LA STRATEGIA DELL'UE PER POTENZIARE LA GOVERNANCE MARITTIMA NEL MEDITERRANEO
Archivio > Anno 2009 > Ottobre 2009
di Teresa Maria MOSCHETTA
Il
Mar Mediterraneo costituisce una fondamentale risorsa economica per i
paesi che si affacciano sulle sue acque. L’Italia rappresenta un esempio
emblematico della centralità di questo mare per la sviluppo economico
del paese. Un recente studio del CENSIS stima che il settore marittimo
italiano produce beni e servizi per un valore di ventisei milioni di
euro, pari al 2,3% del prodotto interno lordo (PIL). Le principali
attività marittime italiane sono connesse al settore dei trasporti, del
turismo, della pesca, della costruzione di convogli mercantili oltre ad
attività istituzionali legate alle amministrazioni portuali. Notevole è
anche l’impatto di tali attività sul trend occupazionale del Paese.
Secondo uno studio CENSIS/Federazione del Mare, risalente al 2002, nel
settore marittimo italiano sono impiegati direttamente o indirettamente
circa 356.000 lavoratori che rappresentano l’1,5% dell’occupazione
nazionale. A questi dati vanno aggiunti circa 179.000 lavoratori
impiegati nei settori a latere tra i quali non viene considerato il
settore del turismo che riveste una sempre maggiore importanza in
termini di sviluppo economico e occupazionale.
Le medesime considerazioni possono essere estese anche agli altri ventidue paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo di cui sette sono membri dell’Unione europea, due sono paesi candidati e tre sono paesi che rientrano nella sua politica di allargamento. In via generale, il Mar Mediterraneo, con i suoi quattrocentocinquanta porti, produce il 30% del volume del commercio marittimo a livello globale ed un quarto del traffico mondiale di petrolio. Le sue coste, che ospitano stabilmente circa centocinquanta milioni di abitanti, vedono raddoppiare le presenze durante il periodo estivo grazie alle cospicue attività turistiche. L’acquicoltura e la pesca costituiscono importanti at-tività economiche che vedono coinvolte imbarcazioni e pescherecci non solo dei Paesi dell’Unione europea ma anche di altri Paesi che si affacciano nella parte meridionale del bacino mediterraneo. Nonostante la crisi economica, si stima un incremento del traffico marittimo determinato da un aumentato bisogno di trasporto per passeggeri, turisti e beni. In particolare, il turismo svolge un ruolo trainante per lo sviluppo economico della regione, ospitando circa un milioni di turisti da crociera ed alimentando la richiesta di strutture recettizie e collegamenti tra le diverse zone di interesse.
La rilevanza economica delle su indicate attività non può tuttavia far passare sotto silenzio i loro effetti negativi in termini di inquinamento, impatto sulle biodiversità e degrado ambientale. Il Mar Mediterraneo non è solo fonte di ricchezza economica ma anche culla di un inestimabile patrimonio culturale e naturale con oltre quattrocento siti riconosciuti e protetti dall’UNESCO. A questo si aggiungono le rilevanti questioni connesse al cambiamento climatico ed alla gestione della immigrazione clandestina. Il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico ha identificato la regione mediterranea come zona a rischio inondazioni e i flussi migratori rischiano di alterare gli equilibri socio politici tra i paesi interessati.
Le problematiche in questione richiedono tutte un approccio integrato che veda la partecipazione di tutti gli Stati che si affacciano sul bacino mediterraneo. A questo riguardo, tuttavia, appare importante sottolineare come la realizzazione di una effettiva cooperazione trasfrontaliera tra Stati costieri sia fortemente ostacolata da divergenze fondamentali riguardanti la delimitazione degli spazi marittimi. La maggior parte delle acque del bacino mediterraneo costituiscono zone di alto mare, non soggette alla sovranità esclusiva di alcuno Stato, ed esistono forti contrasti sulla determinazione delle zone economiche esclusive previste dalla Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare. Si tratta di zone marittime, poste al di là del mare territoriale, in cui uno Stato può esercitare una sovranità per così dire parziale svolgendo attività economicamente rilevanti. La grande estensione di alto mare presente nel bacino mediterraneo e la difficoltà di delineare le zone di influenza economica ostacola la programmazione di politiche coerenti. Non a caso attualmente la governance nel Mediterraneo appare parcellizzata in politiche a carattere settoriale che impediscono la realizzazione di una visione unitaria dell’impatto delle attività economiche portate avanti dagli Stati in un modo pressoché unilaterale.
