I RIFLESSI ISTITUZIONALI DELL'ALLARGAMENTO DELL'UE - Parte prima
Archivio > Anno 2004 > Maggio 2004
di Angela Maria ROMITO
Il
1° maggio 2004, si è completato con successo il più grande allargamento
nella storia dell’Unione europea: otto Paesi dell’Europa centrale e
orientale (PECO) oltre a Cipro e Malta, sono a pieno diritto Stati
membri dell’Unione.
Nell’arco di circa cinquant’anni il processo di allargamento, iniziato allorquando i sei Stati membri fondatori unirono le loro forze per creare la Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1951 e la Comunità economica europea nel 1957, ha compiuto un lungo percorso: dai sei membri iniziali, nel 1973 i Paesi aderenti sono diventati nove (Gran Bretagna, Irlanda e Daminarca), dodici negli anni Ottanta (la Grecia nel 1981 seguita da Spagna e Portogallo nel 1986), e quindici nel 1995 (Austria, Finlandia e Svezia).
Tuttavia, il cambiamento a cui abbiamo assistito in questi giorni, è di portata epocale, sia perché con l’adesione di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria, il numero di Stati membri passa in una sola volta da 15 a 25 - si stima che la popolazione europea sia aumentata da 395 milioni a circa 480 milioni di cittadini e che la sua superficie territoriale sia cresciuta di quasi il 35 per cento -, sia perché i nuovi Paesi accolti presentano realtà economiche e politiche molto eterogenee fra loro: ex Paesi satelliti dell’Unione Sovie-tica, repubbliche già facenti parte dell’URSS, piccole isole del Mediterraneo.
Di fronte ad un allargamento di dimensioni incomparabili con i precedenti, importanti problemi giuridici sono sorti: i capi di Stato e di governo, riuniti a Nizza nel dicembre del 2000 hanno unanimemente avvertito la necessità di procedere ad una profonda riforma delle istituzioni riforma che avesse potuto garantire legittimità democratica e rappresentatività di tutti i nuovi Paesi aderenti. Tuttavia, attesa la delicatezza del problema e i difficili equilibri politici, il risultato raggiunto non è definitivo, avendo i partecipanti alla conferenza di Nizza puntato essenzialmente sulla empirica ricerca di soluzioni praticabili a far funzionare il Parlamento, la Commissione e il Consiglio, con una decina di Stati in più.
Disattendendo le aspettative, i Quindici, in definitiva, non hanno riformato radicalmente il sistema istituzionale, ma si sono accordati per un periodo transitorio ad un adeguamento tecnico-aritmetico delle istituzioni esistenti; i mutamenti nella composizione delle istituzioni sono stati inseriti nel Trattato di Atene del 16 aprile 2003, (“relativo all’adesione della Repubblica Ceca, della Repub-blica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Unghe-ria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca” in GUUE, L236 e C227 del 23 settembre 2003), recante nella sua parte Seconda, le norme sugli adattamenti dei Trattati (CE e Euratom) modificative della composizione degli organi istituzionali a far data dal 31.10.2004, e nella parte Quarta le misure transitorie applicabili da maggio ad ottobre 2004.
In questa occasione ci limitiamo a dar conto delle modifiche intervenute nella composizione delle istituzioni coinvolte nei processi decisionali comunitari, rinviando alla prossima pubblicazione l’esame delle “integrazioni” concernenti gli altri organi comunitari.
Il Parlamento europeo: è stato previsto che, per il periodo transitorio dal 1° maggio a fine giugno 2004, i rappresentanti dei dieci Paesi aderenti siano nominati dai Parlamenti nazionali conformemente alle procedure statali; a decorrere dall’inizio della legislatura ottobre 2004- 2009, il numero totale dei seggi è stato fissato a 732, in luogo dei 626, e ciascuno Stato membro avrà il numero di seggi stabilito nel Trattato di Nizza.
Per la legislatura 2004-2009, invece, il numero dei seggi, su un totale di 732, assegnato dal Trattato di Nizza alla Bulgaria e alla Ro-mania sarà ripartito in maniera proporzionale tra i 25 Stati membri.
Il Consiglio dell’Unione europea: secondo quanto è stato previsto dall’art. 26 del Trattato di adesione, durante il periodo transitorio, i Quindici conserveranno il numero di voti (87 in totale) in atto prima del 1° Maggio, ed i dieci nuovi Paesi aderenti avranno ognuno un numero di voti in base al sistema di ponderazione (ad esempio Cipro e Malta 2, e Polonia 8); il numero totale dei voti conseguentemente è stato portato a 124.
La nuova maggioranza qualificata è di 88 (non più di 62) voti a favore quando le deliberazioni sono prese su proposta della Com-missione e, negli altri casi, di 88 voti a favore espressi da almeno 2/3 (e non più “di almeno 10 Stati membri”) dei membri.
