o comunque
di coinvolgere in un modo o nell’altro il Venezuela nel negoziato.
Anche in questo caso la Dichiarazione Finale cerca di coprire la grave
impasse attuale con una formula diplomatica che invita le parti “a
intensificare le conversazioni per raggiungere entro il 20 luglio 2006
un’intesa che permetta di chiarire e definire le basi del negoziato che
consentano una partecipazione piena e vantaggiosa di tutte le parti”.
L’obiettivo rimane la conclusione di un Accordo di Associazione che
comprenda un accordo commerciale, il dialogo politico e programmi di
cooperazione. Ma, oltre all’incognita del Venezuela, pesa su questo
negoziato anche la politica di nazionalizzazione del gas attuata dalla
Bolivia di Morales.Stando così le cose, è ovvio che si sarebbe fatta
sentire forte la delusione di quanti, soprattutto in Sud America,
speravano che Vienna potesse essere l’occasione per un rilancio, a
livello politico, della collaborazione complessiva fra l’Unione Europea e
l’America Latina. Se ne è fatta eco la stampa sudamericana, che non
solo ha visto con rincrescimento svanire un’ottima occasione per
l’inizio di una fase nuova nei rapporti con l’Europa, ma ha anche messo
in evidenza il pericoloso avvio di una crisi in Sud America nei processi
di integrazione subregionale. Così, di volta in volta, i principali
commentatori hanno parlato di “ambiguità e frustrazione” (Colombia), di
“oceano di differenze fra le due regioni” (Brasile), di “crisi del
Mercosur che ha fatto fallire il Vertice di Vienna” (Uruguay), di
“tendenza latinoamericana ad una pericolosa disintegrazione”
(Argentina), di “America Latina che si dibatte fra frammentazione e
polarizzazione” (Cile) e di “Vertice di Vienna che ha messo a nudo la
frattura fra i Paesi latinoamericani” (Paraguay).A rendere più
complicato il panorama c’è poi il fatto che, al di là dei proclami di
Paesi che sembrano ideologicamente affini, non si riesce a raggiungere
fra questi stessi Paesi intese serie e durature sul terreno degli
interessi concreti.Vediamo qualche esempio. Brasile e Argentina – che
dovrebbero essere il vero asse portante del Mercosur – non arrivano,
ancora dopo vari anni, a tradurre in accordi stringenti e di lungo
respiro la loro teorica volontà di integrazione: e senza un asse Buenos
Aires-Brasilia non potrà mai esserci un solido Mercosur, come dimostra
l’esempio dell’asse franco-tedesco in Europa. Il Venezuela di Chávez -
che vuol porsi come leader di una nuova alleanza antiamericana
“L’Alternativa Bolivariana delle Americhe” (ALBA) - non solo non riesce a
fare altri proseliti al di là della Cuba di Castro e della Bolivia di
Morales, ma lancia progetti faraonici come l’enorme gasdotto
transcontinentale, che contrasta in concreto con gli interessi del
Brasile e dell’Argentina e perfino con quelli della stessa Bolivia,
grande produttore di gas. La Bolivia di Morales, che nazionalizza il
gas, colpisce non solo gli investimenti spagnoli, rendendo molto cauti
gli investitori europei, ma tocca anche i forti interessi del Brasile
che opera in territorio boliviano: e ciò senza contare che il gas
boliviano rappresenta una posta in gioco importante nei rapporti fra La
Paz, Buenos Aires e Santiago.In questo quadro non certo incoraggiante,
l’unica nota positiva è stata la tenuta del processo di integrazione dei
Paesi dell’America Centrale. Ciò ha consentito all’UE di riaffermare a
Vienna la volontà di “avviare i negoziati volti al raggiungimento di un
accordo di associazione ivi compresa la creazione di un’area di libero
scambio”. Non è molto, ma non è neppure del tutto trascurabile se si
tiene conto sia delle potenzialità che presenta questa zona dell’America
Latina nel suo insieme sia dell’interesse che verso di essa manifestano
gli Stati Uniti, che con i Paesi dell’America Centrale hanno già
firmato un importante accordo di libero scambio (CAFTA).Gli Stati Uniti,
in effetti, non hanno rinunciato alla loro strategia di continuare a
mantenere in tutti i modi la propria forte emprise economica e
commerciale, oltre che politica, sull’intero continente. Non avendo
potuto ottenere al Vertice interamericano di Mar de Plata (novembre
2005) il consenso di tutti i latinoamericani per la creazione di un’Area
di Libero Scambio delle Americhe (ALCA), che vada dall’Alaska alla
Terra del Fuoco, essi perseguono lo stesso obiettivo attraverso la
ricerca di accordi bilaterali con gruppi di Paesi (CAFTA) o con singoli
Stati (Messico associato al NAFTA, Cile vincolato da un accordo
bilaterale). Su questa strada essi hanno fatto interessanti passi avanti
negli ultimi mesi: dopo Mar del Plata, hanno concluso accordi
bilaterali con la Colombia ed il Perù, spingono per negoziati con
l’Ecuador e l’Uruguay (quest’ultimo deluso dei rapporti con l’Argentina e
dell’andamento complessivo del Mercosur), lusingano il Paraguay (altro
membro del Mercosur) con intese vantaggiose anche in altri settori. Per
Washington, inoltre, rimane vivo l’interesse ad un rapporto strategico
con il Brasile, mentre sono congelate le relazioni con l’Argentina.
