IL TITOLO ESECUTIVO EUROPE PER I CREDITI NON CONTESTATI
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Il
21 gennaio 2005 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 805/2004 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 (GUUE L 143,
30.04.2004), che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti
non contestati (TEE).
Tale provvedimento, destinato ad applicarsi concretamente a partire dal 21 ottobre 2005, consentirà che determinate decisioni, appositamente certificate, siano direttamente eseguite in uno Stato Membro diverso da quello del giudice che le ha emesse, senza bisogno di alcuna procedura di riconoscimento e/o di exequatur.
Prosegue così l’impegno delle istituzioni comunitarie, assunto nel 1999 con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, finalizzato a creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia semplificato l’accesso ai sistemi di tutela giurisdizionale nei vari Stati membri (ex art 61, lett c, CE); il regolamento in commento si pone, dunque, nella scia della copiosa produzione normativa comunitaria nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, cooperazione espressamente prevista nell’art 65 CE, e di cui si è data notizia nei numeri precedenti del Bollettino (v. Sud in Europa Giugno 2002, Settembre 2002; Febbraio 2003; Giugno 2003; Dicembre 2003).
In particolare gli incoraggianti risultati relativi all’ incremento della libera circolazione delle decisioni in materia civile e commerciale, conseguiti dal Reg. CE n. 44/2001, modificato dal Reg. CE n. 1496/2002 (in GUCE L 225, 22.8.2002) – altrimenti indicato come “ Bruxelles I” perché ha “comunitarizzato” la Convezione di Bruxelles 1968 in di tema competenza giurisdizionale, e di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale – ha spinto la Commissione europea a perseguire un nuovo ambizioso traguardo: l’abolizione di qualsiasi controllo sulle decisioni provenienti dagli Stati membri dell’Unione, con notevole risparmio di tempi e costi nel procedimento esecutivo. Tale iniziativa comunitaria discende dalla constatazione che il rapido recupero dei crediti non contestati riveste una importanza primaria per gli operatori economici dell’UE e per il corretto funzionamento del mercato interno, poiché i ritardi nei pagamenti minacciano la sopravvivenza stessa delle aziende.
Alla luce di queste considerazioni l’iter normativo che ha portato all’adozione dell’ atto istituivo del TEE è stato tutto sommato rapido, giacché la prima proposta della Commissione trasmessa al Parlamento europeo per parere 18 aprile 2002 (COM 2002, 159), è stata approvata, con riserva di alcuni emendamenti, l'8 aprile 2003; successivamente l'11 giugno 2003, la Commissione, accogliendo in toto i correttivi indicati, ha presentato una proposta modificata (COM 2003, 341); sulla base della posizione comune del Consiglio e del parere favorevole del Parlamento europeo, il Regolamento è stato approvato definitivamente in data 21.4.2004.
Grazie a tale provvedimento viene introdotto negli ordinamenti dei singoli Stati membri un istituto giuridico innovativo che, mediante la definizione di norme procedurali minime, consente la circolazione intracomunitaria non solo delle decisioni, ma anche delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati, senza alcuna procedura intermedia necessaria per l’esecuzione nello Stato membro nel quale si chiede l’esecuzione. In questo modo si vuol dare concretezza al il principio della fiducia reciproca circa la validità e l’efficacia di giudicato dei provvedimenti giurisdizionali dei paesi comunitari (vera e propria pietra angolare del Regolamento): la decisione giudiziaria certificata titolo esecutivo europeo dal giudice d’origine sarà trattata, ai fini dell’esecuzione, come se fosse stata pronunciata nello Stato membro nel quale si chiede l’esecuzione, rendendo più celere e semplice la procedura volta al pieno soddisfacimento del diritto del creditore.
Il cambiamento negli ordinamenti nazionali è di non poco conto, atteso che segna un mutamento di prospettiva notevole: fino ad oggi, infatti, in nome del principio dell’autonomia processuale nazionale, i legislatori nazionali avevano fatto sì che l’efficacia esecutiva di un atto straniero necessitasse sempre un previo intervento autorizzativo da parte degli organi giudiziari dello Stato di ricezione.
