LA FESTA DELL'EUROPA 2005 FRA SPERANZE ED INCOGNITE
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Nella
giornata del 9 maggio si celebra, come è noto, la “Festa dell’Europa”
in ricordo della conferenza stampa in cui nel 1950 l’allora Ministro
degli esteri francese Robert Schuman, su ispirazione di Jean Monnet,
avanzò alla Repubblica federale tedesca la proposta, peraltro aperta
all’adesione degli altri Paesi interessati, di eliminare per sempre la
contrapposizione franco-tedesca e porre le basi per una futura
federazione europea. Il “Piano Schuman” si concretizzò immediatamente
con l’apertura, il successivo 20 giugno, di un negoziato che si concluse
il 18 aprile 1951 con la firma del Trattato che istituisce la Comunità
Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) da parte di Francia, Germania,
Belgio, Olanda, Lussemburgo e, grazie alla convinta determinazione di
De Gasperi, Italia.
Quest’anno la ricorrenza, quanto mai utile come opportunità diretta ad ampliare la sempre scarsa conoscenza del fenomeno comunitario, cade in un momento delicatissimo del cammino verso la costruzione di quella federazione europea auspicata da Schuman e Monnet ma anticipata dal Manifesto scritto nel 1941 nel confino di Ventotene da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. L’entrata in vigore del Trattato Costituzionale Europeo è infatti sottoposta alla dura prova delle procedure costituzionali di ratifica da parte dei 25 Stati membri dell’Unione Europea il cui esito si presenta tuttora assai incerto laddove sia previsto un referendum popolare. Ed è altresì noto che, nell’attuale sistema giuridico, la bocciatura in uno solo di questi Stati potrebbe fermare il suddetto cammino soprattutto se essa dovesse provenire da uno dei Paesi fondatori quali appunto la Francia di Schuman.
La “negatività” e per certi versi l’assurdità per tutti noi di questa pur realistica ipotesi risiede in tante circostanze. La prima è data dal fatto che ormai tutte le Costituzioni nazionali sono “impregnate” di ordinamento comunitario attraverso un processo di reciproca legittimazione. Ogni Costituzione nazionale è d’altronde ormai da tempo “contaminata” dal diritto comunitario e deve essere letta alla luce di quest’ultimo. Pensiamo, per l’Italia, anche a norme preesistenti alle ultime modifiche: ad es. l’art. 70 Cost. afferma che la funzione legislativa è esercitata dalle due Camere, ma esso deve evidentemente coordinarsi con l’analoga funzione svolta in sede comunitaria e comunque produttiva di effetti diretti nell’ordinamento italiano; oppure, l’art. 104 Cost. sancisce che la magistratura è indipendente da ogni altro potere, eppure deve rapportarsi con il potere giurisdizionale comunitario, e così via.
L’avanzamento del processo di integrazione giuridico-istituzionale dell’Unione non confligge inoltre con le “identità costituzionali” degli Stati membri in quanto la stessa c.d. Costituzione europea contiene una specifica norma (art. I-5) per cui “L’Unione rispetta…la loro (degli Stati membri) identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali”. Va in proposito segnalato il ruolo importante attribuito ai Parlamenti nazionali ai quali l’art. III-259, riprendendo l’art. I-42, affida il compito di vigilare sul rispetto del principio di sussidiarietà rispetto alle proposte ed alle iniziative legislative presentate nell’ambito della cooperazione giudiziaria penale e di polizia. L’importanza acquisita dai rapporti fra istituzioni comunitarie e Parlamenti nazionali è ulteriormente sottolineata dalla predisposizione di un apposito Protocollo, il n.1, che ne disciplina in termini più precisi le diverse fasi.
In questo contesto c’è invece assoluto bisogno che l’integrazione europea, passata dai 6 Stati di Schuman ai 25 attuali, pervenga alla certificazione di maggiore età. Tale certificazione, dopo una crescita a singhiozzo ma incredibilmente significativa, non può che essere data dalla presenza di una Costituzione europea, anche se atipica come del resto atipico ed unico è l’intero processo cui abbiamo assistito in questi 50 anni. Solo con questa Costituzione può finalmente darsi solidità di valori alla produzione normativa comunitaria grazie ad una Carta dei diritti fondamentali arricchita da portata vincolante. Solo con questa Costituzione si può ridimensionare concretamente il deficit democratico grazie alla generalizzazione della codecisione legislativa fra Parlamento europeo e Consiglio. Solo con questa Costituzione può finalmente cominciare a delinearsi una soggettività (quanto mai indispensabile) dell’Unione nel contesto mondiale grazie al Presidente “stabile” del Consiglio Europeo ed al Ministro degli Affari Esteri. Solo con questa Costituzione comincia a darsi fondamento al necessario sostegno nei confronti di una moneta unica ancor oggi priva di vera sponda politica. Solo con la Costituzione europea, in altri termini, la cittadinanza europea acquisisce la dignità e l’importanza che dovrebbero contraddistinguerla.
