LA DIRETTIVA DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA SUL RISARCIMENTO ALLE VITTIME DI REATO
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di Raffaella DI CHIO
Nel
quadro delle misure adottate dalla Comunità e dall’Unione europea per
far fronte ai problemi posti dal terrorismo internazionale, va segnalata
l’adozione da parte del Consiglio, il 29 aprile 2004, della direttiva
relativa al risarcimento alle vittime di reato, proposta dalla
Commissione il 16 ottobre 2002. Infatti, i tragici eventi dell’11
settembre 2001 hanno rafforzato l’esigenza di predisporre misure atte a
far fronte ad eventi analoghi. Ciò significa non solo l’esigenza di un
alto livello di preparazione in termini di protezione civile - campo in
cui l’Unione europea ha già adottato una serie di misure - ma anche
l’esigenza di una copertura completa per il risarcimento alle vittime di
tali atti. Il Consiglio ha già adottato, il 15 marzo 2001, una
decisione-quadro relativa alla posizione della vittima nel procedimento
penale. La decisione, basata sul titolo VI del Trattato UE, prevede
l’obbligo per gli Stati membri di garantire alle vittime di reati il
diritto di ottenere, nell’ambito del procedimento penale, una decisione
di condanna dell’autore del reato al risarcimento dei danni. Tuttavia, è
ampiamente riconosciuto che le vittime dei reati, in molti casi, non
possono ottenere un risarcimento dall’autore del reato. Ciò può avvenire
quando l’autore del reato rimanga ignoto o non possa essere utilmente
perseguito, o qualora non possieda i mezzi per risarcire la vittima. Di
conseguenza, si può ritenere che le vittime si trovino in una posizione
peggiore rispetto ad altre categorie di soggetti che hanno sofferto
lesioni o danni di vario tipo, ad esempio a causa di malattie, incidenti
o disoccupazione. Riconoscendo questa situazione, 13 Stati membri hanno
introdotto sistemi di risarcimento a spese dello Stato con un ambito di
applicazione generale che consentono di risarcire le vittime dei reati
per le lesioni subite. Tali sistemi presentano tuttavia delle grandi
differenze tra loro per quanto riguarda i criteri applicabili alla
concessione del risarcimento statale. L’attuale situazione per quanto
concerne la possibilità per le vittime dei reati di ottenere un
risarcimento dallo Stato non è, pertanto, soddisfacente. L’assenza
stessa, in due Stati membri, di qualsiasi possibilità per le vittime di
ottenere un risarcimento, e la mancanza di convergenza tra i sistemi di
risarcimento negli altri Stati membri, creano delle differenze tra
individui, a seconda del luogo di residenza o del luogo in cui è
commesso il reato. È altresì da rilevare che alcuni Stati europei sono
membri della Convenzione europea del 24 novembre 1983 sul risarcimento
alle vittime di atti di violenza, che ha indubbiamente avuto una
notevole incidenza nello stimolare gli Stati ad introdurre sistemi di
risarcimento statale. Tuttavia, come la situazione odierna negli Stati
membri dimostra, essa non ha raggiunto in pieno il suo obiettivo di
garantire una copertura completa a tutti i cittadini dell’UE. Tali
difficoltà si uniscono a quelle legate ai problemi di accesso
all’indennizzo nei casi in cui il reato sia stato commesso in uno Stato
membro diverso da quello in cui la vittima risiede. In tali ipotesi,
l’ostacolo linguistico, le distanze, le difficoltà di avere informazioni
sulla normativa straniera e sulle autorità da adire, nonché sul
procedimento da seguire, possono concretamente vanificare il diritto al
risarcimento. Per evitare che i sopra esposti inconvenienti nel
risarcimento di danni alle vittime di reati violenti in situazioni
transfrontaliere si concretino in un limite alla libertà di circolazione
delle persone, la direttiva in esame si propone due obiettivi: in primo
luogo, quello di assicurare che tutti gli Stati membri introducano
sistemi di risarcimento statale; in secondo luogo, che istituiscano un
sistema di cooperazione volto a facilitare alla vittima l’accesso
all’indennizzo nelle situazioni transfrontaliere. Quanto al primo
obiettivo, l’art. 12, par. 2 della direttiva impone agli Stati l’obbligo
di adottare entro il 1° luglio 2005, normative nazionali che prevedano
l’esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati
intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca
loro un indennizzo equo ed adeguato. Va rilevato che non sono poste
norme minime uniformi, ma si lasciano gli Stati liberi di adottare la
disciplina che ritengono più opportuna. Ben diversa era la proposta
della Commissione che cercava di uniformare i regimi di indennizzo.
Sotto questo profilo, pertanto, molto modesto è il contributo della
direttiva alla soluzione dei problemi che si sono rilevati all’inizio.