Tuttavia in un’ottica squisitamente europeista di progressiva erosione della sovranità nazionale, dapprima si è proceduto ad ammettere il reciproco riconoscimento delle decisioni straniere ed oggi si avvia a generalizzare il riconoscimento automatico della stessa efficacia esecutiva.
Prima di addentrarci nell’esame delle singole disposizioni, va precisato che il Regolamento n. 805/2004, analogamente agli altri emanati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, non si applicherà alla sola Danimarca, avendo invece Regno Unito ed Irlanda notificato la loro adesione al regime normativo in commento.
Il campo di applicazione ratione materiae è stato circoscritto, al momento, ai soli crediti pecuniari liquidi ed esigibili che non siano stati contestati, nelle stesse materie rientranti nell’ambito di applicazione del Regolamento CE n. 44/2001: diritto civile e commerciale indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale di riferimento, con totale esclusione delle materie relative allo stato ed alla capacità delle persone fisiche, al diritto di famiglia e alle successioni, alla procedura fallimentare,alla sicurezza sociale e all’arbitrato.
Possono essere certificate quale "titolo esecutivo europeo" le decisioni giudiziarie (sentenze, ordinanze, decreti e altri provvedimenti aventi natura decisoria, ivi compresa la determinazione delle spese giudiziali) le transazioni giudiziarie (concluse, cioè, davanti al giudice o da questo approvate) e gli atti pubblici, purché tutti questi provvedimenti si riferiscano a "crediti non contestati".
È credito non contestato, norma dell’art 3 dello stesso Regolamento n. 805/2004, il credito che sia stato espressamente riconosciuto dal debitore in sede giudiziale o in un atto pubblico, oppure che non sia mai stato contestato dal debitore nel corso del giudizio in conformità delle norme di procedura vigenti nel Paese di origine. Inoltre sono da considerarsi crediti non contestati i crediti oggetto di procedimenti nei quali il debitore, pur avendo inizialmente sollevato contestazione, non sia successivamente comparso ad un'udienza, sempre che tale mancata comparizione equivalga ad un'ammissione tacita del credito secondo la legislazione dello Stato a quo, ovvero infine i crediti rispetto ai quali si è svolto un giudizio contumaciale.
Su istanza presentata in qualunque momento dal creditore, spetta all’autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui la decisione è stata emessa, o la transazione giudiziaria o l’atto pubblico redatti, apporre la certificazione di "titolo esecutivo europeo"; nell’ipotesi che il credito sia stato accertato per mezzo di un adesione giudiziaria, questa per essere munita del titolo esecutivo europeo deve soddisfare i seguenti requisiti: deve essere esecutiva in tale Stato membro (ad esempio, dovrà trattarsi di un decreto ingiuntivo munito di "formula esecutiva"), deve essere stata emessa da un giudice competente - secondo i criteri di competenza giurisdizionale fissati dal Regolamento (CE) n. 44/2001- e deve essere il risultato di un procedimento nel quale sia stato garantito al debitore il rispetto dei diritti basilari alla difesa; in particolare, trattandosi di contratti conclusi con i consumatori, la decisione giudiziaria deve essere stata pronunciata nello Stato membro del domicilio del debitore.
Il certificato di TEE è rilasciato utilizzando il modello contenuto nell’allegato I, ed è compilato nella lingua in cui è stata resa la decisione o redatta la transazione o l’atto pubblico.
Qualora solo alcune parti della decisione giudiziaria siano conformi ai requisiti prescritti dal Regolamento, è previsto un certificato di titolo esecutivo europeo “parziale”, rilasciato esclusivamente per tali parti.
La decisione giudiziaria certificata è idonea a valere automaticamente come titolo esecutivo sull’intero territorio comunitario, salvo il rispetto delle formalità documentali e di eventuali esigenze linguistiche; essa è riconosciuta ed eseguita negli Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento, sicché il debitore, a differenza di quanto previsto nel Reg. “Bruxelles I”, terminato il giudizio monitorio non ha più alcuna possibilità di impugnare il provvedimento certificato.
