I PROGRAMMI DELLA COMMISSIONE A SOSTEGNO DEL PATRIMONIO CULTURALE NELLE CITTÀ EUROPEE.
Archivio > Anno 2002 > Marzo 2002
di Luca Scandale (Dottorando in Demografia ed Economia delle Grandi Aree Geografiche - Università di Bari)
A
partire dal 2002 la Commissione ha promosso nell’ambito del programma
quadro “Cultura 2000” un premio annuale dell’unione europea nel campo
della conservazione e del rafforzamento dell’eredità culturale. Le
ragioni alla base di questa ulteriore iniziativa a favore dello sviluppo
della consapevolezza del valore economico e sociale del patrimonio
artistico e culturale delle nostre città, vengono sottolineate dalla
Commissione, che nel bando di gara per l’organizzazione e assegnazione
del succitato premio (pubblicato in GUCE C 362, del 18.12.2001, p. 8)
afferma: “il ricco e variegato patrimonio culturale in Europa è senza
dubbio uno dei settori attraverso i quali gli europei possono
identificarsi a livello locale, regionale, nazionale ed europeo”.
L’obiettivo di questa nuova iniziativa promossa dalla Commissione nell’ambito del programma quadro “Cultura 2000” è quello di dare, tramite l’assegnazione del premio annuale, un riconoscimento pubblico alle iniziative esemplari e alle migliori pratiche realizzate da singoli o da organizzazioni che contribuiscano a livello europeo alla promozione e allo sviluppo dell’eredità culturale.
Come è noto la politica culturale è stata introdotta nell’ambito dei Trattati costitutivi soltanto con il Trattato di Maastricht del 1992, nella previsione dell’articolo 128 (attualmente art.151), e in una condizione che resta tuttora marginale, e costretta, a Nizza, entro i vincoli paralizzanti della “unanimità”. L’azione programmatica dell’Unione mancava di unitarietà e di efficacia come dimostrano le iniziative intraprese a partire dal primo programma, Caleidoscopio (1996) volto ad incoraggiare la cooperazione artistica e culturale e poi con i programmi Raffaello dedicato al patrimonio culturale, e Arianna per il sostegno al libro ed alla lettura. Con il programma “Cultura 2000” del 1999, la Commissione, finalmente, riprendendo le indicazioni dei Consiglio europeo del 1992, riorganizzò l’intervento dell’Unione nel campo culturale in un quadro unitario e organico.
L’importanza di “Cultura 2000” non risiede tanto nel budget, peraltro esiguo (167 milioni di euro per quattro anni 2000-2004), ma nel richiamo della Commissione affinché l'azione comunitaria nel settore culturale sia coordinata anche con l'azione svolta ai sensi di altre disposizioni del Trattato diverse da quelle culturali (fondi strutturali, ricerca, tecnologia avanzata, istruzione, turismo), nonché con l'azione svolta da altri organismi internazionali come l’UNESCO.
Il programma “Cultura 2000” si presenta, nella sua concezione, come il primo tentativo organico di sperimentare una politica europea di incentivazione alla cultura e nei tre tipi di azione previsti è sottolineata l’importanza di avvenimenti culturali emblematici di una forte dimensione europea come “la Città europea della cultura”. Quest’ultima azione nacque nel 1985 su proposta dell’allora Ministro dei Beni Culturali greco e da quell’anno ha selezionato annualmente una città europea come “Città europea della Cultura”. Nell’anno 2000, ne sono state selezionate 9, tra cui Bologna, e dal 2001 la Commissione ha deciso di finanziare due progetti per ogni anno.