A decorrere dal 1° Novembre 2004, la ponderazione dei voti in seno Consiglio dei Ministri muterà nuovamente: il numero totale sarà 321 e la maggioranza qualificata sarà di 232 voti che devono esprimere il voto favorevole della maggioranza degli Stati membri; quando la decisione è presa non su proposta della Commissione, il voto favorevole deve invece esprimere i 2/3 degli Stati membri. È stato previsto, inoltre, una doppia soglia di validità delle delibere: tutti i Paesi potranno chiedere di verificare che gli Stati membri costituiscano una maggioranza qualificata che rappresenti almeno il 62% della popolazione dell’Unione (cd. clausola demografica).
La Presidenza dell’Unione, attualmente esercitata a turno da ciascuno degli Stati membri, sarà ricoperta secondo l’ordine di rotazione già stabilito fino al 2006 (le prossime presidenze, dopo quella irlandese, saranno dell’Olanda, Lussemburgo, Regno Unito, Austria e Finlandia), mentre è stato rinviata al più tardi nel 2005 qualsiasi decisione circa l’ordine di Presidenza dal 2007 in poi.
La Commissione europea: dal 1° maggio 2004 al 31 ottobre 2004 ai 20 Commissari già in carica se ne affiancano 10 nuovi, rappresentati dei governi dei Paesi aderenti.
Questi ultimi partecipano al processo decisionale su un piano di parità con i commissari attuali, ma durante il periodo transitorio, per rendere graduale la loro integrazione nelle attività della Commissione, lavoreranno al fianco di dieci commissari dei Paesi già membri dell’Unione.
Al termine del periodo transitorio, dal 1° novembre 2004 il nuovo Collegio sarà composto da 25 commissari, uno per Stato membro; infine, quando l’Unione sarà composta da 27 Stati membri, i componenti del Consiglio decideranno alla unanimità il numero massimo dei commissari, i quali, poiché saranno numericamente inferiori a quello dei Paesi aderenti, saranno scelti con un sistema di rotazione basato sul principio di uguaglianza tra tutti gli Stati.
Ma le modifiche ed i cambiamenti dell’assetto istituzionale delle istituzioni comunitarie sono ancora sul tavolo dei negoziati perché gli equilibri raggiunti in questa prima fase non sono sufficienti per un completo adeguamento istituzionale alla nuova realtà dell’Unione, proiettata già verso l’ingresso degli altri Paesi che ne hanno fatto richiesta. Ecco perché alla Convenzione europea, istituita al termine del Consiglio Europeo di Laeken nel dicembre 2001, composta dai rappresentanti dei governi, dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo e della Commissione, è stato affidato il compito di proporre delle strutture istituzionali adatte all’evoluzione dell’Unione.
La CIG sta attualmente discutendo l’idea delle presidenze collettive in seno al Consiglio dei Ministri ed un nuovo sistema per le“relazioni esterne” presieduto dal Ministro europeo degli Affari esteri nell’arco di un mandato di cinque anni.
Per quanto riguarda il Consiglio europeo, è stato proposto di creare la figura di un Presidente più stabile, da eleggere a maggioranza qualificata per la durata di due anni e mezzo.
Con riferimento alla Commissione, il Progetto di Costituzione propone invece una composizione mista, fra commissari di “primo livello” con diritto di voto ed altri di secondo livello”, senza diritto di voto, dovendo tuttavia essere assicurata, attraverso criteri di rotazione, una parità di trattamento fra gli Stati membri, in modo che tutti possano far parte del “primo livello”. Ma tale soluzione è stata fortemente contestata dai Paesi più piccoli, e dunque si è ancora in cerca di una soluzione di compromesso. Complessivamente i negoziati rischiano di essere difficili, e non resta che seguire attentamente i prossimi sviluppi del processo di approvazione del Progetto di Costituzione per l’Europa.
Di sicuro la questione dell’allargamento dominerà la politica europea dei prossimi anni, perché l’ambizioso processo d’integrazione europea mira ad estendersi verso Est e verso l’area mediterranea: mentre la Bulgaria e la Romania auspicano di poter fare il proprio ingresso nell’UE nel 2007, per la Turchia i tempi sono più lunghi (alla fine del 2004 l’Unione procederà ad un riesame per stabilire se essa soddisfi i criteri politici per l’adesione espressi nel Consiglio europeo di Copenaghen del 1993). E sono dell’ultima ora la richiesta di adesione inoltrata dalla Croazia nel febbraio 2003, attualmente all’esame della Commissione europea, e la candidatura dell’ex Repubblica yugoslava di Macedonia formalmente accettata dalla Presidenza irlandese dell’Unione lo scorso 22 marzo a Dublino.