Il problema che la soppressione di qualsiasi controllo nello Stato membro dell’esecuzione possa ledere i diritti della difesa del convenuto e di conseguenza la possibile violazione del diritto ad un equo processo, non è stato trascurato dalle istituzioni comunitarie in sede di approvazione del Regolamento, così come indicato nel 12° considerando “…dovrebbero pertanto essere fissate norme procedurali minime per i procedimenti giudiziari che sfociano nella decisione, per garantire che il debitore abbia conoscenza in tempo utile ed in modo tale da potersi difendere, da una parte, dell’esistenza dell’azione giudiziaria promossa nei suoi confronti, nonché degli adempimenti necessari per poter partecipare attivamente al procedimento al fine di contestare il credito e, dall’altra, delle conseguenze della sua mancata partecipazione”.
Per garantire dunque il diritto di difesa anche del cattivo pagatore, devono essere osservate alcune norme specifiche in materia di notifica della domanda giudiziale al debitore (artt. 13-14-15), nonché in materia di contenuto minimo obbligatorio della domanda giudiziale (artt. 16-17).
Per quanto riguarda il primo profilo ricordiamo che le procedure di notifica degli atti giudiziari tra i Paesi U.E. sono state notevolmente semplificate con il recente Regolamento 1348/2000, (v. Sud in Europa Giugno 2003), espressamente richiamato dal provvedimento che qui si commenta: il Con-siglio ed il Parlamento europeo hanno deciso per la scelta di una qualunque delle forme di notificazione ammissibili ma con la possibilità di procedere, solo in alcuni casi, alla notificazione per via postale, senza attestato di ricevimento o di avvenuta consegna. La regolare notifica dovrà essere fatta: a) in mani proprie, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata e sottoscritta dal debitore; b) in mani proprie, attestata da un documento firmato dalla persona competente che ha provveduto alla notificazione, nel quale si dichiara che il debitore ha ricevuto il documento o ha rifiutato di riceverlo senza alcuna giustificazione legale e con l’indicazione della data della notificazione; c) a mezzo posta, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore; d) con mezzi elettronici, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore.
È interessante notare che oltre queste modalità di notificazioni, che richiedono tutte la prova dell’avvenuto ricevimento, il Regolamento ammette anche notificazioni senza prova di ricevimento, quali ad esempio la notifica nei locali commerciali del lavoratore autonomo o della persona giuridica, il deposito presso l’ufficio postale o un’autorità pubblica competente, la notifica elettronica attestata da una semplice conferma automatica della trasmissione, a condizione che il debitore abbia preventivamente accettato esplicitamente tale metodo di notifica.
Con riferimento, invece, al contenuto minimo obbligatorio della domanda introduttiva del giudizio, essa dovrà contenere alcune informazioni essenziali onde consentire al debitore di conoscere esattamente il credito per cui si procede e di difendersi nei tempi, luoghi e modi opportuni (il nome e l’indirizzo delle parti, l’importo del credito, se è richiesto il pagamento di interessi, il tasso d’interesse e il periodo per il quale sono richiesti, salvo che la legislazione dello Stato membro d’origine preveda un interesse legale che si aggiunga automaticamente al capitale, una dichiarazione riguardante le motivazioni della domanda).
Per assicurare maggiori garanzie al debitore, la disciplina comunitaria subordina la possibilità di conseguire il titolo esecutivo europeo a un’ulteriore condizione: l’ordinamento nazionale del paese di origine del provvedimento deve predisporre un meccanismo giudiziario appropriato che consenta al debitore di chiedere il riesame della decisione certificata nei casi in cui, nonostante il rispetto delle modalità prescritte, la notifica della domanda giudiziale o dell’atto equivalente non sia andata a buon fine per ragioni non imputabili al debitore.
