IL RECIPROCO RICONOSCIMENTO DELLE SANZIONI PECUNIARIE EUROPEE
Archivio > Anno 2006 > Febbraio 2006
di Raffaella DI CHIO (Borsista post-dottorato in diritto internazionale, Università degli studi di Bari)
Un
significativo risultato nell’attuazione dello Spazio di libertà,
sicurezza e giustizia è stato conseguito con l’adozione, il 24 febbraio
2005, della decisione-quadro del Consiglio dell’Unione europea
2005/214/GAI, relativa all’applicazione del principio del reciproco
riconoscimento alle sanzioni pecuniarie, a cui gli Stati membri dovranno
conformare le proprie legislazioni entro il 22 marzo 2007 (art.20, par.
1).
La decisione-quadro è stata adottata nell’ambito del titolo VI del Trattato sull’Unione europea, in particolare sulla base dell’art.31, lettera a) e dell’art.34, par. 2, lett.b), su iniziativa del Regno Unito, della Francia e della Svezia, e rientra tra gli atti emanati al fine di rafforzare il principio del reciproco riconoscimento, che, secondo quanto approvato dal Consiglio europeo, riunitosi a Tampere il 15 ed il 16 ottobre 1999, costituisce il fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione, tanto in materia civile, quanto in materia penale. Secondo quanto affermato dal Consiglio dell’Unione, nel considerando secondo della decisione-quadro, il principio del reciproco riconoscimento dovrebbe applicarsi alle sanzioni pecuniarie comminate dalle autorità giudiziarie ed amministrative degli Stati membri, al fine di facilitare l’esecuzione di dette sanzioni in uno Stato membro diverso da quello in cui sono state comminate. Il Consiglio dell’Unione aveva già stabilito, in un programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni in materia penale, adottato il 29 novembre 2000, in conformità alle conclusioni di Tampere, la priorità dell’adozione di uno strumento che applicasse il principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie (misura n.18).
Anzitutto la decisione-quadro, all’art.1, lett. a), chiarisce il proprio ambito di applicazione che è esteso ad ogni decisione definitiva che infligge una sanzione pecuniaria ad una persona fisica o giuridica, laddove la decisione sia stata resa da: i) un’autorità giudiziaria dello Stato della decisione a seguito di un reato ai sensi della legislazione dello Stato della decisione; ii) un’autorità dello Stato della decisione diversa da un’autorità giudiziaria a seguito di un reato ai sensi della legislazione dello Stato della decisione, purché alla persona interessata sia stata data la possibilità di essere giudicata da un’autorità competente, in particolare in materia penale; iii) un’autorità dello Stato della decisione diversa da un’autorità giudiziaria a seguito di atti che sono punibili a norma della legislazione di detto Stato a titolo di infrazioni e regolamenti, purché alla persona interessata sia stata data la possibilità di essere giudicata da un’autorità competente, in particolare in materia penale; iv) un’autorità giudiziaria competente, in particolare in materia penale, qualora la decisione sia stata resa per quanto riguarda una decisione di cui al punto iii).
Quanto alla nozione di sanzione pecuniaria, l’art.1, lett.b) specifica che essa include l’obbligo di pagare una somma di denaro in seguito a condanna per illecito imposta in una decisione; il risarcimento delle vittime imposto nella stessa decisione, qualora la vittima non sia parte civile nel processo e l’autorità giudiziaria agisca nell’esercizio della sua competenza penale; una somma di denaro in ordine alle spese dei procedimenti giudiziari o amministrativi connessi alla decisione; una somma di denaro da versare a favore di un fondo pubblico o di organizzazioni di assistenza alle vittime, imposta nella stessa decisione.
Non sono inclusi nella nozione di sanzione pecuniaria, invece, gli ordini di confisca degli strumenti o dei proventi del reato e le decisioni di natura civilistica scaturite da un’azione di risarcimento danni e restituzione, già esecutive ai sensi del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (art.1, lett.b).
