LA COMMISSIONE PROPONE LIBERTA' DI SCELTA PER LA COLTIVAZIONE DI OGM
Archivio > Anno 2010 > Settembre 2010
di Angela RIETI
La
Commissione dell’Unione europea ha recentemente adottato un pacchetto di
misure teso ad attribuire agli Stati membri la libertà di decidere se
coltivare o meno sul proprio territorio gli organismi geneticamente
modificati (in avanti OGM) autorizzati a livello europeo basando tale
decisione su “altri” motivi rispetto a quelli scientifici. Il c.d.
“pacchetto OGM” si compone di tre documenti quali la comunicazione del
13 luglio 2010, COM(2010) 380 def. sulla libertà degli Stati membri di
decidere in merito alla coltivazione di colture geneticamente
modificate, la raccomandazione del 13 luglio 2010, C(2010) 4822 def.
recante orientamenti per l’elaborazione di misure nazionali in materia
di coesistenza per evitare la presenza involontaria di OGM nelle
colture convenzionali e biologiche ed, infine, la proposta di
regolamento del 13 luglio 2010 COM(2010) 375 def. che modifica la
direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità degli Stati
membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro
territorio.
L’attuale quadro giuridico dell’Unione europea che regolamenta l’emissione in ambiente e la commercializzazione di prodotti costituiti o derivati da OGM per alimenti e mangimi, la trasformazione industriale e la coltivazione è composto dalla direttiva 2001/18 /CE del 12 marzo 2001 sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (in GUCE L 106 del 17 aprile 2001) e dal regolamento (CE) 1829/2003 del 22 settembre 2003 relativo agli alimenti ed ai mangimi geneticamente modificati (in GUUE L 268 del 18 ottobre 2003). I due testi legislativi citati disciplinano la procedura di autorizzazione preventiva tesa ad evitare i potenziali effetti nocivi che i prodotti biotecnologici possono avere sulla salute umana, animale e sull’ambiente assicurando al contempo la creazione di un mercato interno di questi prodotti. Inoltre, regole sulla tracciabilità e l’etichettatura degli OGM e degli alimenti e dei mangimi prodotti da OGM sono previste dal regolamento (CE) 1830/2003 del 22 settembre 2003 (in GUUE L 268 del 18 ottobre 2003).
L’autorizzazione preventiva richiesta dalla normativa dell’Unione europea è subordinata ad una valutazione scientifica del rischio ambientale e sanitario di cui sono responsabili rispettivamente l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e le autorità scientifiche degli Stati membri. Queste ultime, in particolare, hanno un ruolo importante per quanto concerne l’autorizzazione degli OGM destinati alla coltivazione in quanto sono loro a condurre la valutazione iniziale del rischio ambientale. La valutazione del rischio condotta caso per caso può concludersi alternativamente con un rifiuto dell’autorizzazione qualora sia accertata la presenza di un rischio di effetto negativo per l’ambiente o la salute, con la concessione dell’autorizzazione senza subordinazione a misure di gestione se non si individuano rischi di effetti negativi o, infine, con un’autorizzazione subordinata all’adozione di misure di gestione del rischio qualora vengano individuati rischi di effetti negativi. Il prodotto costituito o derivato da OGM una volta autorizzato viene immesso in libera pratica nel mercato dell’Unione europea. Tuttavia, qualora dopo la concessione dell’autorizzazione sia individuato un rischio ambientale o sanitario, può essere avviata una procedura di revoca o modifica dell’autorizzazione rilasciata a livello UE o delle relative condizioni di rilascio ai sensi dell’art. 20, par. 3 della direttiva 2001/18/ CE e degli artt. 10 e 22 del regolamento (CE) 1829/2003. Gli Stati membri, inoltre, possono temporaneamente limitare o vietare l’uso o la vendita sul proprio territorio di OGM avvalendosi della clausola di salvaguardia prevista dall’art. 23 della direttiva 2001/ 18/CE o adottare misure di emergenza ai sensi dall’art. 34 del regolamento (CE) 1829/2003.
Il quadro giuridico delineato, pur garantendo un elevato livello di protezione sanitaria ed ambientale determinato a livello europeo e non modificabile dal singolo Stato membro se non in virtù di misure a carattere eccezionale, non è pienamente efficace per quanto concerne l’aspetto della coltivazione di OGM. Agli Stati membri, infatti, non è assicurata una sufficiente autonomia per decidere in merito alla coltivazione di OGM sul proprio territorio dopo l’intervenuta autorizzazione. La coltivazione, a differenza dell’emissione deliberata e della commercializzazione, è una attività strettamente connessa al territorio ed, in particolare, ad aspetti nazionali, regionali e locali inerenti questioni morfologiche, economico-produttive, sociali oltre che ambientali. Nel vigente contesto normativo l’unica disposizione che disciplina con margini decisionali assai ridotti la coltivazione di OGM da parte degli Stati membri è l’art. 26 bis della direttiva 2001/18/CE in virtù del quale sono legittime solo le misure tese ad evitare la presenza involontaria di OGM in altre colture. L’assenza di un effettivo potere nazionale di valutazione in merito alla coltivazione di OGM ha indotto sino ad oggi gli Stati membri a gestire la questione invocando – spesso impropriamente poiché non scientificamente fondate – le uniche misure disponibili ossia la clausola di salvaguardia o le misure di emergenza. L’esperienza maturata ha, dunque, mostrato la necessità di individuare una adeguata base giuridica al fine di garantire agli Stati membri la libertà di limitare o vietare la coltivazione di tutti o taluni OGM su tutto o parte del proprio territorio tenendo in debito conto, oltre che ragioni esclusivamente scientifiche, anche aspetti specifici legati alla dimensione nazionale, regionale e locale di tale attività.
In questo contesto la Commissione con la comunicazione COM(2010) 380 def. ha proposto una modifica legislativa al fine di prevedere l’inserimento nell’attuale quadro giuridico di una “clausola di opt-out” relativa alla sola coltivazione. Mediante tale modifica legislativa, pur non mutando l’attuale sistema delle autorizzazioni degli OGM, della loro circolazione ed importazione, si consentirebbe agli Stati membri di adottare misure relative alla coltivazione di OGM autorizzati, prescindendo, però, da motivazioni legate alla sola valutazione scientifica del rischio per la salute e l’ambiente. Secondo la Commissione questo nuovo approccio permetterebbe di raggiungere “il giusto equilibrio” tra il mantenimento del sistema delle autorizzazioni UE basato su valutazioni scientifiche del rischio ambientale e sanitario e la necessità di gestire a livello nazionale e/o regionale la coltivazione di OGM.
Il primo passo compiuto dalla Commissione è stato quello di sostituire la raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003 recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche (in GUUE L 189 del 29 luglio 2003) con la raccomandazione C(2010) 4822 def. Tale modifica si è resa necessaria poiché la raccomandazione 2003/556/CE, emanata al fine di sostenere gli Stati membri nell’elaborazione di misure nazionali adottate in virtù dell’art. 26 bis della direttiva 2001/18/CE al fine di evitare il “potenziale impatto economico della commistione tra colture GM e colture non GM (convenzionali e biologiche)”, non ha soddisfatto a pieno il dettato normativo, come dimostrato dall’analisi dello sviluppo della coltivazione di OGM all’interno dell’Unione europea. Infatti, la perdita potenziale di reddito per i produttori convenzionali e biologici dovuta alla coesistenza con colture GM ha superato la soglia fissata nello 0,9%.
La nuova raccomandazione traccia i principi generali per l’elaborazione di misure nazionali atte ad evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche riconoscendo la possibilità per gli Stati membri di limitare la coltivazione di OGM in vaste zone del territorio nazionale a condizione che la misura restrittiva sia proporzionata all’obbiettivo perseguito. In altri termini, la misura deve essere l’unica idonea a prevenire la presenza involontaria di OGM nelle colture ed al contempo, deve garantire le esigenze specifiche di tutela degli agricoltori che operano secondo metodi convenzionali o biologici. Gli orientamenti indicati dalla raccomandazione prevedono, inoltre, che le misure in oggetto debbano essere adottate in modo trasparente e con il coinvolgimento dei soggetti interessati. Per quanto concerne, poi, le misure inerenti la coesistenza nelle zone di confine è richiesta l’attuazione di una cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri interessati oltre ad una completa e tempestiva informazione sulle misure che si intendono adottare. Alla Commissione continuerà a spettare sia il compito di raccogliere e coordinare le informazioni a livello europeo e nazionale mediante l’intermediazione del Gruppo in rete per lo scambio e il coordinamento di informazioni sulla coesistenza di colture transgeniche, convenzionali e biologiche (c.d. COEX-NET) sia quello di coadiuvare gli Stati membri nella elaborazione di linea guida nazionali in materia di coesistenza mediante la consulenza tecnica già fornita dall’Ufficio europeo di coesistenza (c.d. ECoB).
Sulla base di tali premesse la Commissione ha anche elaborato la proposta di regolamento COM(2010) 375 def. con la quale si prevede l’inserimento dell’art. 26 ter nella direttiva 2001/18/CE che consente agli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM nel loro territorio invocando motivi diversi da quelli previsti nella valutazione del rischio ambientale su cui si fonda l’attuale sistema di autorizzazioni. La proposta legislativa prevede, inoltre, che qualora un Stato membro decida di adottare una misura nazionale in virtù di tale disposizione debba darne solo comunicazione alla Commissione ed agli altri Stati membri un mese prima della eventuale adozione. Le misure nazionali eventualmente adottate dovranno essere conformi rispettivamente al principio di non discriminazione tra prodotti nazionali e non nazionali, alle norme sulla libera circolazione delle merci di cui già agli artt. 28 e 30 del TCE (attuali artt. 34 e 36 del TFUE) inerenti il divieto di restrizioni quantitative e di misure ad effetto equivalente con relative eccezioni, nonché agli obblighi internazionali assunti dall’UE, tra i quali in particolare quelli previsti nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
La proposta elaborata risulta, dunque, conforme al principio di sussidiarietà (art. 5, par. 3 del TUE) ed al principio di proporzionalità (art. 5, par. 4 del TUE). La dimensionale locale e/o regionale della coltivazione di OGM comporta, infatti, che gli obiettivi dell’azione prevista possano essere conseguiti in misura sufficiente ed adeguata dagli Stati membri e i contenuti giuridici della proposta non impediscono all’Unione di raggiungere gli obiettivi dei Trattati. Pertanto, con il “pacchetto OGM” l’Unione europea da un lato ha lanciato un segnale forte ai propri cittadini mostrando di tenere in debito conto quelle che sono le loro preoccupazioni relative alla produzione ed al consumo di OGM, dall’altro, ha garantito la certezza del diritto predisponendo un quadro giuridico che pur non rinunciando alla sicurezza sanitaria ed ambientale riconosce “facoltà di scelta” agli Stati membri.
L’attuale quadro giuridico dell’Unione europea che regolamenta l’emissione in ambiente e la commercializzazione di prodotti costituiti o derivati da OGM per alimenti e mangimi, la trasformazione industriale e la coltivazione è composto dalla direttiva 2001/18 /CE del 12 marzo 2001 sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (in GUCE L 106 del 17 aprile 2001) e dal regolamento (CE) 1829/2003 del 22 settembre 2003 relativo agli alimenti ed ai mangimi geneticamente modificati (in GUUE L 268 del 18 ottobre 2003). I due testi legislativi citati disciplinano la procedura di autorizzazione preventiva tesa ad evitare i potenziali effetti nocivi che i prodotti biotecnologici possono avere sulla salute umana, animale e sull’ambiente assicurando al contempo la creazione di un mercato interno di questi prodotti. Inoltre, regole sulla tracciabilità e l’etichettatura degli OGM e degli alimenti e dei mangimi prodotti da OGM sono previste dal regolamento (CE) 1830/2003 del 22 settembre 2003 (in GUUE L 268 del 18 ottobre 2003).
L’autorizzazione preventiva richiesta dalla normativa dell’Unione europea è subordinata ad una valutazione scientifica del rischio ambientale e sanitario di cui sono responsabili rispettivamente l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e le autorità scientifiche degli Stati membri. Queste ultime, in particolare, hanno un ruolo importante per quanto concerne l’autorizzazione degli OGM destinati alla coltivazione in quanto sono loro a condurre la valutazione iniziale del rischio ambientale. La valutazione del rischio condotta caso per caso può concludersi alternativamente con un rifiuto dell’autorizzazione qualora sia accertata la presenza di un rischio di effetto negativo per l’ambiente o la salute, con la concessione dell’autorizzazione senza subordinazione a misure di gestione se non si individuano rischi di effetti negativi o, infine, con un’autorizzazione subordinata all’adozione di misure di gestione del rischio qualora vengano individuati rischi di effetti negativi. Il prodotto costituito o derivato da OGM una volta autorizzato viene immesso in libera pratica nel mercato dell’Unione europea. Tuttavia, qualora dopo la concessione dell’autorizzazione sia individuato un rischio ambientale o sanitario, può essere avviata una procedura di revoca o modifica dell’autorizzazione rilasciata a livello UE o delle relative condizioni di rilascio ai sensi dell’art. 20, par. 3 della direttiva 2001/18/ CE e degli artt. 10 e 22 del regolamento (CE) 1829/2003. Gli Stati membri, inoltre, possono temporaneamente limitare o vietare l’uso o la vendita sul proprio territorio di OGM avvalendosi della clausola di salvaguardia prevista dall’art. 23 della direttiva 2001/ 18/CE o adottare misure di emergenza ai sensi dall’art. 34 del regolamento (CE) 1829/2003.
Il quadro giuridico delineato, pur garantendo un elevato livello di protezione sanitaria ed ambientale determinato a livello europeo e non modificabile dal singolo Stato membro se non in virtù di misure a carattere eccezionale, non è pienamente efficace per quanto concerne l’aspetto della coltivazione di OGM. Agli Stati membri, infatti, non è assicurata una sufficiente autonomia per decidere in merito alla coltivazione di OGM sul proprio territorio dopo l’intervenuta autorizzazione. La coltivazione, a differenza dell’emissione deliberata e della commercializzazione, è una attività strettamente connessa al territorio ed, in particolare, ad aspetti nazionali, regionali e locali inerenti questioni morfologiche, economico-produttive, sociali oltre che ambientali. Nel vigente contesto normativo l’unica disposizione che disciplina con margini decisionali assai ridotti la coltivazione di OGM da parte degli Stati membri è l’art. 26 bis della direttiva 2001/18/CE in virtù del quale sono legittime solo le misure tese ad evitare la presenza involontaria di OGM in altre colture. L’assenza di un effettivo potere nazionale di valutazione in merito alla coltivazione di OGM ha indotto sino ad oggi gli Stati membri a gestire la questione invocando – spesso impropriamente poiché non scientificamente fondate – le uniche misure disponibili ossia la clausola di salvaguardia o le misure di emergenza. L’esperienza maturata ha, dunque, mostrato la necessità di individuare una adeguata base giuridica al fine di garantire agli Stati membri la libertà di limitare o vietare la coltivazione di tutti o taluni OGM su tutto o parte del proprio territorio tenendo in debito conto, oltre che ragioni esclusivamente scientifiche, anche aspetti specifici legati alla dimensione nazionale, regionale e locale di tale attività.
In questo contesto la Commissione con la comunicazione COM(2010) 380 def. ha proposto una modifica legislativa al fine di prevedere l’inserimento nell’attuale quadro giuridico di una “clausola di opt-out” relativa alla sola coltivazione. Mediante tale modifica legislativa, pur non mutando l’attuale sistema delle autorizzazioni degli OGM, della loro circolazione ed importazione, si consentirebbe agli Stati membri di adottare misure relative alla coltivazione di OGM autorizzati, prescindendo, però, da motivazioni legate alla sola valutazione scientifica del rischio per la salute e l’ambiente. Secondo la Commissione questo nuovo approccio permetterebbe di raggiungere “il giusto equilibrio” tra il mantenimento del sistema delle autorizzazioni UE basato su valutazioni scientifiche del rischio ambientale e sanitario e la necessità di gestire a livello nazionale e/o regionale la coltivazione di OGM.
Il primo passo compiuto dalla Commissione è stato quello di sostituire la raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003 recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche (in GUUE L 189 del 29 luglio 2003) con la raccomandazione C(2010) 4822 def. Tale modifica si è resa necessaria poiché la raccomandazione 2003/556/CE, emanata al fine di sostenere gli Stati membri nell’elaborazione di misure nazionali adottate in virtù dell’art. 26 bis della direttiva 2001/18/CE al fine di evitare il “potenziale impatto economico della commistione tra colture GM e colture non GM (convenzionali e biologiche)”, non ha soddisfatto a pieno il dettato normativo, come dimostrato dall’analisi dello sviluppo della coltivazione di OGM all’interno dell’Unione europea. Infatti, la perdita potenziale di reddito per i produttori convenzionali e biologici dovuta alla coesistenza con colture GM ha superato la soglia fissata nello 0,9%.
La nuova raccomandazione traccia i principi generali per l’elaborazione di misure nazionali atte ad evitare la presenza involontaria di OGM nelle colture convenzionali e biologiche riconoscendo la possibilità per gli Stati membri di limitare la coltivazione di OGM in vaste zone del territorio nazionale a condizione che la misura restrittiva sia proporzionata all’obbiettivo perseguito. In altri termini, la misura deve essere l’unica idonea a prevenire la presenza involontaria di OGM nelle colture ed al contempo, deve garantire le esigenze specifiche di tutela degli agricoltori che operano secondo metodi convenzionali o biologici. Gli orientamenti indicati dalla raccomandazione prevedono, inoltre, che le misure in oggetto debbano essere adottate in modo trasparente e con il coinvolgimento dei soggetti interessati. Per quanto concerne, poi, le misure inerenti la coesistenza nelle zone di confine è richiesta l’attuazione di una cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri interessati oltre ad una completa e tempestiva informazione sulle misure che si intendono adottare. Alla Commissione continuerà a spettare sia il compito di raccogliere e coordinare le informazioni a livello europeo e nazionale mediante l’intermediazione del Gruppo in rete per lo scambio e il coordinamento di informazioni sulla coesistenza di colture transgeniche, convenzionali e biologiche (c.d. COEX-NET) sia quello di coadiuvare gli Stati membri nella elaborazione di linea guida nazionali in materia di coesistenza mediante la consulenza tecnica già fornita dall’Ufficio europeo di coesistenza (c.d. ECoB).
Sulla base di tali premesse la Commissione ha anche elaborato la proposta di regolamento COM(2010) 375 def. con la quale si prevede l’inserimento dell’art. 26 ter nella direttiva 2001/18/CE che consente agli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM nel loro territorio invocando motivi diversi da quelli previsti nella valutazione del rischio ambientale su cui si fonda l’attuale sistema di autorizzazioni. La proposta legislativa prevede, inoltre, che qualora un Stato membro decida di adottare una misura nazionale in virtù di tale disposizione debba darne solo comunicazione alla Commissione ed agli altri Stati membri un mese prima della eventuale adozione. Le misure nazionali eventualmente adottate dovranno essere conformi rispettivamente al principio di non discriminazione tra prodotti nazionali e non nazionali, alle norme sulla libera circolazione delle merci di cui già agli artt. 28 e 30 del TCE (attuali artt. 34 e 36 del TFUE) inerenti il divieto di restrizioni quantitative e di misure ad effetto equivalente con relative eccezioni, nonché agli obblighi internazionali assunti dall’UE, tra i quali in particolare quelli previsti nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
La proposta elaborata risulta, dunque, conforme al principio di sussidiarietà (art. 5, par. 3 del TUE) ed al principio di proporzionalità (art. 5, par. 4 del TUE). La dimensionale locale e/o regionale della coltivazione di OGM comporta, infatti, che gli obiettivi dell’azione prevista possano essere conseguiti in misura sufficiente ed adeguata dagli Stati membri e i contenuti giuridici della proposta non impediscono all’Unione di raggiungere gli obiettivi dei Trattati. Pertanto, con il “pacchetto OGM” l’Unione europea da un lato ha lanciato un segnale forte ai propri cittadini mostrando di tenere in debito conto quelle che sono le loro preoccupazioni relative alla produzione ed al consumo di OGM, dall’altro, ha garantito la certezza del diritto predisponendo un quadro giuridico che pur non rinunciando alla sicurezza sanitaria ed ambientale riconosce “facoltà di scelta” agli Stati membri.