La decisione certificata come TEE equivarrà, nello Stato membro nel quale deve essere eseguita, ad una decisione emessa da un giudice interno, e l’esecuzione forzata sarà effettuata secondo le norme di tale Paese. Per procedere in tal senso, il creditore dovrà fornire alle autorità competenti dello Stato dell’esecuzione pochi e semplici documenti, ovvero: a) una copia della decisione in forma autenticata, b) una copia del certificato di titolo esecutivo europeo, anch’essa in forma autenticata, c) una traduzione asseverata del certificato nella lingua ufficiale dello Stato membro dell’esecuzione (oppure, nell’eventuale diversa lingua che lo Stato in questione abbia ufficialmente dichiarato di accettare); per converso non potranno essere richiesti depositi di somme o cauzioni al creditore istante per il solo motivo che questi sia privo di residenza o domicilio nello Stato membro dell’esecuzione.
L’unico motivo ostativo all’esecuzione, che legittimerebbe il giudice del Paese dove l’esecuzione deve compiersi a rifiutarla, è il caso nel quale la decisione giudiziaria certificata come TEE sia incompatibile con una decisione anteriore pronunciata in uno Stato membro o in un Paese terzo, se la causa abbia il medesimo oggetto ed il debitore non abbia avuto la possibilità di far valere l’incompatibilità nel procedimento svoltosi nello Stato membro di origine (art. 21).
Il Regolamento n. 805/2004 dovrebbe presentare notevoli vantaggi rispetto alla procedura d’exequatur, tuttavia è lasciata libertà di scelta al creditore se avvalersi - solo nell’ipotesi di decisioni, transazioni giudiziarie ed atti pubblici riguardanti i crediti non contestati successiva al 21 gennaio 2005 - del TEE, ovvero dei meccanismi di riconoscimento ed esecuzione previsti dal Regolamento n. 44/2001.
Questa in sintesi la disciplina prevista nel Regolamento in esame, e tuttavia a ben guardare non possono sottacersi alcune perplessità: manca un vero e proprio meccanismo di impugnazione che consenta al convenuto di censurare l’eventuale errore commesso dal giudice dello Stato a quo che abbia concesso la certificazione di TEE.
Non sembra infatti che l’omessa facoltà del debitore di contestare in un momento successivo nello Stato ad quem la presenza dei requisiti per la certificazione, possa essere bilanciata dal novero delle garanzie processuali minime previste, giacché la verifica dell’avvenuto rispetto delle ridette norme è attribuita solo al giudice del paese dove è stata incardinata la controversia, senza alcuna possibilità di riesame da parte del giudice dello Stato dove procedere all’esecuzione. In altri termini, non è unanimemente condivisa la scelta prevalsa in sede comunitaria di surrogare la cancellazione di ogni possibilità per il convenuto di contestazione di lesioni di diritto alla difesa o dell’ordine pubblico con una dichiarazione unilaterale ed autoreferenziale del giudice dello Stato del foro, dichiarazione che potrebbe anche provenire dal medesimo giudice che ha pronunciato la decisione giudiziaria da certificare come titolo esecutivo europeo.
Inoltre, la possibilità di richiedere una rettifica della certificazione, prevista dall’art. 10 del Regolamento n. 805/2004, - che non è paragonabile dal punto di vista della tutela del debitore ad un controllo esercitatile da parte di un giudice dell’impugnazione in posizione di terzietà rispetto al giudice della sentenza - rischia, di rendere “più burocratico” e dunque meno appetibile il ricorso alla procedura del TEE, ben potendo il creditore optare per il procedimento dell’exequatur semplificato dal Regolamento “ Bruxelles I”.
Infine non si può omettere di rilevare che la scelta prudente di istituire come “progetto pilota” un TEE limitato ai crediti pecuniari non contestati ha lasciato insoddisfatti gli operatori del diritto, ben sapendo che i casi reali di mancata contestazione del credito sono numericamente pochi rispetto alle controversie relative a rapporti obbligatori transfrontalieri; ecco perché a livello comunitario si è già nella prospettiva di estendere la disciplina del riconoscimento automatico della efficacia esecutiva dei provvedimenti stranieri, intesi in senso lato, alla intera materia civile e commerciale: la Commissione, infatti, già nel maggio scorso, ha proposto un nuovo Regolamento per istituire un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento.