In base alla decisione-quadro è lo Stato membro in cui viene decisa la sanzione pecuniaria, ossia lo “Stato della decisione” a fare richiesta, a mezzo certificato, a quello che deve eseguirla, lo “Stato dell’esecuzione”. In altri termini, una decisione, corredata del certificato di cui all’art. 4, può essere trasmessa all’autorità competente dello Stato membro in cui la persona fisica o giuridica contro la quale è stata emessa la decisione dispone di beni o di un reddito, ha la sua residenza abituale o, nel caso di una persona giuridica, ha la propria sede statutaria (art. 4, par.1). Il certificato, il cui modello figura nell’allegato alla decisione-quadro, deve essere firmato e l’esattezza del suo contenuto deve essere attestata dall’autorità competente dello Stato della decisione (art. 4, par. 2).
Per quanto concerne la determinazione delle autorità competenti da parte degli Stati, ciascuno di essi dovrà informare il segretariato generale del Consiglio in merito all’autorità o alle autorità che, in base alla propria legislazione nazionale, saranno competenti ai sensi della decisione-quadro, sia nel caso in cui detto Stato membro figuri come Stato della decisione, sia allorché costituisca lo Stato di esecuzione (art. 2, par.1). Inoltre, ciascuno Stato membro può, se l’organizzazione del proprio sistema interno lo rende necessario, designare una o più autorità centrali quali responsabili della trasmissione e ricezione amministrativa delle decisioni e dell’assistenza da fornire alle autorità competenti (art. 2, par. 2). La procedura da seguire prevede che la decisione o una sua copia autenticata, corredata del certificato, sia trasmessa direttamente dall’autorità competente dello Stato della decisione all’autorità competente dello Stato di esecuzione con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta in condizioni che consentano allo Stato di esecuzione di accertarne l’autenticità (art. 4, par. 3).
L’art. 4, par.5 stabilisce che se l’autorità competente dello Stato di esecuzione non è nota all’autorità competente dello Stato della decisione, quest’ultima compie tutti i necessari accertamenti, anche tramite i punti di contatto della Rete giudiziaria europea al fine di ottenere l’informazione dallo Stato di esecuzione. Inoltre, qualora l’autorità dello Stato di esecuzione che riceve una decisione non sia competente a riconoscerla e ad adottare le misure necessarie alla sua esecuzione, essa trasmette d’ufficio la decisione all’autorità competente e ne informa l’autorità competente dello Stato della decisione (art. 4, par. 6).
Per il Regno Unito e l’Irlanda è prevista una disciplina specifica, in quanto tali Stati possono dichiarare che la decisione, corredata del certificato, debba essere inviata tramite la propria autorità centrale o le autorità da essi specificate nella dichiarazione. Tuttavia, in qualsiasi momento, tali Stati membri possono, mediante un’ulteriore dichiarazione, limitare la portata di tale dichiarazione allo scopo di dare maggiore efficacia al par. 3 dell’art. 4. Essi procedono in tal senso quando sono messe in applicazione nei loro confronti le disposizioni sull’assistenza giudiziaria della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen.
Il riconoscimento e l’esecuzione automatici di sanzioni pecuniarie in tutta l’Unione europea sono previsti dall’art.5, par.1 per gli stessi reati che sono contemplati altresì nella decisione-quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato di arresto europeo ed alle procedure di consegna tra gli Stati membri, con l’aggiunta di sette altre ipotesi, tra cui: infrazioni al codice della strada, comprese quelle relative alle ore di guida e ai periodi di riposo ed infrazioni alle norme sul trasporto di merci pericolose, contrabbando di merci, violazione di diritti di proprietà intellettuale, minacce e atti di violenza in occasione di eventi sportivi, danno penale e furto, reati stabiliti dallo Stato della decisione e contemplati nell’attuazione degli obblighi derivanti dagli strumenti adottati a norma del Trattato CE o del titolo VI del Trattato UE.
L’art. 5, par. 2 stabilisce che il Consiglio può decidere in qualsiasi momento, deliberando all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, di aggiungere altre categorie di reati nell’elenco di cui al par. 1.
È importante rilevare che il riconoscimento e l’esecuzione delle sanzioni per i suddetti reati, non sono subordinati dallo Stato di esecuzione al principio della doppia punibilità, ossia alla condizione che la decisione si riferisca a una condotta che costituisce reato anche ai sensi della legge dello Stato di esecuzione: infatti sono riconosciute ed eseguite le sanzioni dei reati di cui all’art. 5, par.1, se punibili dallo Stato della decisione e quali definiti dalla legislazione di detto Stato. Tuttavia, il principio della doppia punibilità si applica per quanto riguarda i reati diversi da quelli elencati nell’art. 5, par. 1.