Una considerazione finale: le modifiche di questi giorni, la verifica delle conseguenze che l’ampliamento a 25 comporta, il funzionamento pratico e l’operatività degli accordi, sono il banco di prova per il progettato secondo ampliamento, allorquando l’Europa sarà allargata a quasi trenta Stati.
Nell’arco di circa cinquant’anni il processo di allargamento, iniziato allorquando i sei Stati membri fondatori unirono le loro forze per creare la Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1951 e la Comunità economica europea nel 1957, ha compiuto un lungo percorso: dai sei membri iniziali, nel 1973 i Paesi aderenti sono diventati nove (Gran Bretagna, Irlanda e Daminarca), dodici negli anni Ottanta (la Grecia nel 1981 seguita da Spagna e Portogallo nel 1986), e quindici nel 1995 (Austria, Finlandia e Svezia).
Tuttavia, il cambiamento a cui abbiamo assistito in questi giorni, è di portata epocale, sia perché con l’adesione di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Slovenia e Ungheria, il numero di Stati membri passa in una sola volta da 15 a 25 - si stima che la popolazione europea sia aumentata da 395 milioni a circa 480 milioni di cittadini e che la sua superficie territoriale sia cresciuta di quasi il 35 per cento -, sia perché i nuovi Paesi accolti presentano realtà economiche e politiche molto eterogenee fra loro: ex Paesi satelliti dell’Unione Sovie-tica, repubbliche già facenti parte dell’URSS, piccole isole del Mediterraneo.
Di fronte ad un allargamento di dimensioni incomparabili con i precedenti, importanti problemi giuridici sono sorti: i capi di Stato e di governo, riuniti a Nizza nel dicembre del 2000 hanno unanimemente avvertito la necessità di procedere ad una profonda riforma delle istituzioni riforma che avesse potuto garantire legittimità democratica e rappresentatività di tutti i nuovi Paesi aderenti. Tuttavia, attesa la delicatezza del problema e i difficili equilibri politici, il risultato raggiunto non è definitivo, avendo i partecipanti alla conferenza di Nizza puntato essenzialmente sulla empirica ricerca di soluzioni praticabili a far funzionare il Parlamento, la Commissione e il Consiglio, con una decina di Stati in più.
Disattendendo le aspettative, i Quindici, in definitiva, non hanno riformato radicalmente il sistema istituzionale, ma si sono accordati per un periodo transitorio ad un adeguamento tecnico-aritmetico delle istituzioni esistenti; i mutamenti nella composizione delle istituzioni sono stati inseriti nel Trattato di Atene del 16 aprile 2003, (“relativo all’adesione della Repubblica Ceca, della Repub-blica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Unghe-ria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca” in GUUE, L236 e C227 del 23 settembre 2003), recante nella sua parte Seconda, le norme sugli adattamenti dei Trattati (CE e Euratom) modificative della composizione degli organi istituzionali a far data dal 31.10.2004, e nella parte Quarta le misure transitorie applicabili da maggio ad ottobre 2004.
In questa occasione ci limitiamo a dar conto delle modifiche intervenute nella composizione delle istituzioni coinvolte nei processi decisionali comunitari, rinviando alla prossima pubblicazione l’esame delle “integrazioni” concernenti gli altri organi comunitari.
Il Parlamento europeo: è stato previsto che, per il periodo transitorio dal 1° maggio a fine giugno 2004, i rappresentanti dei dieci Paesi aderenti siano nominati dai Parlamenti nazionali conformemente alle procedure statali; a decorrere dall’inizio della legislatura ottobre 2004- 2009, il numero totale dei seggi è stato fissato a 732, in luogo dei 626, e ciascuno Stato membro avrà il numero di seggi stabilito nel Trattato di Nizza.
Per la legislatura 2004-2009, invece, il numero dei seggi, su un totale di 732, assegnato dal Trattato di Nizza alla Bulgaria e alla Ro-mania sarà ripartito in maniera proporzionale tra i 25 Stati membri.
Il Consiglio dell’Unione europea: secondo quanto è stato previsto dall’art. 26 del Trattato di adesione, durante il periodo transitorio, i Quindici conserveranno il numero di voti (87 in totale) in atto prima del 1° Maggio, ed i dieci nuovi Paesi aderenti avranno ognuno un numero di voti in base al sistema di ponderazione (ad esempio Cipro e Malta 2, e Polonia 8); il numero totale dei voti conseguentemente è stato portato a 124.
La nuova maggioranza qualificata è di 88 (non più di 62) voti a favore quando le deliberazioni sono prese su proposta della Com-missione e, negli altri casi, di 88 voti a favore espressi da almeno 2/3 (e non più “di almeno 10 Stati membri”) dei membri.
A decorrere dal 1° Novembre 2004, la ponderazione dei voti in seno Consiglio dei Ministri muterà nuovamente: il numero totale sarà 321 e la maggioranza qualificata sarà di 232 voti che devono esprimere il voto favorevole della maggioranza degli Stati membri; quando la decisione è presa non su proposta della Commissione, il voto favorevole deve invece esprimere i 2/3 degli Stati membri. È stato previsto, inoltre, una doppia soglia di validità delle delibere: tutti i Paesi potranno chiedere di verificare che gli Stati membri costituiscano una maggioranza qualificata che rappresenti almeno il 62% della popolazione dell’Unione (cd. clausola demografica).
La Presidenza dell’Unione, attualmente esercitata a turno da ciascuno degli Stati membri, sarà ricoperta secondo l’ordine di rotazione già stabilito fino al 2006 (le prossime presidenze, dopo quella irlandese, saranno dell’Olanda, Lussemburgo, Regno Unito, Austria e Finlandia), mentre è stato rinviata al più tardi nel 2005 qualsiasi decisione circa l’ordine di Presidenza dal 2007 in poi.
La Commissione europea: dal 1° maggio 2004 al 31 ottobre 2004 ai 20 Commissari già in carica se ne affiancano 10 nuovi, rappresentati dei governi dei Paesi aderenti.
Questi ultimi partecipano al processo decisionale su un piano di parità con i commissari attuali, ma durante il periodo transitorio, per rendere graduale la loro integrazione nelle attività della Commissione, lavoreranno al fianco di dieci commissari dei Paesi già membri dell’Unione.
Al termine del periodo transitorio, dal 1° novembre 2004 il nuovo Collegio sarà composto da 25 commissari, uno per Stato membro; infine, quando l’Unione sarà composta da 27 Stati membri, i componenti del Consiglio decideranno alla unanimità il numero massimo dei commissari, i quali, poiché saranno numericamente inferiori a quello dei Paesi aderenti, saranno scelti con un sistema di rotazione basato sul principio di uguaglianza tra tutti gli Stati.
Ma le modifiche ed i cambiamenti dell’assetto istituzionale delle istituzioni comunitarie sono ancora sul tavolo dei negoziati perché gli equilibri raggiunti in questa prima fase non sono sufficienti per un completo adeguamento istituzionale alla nuova realtà dell’Unione, proiettata già verso l’ingresso degli altri Paesi che ne hanno fatto richiesta. Ecco perché alla Convenzione europea, istituita al termine del Consiglio Europeo di Laeken nel dicembre 2001, composta dai rappresentanti dei governi, dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo e della Commissione, è stato affidato il compito di proporre delle strutture istituzionali adatte all’evoluzione dell’Unione.
La CIG sta attualmente discutendo l’idea delle presidenze collettive in seno al Consiglio dei Ministri ed un nuovo sistema per le“relazioni esterne” presieduto dal Ministro europeo degli Affari esteri nell’arco di un mandato di cinque anni.
Per quanto riguarda il Consiglio europeo, è stato proposto di creare la figura di un Presidente più stabile, da eleggere a maggioranza qualificata per la durata di due anni e mezzo.
Con riferimento alla Commissione, il Progetto di Costituzione propone invece una composizione mista, fra commissari di “primo livello” con diritto di voto ed altri di secondo livello”, senza diritto di voto, dovendo tuttavia essere assicurata, attraverso criteri di rotazione, una parità di trattamento fra gli Stati membri, in modo che tutti possano far parte del “primo livello”. Ma tale soluzione è stata fortemente contestata dai Paesi più piccoli, e dunque si è ancora in cerca di una soluzione di compromesso. Complessivamente i negoziati rischiano di essere difficili, e non resta che seguire attentamente i prossimi sviluppi del processo di approvazione del Progetto di Costituzione per l’Europa.
Di sicuro la questione dell’allargamento dominerà la politica europea dei prossimi anni, perché l’ambizioso processo d’integrazione europea mira ad estendersi verso Est e verso l’area mediterranea: mentre la Bulgaria e la Romania auspicano di poter fare il proprio ingresso nell’UE nel 2007, per la Turchia i tempi sono più lunghi (alla fine del 2004 l’Unione procederà ad un riesame per stabilire se essa soddisfi i criteri politici per l’adesione espressi nel Consiglio europeo di Copenaghen del 1993). E sono dell’ultima ora la richiesta di adesione inoltrata dalla Croazia nel febbraio 2003, attualmente all’esame della Commissione europea, e la candidatura dell’ex Repubblica yugoslava di Macedonia formalmente accettata dalla Presidenza irlandese dell’Unione lo scorso 22 marzo a Dublino.
Una considerazione finale: le modifiche di questi giorni, la verifica delle conseguenze che l’ampliamento a 25 comporta, il funzionamento pratico e l’operatività degli accordi, sono il banco di prova per il progettato secondo ampliamento, allorquando l’Europa sarà allargata a quasi trenta Stati.