Tale provvedimento, destinato ad applicarsi concretamente a partire dal 21 ottobre 2005, consentirà che determinate decisioni, appositamente certificate, siano direttamente eseguite in uno Stato Membro diverso da quello del giudice che le ha emesse, senza bisogno di alcuna procedura di riconoscimento e/o di exequatur.
Prosegue così l’impegno delle istituzioni comunitarie, assunto nel 1999 con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, finalizzato a creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia semplificato l’accesso ai sistemi di tutela giurisdizionale nei vari Stati membri (ex art 61, lett c, CE); il regolamento in commento si pone, dunque, nella scia della copiosa produzione normativa comunitaria nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, cooperazione espressamente prevista nell’art 65 CE, e di cui si è data notizia nei numeri precedenti del Bollettino (v. Sud in Europa Giugno 2002, Settembre 2002; Febbraio 2003; Giugno 2003; Dicembre 2003).
In particolare gli incoraggianti risultati relativi all’ incremento della libera circolazione delle decisioni in materia civile e commerciale, conseguiti dal Reg. CE n. 44/2001, modificato dal Reg. CE n. 1496/2002 (in GUCE L 225, 22.8.2002) – altrimenti indicato come “ Bruxelles I” perché ha “comunitarizzato” la Convezione di Bruxelles 1968 in di tema competenza giurisdizionale, e di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale – ha spinto la Commissione europea a perseguire un nuovo ambizioso traguardo: l’abolizione di qualsiasi controllo sulle decisioni provenienti dagli Stati membri dell’Unione, con notevole risparmio di tempi e costi nel procedimento esecutivo. Tale iniziativa comunitaria discende dalla constatazione che il rapido recupero dei crediti non contestati riveste una importanza primaria per gli operatori economici dell’UE e per il corretto funzionamento del mercato interno, poiché i ritardi nei pagamenti minacciano la sopravvivenza stessa delle aziende.
Alla luce di queste considerazioni l’iter normativo che ha portato all’adozione dell’ atto istituivo del TEE è stato tutto sommato rapido, giacché la prima proposta della Commissione trasmessa al Parlamento europeo per parere 18 aprile 2002 (COM 2002, 159), è stata approvata, con riserva di alcuni emendamenti, l'8 aprile 2003; successivamente l'11 giugno 2003, la Commissione, accogliendo in toto i correttivi indicati, ha presentato una proposta modificata (COM 2003, 341); sulla base della posizione comune del Consiglio e del parere favorevole del Parlamento europeo, il Regolamento è stato approvato definitivamente in data 21.4.2004.
Grazie a tale provvedimento viene introdotto negli ordinamenti dei singoli Stati membri un istituto giuridico innovativo che, mediante la definizione di norme procedurali minime, consente la circolazione intracomunitaria non solo delle decisioni, ma anche delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici aventi ad oggetto crediti non contestati, senza alcuna procedura intermedia necessaria per l’esecuzione nello Stato membro nel quale si chiede l’esecuzione. In questo modo si vuol dare concretezza al il principio della fiducia reciproca circa la validità e l’efficacia di giudicato dei provvedimenti giurisdizionali dei paesi comunitari (vera e propria pietra angolare del Regolamento): la decisione giudiziaria certificata titolo esecutivo europeo dal giudice d’origine sarà trattata, ai fini dell’esecuzione, come se fosse stata pronunciata nello Stato membro nel quale si chiede l’esecuzione, rendendo più celere e semplice la procedura volta al pieno soddisfacimento del diritto del creditore.
Il cambiamento negli ordinamenti nazionali è di non poco conto, atteso che segna un mutamento di prospettiva notevole: fino ad oggi, infatti, in nome del principio dell’autonomia processuale nazionale, i legislatori nazionali avevano fatto sì che l’efficacia esecutiva di un atto straniero necessitasse sempre un previo intervento autorizzativo da parte degli organi giudiziari dello Stato di ricezione.