Le autorità competenti dello Stato di esecuzione riconoscono una decisione trasmessa a norma dell’art. 4 della decisione-quadro senza richiesta di ulteriori formalità e adottano immediatamente tutti i provvedimenti necessari alla sua esecuzione, a meno che l’autorità competente non decida di invocare uno dei motivi di diniego di riconoscimento o di esecuzione previsti dall’art.7 (art. 6).
Infatti, le autorità competenti dello Stato di esecuzione possono rifiutare il riconoscimento e l’esecuzione della decisione qualora il certificato di cui all’art. 4 non sia prodotto, sia incompleto o non corrisponda manifestamente alla decisione in questione (art. 7, par.1); o se esiste una decisione per gli stessi fatti nei confronti della persona condannata (ne bis in idem) nello Stato di esecuzione o in uno Stato diverso dallo Stato della decisione o dallo Stato di esecuzione e, in quest’ultimo caso, la decisione ha ricevuto esecuzione (art. 7, par. 2, lett. a); oppure se la decisione si riferisce ad atti che non costituiscono reato nello Stato di esecuzione, ai sensi dell’art. 5, par. 3 (art. 7, par. 2, lett. b); se la sanzione è caduta in prescrizione (art. 7, par. 2, lett. c); se si riferisce ad atti considerati dalla legge dello Stato di esecuzione come compiuti interamente o in parte nel suo territorio (art. 7 par. 2, lett. d, i); esiste un’immunità ai sensi della legge dello Stato di esecuzione che rende impossibile l’esecuzione della decisione (art. 7, par. 2, lett.e); la sanzione non è valida perché inflitta ad un minore, secondo la legge dello Stato di esecuzione (art.7, par. 2, lett. f); oppure quando la sanzione è inferiore a 70 euro (art.7, par. 2, lett. h) o, infine, quando la persona interessata non è stata informata dei fatti o non è comparsa personalmente ed il certificato non dichiara che la persona ha manifestato la propria intenzione di non opporsi al procedimento (art. 7, par. 2, lett. g).
La legge applicabile all’esecuzione della decisione è quella dello Stato di esecuzione (art. 9, par.1), il quale, ove risulti che la decisione si riferisce ad atti non compiuti nel territorio dello Stato della decisione, può decidere di ridurre l’importo della sanzione inflitta all’importo massimo previsto per atti dello stesso tipo ai sensi della legislazione nazionale allorché gli atti rientrano nella sua competenza (art. 8, par. 1).
Peraltro, la sanzione pecuniaria inflitta ad una persona giuridica riceve esecuzione anche se lo Stato di esecuzione non ammette il principio della responsabilità penale delle persone giuridiche (art. 9, par. 3). Le somme ottenute in seguito all’esecuzione delle decisioni spettano allo Stato di esecuzione, salvo diverso accordo tra quest’ultimo e lo Stato della decisione (art. 13).
Inoltre, è stata prevista la possibilità che, qualora lo Stato di esecuzione non riesca, parzialmente o totalmente, a dare esecuzione alla decisione, applichi sanzioni alternative, tra cui pene privative della libertà, ove la sua legislazione lo preveda in tali casi e lo Stato della decisione ne abbia consentito l’applicazione nel certificato di cui all’art. 4 (art. 10).
A tal proposito, lo Stato dell’esecuzione è tenuto ad informare senza indugio le autorità dello Stato della decisione dell’applicazione di una misura alternativa, dell’eventuale decisione di non riconoscere ed eseguire una decisione, della mancata o parziale esecuzione della decisione (art.14).