Motivi di soddisfazione infine ha tratto Washington dalle recenti
elezioni in Colombia ed in Perù che hanno visto insediarsi al vertice di
questi due Paesi candidati più sensibili dei loro avversari alle
posizioni americane (Álvaro Uribe in Colombia a maggio 2006 e Alan
García in Perú a giugno 2006). Viceversa rimane alto il livello di
conflittualità tra Stati Uniti, Cuba e Venezuela, cui si aggiunge la
viva preoccupazione di Washington per l’elezione di Morales in Bolivia e
per la sua politica di nazionalizzazione del gas. In una situazione
così carica di incertezze, che peraltro non scoraggia gli Stati Uniti
dal perseguire con determinazione la propria strategia di controllo del
subcontinente, qualcuno comincia a domandarsi se non possa apparire
eccessiva l’insistenza di Bruxelles sulla necessità che i
latinoamericani raggiungano - tramite il Mercosur e la Comunità Andina
di Nazioni - sufficienti livelli di aggregazione subregionale per poter
accedere ad accordi di associazione con l’Unione Europea.Qualcuno arriva
perfino a chiedersi se alla fine questa posizione non finisca per
nascondere un alibi per evitare all’UE di assumere impegni gravosi in un
periodo in cui essa è impegnata nell’affrontare serie difficoltà sul
piano interno (rilancio economico, rivitalizzazione del trattato
costituzionale, consolidamento dell’allargamento a 25, problemi posti
dagli ulteriori allargamenti) e sfide più pressanti sul piano esterno
(Iraq, Iran, Russia, Balcani, Medio Oriente, Mediterraneo, Cina,
ecc.).Tuttavia, se per le oscillazioni e le incertezze dei loro membri
il Mercosur e la CAN non dovessero uscire in un tempo ragionevole dalla
loro crisi attuale, l’Europa potrebbe cominciare a valutare altre
opzioni per raggiungere accordi con uno o più Stati che partecipano a
tali processi di integrazione subregionale. Si potrebbe pensare, per
esempio: a) ad un accordo energetico di lungo respiro con il Venezuela
(petrolio) e la Bolivia (gas); b) ad una partecipazione europea agli
imponenti progetti transnazionali di sviluppo che interessano un ampio
numero di Paesi (per esempio quelli raggruppati nella Comunità
Sudamericana di Nazioni che vuole inquadrare Mercosur e CAN in una
cornice più vasta). Verrebbe data in tal modo attuazione concreta ad una
importante indicazione emersa al Vertice di Vienna la cui Dichiarazione
Finale esorta “le istituzioni finanziarie dell’Europa, dell’Ame-rica
Latina e dei Caraibi ad appoggiare l’integrazione fisica attraverso
l’interconnessione e la creazione di infrastrutture in reti specialmente
nei settori dell’energia, dei trasporti, delle telecomunicazioni e
della ricerca” (punto 34). Si tratterebbe di un contributo effettivo e
concreto al processo di integrazione fisica dei Paesi dell’America
Latina, in linea con quanto osserva la stessa Dichiarazione Finale
laddove afferma che “la promozione delle interconnessioni è parte
integrante delle effettive integrazioni regionali”;c) ad un accordo di
vasto respiro fra l’Unione Europea ed il Brasile e fra l’Unione Europea e
l’Argentina, qualora i negoziati in ambito OMC (Doha Round) dovessero
entrare in un binario morto: ciò senza escludere accordi similari con
Paesi intermedi come l’Uruguay, il Perù e la Colombia. Tale
atteggiamento sarebbe in linea, del resto, con quanto l’UE ha già fatto
con il Messico dal 1997 e con il Cile dal 2002 e si propone di fare nel
prossimo futuro con i Paesi centroamericani.A quanti credono
nell’importanza strategica che l’America Latina resti agganciata
saldamente all’Europa, non resta che augurarsi che il prossimo vertice
UE – America Latina-Caraibi, che avrà luogo in Perù nel 2008, possa
registrare risultati più soddisfacenti di quelli del Vertice di Vienna
che si è testè concluso.