LA RISCOSSA DELL’EUROPA? - Sud in Europa

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LA RISCOSSA DELL’EUROPA?

Archivio > Anno 2006 > Settembre 2006
di Ennio TRIGGIANI   
I mesi trascorsi hanno segnato una serie di preoccupanti momenti di arresto nel processo politico-istituzionale di internazionalizzazione delle società statali. Il “congelamento” delle ratifiche del Trattato costituzionale europeo, la sospensione sine die dei colloqui del Doha Round nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (con conseguenze a mio avviso molto negative soprattutto per i Paesi in via di sviluppo), il conflitto bellico fra Israele e Libano senza che né le Nazioni Unite né l’Unione Europea riuscissero inizialmente a dare segno alcuno di vitalità politica sono solo alcuni degli esempi che i fautori del ritorno ad una vecchia “sana” comunità internazionale fondata sui “fecondi” egoismi nazionali felicemente evidenziavano intonando il de profundis per qualsiasi evoluzione in senso istituzionale della globalizzazione.Si tratta di posizioni che, attraverso il pur consistente supporto di un ovvio realismo, chiudono le porte a qualsiasi processo innovatore, solo in grado di costringere la comunità internazionale ad offrire segnali di discontinuità rispetto al rituale e secolare alternarsi di guerra e pace; quest’ultima, anzi, da considerare mero “intervallo” tra due guerre, come opportunamente sottolineava Immanuel Kant. È superfluo evidenziare come la scomparsa dell’aspirazione ad un mondo diverso sia in grado di trascinare la nostra Terra verso scenari futuri cupi e sconvolgenti.Eppure proprio dalla situazione più preoccupante, e cioè l’ennesima tappa dell’infinito conflitto arabo-israeliano, sembra emergere un elemento di novità per più ragioni. La costituzione del corpo militare di pace delle Nazioni Unite costituisce finalmente il “battere il colpo” che ci si attendeva da una Organizzazione a volte superflua, spesso impotente e deludente e tuttavia sempre indispensabile nonché insostituibile luogo di incontro e di dibattito fra i rissosi Paesi del nostro mondo. Si dice che l’ONU è debole, ma è debole perché così decidono i suoi componenti che sono gli Stati, dimentichi dei grandi principi e dei grandi ideali di umanità e solidarietà con i quali la fondarono alla fine della seconda guerra mondiale. D’altronde l’ONU e le altre organizzazioni multilaterali sono indispensabili in un’era in cui gli Stati da soli non sono assolutamente in grado di risolvere grandi questioni come degrado ambientale, scarsità di risorse idriche, immigrazione, lotta al terrorismo, politica energetica, liberalizzazione dei mercatiUna seconda ragione è data dalla tardiva e comunque emersa concertazione fra i Paesi dell’Unione Europea proprio ai fini della costituzione del corpo di pace. Il governo italiano ha recuperato l’antico ruolo di mediazione nella martoriata terra medio-orientale, per la quale Carlo Maria Martini ha opportunamente sostenuto che “Non ci sarà pace nel mondo finché non regnerà in quelle terre piena pace. E tutti gli sforzi di pace in quelle terre avranno una ripercussione straordinaria sul pianeta intero.” E finalmente l’Unione Europea si è ricordata di fondarsi anche su di un secondo pilastro, quello della politica estera e di sicurezza comune, ed ha risposto a quanto la comunità internazionale non poteva non chiederle e cioè di esercitare una concreta funzione di pace, attraverso la fornitura di un robusto contingente militare di peace-keeping. È infatti anche attraverso operazioni come queste che l’Unione, costruttrice di pace al proprio interno, può tentare di estendere tale cultura al di là dei propri confini, magari ponendo concrete basi per costituire una vera e propria comunità di difesa rigidamente ancorata ai principi fissati delle Nazioni Unite e dalle Costituzioni nazionali dei propri membri.Questo specifico segnale di vitalità potrebbe costituire da carburante per la nuova messa in moto dell’intero processo di integrazione europea. Durante la seduta plenaria dello scorso 14 giugno, il Parlamento europeo aveva adottato, a larga maggioranza, una Risoluzione sulla Costituzione per l’Europa presentata dalla Commissione costituzionale con cui, riaffermando il proprio sostegno al Trattato costituzionale, ne ha chiesto la ratifica prima della elezione del nuovo PE del 2009. Certo, non è semplice ipotizzare che ciò possa avvenire senza qualche opportuna modifica (alleggerimento) dell’attuale testo. E tuttavia sarebbe opportuno esaminare previamente se ed a quali condizioni gli Stati che hanno risposto negativamente al referendum sulla Costituzione possano successivamente riprendere il processo di ratifica anche in considerazioni del voto positivo già espresso dalla maggioranza dei Paesi membri.Una importante opportunità di chiarificazione dovrà essere colta in occasione del cinquantesimo anniversario dei Trattati di Roma (25 marzo 2007) nel corso del Vertice straordinario di Berlino, chiamato a definire il modello europeo e che potrebbe auspicabilmente avere la stessa valenza della dichiarazione di Messina del 1955. Il cammino verso il rafforzamento delle istituzioni europee passa attraverso la loro progressiva democratizzazione; il che significa avvicinare sempre più i cittadini al processo di integrazione. In tale direzione un passo simbolicamente rilevante è stato compiuto attraverso la decisione di aprire al pubblico le riunioni del Consiglio quando delibera in codecisione, di inserire maggiormente il Parlamento nel processo decisionale svolto nell’ambito dei comitati tecnici e di coinvolgere maggiormente i Par-lamenti nazionali nel rispetto del principio di sussidiarietà.Tutti noi molto ci aspettiamo dall’Europa perché possa continuare a svolgere, con maggiore efficacia, la propria fondamentale funzione di supporto alla crescita, equilibrata e solidale, dell’economia dei Paesi membri, come essa ha d’altronde fatto, pur se con ritardi e contraddizioni, in questi decenni. Ma dobbiamo tutti comprendere che lo sviluppo economico non prescinde affatto dal quadro internazionale politico e militare e che il rapporto secolare tra pace e guerra significa anzitutto rapporto tra vita e morte ma anche tra costruzione e distruzione. L’intera Comunità internazionale ha un disperato bisogno di una Europa che, con unità di intenti, sia in grado di offrire il proprio indispensabile contributo in termini di valori quali pace, vita, costruzione, sviluppo. L’Europa deve dare voce alla pace non solo per se stessa ma per tutto il mondo.
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