Lo Stato della decisione non può procedere all’esecuzione di una decisione trasmessa ai sensi dell’art. 4 a meno che lo Stato di esecuzione lo informi della mancata esecuzione totale o parziale oppure del mancato riconoscimento o della mancata esecuzione della decisione nel caso dell’art.7, ad eccezione dell’art. 7, par. 2, lett. a), dell’art.11, par.1 (in caso di grazia e di amnistia), e dell’art. 20, par. 3, secondo cui ciascuno Stato membro può, se il certificato di cui all’art. 4 solleva la questione di un’eventuale violazione dei diritti fondamentali o dei principi giuridici fondamentali enunciati nell’art. 6 del Trattato UE, opporsi al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni. Si applica la procedura di cui all’art. 7, par. 3, in base alla quale l’autorità competente dello Stato di esecuzione, prima di decidere di non riconoscere od attuare una decisione, in tutto o in parte, consulta con i mezzi appropriati l’autorità competente dello Stato della decisione e, se del caso, le chiede di fornire senza indugio le informazioni necessarie.
Inoltre, lo Stato della decisione riacquista il diritto di procedere all’esecuzione ove abbia informato lo Stato di esecuzione che la decisione di esecuzione è stata ritirata ai sensi dell’articolo 12 (art.15, par. 2, lett. b).
Per quanto riguarda l’attuazione della decisione-quadro, il Consiglio ha concesso la possibilità agli Stati più reticenti, per un periodo non superiore a cinque anni, di un’applicazione parziale limitata alle decisioni delle autorità competenti in materia penale, per quanto riguarda le persone fisiche (art.20, par.2, lett.a), ed alle decisioni che si riferiscono ad una condotta per la quale uno strumento europeo prevede l’applicazione del principio della responsabilità delle persone giuridiche, per quanto riguarda queste ultime (art. 20, par. 2, lett. b).
Infine, per quel che riguarda le difficoltà linguistiche, il Consiglio ha previsto che il certificato con il quale lo Stato della decisione richiede che la sanzione pecuniaria venga inflitta nello Stato di esecuzione sia tradotto nella lingua ufficiale di quest’ultimo (art. 16, par. 1).
È importante sottolineare che la decisione-quadro fa salvo espressamente l’obbligo del rispetto dei diritti fondamentali e dei principi giuridici fondamentali sanciti dall’art. 6 del Trattato UE (art. 3), così come affermato anche nel considerando quinto che richiama altresì il rispetto dei principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare del capo VI (Giustizia).
Inoltre si precisa che la decisione-quadro non può essere interpretata nel senso che sia consentito rifiutare di dare esecuzione ad una decisione qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che le sanzioni pecuniarie si prefiggono di punire una persona per motivi di sesso, razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o tendenze sessuali, oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi.
La decisione-quadro è stata adottata nell’ambito del titolo VI del Trattato sull’Unione europea, in particolare sulla base dell’art.31, lettera a) e dell’art.34, par. 2, lett.b), su iniziativa del Regno Unito, della Francia e della Svezia, e rientra tra gli atti emanati al fine di rafforzare il principio del reciproco riconoscimento, che, secondo quanto approvato dal Consiglio europeo, riunitosi a Tampere il 15 ed il 16 ottobre 1999, costituisce il fondamento della cooperazione giudiziaria nell’Unione, tanto in materia civile, quanto in materia penale. Secondo quanto affermato dal Consiglio dell’Unione, nel considerando secondo della decisione-quadro, il principio del reciproco riconoscimento dovrebbe applicarsi alle sanzioni pecuniarie comminate dalle autorità giudiziarie ed amministrative degli Stati membri, al fine di facilitare l’esecuzione di dette sanzioni in uno Stato membro diverso da quello in cui sono state comminate. Il Consiglio dell’Unione aveva già stabilito, in un programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni in materia penale, adottato il 29 novembre 2000, in conformità alle conclusioni di Tampere, la priorità dell’adozione di uno strumento che applicasse il principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie (misura n.18).