Tuttavia in un’ottica squisitamente europeista di progressiva erosione della sovranità nazionale, dapprima si è proceduto ad ammettere il reciproco riconoscimento delle decisioni straniere ed oggi si avvia a generalizzare il riconoscimento automatico della stessa efficacia esecutiva.
Prima di addentrarci nell’esame delle singole disposizioni, va precisato che il Regolamento n. 805/2004, analogamente agli altri emanati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale, non si applicherà alla sola Danimarca, avendo invece Regno Unito ed Irlanda notificato la loro adesione al regime normativo in commento.
Il campo di applicazione ratione materiae è stato circoscritto, al momento, ai soli crediti pecuniari liquidi ed esigibili che non siano stati contestati, nelle stesse materie rientranti nell’ambito di applicazione del Regolamento CE n. 44/2001: diritto civile e commerciale indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale di riferimento, con totale esclusione delle materie relative allo stato ed alla capacità delle persone fisiche, al diritto di famiglia e alle successioni, alla procedura fallimentare,alla sicurezza sociale e all’arbitrato.
Possono essere certificate quale "titolo esecutivo europeo" le decisioni giudiziarie (sentenze, ordinanze, decreti e altri provvedimenti aventi natura decisoria, ivi compresa la determinazione delle spese giudiziali) le transazioni giudiziarie (concluse, cioè, davanti al giudice o da questo approvate) e gli atti pubblici, purché tutti questi provvedimenti si riferiscano a "crediti non contestati".
È credito non contestato, norma dell’art 3 dello stesso Regolamento n. 805/2004, il credito che sia stato espressamente riconosciuto dal debitore in sede giudiziale o in un atto pubblico, oppure che non sia mai stato contestato dal debitore nel corso del giudizio in conformità delle norme di procedura vigenti nel Paese di origine. Inoltre sono da considerarsi crediti non contestati i crediti oggetto di procedimenti nei quali il debitore, pur avendo inizialmente sollevato contestazione, non sia successivamente comparso ad un'udienza, sempre che tale mancata comparizione equivalga ad un'ammissione tacita del credito secondo la legislazione dello Stato a quo, ovvero infine i crediti rispetto ai quali si è svolto un giudizio contumaciale.
Su istanza presentata in qualunque momento dal creditore, spetta all’autorità giurisdizionale dello Stato membro in cui la decisione è stata emessa, o la transazione giudiziaria o l’atto pubblico redatti, apporre la certificazione di "titolo esecutivo europeo"; nell’ipotesi che il credito sia stato accertato per mezzo di un adesione giudiziaria, questa per essere munita del titolo esecutivo europeo deve soddisfare i seguenti requisiti: deve essere esecutiva in tale Stato membro (ad esempio, dovrà trattarsi di un decreto ingiuntivo munito di "formula esecutiva"), deve essere stata emessa da un giudice competente - secondo i criteri di competenza giurisdizionale fissati dal Regolamento (CE) n. 44/2001- e deve essere il risultato di un procedimento nel quale sia stato garantito al debitore il rispetto dei diritti basilari alla difesa; in particolare, trattandosi di contratti conclusi con i consumatori, la decisione giudiziaria deve essere stata pronunciata nello Stato membro del domicilio del debitore.
Il certificato di TEE è rilasciato utilizzando il modello contenuto nell’allegato I, ed è compilato nella lingua in cui è stata resa la decisione o redatta la transazione o l’atto pubblico.
Qualora solo alcune parti della decisione giudiziaria siano conformi ai requisiti prescritti dal Regolamento, è previsto un certificato di titolo esecutivo europeo “parziale”, rilasciato esclusivamente per tali parti.
La decisione giudiziaria certificata è idonea a valere automaticamente come titolo esecutivo sull’intero territorio comunitario, salvo il rispetto delle formalità documentali e di eventuali esigenze linguistiche; essa è riconosciuta ed eseguita negli Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento, sicché il debitore, a differenza di quanto previsto nel Reg. “Bruxelles I”, terminato il giudizio monitorio non ha più alcuna possibilità di impugnare il provvedimento certificato.
