CONCILIAZIONE EXTRAGIUDIZIALE E TUTELA DEL CONSUMATORE - Sud in Europa

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CONCILIAZIONE EXTRAGIUDIZIALE E TUTELA DEL CONSUMATORE

Archivio > Anno 2010 > Maggio 2010
di Ilaria CASU    
La domanda di pronuncia pregiudiziale in oggetto, su cui la Corte di giustizia è stata chiamata ad esprimersi (sentenza del 18 marzo 2010, C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08, R. Alassini c. Telecom Italia Spa, F. Califano c. Wind Spa, L. A. G. Iacono c. Telecom Italia Spa, Mul­ti­service Srl c. Telecom Italia Spa, non ancora pubblicata in Rac­colta), pone all’attenzione la questione dell’adeguatezza della disciplina italiana alla disciplina prevista in àmbito comunitario in materia di contratti tra consumatori e gestori per le te­leco­muni­ca­zioni e la radiotelevisione.
Nel contesto nor­mativo del­l’Unione eu­­­ropea la fonte principale che ha regolamentato il settore dei servizi dell’utilizzo del­le reti di comunicazione è rappresentata dal­la cosiddetta «direttiva servizio universale» (direttiva 2002/22/ CE del Par­la­mento eu­ropeo e del Con­si­glio, del 7 marzo 2002, re­lativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elet­tronica, in GUCE L 108, del 24 aprile 2002, p. 51). Ta­le di­rettiva prevede, oltre alle norme che più direttamente disciplinano la gestione e l’erogazione dei servizi, diverse disposizioni relative alla soluzione delle con­troversie tra consumatori e gestori. La direttiva, infatti, auspica un ampio utilizzo dei rimedi extragiudiziali al fine di rendere rapida ed efficace la soluzione di eventuali controversie tra imprese che forniscono i suddetti servizi di comunicazione al pubblico e agli utenti. Nel quarantasettesimo “considerando” della direttiva le autorità nazionali sono invitate a predisporre adeguati mezzi al fine di consentire la risoluzione extragiudiziale tra le parti interessate. L’art. 34, in maniera più puntuale, prevede quelle che sono le “linee guida” che dovrebbero orientare i legislatori nazionali nella individuazione di tali procedure extragiudiziali: esse devono essere «semplici, poco costose», devono garantire «un’equa e tempestiva risoluzione delle controversie», con eventuale previsione di un sistema di rimborso o di indennizzo. La direttiva «servizio universale» incoraggia, altresì, l’isti­tu­zione di uffici e servizi on line per l’accettazione dei reclami, aventi essenzialmente come obiettivo quello di facilitare l’accesso da parte degli utenti finali ai rimedi extragiudiziali di so­luzione del contenzioso.
Se la direttiva appena indicata si limita ed effettuare un generico richiamo alle procedure extragiudiziali, le raccomandazioni 98/ 257/CE e 2001/310/ CE dettano le caratteristiche di tali procedure e degli or­gani competenti a co­no­scere delle controversie (raccomandazione 98/257/CE della Com­missione, del 30 mar­zo 1998, riguardante i principi applicabili agli organi re­spon­sa­bili della risoluzione extragiudiziale delle controversi in materia di consumo, GUCE L115, del 17 aprile 1998, p. 31 e rac­comandazione 2001/ 310/CE della Com­missione, del 4 aprile 2001, sui principi ap­plicabili agli or­gani extragiudiziali che par­tecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo, GUCE L 109, del 19 aprile 2001, p. 56). Si afferma che le procedure conciliative, oltre ad essere ampiamente sollecitate, possono produrre veri e propri effetti vincolanti nei confronti delle parti, a condizione che le parti siano state, prima dell’adozione della “decisione” in sede extragiudiziale, adeguatamente informate ed abbiano espressamente accettato di sottoporsi al vincolo (pun­to VI della direttiva 98/257 cit.).
Le due raccomandazioni, co­me osserva la CGUE, sebbene non siano destinate a produrre effetti vincolanti e non possano far sorgere diritti azionabili dai singoli dinanzi ad un giudice nazionale, non sono tuttavia prive di effetti: infatti, i giudici na­zionali sono pur sempre tenuti a prenderle in considerazione ai fini della soluzione della controversia sottoposta alla loro attenzione e allo scopo di interpretare il diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione europea.
Il Legislatore italiano ha trasposto la direttiva «servizio universale» con il decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 recante il Codice delle comunicazioni elettroniche (GURI n. 214, del 15 settembre 2003, p. 3).
L’art. 84 del Codice delle comunicazioni, in particolare, de­volve all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di adottare procedure che consentano una rapida definizione delle controversie in cui siano coinvolti consumatori e utenti finali. L’Autorità, inoltre, d’intesa con la Conferenza permanente nei rapporti Stato-Regioni, ex art. 84, co. 2, ha il compito di promuovere su tutto il territorio nazionale la presenza di uffici e servizi on line per l’accettazione dei reclami: in tal modo si vuole favorire l’accesso da parte dei consumatori alle strutture di composizione delle controversie. Le procedure extragiudiziali, inoltre, in linea con quanto dettato dalle fonti UE, devono altresì essere semplici, trasparenti e soprattutto poco costose, proprio per tutelare maggiormente il contraente “debole”: a supporto di una più immediata accessibilità ai rimedi, l’art. 84 prevede la eventuale corresponsione di un rimborso od in­dennizzo.
Se la disciplina appena illustrata non ha sollevato particolari dubbi in­ter­­pretativi, più problematica è apparsa la disciplina adottata dal­l’Autorità per le garanzie delle comunicazioni: si cita in merito il regolamento di risoluzione delle controversie tra operatori di co­municazione e utenti (cosiddetto «regolamento di risoluzione», adottato con delibera 173/07/CONS, GURI n. 120, del 25 maggio 2007, p. 19 ss.). L’art. 3 del suddetto regolamento, infatti, prevede la pregiudiziale, ai fini del ricorso in sede giurisdizionale, del tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi ad apposito organo competente per territorio (nel­lo specifico il Comitato regionale per le comunicazioni, Co.re.com). In assenza del previo esperimento del procedimento extragiudiziale di soluzione della controversia, pertanto, ai privati sarebbe precluso agire dinanzi alle autorità giudiziarie: tale disposizione, osservano i ricorrenti che hanno adito la Corte di giustizia, rischia di creare un grave vulnus al principio di ef­fet­tività della tutela giurisdizionale, in particolare in quelle regioni del territorio italiano in cui non sia stato ancora istituito l’organo di conciliazione (nel caso in esame i ricorrenti evidenziavano come nella regione Campania il Co.re.com non fosse ancora presente). È stato chiesto, pertanto, alla Corte di giustizia se la disciplina nazionale sia conforme alle raccomandazioni 98/257 e 2001/310, ed in particolare ai principi in esse contenuti volti a rendere agevole il ricorso alle procedure di conciliazione. Il dubbio di compatibilità con le fonti europee ha ri­guar­dato nello specifico le procedure di conciliazione accessibili solo in via elettronica, ritenute limitative della tutela del con­traente debole, poiché gli strumenti telematici non sono nella disponibilità di tutti. La Corte di giustizia è stata, infine, sol­lecitata ad esprimersi sulla compatibilità della pregiudiziale prevista dalla disciplina nazionale con l’art. 6, n. 1 della Con­ven­zione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e del­le libertà fondamentali (CEDU), ove detta la regola del «diritto ad un equo processo», e con l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea di Nizza, intitolato «diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale»: in relazione a tali norme, infatti, la normativa nazionale è stata reputata dai ricorrenti in violazione del principio di effettività della tutela giurisdizionale.
La Corte di giustizia ha risposto evidenziando come né la direttiva “servizio universale”, né la raccomandazione 98/257 prevedono modalità e caratteristiche specifiche delle procedure extragiudiziali, ma si limitano a indicare i princìpi e i criteri di guida che devono orientare la normativa degli Stati membri. Da questo punto di vista nulla osta, pertanto, a ritenere compatibile con la disciplina comunitaria la scelta del Legislatore italiano di sottoporre il ricorso alle autorità giudiziarie al previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione: la raccomandazione 98/257, si osserva, pone come unica condizione quella del riconoscimento negli ordinamenti nazionali del diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie, senza dettarne le regole né eventuali li­mitazioni. Per quanto riguarda invece la compatibilità della disciplina nazionale con i principi di equivalenza e soprattutto di effettività della tutela giudiziale, anzitutto la CGUE rileva come spetti pur sempre all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità interne dei ricorsi. Unica condizione che ogni Stato deve rispettare è quella di garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione secondo procedure non meno favorevoli di quelle applicabili ai ricorsi interni analoghi (il cosiddetto principio di equivalenza, vedi Impact, causa C-268/06, sentenza del 15 aprile 2008, in Raccolta, p. I-2483, punti 44-45). Alla luce del principio di effettività, inoltre, le modalità di accesso ai ricorsi giurisdizionali devono essere tali da non rendere «praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’e­sercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione» (punto 48 della sentenza). In relazione alla disciplina italiana, osservano i giudici della Corte di giustizia, tali principi non appaiono violati. Una procedura obbligatoria di conciliazione come quella prevista dalla legge nazionale, infatti, non è tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai singoli dalla direttiva in questione. A fondamento dell’assunto si sottolinea co­me non si tratti, salva espressa volontà delle parti, di procedura vincolante né preclusiva del diritto al ricorso giurisdizionale; inoltre, la possibilità di ricorrere in ogni caso ai giudici nazionali senza incorrere in prescrizione, è assicurata attraverso la sospensione dei diritti per il periodo della procedura di conciliazione. L’imposizione di una procedura di soluzione extragiudiziale, pertanto, appare conforme alla disciplina UE e ai prin­cipi di effettività ed equivalenza. È in ogni caso necessario, con­clude la Corte, che tale procedure “non conduca ad una de­cisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo so­stan­ziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e purché la via elettronica non costituisca l’unica modalità di ac­cesso a detta procedura di conciliazione e sia possibile dispor­re provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone” (punto 67 della sentenza). La tutela degli utenti nell’ordinamento italiano può, pertanto, dirsi garantita.
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