Oltre al “Mese della Cultura Europea” che vede coinvolta annualmente una città dell’Unione, il V Programma-Quadro per la ricerca ha previsto nel 2001, per la prima volta, un'azione chiave sul tema: "Città del futuro e patrimonio culturale". La Commissione Europea, infatti, nell’adottare orientamenti sulle "azioni innovatrici" per il periodo 2000-2006 ha considerato le città come soggetto autonomo e anche se solo per una azione segnando un evidente cambio di rotta delle Istituzioni europee. Le azioni innovatrici rappresentano, quindi, per le città opportunità’ aggiuntive sia rispetto ai POR (Programmi Operativi Regionali) sia rispetto alle iniziative comunitarie (URBAN, EQUAL, INTERREG, LEADER+).
Le città, difatti, costituiscono il motore dello sviluppo ed anche nei paesi più poveri sono le aree con i più elevati livelli di organizzazione economica e sociale. Indicatori quali il prodotto interno lordo, la rendita fondiaria e la qualità della vita sono più elevati nelle aree urbane rispetto alle aree rurali, inoltre le città sono la sede delle funzioni superiori come istruzione, politica, sanità, cultura, servizi alla persona e tempo libero.
L’Unione Europea è sempre più l’Europa delle regioni. L’economia dell’Unione passa attraverso flussi finanziari che considerano le regioni come interlocutori. La stessa divisione per Obiettivi avviene su base regionale e come è chiaro dalle posizioni ultime del Comitato delle Regioni, le regioni rivendicano un più ampio spazio politico sulla base del loro ruolo economico nell’integrazione. Il presidente del Comitato delle Regioni in un suo discorso al Parlamento Europeo, del marzo 2001, ha dichiarato "La collaborazione tra Parlamento europeo e Comitato delle regioni è di portata storica, rafforzerà la democrazia e stabilisce un ponte tra noi e i cittadini".
Le città in questo quadro, restano quindi agglomerati inseriti all’interno di contesti più ampi, resta loro la possibilità di inserirsi in processi di sviluppo regionale ,attraendo risorse finanziarie attraverso i budget regionali. L’Unione Europea, però, ancorché orientata ad una delega regionale per le politiche urbane ha dedicato una attenzione particolare al nesso tra processi culturali e sviluppo urbano, con particolare riferimento alle città d’arte. Esse trasmettono ,infatti ,una incredibile forza di significati simbolici incorporati per la densità di patrimonio storico, artistico ed ambientale. Realizzare ristrutturazioni dei luoghi urbani, del patrimonio artistico, attraverso programmi comunitari (URBAN, URBAN2, INTERREG) o attraverso grandi eventi culturali (come “La Città Europea della Cultura”) dà agli agglomerati urbani un valore aggiunto che si spande trasversalmente su tutti i settori della economia urbana. Le azioni specifiche della Commissione Europea, pero’ sulle città restano poche e l’analisi si fa complessa se la si intreccia nell’ottica delle risorse dedicate per l’integrazione e lo sviluppo culturale.
A sottolineare l’importanza del ruolo delle città nella promozione della cultura in Europa, il Comitato delle Regioni ha elaborato un parere (del 4 aprile 2001) per istituzionalizzare l’audit urbano. L'audit urbano fornisce un contributo prezioso da prendere in considerazione per il futuro, ma rappresenta una parte importante del quadro nel quale si potranno muovere le città nel contesto europeo. L'audit urbano, parte da uno sforzo della Commissione europea al fine di raccogliere dati comparabili sulla qualità della vita da 58 città in tutta l'UE. Questo progetto è stato messo a punto con l'aiuto della rete Eurocities, che insieme a centri di ricerca universitari come l’Euricur di Rotterdam sono di ausilio alla Commissione per gli urban studies.
Ancora una volta è emersa l’evidente esigenza di approfondimento e di gestione strategica e programmatica dei rapporti tra conservazione del patrimonio artistico e creazione di arte e cultura, con particolare riguardo alle realtà urbane e ai loro centri storici. Già nella 34a sessione plenaria a Bruxelles il 15 giugno 2000 il Comitato delle regioni aveva adottato un parere in merito alla comunicazione della Commissione intitolata "Rafforzare il potenziale del turismo per l'occupazione". Il Comitato ritenne che il turismo doveva essere considerato prioritario nell’assegnazione degli aiuti agli Stati candidati, ad esempio attraverso i programmi PHARE o INTERREG e di considerare il turismo come un elemento centrale delle strategie nazionali sull'occupazione (PAN: piani d'azione nazionali per l'occupazione), in modo da sfruttare al massimo tutto il potenziale occupazionale del settore.
Secondo la logica cara a chi si occupa di “Economia della Cultura” la cultura attira turismo, il turismo fa prosperare commercio, artigianato, agricoltura di qualità; in questo modo, quindi, si crea nuova occupazione, ossia ricchezza che a sua volta dà impulso alla cultura. Gli economisti della cultura considerano gli investimenti pubblici nel settore culturale strategici nello sviluppo sostenibile per le aree urbane. Gli investimenti in questo settore, infatti, oltre agli effetti moltiplicatori del reddito urbano hanno un impatto forte su l’economia del turismo e danno alla collettività esternalità positive in termini di crescita della coesione sociale.
Nel testo recentemente presentato al Parlamento Europeo dall’On. Ruffolo (PSE;IT) sulla cooperazione culturale si legge testualmente “se si considera la spesa destinata all'insieme delle politiche interne al netto quindi della spesa agricola e dei fondi strutturali, il peso della cultura nel 2000 ammontava all'1,8%”. Inoltre, viene sottolineato che “non esistono programmi che colleghino questi interventi con altri compiuti in settori diversi, che tuttavia rivestono un evidente interesse culturale (l’importante eccezione costituita dal programma Connect, di collegamento tra istruzione, cultura e gioventù, di dimensioni modeste, sembra comunque in fase di esaurimento)”.
La cultura e i beni culturali delle città europee rappresentano, quindi, senza dubbio, una risorsa per lo sviluppo sostenibile delle aree urbane, soprattutto nell’area del Bacino del Mediterraneo. C’è da augurarsi che il vincolo della unanimità e “l’idea di Paesi del Nord Europa che premono per uno spostamento delle risorse a vantaggio delle nuove tecnologie e del multimediale, rispetto alla idea più Mediterranea di cultura” (Avetta, 1999, Direzione Generale Ricerca e Cultura, Commissione Europea) non penalizzi le nostre città. D’altro canto sarebbe opportuno sviluppare nuove forme di management territoriale più “market oriented” per le aree urbane del Sud in Europa al fine di valorizzare il nostro importante patrimonio artistico e culturale.
L’obiettivo di questa nuova iniziativa promossa dalla Commissione nell’ambito del programma quadro “Cultura 2000” è quello di dare, tramite l’assegnazione del premio annuale, un riconoscimento pubblico alle iniziative esemplari e alle migliori pratiche realizzate da singoli o da organizzazioni che contribuiscano a livello europeo alla promozione e allo sviluppo dell’eredità culturale.
Come è noto la politica culturale è stata introdotta nell’ambito dei Trattati costitutivi soltanto con il Trattato di Maastricht del 1992, nella previsione dell’articolo 128 (attualmente art.151), e in una condizione che resta tuttora marginale, e costretta, a Nizza, entro i vincoli paralizzanti della “unanimità”. L’azione programmatica dell’Unione mancava di unitarietà e di efficacia come dimostrano le iniziative intraprese a partire dal primo programma, Caleidoscopio (1996) volto ad incoraggiare la cooperazione artistica e culturale e poi con i programmi Raffaello dedicato al patrimonio culturale, e Arianna per il sostegno al libro ed alla lettura. Con il programma “Cultura 2000” del 1999, la Commissione, finalmente, riprendendo le indicazioni dei Consiglio europeo del 1992, riorganizzò l’intervento dell’Unione nel campo culturale in un quadro unitario e organico.
L’importanza di “Cultura 2000” non risiede tanto nel budget, peraltro esiguo (167 milioni di euro per quattro anni 2000-2004), ma nel richiamo della Commissione affinché l'azione comunitaria nel settore culturale sia coordinata anche con l'azione svolta ai sensi di altre disposizioni del Trattato diverse da quelle culturali (fondi strutturali, ricerca, tecnologia avanzata, istruzione, turismo), nonché con l'azione svolta da altri organismi internazionali come l’UNESCO.
Il programma “Cultura 2000” si presenta, nella sua concezione, come il primo tentativo organico di sperimentare una politica europea di incentivazione alla cultura e nei tre tipi di azione previsti è sottolineata l’importanza di avvenimenti culturali emblematici di una forte dimensione europea come “la Città europea della cultura”. Quest’ultima azione nacque nel 1985 su proposta dell’allora Ministro dei Beni Culturali greco e da quell’anno ha selezionato annualmente una città europea come “Città europea della Cultura”. Nell’anno 2000, ne sono state selezionate 9, tra cui Bologna, e dal 2001 la Commissione ha deciso di finanziare due progetti per ogni anno.
Oltre al “Mese della Cultura Europea” che vede coinvolta annualmente una città dell’Unione, il V Programma-Quadro per la ricerca ha previsto nel 2001, per la prima volta, un'azione chiave sul tema: "Città del futuro e patrimonio culturale". La Commissione Europea, infatti, nell’adottare orientamenti sulle "azioni innovatrici" per il periodo 2000-2006 ha considerato le città come soggetto autonomo e anche se solo per una azione segnando un evidente cambio di rotta delle Istituzioni europee. Le azioni innovatrici rappresentano, quindi, per le città opportunità’ aggiuntive sia rispetto ai POR (Programmi Operativi Regionali) sia rispetto alle iniziative comunitarie (URBAN, EQUAL, INTERREG, LEADER+).
Le città, difatti, costituiscono il motore dello sviluppo ed anche nei paesi più poveri sono le aree con i più elevati livelli di organizzazione economica e sociale. Indicatori quali il prodotto interno lordo, la rendita fondiaria e la qualità della vita sono più elevati nelle aree urbane rispetto alle aree rurali, inoltre le città sono la sede delle funzioni superiori come istruzione, politica, sanità, cultura, servizi alla persona e tempo libero.
L’Unione Europea è sempre più l’Europa delle regioni. L’economia dell’Unione passa attraverso flussi finanziari che considerano le regioni come interlocutori. La stessa divisione per Obiettivi avviene su base regionale e come è chiaro dalle posizioni ultime del Comitato delle Regioni, le regioni rivendicano un più ampio spazio politico sulla base del loro ruolo economico nell’integrazione. Il presidente del Comitato delle Regioni in un suo discorso al Parlamento Europeo, del marzo 2001, ha dichiarato "La collaborazione tra Parlamento europeo e Comitato delle regioni è di portata storica, rafforzerà la democrazia e stabilisce un ponte tra noi e i cittadini".
Le città in questo quadro, restano quindi agglomerati inseriti all’interno di contesti più ampi, resta loro la possibilità di inserirsi in processi di sviluppo regionale ,attraendo risorse finanziarie attraverso i budget regionali. L’Unione Europea, però, ancorché orientata ad una delega regionale per le politiche urbane ha dedicato una attenzione particolare al nesso tra processi culturali e sviluppo urbano, con particolare riferimento alle città d’arte. Esse trasmettono ,infatti ,una incredibile forza di significati simbolici incorporati per la densità di patrimonio storico, artistico ed ambientale. Realizzare ristrutturazioni dei luoghi urbani, del patrimonio artistico, attraverso programmi comunitari (URBAN, URBAN2, INTERREG) o attraverso grandi eventi culturali (come “La Città Europea della Cultura”) dà agli agglomerati urbani un valore aggiunto che si spande trasversalmente su tutti i settori della economia urbana. Le azioni specifiche della Commissione Europea, pero’ sulle città restano poche e l’analisi si fa complessa se la si intreccia nell’ottica delle risorse dedicate per l’integrazione e lo sviluppo culturale.
A sottolineare l’importanza del ruolo delle città nella promozione della cultura in Europa, il Comitato delle Regioni ha elaborato un parere (del 4 aprile 2001) per istituzionalizzare l’audit urbano. L'audit urbano fornisce un contributo prezioso da prendere in considerazione per il futuro, ma rappresenta una parte importante del quadro nel quale si potranno muovere le città nel contesto europeo. L'audit urbano, parte da uno sforzo della Commissione europea al fine di raccogliere dati comparabili sulla qualità della vita da 58 città in tutta l'UE. Questo progetto è stato messo a punto con l'aiuto della rete Eurocities, che insieme a centri di ricerca universitari come l’Euricur di Rotterdam sono di ausilio alla Commissione per gli urban studies.
Ancora una volta è emersa l’evidente esigenza di approfondimento e di gestione strategica e programmatica dei rapporti tra conservazione del patrimonio artistico e creazione di arte e cultura, con particolare riguardo alle realtà urbane e ai loro centri storici. Già nella 34a sessione plenaria a Bruxelles il 15 giugno 2000 il Comitato delle regioni aveva adottato un parere in merito alla comunicazione della Commissione intitolata "Rafforzare il potenziale del turismo per l'occupazione". Il Comitato ritenne che il turismo doveva essere considerato prioritario nell’assegnazione degli aiuti agli Stati candidati, ad esempio attraverso i programmi PHARE o INTERREG e di considerare il turismo come un elemento centrale delle strategie nazionali sull'occupazione (PAN: piani d'azione nazionali per l'occupazione), in modo da sfruttare al massimo tutto il potenziale occupazionale del settore.
Secondo la logica cara a chi si occupa di “Economia della Cultura” la cultura attira turismo, il turismo fa prosperare commercio, artigianato, agricoltura di qualità; in questo modo, quindi, si crea nuova occupazione, ossia ricchezza che a sua volta dà impulso alla cultura. Gli economisti della cultura considerano gli investimenti pubblici nel settore culturale strategici nello sviluppo sostenibile per le aree urbane. Gli investimenti in questo settore, infatti, oltre agli effetti moltiplicatori del reddito urbano hanno un impatto forte su l’economia del turismo e danno alla collettività esternalità positive in termini di crescita della coesione sociale.
Nel testo recentemente presentato al Parlamento Europeo dall’On. Ruffolo (PSE;IT) sulla cooperazione culturale si legge testualmente “se si considera la spesa destinata all'insieme delle politiche interne al netto quindi della spesa agricola e dei fondi strutturali, il peso della cultura nel 2000 ammontava all'1,8%”. Inoltre, viene sottolineato che “non esistono programmi che colleghino questi interventi con altri compiuti in settori diversi, che tuttavia rivestono un evidente interesse culturale (l’importante eccezione costituita dal programma Connect, di collegamento tra istruzione, cultura e gioventù, di dimensioni modeste, sembra comunque in fase di esaurimento)”.
La cultura e i beni culturali delle città europee rappresentano, quindi, senza dubbio, una risorsa per lo sviluppo sostenibile delle aree urbane, soprattutto nell’area del Bacino del Mediterraneo. C’è da augurarsi che il vincolo della unanimità e “l’idea di Paesi del Nord Europa che premono per uno spostamento delle risorse a vantaggio delle nuove tecnologie e del multimediale, rispetto alla idea più Mediterranea di cultura” (Avetta, 1999, Direzione Generale Ricerca e Cultura, Commissione Europea) non penalizzi le nostre città. D’altro canto sarebbe opportuno sviluppare nuove forme di management territoriale più “market oriented” per le aree urbane del Sud in Europa al fine di valorizzare il nostro importante patrimonio artistico e culturale.