A fronte di tali delicate questioni politiche ed economiche, l’Unione europea si è fatta promotrice di una governance integrata che veda il coinvolgimento, mediante gli strumenti della Politica marittima integrata adottata nel 2007, non solo degli Stati membri che si affacciano sul bacino del Mediterraneo ma anche di tutti gli altri paesi costieri con i quali essa già intrattiene rapporti in diversi ambiti quali ad esempio il Partenariato euromediterraneo, la Politica europea di vicinato e l’Unione per il Mediterraneo.
La prima Conferenza internazionale sulla politica e governance marittima si è svolta a Piran, in Slovenia, il 10 Giugno 2008, su iniziativa congiunta della Commissione europea, della Presidenza Slovena dell’Unione europea e del Centro Universitario per gli Studi Euromediterranei. Successivamente, dal 14 al 15 gennaio 2009, la Commissione europea ha riunito esperti del settore provenienti dai diversi paesi interessati che hanno prodotto una relazione in cui si delinea l’importanza della delimitazione delle zone marittime per promuovere l’effettiva governance per la protezione dell’ambiente marino nel Mediterraneo. Durante la Giornata marittima europea, svoltasi a Roma il 18 – 20 maggio 2009, si è organizzato un apposito work-shop da cui è emersa l’importanza di stimolare una maggiore consapevolezza pubblica sulle problematiche attinenti alla governance nel Mediterraneo. Infine, l’11 settembre 2009 la Commissione europea ha presentato al Consiglio e al Parlamento una Comunicazione intitolata “Verso una Politica marittima integrata per una migliore governance nel Mediterraneo” in cui sono delineati gli strumenti di cui l’esecutivo comunitario intende avvalersi per la risoluzione delle singole problematiche prospettate.
Un primo importante aspetto considerato dalla Commissione europea riguarda il miglioramento della governance integrata attraverso lo scambio di informazioni tra gli Stati membri dell’Unione europea e tra questi e gli Stati extracomunitari che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Al riguardo, la Commissione propone che gli Stati membri affrontino regolarmente le questioni attinenti alla governance nel Mediterraneo nell’ambito dell’High Level Focal Points e procedano ad uno scambio delle best practices attraverso i Programmi di cooperazione territoriale europea per il Mediterraneo. Con riferimento ai rapporti con gli Stati extracomunitari la Commissione ha deciso di creare un gruppo di lavoro dedicato alla Politica Marittima Integrata con l’obiettivo di avviare un dialogo con tali paesi costieri e di fornire assistenza tecnica, nell’ambito della Politica europea di vicinato, per i partner mediterranei che esprimano interesse per una governance integrata.
La cooperazione in questo delicato settore risulta, d’altro canto, sensibilmente condizionata dalle divergenze relative alla delimitazione delle zone marittime e dalla parziale applicazione degli accordi internazionali in materia. La Commissione europea ha, pertanto, avviato uno studio finalizzato ad identificare i principali impedimenti alla ratifica e attuazione degli accordi e delle decisioni di organizzazioni internazionali che affrontano questioni attinenti al bacino mediterraneo. Un maggiore controllo sulle attività di queste organizzazioni sarebbe foriero di un approccio trasversale alla gestione delle zone marittime in una prospettiva di sviluppo sostenibile. La Commissione ha rinnovato, inoltre, il suo impegno a sostenere la ratifica della Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare da parte di tutti gli Stati costieri mediterranei.
L’enorme potenziale di crescita del bacino del Mediterraneo richiede la predisposizioni di strumenti che sappiano coniugare l’obiettivo della ottimizzazione dei risultati con l’obiettivo della salvaguardia di standard di sviluppo sostenibili dal punto di vista ambientale. La Commissione europea considera il Maritime Spatial Planning (MSP) uno strumento appropriato per affrontare le complesse questioni attinenti all’interazione tra le diverse attività economiche marittime, ai conflitti nell’uso degli spazi marini e alla preservazione dell’habitat naturale. Ai fini di una sua migliore applicazione, verranno avviati progetti per testare l’efficacia del MSP a livello regionale. Verrà, inoltre, ulteriormente rafforzato lo scambio di informazioni sulle dotazioni infrastrutturali e sullo stato di sviluppo della ricerca su questioni attinenti alla gestione delle attività marittime mediante l’European Marine Observation and Data Network (EMODNET). Al riguardo, l’obiettivo di creare una identità marittima condivisa dovrebbe avvalersi del coinvolgimento di tutti i portatori di interesse attivi nel bacino mediterraneo.
