LA RISCOSSA DELL’EUROPA?
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di Ennio TRIGGIANI
I
mesi trascorsi hanno segnato una serie di preoccupanti momenti di
arresto nel processo politico-istituzionale di internazionalizzazione
delle società statali. Il “congelamento” delle ratifiche del Trattato
costituzionale europeo, la sospensione sine die dei colloqui del Doha
Round nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (con
conseguenze a mio avviso molto negative soprattutto per i Paesi in via
di sviluppo), il conflitto bellico fra Israele e Libano senza che né le
Nazioni Unite né l’Unione Europea riuscissero inizialmente a dare segno
alcuno di vitalità politica sono solo alcuni degli esempi che i fautori
del ritorno ad una vecchia “sana” comunità internazionale fondata sui
“fecondi” egoismi nazionali felicemente evidenziavano intonando il de
profundis per qualsiasi evoluzione in senso istituzionale della
globalizzazione.Si tratta di posizioni che, attraverso il pur
consistente supporto di un ovvio realismo, chiudono le porte a qualsiasi
processo innovatore, solo in grado di costringere la comunità
internazionale ad offrire segnali di discontinuità rispetto al rituale e
secolare alternarsi di guerra e pace; quest’ultima, anzi, da
considerare mero “intervallo” tra due guerre, come opportunamente
sottolineava Immanuel Kant. È superfluo evidenziare come la scomparsa
dell’aspirazione ad un mondo diverso sia in grado di trascinare la
nostra Terra verso scenari futuri cupi e sconvolgenti.Eppure proprio
dalla situazione più preoccupante, e cioè l’ennesima tappa dell’infinito
conflitto arabo-israeliano, sembra emergere un elemento di novità per
più ragioni. La costituzione del corpo militare di pace delle Nazioni
Unite costituisce finalmente il “battere il colpo” che ci si attendeva
da una Organizzazione a volte superflua, spesso impotente e deludente e
tuttavia sempre indispensabile nonché insostituibile luogo di incontro e
di dibattito fra i rissosi Paesi del nostro mondo. Si dice che l’ONU è
debole, ma è debole perché così decidono i suoi componenti che sono gli
Stati, dimentichi dei grandi principi e dei grandi ideali di umanità e
solidarietà con i quali la fondarono alla fine della seconda guerra
mondiale. D’altronde l’ONU e le altre organizzazioni multilaterali sono
indispensabili in un’era in cui gli Stati da soli non sono assolutamente
in grado di risolvere grandi questioni come degrado ambientale,
scarsità di risorse idriche, immigrazione, lotta al terrorismo, politica
energetica, liberalizzazione dei mercatiUna seconda ragione è data
dalla tardiva e comunque emersa concertazione fra i Paesi dell’Unione
Europea proprio ai fini della costituzione del corpo di pace. Il governo
italiano ha recuperato l’antico ruolo di mediazione nella martoriata
terra medio-orientale, per la quale Carlo Maria Martini ha
opportunamente sostenuto che “Non ci sarà pace nel mondo finché non
regnerà in quelle terre piena pace. E tutti gli sforzi di pace in quelle
terre avranno una ripercussione straordinaria sul pianeta intero.” E
finalmente l’Unione Europea si è ricordata di fondarsi anche su di un
secondo pilastro, quello della politica estera e di sicurezza comune, ed
ha risposto a quanto la comunità internazionale non poteva non
chiederle e cioè di esercitare una concreta funzione di pace, attraverso
la fornitura di un robusto contingente militare di peace-keeping. È
infatti anche attraverso operazioni come queste che l’Unione,
costruttrice di pace al proprio interno, può tentare di estendere tale
cultura al di là dei propri confini, magari ponendo concrete basi per
costituire una vera e propria comunità di difesa rigidamente ancorata ai
principi fissati delle Nazioni Unite e dalle Costituzioni nazionali dei
propri membri.Questo specifico segnale di vitalità potrebbe costituire
da carburante per la nuova messa in moto dell’intero processo di
integrazione europea. Durante la seduta plenaria dello scorso 14 giugno,
il Parlamento europeo aveva adottato, a larga maggioranza, una
Risoluzione sulla Costituzione per l’Europa presentata dalla Commissione
costituzionale con cui, riaffermando il proprio sostegno al Trattato
costituzionale, ne ha chiesto la ratifica prima della elezione del nuovo
PE del 2009. Certo, non è semplice ipotizzare che ciò possa avvenire
senza qualche opportuna modifica (alleggerimento) dell’attuale testo. E
tuttavia sarebbe opportuno esaminare previamente se ed a quali
condizioni gli Stati che hanno risposto negativamente al referendum
sulla Costituzione possano successivamente riprendere il processo di
ratifica anche in considerazioni del voto positivo già espresso dalla
maggioranza dei Paesi membri.Una importante opportunità di
chiarificazione dovrà essere colta in occasione del cinquantesimo
anniversario dei Trattati di Roma (25 marzo 2007) nel corso del Vertice
straordinario di Berlino, chiamato a definire il modello europeo e che
potrebbe auspicabilmente avere la stessa valenza della dichiarazione di
Messina del 1955. Il cammino verso il rafforzamento delle istituzioni
europee passa attraverso la loro progressiva democratizzazione; il che
significa avvicinare sempre più i cittadini al processo di integrazione.
In tale direzione un passo simbolicamente rilevante è stato compiuto
attraverso la decisione di aprire al pubblico le riunioni del Consiglio
quando delibera in codecisione, di inserire maggiormente il Parlamento
nel processo decisionale svolto nell’ambito dei comitati tecnici e di
coinvolgere maggiormente i Par-lamenti nazionali nel rispetto del
principio di sussidiarietà.Tutti noi molto ci aspettiamo dall’Europa
perché possa continuare a svolgere, con maggiore efficacia, la propria
fondamentale funzione di supporto alla crescita, equilibrata e solidale,
dell’economia dei Paesi membri, come essa ha d’altronde fatto, pur se
con ritardi e contraddizioni, in questi decenni. Ma dobbiamo tutti
comprendere che lo sviluppo economico non prescinde affatto dal quadro
internazionale politico e militare e che il rapporto secolare tra pace e
guerra significa anzitutto rapporto tra vita e morte ma anche tra
costruzione e distruzione. L’intera Comunità internazionale ha un
disperato bisogno di una Europa che, con unità di intenti, sia in grado
di offrire il proprio indispensabile contributo in termini di valori
quali pace, vita, costruzione, sviluppo. L’Europa deve dare voce alla
pace non solo per se stessa ma per tutto il mondo.