Anzitutto la decisione-quadro, all’art.1, lett. a), chiarisce il proprio ambito di applicazione che è esteso ad ogni decisione definitiva che infligge una sanzione pecuniaria ad una persona fisica o giuridica, laddove la decisione sia stata resa da: i) un’autorità giudiziaria dello Stato della decisione a seguito di un reato ai sensi della legislazione dello Stato della decisione; ii) un’autorità dello Stato della decisione diversa da un’autorità giudiziaria a seguito di un reato ai sensi della legislazione dello Stato della decisione, purché alla persona interessata sia stata data la possibilità di essere giudicata da un’autorità competente, in particolare in materia penale; iii) un’autorità dello Stato della decisione diversa da un’autorità giudiziaria a seguito di atti che sono punibili a norma della legislazione di detto Stato a titolo di infrazioni e regolamenti, purché alla persona interessata sia stata data la possibilità di essere giudicata da un’autorità competente, in particolare in materia penale; iv) un’autorità giudiziaria competente, in particolare in materia penale, qualora la decisione sia stata resa per quanto riguarda una decisione di cui al punto iii).
Quanto alla nozione di sanzione pecuniaria, l’art.1, lett.b) specifica che essa include l’obbligo di pagare una somma di denaro in seguito a condanna per illecito imposta in una decisione; il risarcimento delle vittime imposto nella stessa decisione, qualora la vittima non sia parte civile nel processo e l’autorità giudiziaria agisca nell’esercizio della sua competenza penale; una somma di denaro in ordine alle spese dei procedimenti giudiziari o amministrativi connessi alla decisione; una somma di denaro da versare a favore di un fondo pubblico o di organizzazioni di assistenza alle vittime, imposta nella stessa decisione.
Non sono inclusi nella nozione di sanzione pecuniaria, invece, gli ordini di confisca degli strumenti o dei proventi del reato e le decisioni di natura civilistica scaturite da un’azione di risarcimento danni e restituzione, già esecutive ai sensi del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (art.1, lett.b).
In base alla decisione-quadro è lo Stato membro in cui viene decisa la sanzione pecuniaria, ossia lo “Stato della decisione” a fare richiesta, a mezzo certificato, a quello che deve eseguirla, lo “Stato dell’esecuzione”. In altri termini, una decisione, corredata del certificato di cui all’art. 4, può essere trasmessa all’autorità competente dello Stato membro in cui la persona fisica o giuridica contro la quale è stata emessa la decisione dispone di beni o di un reddito, ha la sua residenza abituale o, nel caso di una persona giuridica, ha la propria sede statutaria (art. 4, par.1). Il certificato, il cui modello figura nell’allegato alla decisione-quadro, deve essere firmato e l’esattezza del suo contenuto deve essere attestata dall’autorità competente dello Stato della decisione (art. 4, par. 2).
Per quanto concerne la determinazione delle autorità competenti da parte degli Stati, ciascuno di essi dovrà informare il segretariato generale del Consiglio in merito all’autorità o alle autorità che, in base alla propria legislazione nazionale, saranno competenti ai sensi della decisione-quadro, sia nel caso in cui detto Stato membro figuri come Stato della decisione, sia allorché costituisca lo Stato di esecuzione (art. 2, par.1). Inoltre, ciascuno Stato membro può, se l’organizzazione del proprio sistema interno lo rende necessario, designare una o più autorità centrali quali responsabili della trasmissione e ricezione amministrativa delle decisioni e dell’assistenza da fornire alle autorità competenti (art. 2, par. 2). La procedura da seguire prevede che la decisione o una sua copia autenticata, corredata del certificato, sia trasmessa direttamente dall’autorità competente dello Stato della decisione all’autorità competente dello Stato di esecuzione con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta in condizioni che consentano allo Stato di esecuzione di accertarne l’autenticità (art. 4, par. 3).
L’art. 4, par.5 stabilisce che se l’autorità competente dello Stato di esecuzione non è nota all’autorità competente dello Stato della decisione, quest’ultima compie tutti i necessari accertamenti, anche tramite i punti di contatto della Rete giudiziaria europea al fine di ottenere l’informazione dallo Stato di esecuzione. Inoltre, qualora l’autorità dello Stato di esecuzione che riceve una decisione non sia competente a riconoscerla e ad adottare le misure necessarie alla sua esecuzione, essa trasmette d’ufficio la decisione all’autorità competente e ne informa l’autorità competente dello Stato della decisione (art. 4, par. 6).
Per il Regno Unito e l’Irlanda è prevista una disciplina specifica, in quanto tali Stati possono dichiarare che la decisione, corredata del certificato, debba essere inviata tramite la propria autorità centrale o le autorità da essi specificate nella dichiarazione. Tuttavia, in qualsiasi momento, tali Stati membri possono, mediante un’ulteriore dichiarazione, limitare la portata di tale dichiarazione allo scopo di dare maggiore efficacia al par. 3 dell’art. 4. Essi procedono in tal senso quando sono messe in applicazione nei loro confronti le disposizioni sull’assistenza giudiziaria della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen.
Il riconoscimento e l’esecuzione automatici di sanzioni pecuniarie in tutta l’Unione europea sono previsti dall’art.5, par.1 per gli stessi reati che sono contemplati altresì nella decisione-quadro del Consiglio del 13 giugno 2002 relativa al mandato di arresto europeo ed alle procedure di consegna tra gli Stati membri, con l’aggiunta di sette altre ipotesi, tra cui: infrazioni al codice della strada, comprese quelle relative alle ore di guida e ai periodi di riposo ed infrazioni alle norme sul trasporto di merci pericolose, contrabbando di merci, violazione di diritti di proprietà intellettuale, minacce e atti di violenza in occasione di eventi sportivi, danno penale e furto, reati stabiliti dallo Stato della decisione e contemplati nell’attuazione degli obblighi derivanti dagli strumenti adottati a norma del Trattato CE o del titolo VI del Trattato UE.
L’art. 5, par. 2 stabilisce che il Consiglio può decidere in qualsiasi momento, deliberando all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, di aggiungere altre categorie di reati nell’elenco di cui al par. 1.
È importante rilevare che il riconoscimento e l’esecuzione delle sanzioni per i suddetti reati, non sono subordinati dallo Stato di esecuzione al principio della doppia punibilità, ossia alla condizione che la decisione si riferisca a una condotta che costituisce reato anche ai sensi della legge dello Stato di esecuzione: infatti sono riconosciute ed eseguite le sanzioni dei reati di cui all’art. 5, par.1, se punibili dallo Stato della decisione e quali definiti dalla legislazione di detto Stato. Tuttavia, il principio della doppia punibilità si applica per quanto riguarda i reati diversi da quelli elencati nell’art. 5, par. 1.
Le autorità competenti dello Stato di esecuzione riconoscono una decisione trasmessa a norma dell’art. 4 della decisione-quadro senza richiesta di ulteriori formalità e adottano immediatamente tutti i provvedimenti necessari alla sua esecuzione, a meno che l’autorità competente non decida di invocare uno dei motivi di diniego di riconoscimento o di esecuzione previsti dall’art.7 (art. 6).
Infatti, le autorità competenti dello Stato di esecuzione possono rifiutare il riconoscimento e l’esecuzione della decisione qualora il certificato di cui all’art. 4 non sia prodotto, sia incompleto o non corrisponda manifestamente alla decisione in questione (art. 7, par.1); o se esiste una decisione per gli stessi fatti nei confronti della persona condannata (ne bis in idem) nello Stato di esecuzione o in uno Stato diverso dallo Stato della decisione o dallo Stato di esecuzione e, in quest’ultimo caso, la decisione ha ricevuto esecuzione (art. 7, par. 2, lett. a); oppure se la decisione si riferisce ad atti che non costituiscono reato nello Stato di esecuzione, ai sensi dell’art. 5, par. 3 (art. 7, par. 2, lett. b); se la sanzione è caduta in prescrizione (art. 7, par. 2, lett. c); se si riferisce ad atti considerati dalla legge dello Stato di esecuzione come compiuti interamente o in parte nel suo territorio (art. 7 par. 2, lett. d, i); esiste un’immunità ai sensi della legge dello Stato di esecuzione che rende impossibile l’esecuzione della decisione (art. 7, par. 2, lett.e); la sanzione non è valida perché inflitta ad un minore, secondo la legge dello Stato di esecuzione (art.7, par. 2, lett. f); oppure quando la sanzione è inferiore a 70 euro (art.7, par. 2, lett. h) o, infine, quando la persona interessata non è stata informata dei fatti o non è comparsa personalmente ed il certificato non dichiara che la persona ha manifestato la propria intenzione di non opporsi al procedimento (art. 7, par. 2, lett. g).