Il problema che la soppressione di qualsiasi controllo nello Stato membro dell’esecuzione possa ledere i diritti della difesa del convenuto e di conseguenza la possibile violazione del diritto ad un equo processo, non è stato trascurato dalle istituzioni comunitarie in sede di approvazione del Regolamento, così come indicato nel 12° considerando “…dovrebbero pertanto essere fissate norme procedurali minime per i procedimenti giudiziari che sfociano nella decisione, per garantire che il debitore abbia conoscenza in tempo utile ed in modo tale da potersi difendere, da una parte, dell’esistenza dell’azione giudiziaria promossa nei suoi confronti, nonché degli adempimenti necessari per poter partecipare attivamente al procedimento al fine di contestare il credito e, dall’altra, delle conseguenze della sua mancata partecipazione”.
Per garantire dunque il diritto di difesa anche del cattivo pagatore, devono essere osservate alcune norme specifiche in materia di notifica della domanda giudiziale al debitore (artt. 13-14-15), nonché in materia di contenuto minimo obbligatorio della domanda giudiziale (artt. 16-17).
Per quanto riguarda il primo profilo ricordiamo che le procedure di notifica degli atti giudiziari tra i Paesi U.E. sono state notevolmente semplificate con il recente Regolamento 1348/2000, (v. Sud in Europa Giugno 2003), espressamente richiamato dal provvedimento che qui si commenta: il Con-siglio ed il Parlamento europeo hanno deciso per la scelta di una qualunque delle forme di notificazione ammissibili ma con la possibilità di procedere, solo in alcuni casi, alla notificazione per via postale, senza attestato di ricevimento o di avvenuta consegna. La regolare notifica dovrà essere fatta: a) in mani proprie, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata e sottoscritta dal debitore; b) in mani proprie, attestata da un documento firmato dalla persona competente che ha provveduto alla notificazione, nel quale si dichiara che il debitore ha ricevuto il documento o ha rifiutato di riceverlo senza alcuna giustificazione legale e con l’indicazione della data della notificazione; c) a mezzo posta, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore; d) con mezzi elettronici, attestata da una dichiarazione di ricevimento datata, sottoscritta e rinviata dal debitore.
È interessante notare che oltre queste modalità di notificazioni, che richiedono tutte la prova dell’avvenuto ricevimento, il Regolamento ammette anche notificazioni senza prova di ricevimento, quali ad esempio la notifica nei locali commerciali del lavoratore autonomo o della persona giuridica, il deposito presso l’ufficio postale o un’autorità pubblica competente, la notifica elettronica attestata da una semplice conferma automatica della trasmissione, a condizione che il debitore abbia preventivamente accettato esplicitamente tale metodo di notifica.
Con riferimento, invece, al contenuto minimo obbligatorio della domanda introduttiva del giudizio, essa dovrà contenere alcune informazioni essenziali onde consentire al debitore di conoscere esattamente il credito per cui si procede e di difendersi nei tempi, luoghi e modi opportuni (il nome e l’indirizzo delle parti, l’importo del credito, se è richiesto il pagamento di interessi, il tasso d’interesse e il periodo per il quale sono richiesti, salvo che la legislazione dello Stato membro d’origine preveda un interesse legale che si aggiunga automaticamente al capitale, una dichiarazione riguardante le motivazioni della domanda).
Per assicurare maggiori garanzie al debitore, la disciplina comunitaria subordina la possibilità di conseguire il titolo esecutivo europeo a un’ulteriore condizione: l’ordinamento nazionale del paese di origine del provvedimento deve predisporre un meccanismo giudiziario appropriato che consenta al debitore di chiedere il riesame della decisione certificata nei casi in cui, nonostante il rispetto delle modalità prescritte, la notifica della domanda giudiziale o dell’atto equivalente non sia andata a buon fine per ragioni non imputabili al debitore.
