La riforma della Costituzione argentina e i trattati internazionali - Sud in Europa

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La riforma della Costituzione argentina e i trattati internazionali

Archivio > Anno 2002 > Dicembre 2002
di Hector Mauro Vazòn (Universidad de Concepciòn del Uruguay)    

Dal 1992 ad oggi il diritto argentino ha subito un cambiamento sostanziale in relazione all’adattamento del diritto internazionale. Nel noto caso “Ekmekdjian c. Sofovich” la Corte Suprema de Justicia de la Naciòn ha riconosciuto ai trattati internazionali supremazia costituzionale rispetto alle leggi ordinarie di diritto interno. Tale questione aveva suscitato un importante dibattito nella dottrina anche in relazione alla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati.
La Corte Suprema di Giustizia fondò la sua interpretazione sulle seguenti motivazioni: a) il Parlamento non può derogare un atto completo come la firma, approvazione e ratifica di un trattato; b) uno Stato non può invocare una legge per giustificare la violazione di un trattato (art. 27 del Trattato di Vienna); e c) non adempiere alle disposizioni di un trattato causa la responsabilità internazionale dello Stato.
Il pensiero costituzionale argentino, rappresentato da Juan Bautista Alberdi nella sua opera “Bases y puntos de partida para la Costituciòn Argentina” del 1852, aveva già tracciato le linee guida sul diritto internazionale non avendo incorporato il principio di supremazia delle norme internazionali nella Costituzione nazionale. Infatti nella redazione originale dell’articolo 31, non era stata fatta menzione alcuna alla gerarchia dei trattati internazionali nell’ordinamento giuridico interno.
La decisione della Corte Suprema del 1992 ha costituto uno dei pilastri della riforma della Costituzione nazionale del 1994. Risolve definitivamente la questione sulla supremazia, nel senso che riconosce che le norme internazionali convenzionali – sia le norme di diritto originario, che quelle di diritto derivato che trovano la loro fonte nei trattati – non possono essere derogate da leggi di diritto interno.
L’art. 75, comma 22 della Costituzione recita: “… approvare o denunciare trattati conclusi con gli altri Stati e con le organizzazioni internazionali e i concordati con la Santa Sede. I trattati e i concordati hanno gerarchia superiore alle leggi. La Dichiarazione americana dei diritti e doveri dell’uomo, la Convenzione americana sui diritti dell’uomo, il Patto internazionale dei diritti civili e politici e il suo Protocollo facoltativo, la Convenzione sulla prevenzione e sanzione del Genocidio, la Convenzione internazionale su tutte le forme di discriminazione razziale, la Convenzione sull’eliminazione della discriminazione della donna, la Convenzione contro la tortura e gli altri trattamenti crudeli, disumani e degradanti, la Convenzione sui diritti del fanciullo, hanno rango di norme costituzionali, e non costituiscono deroga degli articoli della prima parte di questa Costituzione, ma devono considerarsi complementari ai diritti e garanzie da essa riconosciuti. Potranno essere denunciati dal potere esecutivo nazionale solo con la previa autorizzazione ottenuta con il voto favorevole di almeno due terzi dei componenti di ogni ramo del Congresso. Gli altri trattati e convenzioni sui diritti umani, dopo l’approvazione del Congresso, dovranno ottenere il voto favorevole di due terzi dei membri di entrambe le Camere per godere di ragno costituzionale”.
In questo modo tali trattati internazionali vengono recepiti nell’ordinamento interno e formano parte della lettera della stessa Costituzione nazionale. Lo sviluppo giurisprudenziale di questa materia è stato significativo, specialmente in relazione all’applicazione dei trattati sui diritti umani da parte dei giudici locali. Non solo è stata definitivamente risolta la questione che aveva portato a un ampio dibattito dottrinale tra costituzionalisti e internazionalisti, ma per di più è stato riconosciuto rango costituzionale al diritto dell’integrazione.
Lo stesso articolo 75 della Costituzione, al comma 24, prevede: “ … approvare trattati di integrazione che deleghino competenze e giurisdizione a organizzazioni sovrastatali in condizione di reciprocità e uguaglianza, e che rispettino l’ordine democratico e i diritti umani. Le norme da esse adottate hanno rango superiore a quello delle leggi. L’approvazione di questi trattati con gli Stati dell’America Latina richiederà la maggioranza assoluta dei membri di ogni Camera. Nel caso di trattati stipulati con altri Stati, il Congresso nazionale, con la maggioranza assoluta dei membri presenti in ogni Camera, dichiarerà l’opportunità di concludere il trattato che potrà essere approvato solo con la maggioranza assoluta di tutti i componenti di ogni camera, decorso il termine di 120 giorni dalla suddetta dichiarazione. La denuncia di tali trattati, esigerà la previa approvazione della maggioranza assoluta dei componenti di ogni Camera ”.
La Costituzione argentina riconosce rango costituzionale ai trattati internazionali di integrazione, sebbene li distingua chiaramente dai trattati sui diritti umani, oltre a prevedere certi requisiti per la loro approvazione e trattamento. La Costituzione stabilisce, in primo luogo, che si tratti di un trattato di integrazione, considerando tali quelli che implicano la delega o il trasferimento di alcune funzioni promananti dalla propria sovranità statale a organizzazioni sovranazionali o intergovernative; in secondo luogo, che si assicuri il rispetto dell’ordine democratico e dei diritti umani, manifestando in questo modo un importante passo in avanti a favore della stabilità politica nei paesi della regione, e diventando garanti e difensori dell’ordine democratico e repubblicano dei soci attuali e futuri del Mercosur (o di altro schema comunitario); in terzo luogo, che i trattati assicurino condizioni di reciprocità e uguaglianza, garantendo l’equilibrio tra gli Stati parte del processo di integrazione. Un quarto aspetto di evidente risalto è la preferenza accordata all’integrazione con Paesi dell’America Latina, mettendo in luce la priorità che l’Argentina riconosce ai paesi della regione, in funzione dei vincoli storici, politici e culturali, senza che ciò implichi né il disconoscimento né una posizione contraria ad altre prospettive di integrazione, come risulta dal dialogo politico tra il Mercosur e l’Unione europea che si viene sviluppando dal 1995, quando a Madrid si firmò l’Accordo quadro di cooperazione interregionale tra UE e Mercosur.
La previsione di tali questioni nella Costituzione costituisce un progresso che non deve fermarsi. Il rango riconosciuto ai trattati internazionali nella gerarchia delle fonti e la possibilità di adottare meccanismi di integrazione previsti nello stesso testo costituzionale ci fanno pensare di stare sul giusto cammino, senza con ciò voler porre fine a un continuo dibattito.
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