LA FORMAZIONE DELL'AVVOCATO EUROPEO - Sud in Europa

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LA FORMAZIONE DELL'AVVOCATO EUROPEO

Archivio > Anno 2007 > Ottobre 2007
di Luciano GAROFALO ( Straordinario di diritto internazionale dell’Università degli Studi di Bari – Membro della delegazione italiana al CCBE)    
Relazione tenuta il 25 settembre 2007 dal Prof. Luciano Garofalo al Convegno su “Improving legal education and training in a converging Europe” organizzato, presso la Facoltà di Legge dell’Università di Varsavia, dal CCBE, dal Polish Bar Council e dalla Law School dell’Università di Varsavia (il testo originale in lingua inglese, unitamente alle altre relazioni, è in www.ccbe.org).



1. La formazione professionale in genere ha la funzione – come è noto – di adeguare la domanda all’offerta di lavoro. Essa, in sostanza, è un fattore fondamentale di regolazione del mercato del lavoro perché fa in modo che chi chiede lavoro abbia le competenze richieste da chi offre lavoro e, pertanto, sia in grado di fornire la prestazione da quest’ultimo ritenuta necessaria per lo svolgimento della propria attività.
Per sua stessa natura e funzione, quindi, la formazione professionale non può seguire regole astratte e predeterminate ma deve operare nel divenire sociale ed economico e, di conseguenza, adeguarsi con continuità all’esigenze dell’economia e del mercato del lavoro. Adeguamento che, ovviamente, non può riguardare solo i contenuti ma deve investire anche i metodi da seguire per un’efficace formazione professionale visto che, sul piano del metodo, non è corretto separare gli uni dagli altri.
D’altro canto, quando il discorso sulla formazione professionale viene affrontato nell’àmbito delle professioni liberali, esso assume caratteristiche del tutto peculiari. Qui, infatti, accanto alle normali esigenze di regolazione del mercato del lavoro, assumono priorità altre esigenze quali quelle di tutela degli utenti alla luce del fatto che le professioni liberali intervengono in settori molto delicati ove sono spesso in gioco diritti fondamentali degli stessi utenti. In sostanza, per quanto riguarda le professioni liberali, è interesse pubblico che i professionisti siano in grado di garantire, all’inizio e durante tutta la loro attività, uno standard minimo di competenze a tutela degli interessi primari degli utenti. Solo professionisti preparati, competenti ed aggiornati sono in grado di garantire questo interesse pubblico e, quindi, la più corretta tutela degli interessi individuali degli utenti.
In questo quadro e alla luce di tali esigenze particolari, risulta chiaro a tutti il ruolo fondamentale svolto dalla formazione in tutti i livelli nei quali essa si articola: di base (universitaria), iniziale e permanente.
2. Se sono esatte le sommarie considerazioni che precedono, è chiaro che, per poter parlare di formazione in termini concreti, è necessario inserirsi in un contesto storico ed economico ben precisato. Tale esigenza è particolarmente evidente nella materia della formazione professionale nel settore legale date le peculiarità delle relative funzioni.
Il primo elemento che caratterizza l’attuale contesto storico ed economico è quello dell’integrazione transnazionale delle economie (c.d. globalizzazione). Questo processo di integrazione è particolarmente avanzato in quelle realtà regionali dove importanti scelte di carattere politico, assunte anni addietro, hanno innescato un processo di tipo (forse) federalistico e han-no, in ogni caso, consentito la creazione di un mercato unico che ha assorbito i mercati nazionali preesistenti. Tale è la situazione dell’Europa comunitaria.
Da questo quadro emerge la prima esigenza riguardante la formazione professionale nel settore legale, e cioè, sul piano dei contenuti, quella di valorizzare le conoscenze relative ai sistemi giuridici per loro natura transnazionali. Tali sono, non solo il diritto internazionale e il diritto comunitario, ma anche tutti quei sistemi normativi che non hanno una base territoriale o nazionale e si applicano sulla base di criteri diversi. Ricordiamo, a tal proposito, l’importante funzione che svolgono, in materia commerciale, gli usi del commercio internazionale e la lex mercatoria nonché, nel diritto delle persone e della famiglia, i diritti di natura confessionale come il diritto canonico, la shari’a, ecc..
È necessario, altresì, rafforzare la conoscenza del diritto romano che, in molte aree geografiche, è l’ultima esperienza di un vero diritto comune. In tal senso deve essere ricordata l’opera di Zitelmann che, appunto, in numerosi scritti, ha attribuito al diritto romano un funzione essenziale nel processo di unificazione giuridica europea (Zitelmann, Roman law and European legal unity, in Harktamp and oth. (edd.), Towards an European civil code, Nijmegen-Dordrecht-Boston-London, 1994, pp. 65-81).
Inoltre, data l’evidente molteplicità delle fonti di produzione normativa tipica del diritto contemporaneo, è necessario favorire la conoscenza dei meccanismi di coordinamento tra i vari sistemi normativi che non sono solo quelli tipici dei rapporti tra ordinamenti nazionali e costituiti dalle norme di diritto internazionale privato. E’necessario, ad esempio, comprendere bene quali sono i titoli d’applicazione delle convenzioni internazionali di diritto materiale uniforme, quali sono i meccanismi d’adattamento del diritto interno al diritto internazionale, quale rilievo ha il diritto comunitario negli ordinamenti degli Stati membri non solo nelle materie di competenza esclusiva ma anche nelle materie di competenza concorrente, quali sono i titoli d’applicazione della lex mercatoria e del diritto canonico, ecc.
In sostanza, per il giurista moderno, è necessaria una formazione che gli consenta di affrontare agevolmente, in un contesto così articolato, il problema che assume natura del tutto preliminare e che è costituito dall’esigenza di individuare il sistema normativo nel quale trovare la regula juris applicabile alla fattispecie concreta.
Queste esigenze incidono anche sulle modalità attraverso le quali la formazione professionale nel settore legale deve essere effettuata sia nella fase di accesso alla professione che in quella successiva (prescindiamo da quella universitaria perché non è oggetto di questo convegno).
L’Avvocato del XXI secolo deve avere buone conoscenze, oltre che linguistiche, anche storiche ed economiche per poter individuare facilmente gli elementi comuni e gli elementi di difformità dei vari sistemi normativi, deve avere una marcata apertura mentale verso le esperienze giuridiche diverse dalle proprie e deve saper utilizzare adeguatamente il metodo della comparazione giuridica.
Deve, altresì, conoscere approfonditamente i metodi di soluzione dei conflitti di leggi.
Egli, inoltre, deve saper lavorare in équipe poiché la molteplicità delle conoscenze necessarie per una corretta impostazione e soluzione dei problemi rende imprescindibile il concorso di varie esperienze professionali.
Ormai la parcellizzazione del sapere giuridico e la quantità di dati da considerare è tale da rendere impensabile che un singolo soggetto possa essere in grado di possedere tutte le nozioni necessarie. È, quindi, necessario che l’Avvocato del XXI secolo sia formato più a utilizzare gli strumenti di conoscenza che non a possedere la conoscenza in sé.
È, altresì, necessario che l’Avvocato del XXI secolo sia formato all’umiltà nell’approccio al singolo caso e, quindi, alla coscienza della limitatezza del proprio sapere ed alla conseguente necessità di valorizzare l’apporto di altre professiona-lità.
3. Nell’Europa comunitaria la funzione essenziale svolta dalla formazione professionale quale fattore di sviluppo dell’occupazione e quale fattore regolatore del mercato del lavoro è stata colta da tempo. L’art. 150 Trattato CE costituisce una disposizione centrale in questa materia perché, da un lato, dimostra l’importanza attribuita ad essa dagli Stati membri e dalle istituzioni comunitarie e, dall’altro lato, mostra l’esigenza di trasferire a livello sovranazionale le relative competenze pur non privando gli Stati membri delle proprie responsabilità con riferimento ai contenuti ed all’organizzazione.
Per quanto riguarda la formazione professionale nel settore legale, i documenti comunitari rilevanti sono a tutti noti e non è nostro compito esaminarli nel corso della presente relazione. Peraltro è da ricordare come le linee guida elaborate a livello comunitario in questo settore siano funzionali, non solo alle esigenze generali della formazione prima indicate, ma anche alle esigenze del mercato unico e, quindi, della libera circolazione di questi professionisti. Ovviamente, le difficoltà da superare sono state e sono ancora oggi notevoli.
La professione di avvocato risente di marcate specificità nazionali e lo stesso principio positivistico della statualità del diritto ha spinto, in passato, a percorsi formativi che privilegiavano la prospettiva strettamente nazionale. L’insegnamento di grandi studiosi dell’800 e degli inizi del ‘900, come P.S. Mancini e T. Asser, con le loro teorie che si muovevano in una prospettiva transnazionale, è stato spesso dimenticato.
In questo quadro, è chiaro che il processo di armonizzazione della formazione dell’avvocato europeo debba procedere con grande delicatezza. Infatti, per evitare utopie, è necessario partire da un’attenta analisi dei punti di convergenza e dei punti di divergenza dei singoli sistemi nazionali e delle relative tradizioni forensi.
Bisogna lavorare sui punti di convergenza senza dimenticare le ragioni storiche che hanno determinato le divergenze al fine di poterle superare. La formazione dell’avvocato europeo deve muoversi in questa direzione in modo che, anche nel diritto vivente, si operi per la costruzione dell’unum jus necessario per la definitiva integrazione del nostro continente. Tale opera, infatti, non può essere svolta dal solo legislatore e richiede un lavorìo interpretativo che solo nelle aule universitarie, negli studi legali e nei tribunali – e, quindi, nel diritto vivente – può essere effettuato.
In sostanza, riteniamo che l’Avvocato europeo, oltre a dover essere formato per poter affrontare il mercato globalizzato, ab-bia una mission particolare, quella di contribuire all’integrazione europea attraverso un opera di completamento del relativo ordinamento giuridico.
In ogni caso, l’Avvocato europeo deve costituire la sintesi delle tradizioni forensi nazionali e non un nuovo tipo di avvocato avulso da tali tradizioni. Egli deve essere l’erede di tali tradizioni, colui che è in grado di agire nel mercato globalizzato senza perdere tali tradizioni ma anzi operandone una sintesi e una proiezione nel futuro.
In questo quadro, bisogna lavorare perché l’Avvocato europeo possa operare nel rispetto di regole deontologiche comuni e chiare e dopo processi di formazione armonizzati nei criteri e nei metodi ma non necessariamente in tutti i contenuti. In sostanza, con riferimento ai contenuti della formazione, è necessario individuare un nucleo comune di conoscenze – che sono quelle indicate in precedenza – e permettere alle avvocature nazionali di integrare questo nucleo con percorsi formativi au-tonomi che consentano un perpetuarsi degli àmbiti nazionali di conoscenze.
Questo processo dovrà essere completato con l’introduzione di un modello unico di esame di Stato per l’accesso alla professione. Modello da adottarsi con un atto comunitario vincolante.
4. L’Avvocatura italiana – tramite il CNF e molti Ordini territoriali – è da tempo impegnata, in sede politica e in sede giudiziaria, per far valere quei princìpi che storicamente rendono differente la professione forense – e, in generale, tutte le professioni liberali – dalle altre attività economiche o imprenditoriali. In sostanza, essa sta contrastando un evidente processo di “mercificazione” della professione forense.
La stessa Avvocatura è fortemente impegnata nella messa punto delle linee formative più idonee per garantire gli standards minimi di competenze necessari a tutelare gli interessi primari degli utenti del servizio giustizia. Tale impegno riguarda i settori di competenza dell’Avvocatura e, quindi, non la formazione universitaria di base, ma quella necessaria per l’accesso alla professione legale e per il successivo esercizio della stessa professione.
In tale prospettiva dobbiamo ricordare gli interventi operati sul legislatore per la modifica delle procedure di accesso alla professione nonché la recente adozione, da parte del CNF, del regolamento sulla formazione permanente degli Avvocati che costituisce attuazione delle previsioni contenute nell’art. 13 del codice deontologico (v. l’originario regolamento adottato il 18 gennaio 2007 e quello revisionato adottato il 13 luglio 2007 in www.consiglionazionaleforense.it).
Inoltre, l’Avvocatura italiana opera attivamente nel CCBE per il perseguimento degli obiettivi indicati in precedenza confidando nel comune sentire di tutte le Avvocature europee per il raggiungimento di quegli obiettivi.
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