La decisione certificata come TEE equivarrà, nello Stato membro nel quale deve essere eseguita, ad una decisione emessa da un giudice interno, e l’esecuzione forzata sarà effettuata secondo le norme di tale Paese. Per procedere in tal senso, il creditore dovrà fornire alle autorità competenti dello Stato dell’esecuzione pochi e semplici documenti, ovvero: a) una copia della decisione in forma autenticata, b) una copia del certificato di titolo esecutivo europeo, anch’essa in forma autenticata, c) una traduzione asseverata del certificato nella lingua ufficiale dello Stato membro dell’esecuzione (oppure, nell’eventuale diversa lingua che lo Stato in questione abbia ufficialmente dichiarato di accettare); per converso non potranno essere richiesti depositi di somme o cauzioni al creditore istante per il solo motivo che questi sia privo di residenza o domicilio nello Stato membro dell’esecuzione.
L’unico motivo ostativo all’esecuzione, che legittimerebbe il giudice del Paese dove l’esecuzione deve compiersi a rifiutarla, è il caso nel quale la decisione giudiziaria certificata come TEE sia incompatibile con una decisione anteriore pronunciata in uno Stato membro o in un Paese terzo, se la causa abbia il medesimo oggetto ed il debitore non abbia avuto la possibilità di far valere l’incompatibilità nel procedimento svoltosi nello Stato membro di origine (art. 21).
Il Regolamento n. 805/2004 dovrebbe presentare notevoli vantaggi rispetto alla procedura d’exequatur, tuttavia è lasciata libertà di scelta al creditore se avvalersi - solo nell’ipotesi di decisioni, transazioni giudiziarie ed atti pubblici riguardanti i crediti non contestati successiva al 21 gennaio 2005 - del TEE, ovvero dei meccanismi di riconoscimento ed esecuzione previsti dal Regolamento n. 44/2001.
Questa in sintesi la disciplina prevista nel Regolamento in esame, e tuttavia a ben guardare non possono sottacersi alcune perplessità: manca un vero e proprio meccanismo di impugnazione che consenta al convenuto di censurare l’eventuale errore commesso dal giudice dello Stato a quo che abbia concesso la certificazione di TEE.
Non sembra infatti che l’omessa facoltà del debitore di contestare in un momento successivo nello Stato ad quem la presenza dei requisiti per la certificazione, possa essere bilanciata dal novero delle garanzie processuali minime previste, giacché la verifica dell’avvenuto rispetto delle ridette norme è attribuita solo al giudice del paese dove è stata incardinata la controversia, senza alcuna possibilità di riesame da parte del giudice dello Stato dove procedere all’esecuzione. In altri termini, non è unanimemente condivisa la scelta prevalsa in sede comunitaria di surrogare la cancellazione di ogni possibilità per il convenuto di contestazione di lesioni di diritto alla difesa o dell’ordine pubblico con una dichiarazione unilaterale ed autoreferenziale del giudice dello Stato del foro, dichiarazione che potrebbe anche provenire dal medesimo giudice che ha pronunciato la decisione giudiziaria da certificare come titolo esecutivo europeo.
Inoltre, la possibilità di richiedere una rettifica della certificazione, prevista dall’art. 10 del Regolamento n. 805/2004, - che non è paragonabile dal punto di vista della tutela del debitore ad un controllo esercitatile da parte di un giudice dell’impugnazione in posizione di terzietà rispetto al giudice della sentenza - rischia, di rendere “più burocratico” e dunque meno appetibile il ricorso alla procedura del TEE, ben potendo il creditore optare per il procedimento dell’exequatur semplificato dal Regolamento “ Bruxelles I”.
Infine non si può omettere di rilevare che la scelta prudente di istituire come “progetto pilota” un TEE limitato ai crediti pecuniari non contestati ha lasciato insoddisfatti gli operatori del diritto, ben sapendo che i casi reali di mancata contestazione del credito sono numericamente pochi rispetto alle controversie relative a rapporti obbligatori transfrontalieri; ecco perché a livello comunitario si è già nella prospettiva di estendere la disciplina del riconoscimento automatico della efficacia esecutiva dei provvedimenti stranieri, intesi in senso lato, alla intera materia civile e commerciale: la Commissione, infatti, già nel maggio scorso, ha proposto un nuovo Regolamento per istituire un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento.