LA COMMISSIONE PROPONE DI MODIFICARE LA DISCIPLINA DELLA COMPETENZA PREGIUDIZIALE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA NELLE MATERIE OGGETTO DEL TITOLO IV DEL TRATTATO CE - Sud in Europa

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LA COMMISSIONE PROPONE DI MODIFICARE LA DISCIPLINA DELLA COMPETENZA PREGIUDIZIALE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA NELLE MATERIE OGGETTO DEL TITOLO IV DEL TRATTATO CE

Archivio > Anno 2006 > Novembre 2006
di Giacomo GATTINARA (Dottore di ricerca in Diritto internazionale e dell’Unione europea dell’Università “La Sapienza” di Roma)    In una comunicazione del 28 giugno scorso (COM (2006) 346), la Commissione ha proposto di modificare la disciplina contenuta nel Trattato istitutivo della Comunità europea (di seguito “Trattato CE” o “CE”) relativa alla competenza pregiudiziale della Corte di giustizia in materia di visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone, materia oggetto del titolo IV della parte terza del Trattato (di seguito “titolo IV CE”).
Secondo l’attuale formulazione dell’art. 68 CE, la Corte di Giustizia può pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali di interpretazione delle disposizioni del titolo IV CE oppure sulle questioni pregiudiziali di validità o di interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni comunitarie in base a tale titolo, ma solo se tali questioni vengono sollevate da un giudice nazionale “avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno” (par. 1).
Il secondo paragrafo dell’art. 68 CE esclude la competenza pregiudiziale della Corte a pronunciarsi in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna, nell’ambito di giudizi su misure o decisioni adottate dal Consiglio ai sensi dell’art. 62 punto 1 CE, ossia misure miranti a garantire l’eliminazione dei controlli sulle persone, sia cittadini dell’Unione europea sia cittadini di paesi terzi, all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne.
Il terzo ed ultimo paragrafo dell’art. 68 CE prevede una procedura particolare con cui il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono chiedere alla Corte di Giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione del titolo IV CE o degli atti delle istituzioni comunitarie adottati in base a tale titolo. La stessa disposizione precisa poi che la decisione della Corte pronunciata in risposta a tale richiesta non si applica alle sentenze dei giudici degli Stati membri passate in giudicato.
È evidente che il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 68 CE è sottoposto a condizioni particolarmente restrittive rispetto alla disciplina generale contenuta nell’art. 234 CE (v. in particolare L. Garofalo, Sulla competenza a titolo pregiudiziale della Corte di giustizia secondo l’art. 68 del Trattato CE, in Il diritto dell’Unione europea, 4/2000, p. 805 ss.; M. Condinanzi, La nozione di “giudice avverso le cui decisioni non può proporsi ricorso di diritto interno” nel titolo IV del Trattato CE. Osservazioni in margine al caso Dem’Yanenko, in U. Leanza (a cura di), Le migrazioni. Una sfida per il diritto internazionale, comunitario e interno, Napoli, 2005, p. 435 ss.).
Tra le ragioni della limitazione della competenza della Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 68 CE si possono ricordare: l’esigenza di contenere l’afflusso di rinvii pregiudiziali nelle materie oggetto del titolo IV CE, la necessità che il procedimento del rinvio pregiudiziale non ritardi troppo il procedimento dinanzi al giudice nazionale che ha sollevato la questione e l’opportunità di contenere l’intervento della Corte di Giustizia in settori particolarmente sensibili per la sovranità degli Stati membri, come quelli regolati al titolo IV CE.
Un primo contrasto della disciplina dell’art. 68 CE con l’esigenza di assicurare una tutela giurisdizionale piena ed effettiva è reso palese dalla necessità per le parti di esperire tutti i rimedi giurisdizionali nazionali per poter contestare la validità di un atto di diritto comunitario derivato poiché, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia nel caso Foto-Frost (sentenza del 22 ottobre 1987, causa C-314/85), e recentemente ribadito (sentenze del 10 gennaio 2006, C-344/04, IATA, punto 27; del 6 dicembre 2005, C-461/03, Gaston Schul Douane expéditeur BV, punto 18), il giudice nazionale non può dichiarare l’invalidità di un atto delle istituzioni comunitarie. Pertanto, nel caso di un rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 68 CE, secondo il quale la Corte di Giustizia può essere adita solo da parte di un giudice le cui decisioni non siano impugnabili, le parti dovranno giungere all’ultimo grado di giudizio per poter chiedere al giudice nazionale di adire la Corte di Giustizia sollevando una questione pregiudiziale di validità.