La legge applicabile all’esecuzione della decisione è quella dello Stato di esecuzione (art. 9, par.1), il quale, ove risulti che la decisione si riferisce ad atti non compiuti nel territorio dello Stato della decisione, può decidere di ridurre l’importo della sanzione inflitta all’importo massimo previsto per atti dello stesso tipo ai sensi della legislazione nazionale allorché gli atti rientrano nella sua competenza (art. 8, par. 1).
Peraltro, la sanzione pecuniaria inflitta ad una persona giuridica riceve esecuzione anche se lo Stato di esecuzione non ammette il principio della responsabilità penale delle persone giuridiche (art. 9, par. 3). Le somme ottenute in seguito all’esecuzione delle decisioni spettano allo Stato di esecuzione, salvo diverso accordo tra quest’ultimo e lo Stato della decisione (art. 13).
Inoltre, è stata prevista la possibilità che, qualora lo Stato di esecuzione non riesca, parzialmente o totalmente, a dare esecuzione alla decisione, applichi sanzioni alternative, tra cui pene privative della libertà, ove la sua legislazione lo preveda in tali casi e lo Stato della decisione ne abbia consentito l’applicazione nel certificato di cui all’art. 4 (art. 10).
A tal proposito, lo Stato dell’esecuzione è tenuto ad informare senza indugio le autorità dello Stato della decisione dell’applicazione di una misura alternativa, dell’eventuale decisione di non riconoscere ed eseguire una decisione, della mancata o parziale esecuzione della decisione (art.14).
Lo Stato della decisione non può procedere all’esecuzione di una decisione trasmessa ai sensi dell’art. 4 a meno che lo Stato di esecuzione lo informi della mancata esecuzione totale o parziale oppure del mancato riconoscimento o della mancata esecuzione della decisione nel caso dell’art.7, ad eccezione dell’art. 7, par. 2, lett. a), dell’art.11, par.1 (in caso di grazia e di amnistia), e dell’art. 20, par. 3, secondo cui ciascuno Stato membro può, se il certificato di cui all’art. 4 solleva la questione di un’eventuale violazione dei diritti fondamentali o dei principi giuridici fondamentali enunciati nell’art. 6 del Trattato UE, opporsi al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni. Si applica la procedura di cui all’art. 7, par. 3, in base alla quale l’autorità competente dello Stato di esecuzione, prima di decidere di non riconoscere od attuare una decisione, in tutto o in parte, consulta con i mezzi appropriati l’autorità competente dello Stato della decisione e, se del caso, le chiede di fornire senza indugio le informazioni necessarie.
Inoltre, lo Stato della decisione riacquista il diritto di procedere all’esecuzione ove abbia informato lo Stato di esecuzione che la decisione di esecuzione è stata ritirata ai sensi dell’articolo 12 (art.15, par. 2, lett. b).
Per quanto riguarda l’attuazione della decisione-quadro, il Consiglio ha concesso la possibilità agli Stati più reticenti, per un periodo non superiore a cinque anni, di un’applicazione parziale limitata alle decisioni delle autorità competenti in materia penale, per quanto riguarda le persone fisiche (art.20, par.2, lett.a), ed alle decisioni che si riferiscono ad una condotta per la quale uno strumento europeo prevede l’applicazione del principio della responsabilità delle persone giuridiche, per quanto riguarda queste ultime (art. 20, par. 2, lett. b).
Infine, per quel che riguarda le difficoltà linguistiche, il Consiglio ha previsto che il certificato con il quale lo Stato della decisione richiede che la sanzione pecuniaria venga inflitta nello Stato di esecuzione sia tradotto nella lingua ufficiale di quest’ultimo (art. 16, par. 1).
È importante sottolineare che la decisione-quadro fa salvo espressamente l’obbligo del rispetto dei diritti fondamentali e dei principi giuridici fondamentali sanciti dall’art. 6 del Trattato UE (art. 3), così come affermato anche nel considerando quinto che richiama altresì il rispetto dei principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare del capo VI (Giustizia).
Inoltre si precisa che la decisione-quadro non può essere interpretata nel senso che sia consentito rifiutare di dare esecuzione ad una decisione qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che le sanzioni pecuniarie si prefiggono di punire una persona per motivi di sesso, razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o tendenze sessuali, oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi.