GLI AIUTI A FINALITÀ REGIONALE NEL PERIODO 2014-2020
Archivio > Anno 2009 > Aprile 2009
1.
La disciplina europea sugli aiuti di Stato è stata recentemente oggetto
di un’importante politica di modernizzazione che ha influito anche
sugli aiuti a finalità regionale che gli Stati membri possono accordare
in base alle deroghe fondate sull’art. 107, par. 3 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
Nel sistema dell’Unione europea, infatti, non è previsto un divieto assoluto di concedere aiuti di Stato, ma solo il divieto di erogare aiuti incompatibili con il mercato interno, in tal senso sono stabilite espressamente una serie di deroghe per l’impiego di risorse pubbliche orientate a realizzare importanti azioni di carattere sociale, culturale, ambientale nonché progetti di interesse comune.
Secondo l’art. 107 TFUE: “salvo deroghe contemplate dei trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
La valutazione della compatibilità degli aiuti con il mercato interno è di competenza della Commissione europea e si svolge sulla base delle regole sancite dall’art. 108 TFUE e dal regolamento di procedura (CE) n. 659/1999 del 22 marzo 1999, recentemente modificato dal regolamento (UE) n. 734/2013 del Consiglio del 22 luglio 2013.
Ai fini di tale valutazione è necessario distinguere due categorie di aiuti: “nuovi” ed “esistenti”. Quest’ultima categoria comprende gli aiuti concessi da ciascuno Stato prima di divenire membro dell’Unione, nonché quelli messi in atto nel rispetto degli obblighi procedurali e di autorizzazione disciplinati nel regolamento di procedura.
Per gli aiuti nuovi è prevista una forma di controllo a priori, per cui gli Stati membri sono obbligati a notificare alla Commissione tutti i progetti di aiuti e ad attendere una risposta favorevole in merito alla loro compatibilità o che trascorra il periodo di silenzio-assenso di due mesi. In relazione agli aiuti esistenti è prevista invece un’attività di monitoraggio ex post da parte della Commissione, la quale controlla il continuo rispetto del criterio della compatibilità delle misure agevolative in atto.
Le deroghe al divieto di concessione di aiuti si distinguono in due categorie: le c.d. “deroghe di diritto”, concernenti le misure che la Commissione deve autorizzare, e le deroghe per le quali è previsto un margine di apprezzamento dell’Istituzione europea. Gli aiuti a finalità regionale rientrano in questa seconda categoria disciplinata dal par. 3 dell’art. 107. Gli “aiuti regionali” a loro volta si devono distinguere in due sottocategorie: quella stabilita dalla lett. a) fa riferimento alla situazione di particolare e grave ritardo nello sviluppo di una specifica regione, comparandola alla situazione europea, mentre la lett. c) si riferisce alla situazione di alcune aree che sebbene si trovino in una situazione più favorevole delle “regioni a”, comunque presentano una maggiore arretratezza rispetto al generale livello di sviluppo.
Ai termini della lett. a) del par. 3 si possono considerare compatibili “gli aiuti tesi a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni dell’art. 349” TFUE (ossia le c.d. regioni ultraperiferiche). Sulla base degli orientamenti della Commissione del 28 giugno 2013 (infra par. 3) si tratta delle regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media europea (c.d. “zone a”).
La lett. c) del par. 3 concerne, invece, “gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche” purché non alterino gli scambi intracomunitari in misura contraria al comune interesse. In questo caso, in base agli orientamenti del 2013, sono ammissibili a forme di aiuti quelle aree il cui PIL pro capite sia maggiore rispetto al 75% della media europea (c.d. “zone c”). In relazione agli aiuti erogati in tali aree territoriali è necessario rispettare criteri più stringenti e massimali diversi; ne consegue che rispetto agli aiuti delle “zone a” sia la portata geografica sia l’intensità degli aiuti sono più limitate
2. Nel contesto della c.d. State Aid Modernization, che riguarda anche gli aiuti a finalità regionale, la Commissione ha adottato una comunicazione intitolata “Modernizzazione degli aiuti di Stato dell’UE” (documento COM(2012)209 final, dell’8 maggio 2012). Nella comunicazione si individuano i tre principali obiettivi della nuova politica: “i) promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in un mercato interno competitivo; ii) concentrare il controllo ex ante della Commissione sui casi con il maggiore impatto nel mercato interno, rafforzando nel contempo la cooperazione tra gli Stati membri in materia di applicazione delle norme sugli aiuti; iii) razionalizzare le norme e accelerare i tempi di decisione” (punto 8). Per realizzare tali obiettivi sono già stati emanati numerosi atti normativi e di soft law, alcuni di carattere generale e orizzontale, altri relativi a specifici settori. Per quanto concerne le nuove regole di carattere generale oltre a quelle inerenti alla procedura, modificate con il già citato regolamento (UE) n. 734/2013 a cui si è data esecuzione con il regolamento (UE) n. 372/2014 della Commissione, del 9 aprile 2014, è stata introdotta una nuova normativa tesa a modificare il sistema delle esenzioni.
Nel contesto della State Aid Modernization si assegna un nuovo ruolo agli Stati nell’applicazione delle regole sugli aiuti pubblici, in quanto si consente loro di concedere i c.d. “aiuti buoni”, ossia quegli aiuti orientati a ovviare alle “carenze del mercato” o a promuovere obiettivi di interesse comune e con il minor effetto distorsivo possibile. Tali aiuti dovrebbero servire a stimolare l’innovazione, le tecnologie verdi, lo sviluppo del capitale umano, la tutela dell’ambiente e dovrebbero favorire la “crescita, l’occupazione e la competitività europea”. Tra i suddetti aiuti bisogna annoverare anche agli aiuti a finalità regionale.
La modernizzazione del sistema consentirà agli Stati membri di concedere determinati aiuti senza dover rispettare gli obblighi di carattere procedurale delineati nel sistema di controllo ex ante. Gli aiuti sono tuttavia sottoposti a un controllo ex post. A tal fine è stato approvato un nuovo regolamento generale di esenzione: il regolamento (UE) n. 733/2014 del Consiglio del 22 luglio 2013 che modifica il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1988, il quale amplia considerevolmente le misure che possono essere esentate dall’obbligo di notifica, sia attraverso l’individuazione di nuove categorie di aiuti, sia per effetto dell’aumento delle soglie delle categorie già previste nella normativa anteriore. Gli aiuti a finalità regionale erano già contemplati dal regolamento n. 994/98 che includeva tra i regimi di aiuti esentati dall’obbligo di notifica anche gli aiuti a favore delle piccole e medie imprese (PMI), della ricerca e dello sviluppo, della tutela dell’ambiente, dell’occupazione e della formazione. Il regolamento n. 733/2014 aggiunge ulteriori categorie di aiuti, ossia quelli a favore della cultura e della conservazione del patrimonio; della riparazione dei danni arrecati dalle calamità naturali; della riparazione dei danni arrecati da determinate condizioni meteorologiche avverse nel settore della pesca; della silvicoltura; della promozione di prodotti nel settore alimentare non elencati nell’allegato I del TFUE; della conservazione delle risorse biologiche del mare e di acqua dolce; dello sport; nonché alcuni specifici aiuti in relazione a situazioni di particolare svantaggio, come gli aiuti sociali a favore dei trasporti in determinate zone remote; gli aiuti per le infrastrutture della banda larga in zone ove è improbabile che queste vengano create e, infine, gli aiuti per altre infrastrutture in relazione a obiettivi di interesse comune nel quadro della strategia Europa 2020. Tutte queste nuove esenzioni per categoria influiscono positivamente anche nella funzione di sviluppo delle zone più arretrate in quanto semplificano le procedure di attuazione che riguardano pure gli aiuti a finalità regionale per il periodo 2014-2020.
3. Nel contesto della più ampia modernizzazione della disciplina sugli aiuti, il 28 giugno 2013, la Commissione ha adottato i nuovi “orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020” (pubblicati in GUUE C 209 del 23 luglio 2013, p. 1) fissando gli obiettivi da realizzare e le regole da seguire nell’individuazione delle mappe da sottoporre all’approvazione della medesima Istituzione europea. Secondo la regola dell’art. 108, par. 3, TFUE, ulteriormente puntualizzata dal punto 178 degli orientamenti, ciascuno Stato notifica alla Commissione “un’unica carta” a finalità regionale che, se approvata, ha validità dal 1° luglio 2014 al 31 dicembre 2020.
L’obiettivo specifico dello sviluppo delle aree più svantaggiate, sotteso al regime derogatorio stabilito a favore degli aiuti regionali, deve comunque essere controbilanciato con il rispetto della “parità di condizioni” tra gli Stati membri poiché – come esplicitato negli orientamenti – bisogna evitare “corse alle sovvenzioni che potrebbero verificarsi nel tentativo di attirare o mantenere le imprese nelle zone svantaggiate dell’Unione”.
Gli aiuti regionali svolgono la funzione di stimolare la crescita economica e l’occupazione delle aree più depresse e non devono limitarsi a sostenere le imprese senza creare nuovi investimenti. Gli aiuti devono essere “efficaci” e a tal fine vanno utilizzati in modo “parsimonioso e proporzionato”, per cui l’intensità dell’aiuto deve essere correlata alla gravità dei problemi di sviluppo. Inoltre, gli aiuti devono “stimolare investimenti o attività economiche supplementari” nelle zone più svantaggiate. Solo in pochissimi casi è possibile concedere aiuti al funzionamento, intesi come quelle misure “destinate a ridurre le spese correnti di un’impresa non legate a un investimento iniziale”: tale possibilità si riconosce esclusivamente nell’ipotesi in cui la situazione sia talmente grave che i soli aiuti agli investimenti non riuscirebbero a consentire lo sviluppo della zona considerata.
Nel definire il campo di applicazione degli orientamenti della Commissione del 2013 è opportuno segnalare che gli aiuti regionali ai settori dell’acciaio e delle fibre sintetiche sono considerati esplicitamente incompatibili con il mercato interno, per cui non possono essere accordati. Inoltre, i settori della pesca, dell’acquacoltura, dell’agricoltura e dei trasporti sono regolati da discipline ad hoc in virtù delle quali le regole generali degli aiuti a finalità regionale non sono applicabili. Gli orientamenti non si applicano neanche agli aiuti concessi agli aeroporti o al settore energetico, ma riguardano tutti gli altri settori di attività economica, sebbene per alcuni di essi siano indicate regole specifiche.
Gli orientamenti del 2013 stabiliscono un aumento complessivo delle aree nelle quali possono essere accordati aiuti a finalità regionale, in funzione della popolazione. Sebbene dalle statistiche risulti che attualmente solo un cittadino su quattro viva nelle regioni più svantaggiate (quelle con un PIL inferiore al 75% della media europea), rispetto al parametro di uno su tre del periodo 2007-2013, la Commissione, per ovviare agli effetti della crisi economica, ha ritenuto di ampliare la copertura globale della popolazione. In altri termini quando gli Stati disegnano la carta degli aiuti, le aree globalmente ricomprese nelle “zone a” e nelle “zone c” devono avere una popolazione inferiore al 46,53% della popolazione UE-27 che corrisponde al 47% della popolazione UE-28 (punto 148 degli orientamenti).
Gli orientamenti del 2013 stabiliscono in modo dettagliato le condizioni e i criteri per la concessione di aiuti alle imprese per promuovere lo sviluppo regionale. Con tali aiuti gli Stati, nel rispetto dei principi generali fissati dalla Commissione, possono sostenere gli investimenti delle imprese sia in nuovi impianti di produzione sia per ampliare o modernizzare gli impianti già esistenti.
Negli orientamenti si individuano quindi le regole di base che gli Stati membri sono tenuti a osservare quando elaborano le proprie “carte degli aiuti a finalità regionale”, nelle quali bisogna individuare sia le aree geografiche interessate, distinguendole in “zone a” e “zone c”, sia la percentuale dei costi d’investimento ammissibili (c.d. intensità di aiuto) in ciascuna area, in funzione della dimensione dell’impresa e della tipologia di investimento da sovvenzionare.
4. Sulla base dei nuovi orientamenti anche l’Italia ha predisposto la “carta degli aiuti a finalità regionale” per il periodo compreso tra luglio 2014 e dicembre 2020. Il 16 settembre 2014 la Commissione europea ha adottato una decisione in cui ha dichiarato la “carta” italiana conforme agli orientamenti adottati nel 2013 (la versione non riservata è consultabile on line sul registro degli aiuti di Stato nel sito della Commissione europea - Direzione generale della Concorrenza - numero SA.38930). Al momento dell’approvazione della “carta”, Joaquín Almunia, allora Vicepresidente della Commissione e Commissario responsabile per la concorrenza, ha affermato che: “La nuova carta degli aiuti a finalità regionale dell’Italia promuove la politica di coesione dell’UE, contribuendo all’obiettivo di erogare aiuti di Stato più mirati ed efficaci. La carta consentirà alle autorità italiane di utilizzare misure di aiuto ben concepite per promuovere gli investimenti e rilanciare la crescita economica nelle zone meno sviluppate nel periodo 2014-2020” (cfr. il comunicato stampa del 16 settembre 2014 IP/14/1009).
La “carta” elaborata dall’Italia individua le zone che possono beneficiare di aiuti a finalità regionale agli investimenti e fissa, altresì, i livelli massimi di aiuto per le imprese nelle regioni ammissibili.
Le zone designate dall’Italia come “zone a” e “zone c non predefinite” rappresentano complessivamente una popolazione totale di 20,6 milioni, ovvero il 34,07% della popolazione italiana. La “carta” approvata lo scorso settembre per il 2014-2020 non apporta eccessive modifiche rispetto alla situazione esistente nel periodo precedente. Infatti, la copertura totale in termini di popolazione è molto simile: si tratta del 34,07% della popolazione totale del territorio italiano rispetto al 34,1% del periodo precedente. Inoltre, le regioni che nella carta sono indicate come regioni della “zona a”, sono le medesime: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Tuttavia in linea con gli orientamenti della Commissione del 2013, nella nuova mappatura si assiste a un decremento dell’intensità massima di aiuto per gli investimenti delle grandi imprese, che attualmente è del 25%, mentre in precedenza era al 30% dei costi di investimento complessivi. Il massimale indicato nella “carta” cambia in funzione della dimensione delle imprese in quanto l’intensità dell’aiuto può essere maggiorata di 20 punti percentuale per le piccole imprese e di 10 punti percentuale per le imprese di medie dimensioni (punto 12 della “carta”).
Per quanto concerne le aree della “zone c” è opportuno precisare che gli orientamenti stabiliscono una prima distinzione tra le “zone c predefinite” e le “zone c non predefinite”. Le prime possono essere solo le “ex zone a” (ossia regioni NUTS 2 designate come “zone a” nel periodo 2011-2013), oppure le “zone scarsamente popolate” (ossia regioni NUTS 2 con meno di 8 abitanti per Km2 o regioni NUTS 3 con meno di 12,5 abitanti per Km2) (punto 158 degli orientamenti).
L’Italia nella “carta” ha proposto esclusivamente “zone c non predefinite”. Sulla base dei diversi criteri individuati dal punto 168 degli orientamenti – che introduce un’ulteriore distinzione stabilendo cinque sottogruppi in funzione di parametri demografici ed economici – sono stati individuati più elenchi di comuni (il livello LAU 2 nel caso dell’Italia corrisponde infatti ai comuni) o di zone contigue che complessivamente riguardano 25 “zone c non predefinite” e che sono stati tutti approvati dalla Commissione.
Nel complesso la copertura in termini di popolazione delle “zone c” ammissibili è lievemente aumentata (3 042 000 abitanti nella nuova carta rispetto ai 2 280 000 abitanti di quella precedente). La copertura è conforme agli attuali orientamenti della Commissione che pongono il limite del 5,03% della popolazione rispetto alla popolazione nazionale (i dati di riferimento per l’Italia sono quelli del 15° censimento della popolazione effettuato dall’ISTAT nel 2011) (punti 18-20 della “carta”).
Sulla base della “carta” approvata dalla Commissione europea l’Italia potrà concedere nel periodo 2014-2020 aiuti a finalità regionali nelle aree indicate con i corrispondenti limiti di intensità di aiuto. Come espressamente puntualizzato, l’Italia conferma il suo impegno a notificare alla Commissione tutti i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che non siano oggetto di un’esenzione di categoria nonché a rispettare le intensità degli aiuti indicate nella medesima “carta”.
L’approvazione della “carta” degli aiuti di Stato a finalità regionale per il 2014-2020 costituisce una grande opportunità per le regioni e le zone italiane in maggiore difficoltà, non resta che attendere l’applicazione concreta da parte delle autorità italiane per valutare la sua efficacia in termini di maggiori investimenti e di conseguenza sviluppo e occupazione.
Nel sistema dell’Unione europea, infatti, non è previsto un divieto assoluto di concedere aiuti di Stato, ma solo il divieto di erogare aiuti incompatibili con il mercato interno, in tal senso sono stabilite espressamente una serie di deroghe per l’impiego di risorse pubbliche orientate a realizzare importanti azioni di carattere sociale, culturale, ambientale nonché progetti di interesse comune.
Secondo l’art. 107 TFUE: “salvo deroghe contemplate dei trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.
La valutazione della compatibilità degli aiuti con il mercato interno è di competenza della Commissione europea e si svolge sulla base delle regole sancite dall’art. 108 TFUE e dal regolamento di procedura (CE) n. 659/1999 del 22 marzo 1999, recentemente modificato dal regolamento (UE) n. 734/2013 del Consiglio del 22 luglio 2013.
Ai fini di tale valutazione è necessario distinguere due categorie di aiuti: “nuovi” ed “esistenti”. Quest’ultima categoria comprende gli aiuti concessi da ciascuno Stato prima di divenire membro dell’Unione, nonché quelli messi in atto nel rispetto degli obblighi procedurali e di autorizzazione disciplinati nel regolamento di procedura.
Per gli aiuti nuovi è prevista una forma di controllo a priori, per cui gli Stati membri sono obbligati a notificare alla Commissione tutti i progetti di aiuti e ad attendere una risposta favorevole in merito alla loro compatibilità o che trascorra il periodo di silenzio-assenso di due mesi. In relazione agli aiuti esistenti è prevista invece un’attività di monitoraggio ex post da parte della Commissione, la quale controlla il continuo rispetto del criterio della compatibilità delle misure agevolative in atto.
Le deroghe al divieto di concessione di aiuti si distinguono in due categorie: le c.d. “deroghe di diritto”, concernenti le misure che la Commissione deve autorizzare, e le deroghe per le quali è previsto un margine di apprezzamento dell’Istituzione europea. Gli aiuti a finalità regionale rientrano in questa seconda categoria disciplinata dal par. 3 dell’art. 107. Gli “aiuti regionali” a loro volta si devono distinguere in due sottocategorie: quella stabilita dalla lett. a) fa riferimento alla situazione di particolare e grave ritardo nello sviluppo di una specifica regione, comparandola alla situazione europea, mentre la lett. c) si riferisce alla situazione di alcune aree che sebbene si trovino in una situazione più favorevole delle “regioni a”, comunque presentano una maggiore arretratezza rispetto al generale livello di sviluppo.
Ai termini della lett. a) del par. 3 si possono considerare compatibili “gli aiuti tesi a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni dell’art. 349” TFUE (ossia le c.d. regioni ultraperiferiche). Sulla base degli orientamenti della Commissione del 28 giugno 2013 (infra par. 3) si tratta delle regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media europea (c.d. “zone a”).
La lett. c) del par. 3 concerne, invece, “gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche” purché non alterino gli scambi intracomunitari in misura contraria al comune interesse. In questo caso, in base agli orientamenti del 2013, sono ammissibili a forme di aiuti quelle aree il cui PIL pro capite sia maggiore rispetto al 75% della media europea (c.d. “zone c”). In relazione agli aiuti erogati in tali aree territoriali è necessario rispettare criteri più stringenti e massimali diversi; ne consegue che rispetto agli aiuti delle “zone a” sia la portata geografica sia l’intensità degli aiuti sono più limitate
2. Nel contesto della c.d. State Aid Modernization, che riguarda anche gli aiuti a finalità regionale, la Commissione ha adottato una comunicazione intitolata “Modernizzazione degli aiuti di Stato dell’UE” (documento COM(2012)209 final, dell’8 maggio 2012). Nella comunicazione si individuano i tre principali obiettivi della nuova politica: “i) promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in un mercato interno competitivo; ii) concentrare il controllo ex ante della Commissione sui casi con il maggiore impatto nel mercato interno, rafforzando nel contempo la cooperazione tra gli Stati membri in materia di applicazione delle norme sugli aiuti; iii) razionalizzare le norme e accelerare i tempi di decisione” (punto 8). Per realizzare tali obiettivi sono già stati emanati numerosi atti normativi e di soft law, alcuni di carattere generale e orizzontale, altri relativi a specifici settori. Per quanto concerne le nuove regole di carattere generale oltre a quelle inerenti alla procedura, modificate con il già citato regolamento (UE) n. 734/2013 a cui si è data esecuzione con il regolamento (UE) n. 372/2014 della Commissione, del 9 aprile 2014, è stata introdotta una nuova normativa tesa a modificare il sistema delle esenzioni.
Nel contesto della State Aid Modernization si assegna un nuovo ruolo agli Stati nell’applicazione delle regole sugli aiuti pubblici, in quanto si consente loro di concedere i c.d. “aiuti buoni”, ossia quegli aiuti orientati a ovviare alle “carenze del mercato” o a promuovere obiettivi di interesse comune e con il minor effetto distorsivo possibile. Tali aiuti dovrebbero servire a stimolare l’innovazione, le tecnologie verdi, lo sviluppo del capitale umano, la tutela dell’ambiente e dovrebbero favorire la “crescita, l’occupazione e la competitività europea”. Tra i suddetti aiuti bisogna annoverare anche agli aiuti a finalità regionale.
La modernizzazione del sistema consentirà agli Stati membri di concedere determinati aiuti senza dover rispettare gli obblighi di carattere procedurale delineati nel sistema di controllo ex ante. Gli aiuti sono tuttavia sottoposti a un controllo ex post. A tal fine è stato approvato un nuovo regolamento generale di esenzione: il regolamento (UE) n. 733/2014 del Consiglio del 22 luglio 2013 che modifica il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1988, il quale amplia considerevolmente le misure che possono essere esentate dall’obbligo di notifica, sia attraverso l’individuazione di nuove categorie di aiuti, sia per effetto dell’aumento delle soglie delle categorie già previste nella normativa anteriore. Gli aiuti a finalità regionale erano già contemplati dal regolamento n. 994/98 che includeva tra i regimi di aiuti esentati dall’obbligo di notifica anche gli aiuti a favore delle piccole e medie imprese (PMI), della ricerca e dello sviluppo, della tutela dell’ambiente, dell’occupazione e della formazione. Il regolamento n. 733/2014 aggiunge ulteriori categorie di aiuti, ossia quelli a favore della cultura e della conservazione del patrimonio; della riparazione dei danni arrecati dalle calamità naturali; della riparazione dei danni arrecati da determinate condizioni meteorologiche avverse nel settore della pesca; della silvicoltura; della promozione di prodotti nel settore alimentare non elencati nell’allegato I del TFUE; della conservazione delle risorse biologiche del mare e di acqua dolce; dello sport; nonché alcuni specifici aiuti in relazione a situazioni di particolare svantaggio, come gli aiuti sociali a favore dei trasporti in determinate zone remote; gli aiuti per le infrastrutture della banda larga in zone ove è improbabile che queste vengano create e, infine, gli aiuti per altre infrastrutture in relazione a obiettivi di interesse comune nel quadro della strategia Europa 2020. Tutte queste nuove esenzioni per categoria influiscono positivamente anche nella funzione di sviluppo delle zone più arretrate in quanto semplificano le procedure di attuazione che riguardano pure gli aiuti a finalità regionale per il periodo 2014-2020.
3. Nel contesto della più ampia modernizzazione della disciplina sugli aiuti, il 28 giugno 2013, la Commissione ha adottato i nuovi “orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020” (pubblicati in GUUE C 209 del 23 luglio 2013, p. 1) fissando gli obiettivi da realizzare e le regole da seguire nell’individuazione delle mappe da sottoporre all’approvazione della medesima Istituzione europea. Secondo la regola dell’art. 108, par. 3, TFUE, ulteriormente puntualizzata dal punto 178 degli orientamenti, ciascuno Stato notifica alla Commissione “un’unica carta” a finalità regionale che, se approvata, ha validità dal 1° luglio 2014 al 31 dicembre 2020.
L’obiettivo specifico dello sviluppo delle aree più svantaggiate, sotteso al regime derogatorio stabilito a favore degli aiuti regionali, deve comunque essere controbilanciato con il rispetto della “parità di condizioni” tra gli Stati membri poiché – come esplicitato negli orientamenti – bisogna evitare “corse alle sovvenzioni che potrebbero verificarsi nel tentativo di attirare o mantenere le imprese nelle zone svantaggiate dell’Unione”.
Gli aiuti regionali svolgono la funzione di stimolare la crescita economica e l’occupazione delle aree più depresse e non devono limitarsi a sostenere le imprese senza creare nuovi investimenti. Gli aiuti devono essere “efficaci” e a tal fine vanno utilizzati in modo “parsimonioso e proporzionato”, per cui l’intensità dell’aiuto deve essere correlata alla gravità dei problemi di sviluppo. Inoltre, gli aiuti devono “stimolare investimenti o attività economiche supplementari” nelle zone più svantaggiate. Solo in pochissimi casi è possibile concedere aiuti al funzionamento, intesi come quelle misure “destinate a ridurre le spese correnti di un’impresa non legate a un investimento iniziale”: tale possibilità si riconosce esclusivamente nell’ipotesi in cui la situazione sia talmente grave che i soli aiuti agli investimenti non riuscirebbero a consentire lo sviluppo della zona considerata.
Nel definire il campo di applicazione degli orientamenti della Commissione del 2013 è opportuno segnalare che gli aiuti regionali ai settori dell’acciaio e delle fibre sintetiche sono considerati esplicitamente incompatibili con il mercato interno, per cui non possono essere accordati. Inoltre, i settori della pesca, dell’acquacoltura, dell’agricoltura e dei trasporti sono regolati da discipline ad hoc in virtù delle quali le regole generali degli aiuti a finalità regionale non sono applicabili. Gli orientamenti non si applicano neanche agli aiuti concessi agli aeroporti o al settore energetico, ma riguardano tutti gli altri settori di attività economica, sebbene per alcuni di essi siano indicate regole specifiche.
Gli orientamenti del 2013 stabiliscono un aumento complessivo delle aree nelle quali possono essere accordati aiuti a finalità regionale, in funzione della popolazione. Sebbene dalle statistiche risulti che attualmente solo un cittadino su quattro viva nelle regioni più svantaggiate (quelle con un PIL inferiore al 75% della media europea), rispetto al parametro di uno su tre del periodo 2007-2013, la Commissione, per ovviare agli effetti della crisi economica, ha ritenuto di ampliare la copertura globale della popolazione. In altri termini quando gli Stati disegnano la carta degli aiuti, le aree globalmente ricomprese nelle “zone a” e nelle “zone c” devono avere una popolazione inferiore al 46,53% della popolazione UE-27 che corrisponde al 47% della popolazione UE-28 (punto 148 degli orientamenti).
Gli orientamenti del 2013 stabiliscono in modo dettagliato le condizioni e i criteri per la concessione di aiuti alle imprese per promuovere lo sviluppo regionale. Con tali aiuti gli Stati, nel rispetto dei principi generali fissati dalla Commissione, possono sostenere gli investimenti delle imprese sia in nuovi impianti di produzione sia per ampliare o modernizzare gli impianti già esistenti.
Negli orientamenti si individuano quindi le regole di base che gli Stati membri sono tenuti a osservare quando elaborano le proprie “carte degli aiuti a finalità regionale”, nelle quali bisogna individuare sia le aree geografiche interessate, distinguendole in “zone a” e “zone c”, sia la percentuale dei costi d’investimento ammissibili (c.d. intensità di aiuto) in ciascuna area, in funzione della dimensione dell’impresa e della tipologia di investimento da sovvenzionare.
4. Sulla base dei nuovi orientamenti anche l’Italia ha predisposto la “carta degli aiuti a finalità regionale” per il periodo compreso tra luglio 2014 e dicembre 2020. Il 16 settembre 2014 la Commissione europea ha adottato una decisione in cui ha dichiarato la “carta” italiana conforme agli orientamenti adottati nel 2013 (la versione non riservata è consultabile on line sul registro degli aiuti di Stato nel sito della Commissione europea - Direzione generale della Concorrenza - numero SA.38930). Al momento dell’approvazione della “carta”, Joaquín Almunia, allora Vicepresidente della Commissione e Commissario responsabile per la concorrenza, ha affermato che: “La nuova carta degli aiuti a finalità regionale dell’Italia promuove la politica di coesione dell’UE, contribuendo all’obiettivo di erogare aiuti di Stato più mirati ed efficaci. La carta consentirà alle autorità italiane di utilizzare misure di aiuto ben concepite per promuovere gli investimenti e rilanciare la crescita economica nelle zone meno sviluppate nel periodo 2014-2020” (cfr. il comunicato stampa del 16 settembre 2014 IP/14/1009).
La “carta” elaborata dall’Italia individua le zone che possono beneficiare di aiuti a finalità regionale agli investimenti e fissa, altresì, i livelli massimi di aiuto per le imprese nelle regioni ammissibili.
Le zone designate dall’Italia come “zone a” e “zone c non predefinite” rappresentano complessivamente una popolazione totale di 20,6 milioni, ovvero il 34,07% della popolazione italiana. La “carta” approvata lo scorso settembre per il 2014-2020 non apporta eccessive modifiche rispetto alla situazione esistente nel periodo precedente. Infatti, la copertura totale in termini di popolazione è molto simile: si tratta del 34,07% della popolazione totale del territorio italiano rispetto al 34,1% del periodo precedente. Inoltre, le regioni che nella carta sono indicate come regioni della “zona a”, sono le medesime: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Tuttavia in linea con gli orientamenti della Commissione del 2013, nella nuova mappatura si assiste a un decremento dell’intensità massima di aiuto per gli investimenti delle grandi imprese, che attualmente è del 25%, mentre in precedenza era al 30% dei costi di investimento complessivi. Il massimale indicato nella “carta” cambia in funzione della dimensione delle imprese in quanto l’intensità dell’aiuto può essere maggiorata di 20 punti percentuale per le piccole imprese e di 10 punti percentuale per le imprese di medie dimensioni (punto 12 della “carta”).
Per quanto concerne le aree della “zone c” è opportuno precisare che gli orientamenti stabiliscono una prima distinzione tra le “zone c predefinite” e le “zone c non predefinite”. Le prime possono essere solo le “ex zone a” (ossia regioni NUTS 2 designate come “zone a” nel periodo 2011-2013), oppure le “zone scarsamente popolate” (ossia regioni NUTS 2 con meno di 8 abitanti per Km2 o regioni NUTS 3 con meno di 12,5 abitanti per Km2) (punto 158 degli orientamenti).
L’Italia nella “carta” ha proposto esclusivamente “zone c non predefinite”. Sulla base dei diversi criteri individuati dal punto 168 degli orientamenti – che introduce un’ulteriore distinzione stabilendo cinque sottogruppi in funzione di parametri demografici ed economici – sono stati individuati più elenchi di comuni (il livello LAU 2 nel caso dell’Italia corrisponde infatti ai comuni) o di zone contigue che complessivamente riguardano 25 “zone c non predefinite” e che sono stati tutti approvati dalla Commissione.
Nel complesso la copertura in termini di popolazione delle “zone c” ammissibili è lievemente aumentata (3 042 000 abitanti nella nuova carta rispetto ai 2 280 000 abitanti di quella precedente). La copertura è conforme agli attuali orientamenti della Commissione che pongono il limite del 5,03% della popolazione rispetto alla popolazione nazionale (i dati di riferimento per l’Italia sono quelli del 15° censimento della popolazione effettuato dall’ISTAT nel 2011) (punti 18-20 della “carta”).
Sulla base della “carta” approvata dalla Commissione europea l’Italia potrà concedere nel periodo 2014-2020 aiuti a finalità regionali nelle aree indicate con i corrispondenti limiti di intensità di aiuto. Come espressamente puntualizzato, l’Italia conferma il suo impegno a notificare alla Commissione tutti i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che non siano oggetto di un’esenzione di categoria nonché a rispettare le intensità degli aiuti indicate nella medesima “carta”.
L’approvazione della “carta” degli aiuti di Stato a finalità regionale per il 2014-2020 costituisce una grande opportunità per le regioni e le zone italiane in maggiore difficoltà, non resta che attendere l’applicazione concreta da parte delle autorità italiane per valutare la sua efficacia in termini di maggiori investimenti e di conseguenza sviluppo e occupazione.