Una disciplina dettagliata è invece dedicata al secondo obiettivo, ossia
quello di agevolare l’accesso all’indennizzo nelle situazioni
transfrontaliere. Infatti, a tal proposito la direttiva prevede
l’istituzione di un sistema di cooperazione tra le autorità degli Stati
membri, che consentirà alle vittime di reati intenzionali violenti di
rivolgersi sempre ad un’autorità del proprio Stato membro di residenza,
ovviando in tal modo alle eventuali difficoltà pratiche e linguistiche
connesse alle situazioni transfrontaliere. Pertanto, come stabilito
dall’art. 3, par. 1 della direttiva, gli Stati membri istituiscono o
designano una o più autorità od altri organismi, denominate “autorità di
assistenza”, a cui il richiedente può presentare la domanda di
risarcimento, che saranno incaricate di trasmettere tale domanda allo
Stato membro in cui il reato è stato commesso, le cui autorità, definite
dalla direttiva “autorità di decisione” (art. 3, par. 2), saranno
competenti per l’erogazione del risarcimento (art. 2). Dunque,
l’autorità di assistenza fornisce al richiedente il risarcimento, le
informazioni essenziali relative alla possibilità di richiedere un
risarcimento, nonché i formulari necessari, sulla base del manuale
redatto dalla Commissione ai sensi dell’art. 13, par. 2 della direttiva.
Inoltre, l’autorità di assistenza fornisce al richiedente, su domanda
di quest’ultimo, orientamento ed informazioni generali sulle modalità di
compilazione della domanda e sulla documentazione a sostegno
eventualmente richiesta, ma non compie mai alcuna valutazione di merito
sulla domanda. Una volta che la domanda è stata completata, l’autorità
di assistenza la trasmette con la massima rapidità all’autorità di
decisione, insieme a tutta la documentazione a sostegno della stessa
(art. 6, par. 1). A seguito del ricevimento di una domanda trasmessa ai
sensi dell’art. 6, l’autorità di decisione invia al più presto
all’autorità di assistenza ed al richiedente, le informazioni
riguardanti la persona di contatto o l’ufficio competente per la
gestione della pratica; un avviso di ricevimento e, se possibile,
l’indicazione approssimativa dei tempi in cui verrà presa una decisione
sulla domanda (art. 7). Importante risulta la disposizione di cui
all’art. 9, par. 1 della direttiva, secondo cui, qualora l’autorità di
decisione decida, in conformità alle leggi del proprio Stato membro, di
ascoltare il richiedente od ogni altra persona a titolo di testimone o
di esperto, può contattare l’autorità di assistenza affinché, la persona
o le persone siano ascoltate direttamente dall’autorità di decisione,
in conformità alle leggi dello Stato membro di quest’ultima, in
particolare tramite l’uso del telefono o della videoconferenza; oppure,
la persona o le persone siano ascoltate dall’autorità di assistenza, in
conformità con le leggi del suo Stato membro. Occorre tuttavia
sottolineare che l’audizione diretta da parte dell’autorità di decisione
può avere luogo soltanto in cooperazione con l’autorità di assistenza e
su base volontaria: è infatti esclusa per l’autorità di decisione la
possibilità di imporre misure coercitive (art. 9, par. 2). Per quanto
concerne la decisione sulla domanda di risarcimento, essa è comunicata
al richiedente ed all’autorità di assistenza al più presto,
conformemente alla legislazione nazionale dell’autorità di decisione,
dopo l’adozione. L’art. 10 stabilisce le regole relative all’uso delle
lingue nella cooperazione tra autorità. Al fine di attuare il sistema di
cooperazione, gli Stati dovranno comunicare alla Commissione, entro il
1° luglio 2005, l’elenco delle autorità istituite o designate in
conformità dell’art. 3, par. 1 e 2, con indicazione, se del caso, delle
informazioni relative alla competenza giurisdizionale speciale e
territoriale di tali autorità (art. 13, par. 1, lett. a).
Inoltre, la direttiva stabilisce anche la creazione di un sistema di punti di contatto centrali in ciascuno Stato membro, intesi a facilitare, tra l’altro, la collaborazione e lo scambio di informazioni tra autorità di assistenza ed autorità di decisione degli Stati membri.
Dunque, anche se, come evidenziato in precedenza, la direttiva non ha pienamente soddisfatto gli obiettivi della proposta, essa può essere guardata complessivamente in maniera positiva, in quanto, se si considera da un punto di vista di politica criminale, l’UE non può limitarsi ad adottare misure volte a prevenire o a combattere la criminalità, che di fatto sono suscettibili di limitare la libertà dei cittadini, ma deve anche provvedere affinché tali misure di carattere repressivo vadano di pari passo con le misure di giustizia restitutiva, di cui la direttiva in esame rappresenta un esempio.
Inoltre, la direttiva stabilisce anche la creazione di un sistema di punti di contatto centrali in ciascuno Stato membro, intesi a facilitare, tra l’altro, la collaborazione e lo scambio di informazioni tra autorità di assistenza ed autorità di decisione degli Stati membri.
Dunque, anche se, come evidenziato in precedenza, la direttiva non ha pienamente soddisfatto gli obiettivi della proposta, essa può essere guardata complessivamente in maniera positiva, in quanto, se si considera da un punto di vista di politica criminale, l’UE non può limitarsi ad adottare misure volte a prevenire o a combattere la criminalità, che di fatto sono suscettibili di limitare la libertà dei cittadini, ma deve anche provvedere affinché tali misure di carattere repressivo vadano di pari passo con le misure di giustizia restitutiva, di cui la direttiva in esame rappresenta un esempio.