La sostenibilità sociale, ambientale ed economica delle sviluppo delle coste mediterranee richiede strumenti di governo trasversali ed in tal senso gli Stati membri dell’Unione europea hanno già approvato Strategie nazionali per la gestione della zona costiera integrata (ICZM) che oggi trovano riconoscimento nel quadro della Convenzione di Barcellona con l’adozione del Protocollo sulla gestione delle zone costiere integrate nel Mediterraneo del 21 gennaio 2008. Ulteriori passi in avanti verranno realizzati con la predisposizione da parte della Commissione di un inventario degli strumenti ICZM ed il ricorso ad ulteriori programmi comunitari quali l’European Destinations of Excellence e il EU Prize for Cultural Heritage.
La sorveglianza integrata per monitorare la sicurezza della spazio marino costituisce infine un ulteriore problema su cui si sofferma la Comunicazione della Commissione europea. Finora la sorveglianza marittima è stata portata avanti da ciascuno Stato membro con un approccio eminentemente settoriale. Al riguardo, appare necessario estendere, sulla scorta della normativa comunitaria sulla sicurezza marittima, la cooperazione con gli altri partner mediterranei per evitare incidenti ed inquinamento. Il Progetto SAFEMED contribuirà a ridurre il gap normativo e strutturale fra gli Stati membri mediterranei ed i paesi partner, la cooperazione tecnica dovrebbe essere curata dall’European Maritime Safety Agency (EMSA) mentre il problema della lotta al traffico degli stupefacenti dovrebbe essere affrontato nel contesto del Maritime Analysis and Operations Centre – Narcotics ed il Centre de Coordination pour la Lutte Anti droghe en Méditerranéen.
La Comunicazione della Commissione della Commissione europea sullo sviluppo di una politica integrata nel Mediterraneo presenta il pregio di individuare le questioni sensibili che sembrano caratterizzare la governance sostenibile in questa area, prospettando possibili strumenti di cooperazione sia all’interno dell’Unione europea sia nei suoi rapporti con gli Stati mediterranei extraeuropei. La partita più importante si giocherà probabilmente proprio con riferimento alla proiezione esterna di tale strategia di governance che dovrebbe comunque essere inglobata negli altri strumenti di cooperazione euromediterranea. In particolare, il Partenariato euromediterraneo e la politica europea di prossimità sembrano fornire il contesto più appropriato per contemperare le posizioni di Paesi che, pur differenziandosi sensibilmente sotto il profilo economico e politico, sono tutti interessati alla valorizzazione ed alla preservazione del Mar Mediterraneo quale risorsa dalle potenzialità ancora inespresse che esulano da una concezione meramente economica di sviluppo.
Le medesime considerazioni possono essere estese anche agli altri ventidue paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo di cui sette sono membri dell’Unione europea, due sono paesi candidati e tre sono paesi che rientrano nella sua politica di allargamento. In via generale, il Mar Mediterraneo, con i suoi quattrocentocinquanta porti, produce il 30% del volume del commercio marittimo a livello globale ed un quarto del traffico mondiale di petrolio. Le sue coste, che ospitano stabilmente circa centocinquanta milioni di abitanti, vedono raddoppiare le presenze durante il periodo estivo grazie alle cospicue attività turistiche. L’acquicoltura e la pesca costituiscono importanti at-tività economiche che vedono coinvolte imbarcazioni e pescherecci non solo dei Paesi dell’Unione europea ma anche di altri Paesi che si affacciano nella parte meridionale del bacino mediterraneo. Nonostante la crisi economica, si stima un incremento del traffico marittimo determinato da un aumentato bisogno di trasporto per passeggeri, turisti e beni. In particolare, il turismo svolge un ruolo trainante per lo sviluppo economico della regione, ospitando circa un milioni di turisti da crociera ed alimentando la richiesta di strutture recettizie e collegamenti tra le diverse zone di interesse.
La rilevanza economica delle su indicate attività non può tuttavia far passare sotto silenzio i loro effetti negativi in termini di inquinamento, impatto sulle biodiversità e degrado ambientale. Il Mar Mediterraneo non è solo fonte di ricchezza economica ma anche culla di un inestimabile patrimonio culturale e naturale con oltre quattrocento siti riconosciuti e protetti dall’UNESCO. A questo si aggiungono le rilevanti questioni connesse al cambiamento climatico ed alla gestione della immigrazione clandestina. Il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico ha identificato la regione mediterranea come zona a rischio inondazioni e i flussi migratori rischiano di alterare gli equilibri socio politici tra i paesi interessati.
Le problematiche in questione richiedono tutte un approccio integrato che veda la partecipazione di tutti gli Stati che si affacciano sul bacino mediterraneo. A questo riguardo, tuttavia, appare importante sottolineare come la realizzazione di una effettiva cooperazione trasfrontaliera tra Stati costieri sia fortemente ostacolata da divergenze fondamentali riguardanti la delimitazione degli spazi marittimi. La maggior parte delle acque del bacino mediterraneo costituiscono zone di alto mare, non soggette alla sovranità esclusiva di alcuno Stato, ed esistono forti contrasti sulla determinazione delle zone economiche esclusive previste dalla Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare. Si tratta di zone marittime, poste al di là del mare territoriale, in cui uno Stato può esercitare una sovranità per così dire parziale svolgendo attività economicamente rilevanti. La grande estensione di alto mare presente nel bacino mediterraneo e la difficoltà di delineare le zone di influenza economica ostacola la programmazione di politiche coerenti. Non a caso attualmente la governance nel Mediterraneo appare parcellizzata in politiche a carattere settoriale che impediscono la realizzazione di una visione unitaria dell’impatto delle attività economiche portate avanti dagli Stati in un modo pressoché unilaterale.
A fronte di tali delicate questioni politiche ed economiche, l’Unione europea si è fatta promotrice di una governance integrata che veda il coinvolgimento, mediante gli strumenti della Politica marittima integrata adottata nel 2007, non solo degli Stati membri che si affacciano sul bacino del Mediterraneo ma anche di tutti gli altri paesi costieri con i quali essa già intrattiene rapporti in diversi ambiti quali ad esempio il Partenariato euromediterraneo, la Politica europea di vicinato e l’Unione per il Mediterraneo.
La prima Conferenza internazionale sulla politica e governance marittima si è svolta a Piran, in Slovenia, il 10 Giugno 2008, su iniziativa congiunta della Commissione europea, della Presidenza Slovena dell’Unione europea e del Centro Universitario per gli Studi Euromediterranei. Successivamente, dal 14 al 15 gennaio 2009, la Commissione europea ha riunito esperti del settore provenienti dai diversi paesi interessati che hanno prodotto una relazione in cui si delinea l’importanza della delimitazione delle zone marittime per promuovere l’effettiva governance per la protezione dell’ambiente marino nel Mediterraneo. Durante la Giornata marittima europea, svoltasi a Roma il 18 – 20 maggio 2009, si è organizzato un apposito work-shop da cui è emersa l’importanza di stimolare una maggiore consapevolezza pubblica sulle problematiche attinenti alla governance nel Mediterraneo. Infine, l’11 settembre 2009 la Commissione europea ha presentato al Consiglio e al Parlamento una Comunicazione intitolata “Verso una Politica marittima integrata per una migliore governance nel Mediterraneo” in cui sono delineati gli strumenti di cui l’esecutivo comunitario intende avvalersi per la risoluzione delle singole problematiche prospettate.
Un primo importante aspetto considerato dalla Commissione europea riguarda il miglioramento della governance integrata attraverso lo scambio di informazioni tra gli Stati membri dell’Unione europea e tra questi e gli Stati extracomunitari che si affacciano sul bacino del Mediterraneo. Al riguardo, la Commissione propone che gli Stati membri affrontino regolarmente le questioni attinenti alla governance nel Mediterraneo nell’ambito dell’High Level Focal Points e procedano ad uno scambio delle best practices attraverso i Programmi di cooperazione territoriale europea per il Mediterraneo. Con riferimento ai rapporti con gli Stati extracomunitari la Commissione ha deciso di creare un gruppo di lavoro dedicato alla Politica Marittima Integrata con l’obiettivo di avviare un dialogo con tali paesi costieri e di fornire assistenza tecnica, nell’ambito della Politica europea di vicinato, per i partner mediterranei che esprimano interesse per una governance integrata.
La cooperazione in questo delicato settore risulta, d’altro canto, sensibilmente condizionata dalle divergenze relative alla delimitazione delle zone marittime e dalla parziale applicazione degli accordi internazionali in materia. La Commissione europea ha, pertanto, avviato uno studio finalizzato ad identificare i principali impedimenti alla ratifica e attuazione degli accordi e delle decisioni di organizzazioni internazionali che affrontano questioni attinenti al bacino mediterraneo. Un maggiore controllo sulle attività di queste organizzazioni sarebbe foriero di un approccio trasversale alla gestione delle zone marittime in una prospettiva di sviluppo sostenibile. La Commissione ha rinnovato, inoltre, il suo impegno a sostenere la ratifica della Convenzione di Montego Bay sul diritto del mare da parte di tutti gli Stati costieri mediterranei.
L’enorme potenziale di crescita del bacino del Mediterraneo richiede la predisposizioni di strumenti che sappiano coniugare l’obiettivo della ottimizzazione dei risultati con l’obiettivo della salvaguardia di standard di sviluppo sostenibili dal punto di vista ambientale. La Commissione europea considera il Maritime Spatial Planning (MSP) uno strumento appropriato per affrontare le complesse questioni attinenti all’interazione tra le diverse attività economiche marittime, ai conflitti nell’uso degli spazi marini e alla preservazione dell’habitat naturale. Ai fini di una sua migliore applicazione, verranno avviati progetti per testare l’efficacia del MSP a livello regionale. Verrà, inoltre, ulteriormente rafforzato lo scambio di informazioni sulle dotazioni infrastrutturali e sullo stato di sviluppo della ricerca su questioni attinenti alla gestione delle attività marittime mediante l’European Marine Observation and Data Network (EMODNET). Al riguardo, l’obiettivo di creare una identità marittima condivisa dovrebbe avvalersi del coinvolgimento di tutti i portatori di interesse attivi nel bacino mediterraneo.
La sostenibilità sociale, ambientale ed economica delle sviluppo delle coste mediterranee richiede strumenti di governo trasversali ed in tal senso gli Stati membri dell’Unione europea hanno già approvato Strategie nazionali per la gestione della zona costiera integrata (ICZM) che oggi trovano riconoscimento nel quadro della Convenzione di Barcellona con l’adozione del Protocollo sulla gestione delle zone costiere integrate nel Mediterraneo del 21 gennaio 2008. Ulteriori passi in avanti verranno realizzati con la predisposizione da parte della Commissione di un inventario degli strumenti ICZM ed il ricorso ad ulteriori programmi comunitari quali l’European Destinations of Excellence e il EU Prize for Cultural Heritage.
La sorveglianza integrata per monitorare la sicurezza della spazio marino costituisce infine un ulteriore problema su cui si sofferma la Comunicazione della Commissione europea. Finora la sorveglianza marittima è stata portata avanti da ciascuno Stato membro con un approccio eminentemente settoriale. Al riguardo, appare necessario estendere, sulla scorta della normativa comunitaria sulla sicurezza marittima, la cooperazione con gli altri partner mediterranei per evitare incidenti ed inquinamento. Il Progetto SAFEMED contribuirà a ridurre il gap normativo e strutturale fra gli Stati membri mediterranei ed i paesi partner, la cooperazione tecnica dovrebbe essere curata dall’European Maritime Safety Agency (EMSA) mentre il problema della lotta al traffico degli stupefacenti dovrebbe essere affrontato nel contesto del Maritime Analysis and Operations Centre – Narcotics ed il Centre de Coordination pour la Lutte Anti droghe en Méditerranéen.
La Comunicazione della Commissione della Commissione europea sullo sviluppo di una politica integrata nel Mediterraneo presenta il pregio di individuare le questioni sensibili che sembrano caratterizzare la governance sostenibile in questa area, prospettando possibili strumenti di cooperazione sia all’interno dell’Unione europea sia nei suoi rapporti con gli Stati mediterranei extraeuropei. La partita più importante si giocherà probabilmente proprio con riferimento alla proiezione esterna di tale strategia di governance che dovrebbe comunque essere inglobata negli altri strumenti di cooperazione euromediterranea. In particolare, il Partenariato euromediterraneo e la politica europea di prossimità sembrano fornire il contesto più appropriato per contemperare le posizioni di Paesi che, pur differenziandosi sensibilmente sotto il profilo economico e politico, sono tutti interessati alla valorizzazione ed alla preservazione del Mar Mediterraneo quale risorsa dalle potenzialità ancora inespresse che esulano da una concezione meramente economica di sviluppo.