La limitazione della possibilità di sollevare la questione pregiudiziale di validità derivante dall’art. 68 CE riduce anche la possibilità di chiedere al giudice nazionale la tutela cautelare contro atti di esecuzione di un atto comunitario ritenuto dalle parti invalido. Secondo la Corte, una simile tutela può essere concessa dal giudice nazionale solo se, salve le altre condizioni previste dalla giurisprudenza, viene contestualmente sollevata da tale giudice una questione pregiudiziale di validità dell’atto comunitario, ove tale questione non sia già stata sollevata dallo stesso giudice (sentenze della Corte di Giustizia del 21 febbraio 1991, cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrik; del 9 novembre 1995, causa C-465/93, Atlanta; del 17 luglio 1997, causa C-334/95, Krüger).
Forse in considerazione dell’incompatibilità della disciplina del rinvio pregiudiziale ex art. 68 CE con il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, diritto sancito nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea all’art. 47 (in GUCE C 364 del 18.12.00 p. 1), nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa all’art. II-107 (in GU C 310 del 16.12.04 p. 1) e nella stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza del 25 luglio 2002, causa C-50/00P, UPA, punti 39 e 40, e giurisprudenza ivi citata), l’art. 67 par. 2, secondo trattino, CE prevede che il Consiglio, trascorso il periodo di cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, possa assoggettare i settori contemplati nel titolo IV CE, in tutto o in parte, alla procedura di codecisione di cui all’art. 251 CE e adattare opportunamente le disposizioni relative alla competenza della Corte di Giustizia. Con la decisione del Consiglio 2004/927/CE del 22 dicembre 2004 (in GU L 396 del 31.12.04 p. 45), la procedura di codecisione è stata adottata per alcune materie regolate al titolo IV CE ma nessuna disposizione è stata presa in relazione alle competenze della Corte di Giustizia.
Nella comunicazione che qui si segnala (di seguito la “comunicazione”), la Commissione propone di modificare la disciplina della competenza pregiudiziale della Corte di giustizia, allineandola su quella generale regolata all’art. 234 CE.
Tale proposta risponde ad alcune preoccupazioni della Commissione legate alla significativa evoluzione della disciplina della cooperazione in materia civile e alla necessità di una tutela giurisdizionale più completa nei confronti degli atti delle istituzioni comunitarie adottati in base al titolo IV CE.
In primo luogo, secondo la Commissione, è necessario garantire un’applicazione e un’interpretazione uniformi dell’imponente corpus di diritto comunitario che si va costituendo nei settori della cooperazione in materia civile, dell’asilo, dell’immigrazione, dei visti e di alcuni aspetti della libera circolazione delle persone, in attuazione del programma legislativo definito al Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 e precisato nel programma dell’Aja (in GU C 53 del 3.3.05 p. 1). Tale corpus è certo destinato ad aumentare grazie all’estensione della procedura di codecisione e della regola della maggioranza qualificata a una parte considerevole dei settori contemplati nel titolo IV CE (pp. 3-5 della comunicazione).
In secondo luogo, la Commissione ritiene che le limitazioni alla competenza pregiudiziale della Corte contenute nell’art. 68 CE rappresentino una deroga al principio del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sopra ricordato. Tale deroga è preoccupante se si considera la frequente difficoltà dei soggetti interessati dall’applicazione del titolo IV CE di sostenere i costi per utilizzare gli opportuni rimedi giurisdizionali nazionali, nonché la necessità per questi soggetti di una tutela giurisdizionale in tempi rapidi.
Infatti, tra i soggetti interessati figurano: i richiedenti asilo o il ricongiungimento familiare in base alle direttive 2003/86/CE, 2004/83 e 2005/85/CE (rispettivamente, in GU L 251 del 3.10.03 p. 12, L 304 del 30.09.04 p. 12, L 326 del 31.12.05 p. 13), nonché i cittadini di paesi terzi che intendano contestare provvedimenti di espulsione o trattamenti discriminatori, i minori coinvolti in controversie sulla potestà genitoriale ai sensi del regolamento 2201/2003 (in GU L 338 del 23.12.03 p. 1), come anche le piccole e medie imprese eventualmente interessate dall’applicazione dei regolamenti (CE) 44/2001, 1348/2000, 1206/2001 e 805/2004 (rispettivamente, in GU L 12 del 16.1.01 p. 1, L 160 del 30.06.00 p. 37, L 174 del 27.06.01 p. 1, L 143 del 30.04.04 p. 15).
Quanto all’esclusione della competenza della Corte sulle misure comunitarie in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna ai sensi del par. 2 dell’art. 68 CE, il risultato cui tale disposizione conduce è “l’esclusione totale di qualsiasi controllo giurisdizionale” su tali misure, poiché, in virtù della sopra ricordata giurisprudenza Foto-Frost, il giudice nazionale non può dichiarare l’invalidità di un atto delle istituzioni comunitarie (pp. 6-7 della comunicazione).
La Commissione ribadisce anche il rischio di un’eventuale incompatibilità del sistema di protezione giurisdizionale comunitario con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tale protezione giurisdizionale è stata ritenuta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo come “equivalente” a quella garantita dalla Convenzione europea (sentenze del 18 febbraio 1999, Matthews c. Regno Unito, n. 24833/94 e del 30 giugno 2005, Bosphorus c. Irlanda, n. 45036/98). Tuttavia, per tale di-chiarazione di equivalenza è stato considerato il “regime di diritto comune” delle competenze della Corte di Giustizia, nel quale non rientra evidentemente il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 68 CE (p. 7 della comunicazione).
In terzo luogo, la Commissione osserva come la disciplina dell’art. 68 par. 1 CE rappresenti un regresso nella tutela giurisdizionale rispetto alla disciplina esistente nel vigore della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Secondo tale disciplina, contenuta in buona parte nell’art. 2 del protocollo del 3 giugno 1971 sull’interpretazione da parte della Corte di Giustizia della Convenzione di Bruxelles, la Corte poteva pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali sollevate sia dai giudici di ultimo grado sia dai giudici di appello. Secondo la Commissione, sarebbe certo paradossale comunitarizzare le convenzioni fra gli Stati membri, come la Convenzione di Bruxelles, ossia disciplinare mediante atti comunitari le materie prima regolate da tali convenzioni, e contemporaneamente limitare la competenza pregiudiziale della Corte di giustizia (pp. 7-8 della comunicazione).
In quarto ed ultimo luogo, la limitazione al giudice di ultimo grado del potere di sollevare la questione pregiudiziale è criticabile se la si confronta con la disciplina del rinvio pregiudiziale contenuta nell’art. 35 del Trattato istitutivo dell’Unione europea (di seguito “Trattato UE”), relativa alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale. In tal senso, sebbene la competenza pregiudiziale prevista all’art. 35 del Trattato UE debba essere accettata con una dichiarazione da parte degli Stati membri per essere operativa, l’art. 35, terzo paragrafo, lettera b) consente agli Stati che rendono tale dichiarazione di permettere a tutte le giurisdizioni di ogni grado di adire la Corte in via pregiudiziale, cosa che invece non è possibile in base all’art. 68 CE (pp. 8-9 della comunicazione).
Sulla base di tali considerazioni, la Commissione allega alla comunicazione in esame una proposta di decisione rivolta al Consiglio, secondo la quale a partire dal 1° gennaio 2007 l’art. 68 CE cessa di applicarsi e l’art. 234 CE si applica a qualsiasi questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale e relativa all’interpretazione del titolo IV CE oppure alla validità o all’interpretazione di atti comunitari adottati in base a questo titolo, incluse le questioni sollevate prima del 1° gennaio 2007, sulle quali la Corte non si sia ancora pronunciata a tale data.
Attualmente, la proposta della Commissione è ancora in discussione in seno al Consiglio con altre questioni relative alla cooperazione giudiziaria in materia civile (v. com. stampa 11556/06 relativo alla 2746a sessione del Consiglio del 24 luglio 2006 (Presse 216), reperibile al sito http://www.consilium.europa.eu./Newsroom, alle pp. 8 e 9).
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