Purtroppo si sta assistendo in molti Paesi, da parte di governi in difficoltà, al comodo “scaricare” sull’Unione responsabilità invece tutte interne. L’euro appare uno dei bersagli preferiti, quando invece proprio grazie alla moneta unica anni scanditi dalla crisi dell’11 settembre, dalla crescita enorme del prezzo del petrolio, da gravi crisi e scandali finanziari hanno visto il mantenimento di una stabilità monetaria, di una bassa inflazione e di risibili tassi di interesse a protezione dei ceti più deboli. Così come i crescenti flussi migratori, legati alla globalizzazione ed alla povertà di una parte preponderante del nostro globo, in assenza delle regole europee sarebbero sempre più incontrollabili e consistenti. Per non dimenticare infine che la “strategia di Lisbona”, se concretizzata, potrebbe portare un contributo importantissimo allo sviluppo di un efficace modello sociale europeo.
L’Europa ha dovuto spesso, nel corso degli oltre 50 anni della sua “nuova storia”, affrontare momenti difficili e colpi di freno nella sua crescita riuscendo comunque ad andare avanti, e tuttavia un insuccesso nell’entrata in vigore della Costituzione europea sarebbe oggi molto preoccupante. È infatti ben più ampia la posta in gioco, e cioè la nascita di un primo assetto costituzionale, e sono altresì epocali le sfide poste alla Comunità internazionale che richiedono il rapido consolidamento dell’unica innovazione politico-istituzionale sin qui espressa in grado di affrontarle con efficacia e nello spirito della pace.
Quest’anno la ricorrenza, quanto mai utile come opportunità diretta ad ampliare la sempre scarsa conoscenza del fenomeno comunitario, cade in un momento delicatissimo del cammino verso la costruzione di quella federazione europea auspicata da Schuman e Monnet ma anticipata dal Manifesto scritto nel 1941 nel confino di Ventotene da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. L’entrata in vigore del Trattato Costituzionale Europeo è infatti sottoposta alla dura prova delle procedure costituzionali di ratifica da parte dei 25 Stati membri dell’Unione Europea il cui esito si presenta tuttora assai incerto laddove sia previsto un referendum popolare. Ed è altresì noto che, nell’attuale sistema giuridico, la bocciatura in uno solo di questi Stati potrebbe fermare il suddetto cammino soprattutto se essa dovesse provenire da uno dei Paesi fondatori quali appunto la Francia di Schuman.
La “negatività” e per certi versi l’assurdità per tutti noi di questa pur realistica ipotesi risiede in tante circostanze. La prima è data dal fatto che ormai tutte le Costituzioni nazionali sono “impregnate” di ordinamento comunitario attraverso un processo di reciproca legittimazione. Ogni Costituzione nazionale è d’altronde ormai da tempo “contaminata” dal diritto comunitario e deve essere letta alla luce di quest’ultimo. Pensiamo, per l’Italia, anche a norme preesistenti alle ultime modifiche: ad es. l’art. 70 Cost. afferma che la funzione legislativa è esercitata dalle due Camere, ma esso deve evidentemente coordinarsi con l’analoga funzione svolta in sede comunitaria e comunque produttiva di effetti diretti nell’ordinamento italiano; oppure, l’art. 104 Cost. sancisce che la magistratura è indipendente da ogni altro potere, eppure deve rapportarsi con il potere giurisdizionale comunitario, e così via.
L’avanzamento del processo di integrazione giuridico-istituzionale dell’Unione non confligge inoltre con le “identità costituzionali” degli Stati membri in quanto la stessa c.d. Costituzione europea contiene una specifica norma (art. I-5) per cui “L’Unione rispetta…la loro (degli Stati membri) identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali”. Va in proposito segnalato il ruolo importante attribuito ai Parlamenti nazionali ai quali l’art. III-259, riprendendo l’art. I-42, affida il compito di vigilare sul rispetto del principio di sussidiarietà rispetto alle proposte ed alle iniziative legislative presentate nell’ambito della cooperazione giudiziaria penale e di polizia. L’importanza acquisita dai rapporti fra istituzioni comunitarie e Parlamenti nazionali è ulteriormente sottolineata dalla predisposizione di un apposito Protocollo, il n.1, che ne disciplina in termini più precisi le diverse fasi.
In questo contesto c’è invece assoluto bisogno che l’integrazione europea, passata dai 6 Stati di Schuman ai 25 attuali, pervenga alla certificazione di maggiore età. Tale certificazione, dopo una crescita a singhiozzo ma incredibilmente significativa, non può che essere data dalla presenza di una Costituzione europea, anche se atipica come del resto atipico ed unico è l’intero processo cui abbiamo assistito in questi 50 anni. Solo con questa Costituzione può finalmente darsi solidità di valori alla produzione normativa comunitaria grazie ad una Carta dei diritti fondamentali arricchita da portata vincolante. Solo con questa Costituzione si può ridimensionare concretamente il deficit democratico grazie alla generalizzazione della codecisione legislativa fra Parlamento europeo e Consiglio. Solo con questa Costituzione può finalmente cominciare a delinearsi una soggettività (quanto mai indispensabile) dell’Unione nel contesto mondiale grazie al Presidente “stabile” del Consiglio Europeo ed al Ministro degli Affari Esteri. Solo con questa Costituzione comincia a darsi fondamento al necessario sostegno nei confronti di una moneta unica ancor oggi priva di vera sponda politica. Solo con la Costituzione europea, in altri termini, la cittadinanza europea acquisisce la dignità e l’importanza che dovrebbero contraddistinguerla.
Purtroppo si sta assistendo in molti Paesi, da parte di governi in difficoltà, al comodo “scaricare” sull’Unione responsabilità invece tutte interne. L’euro appare uno dei bersagli preferiti, quando invece proprio grazie alla moneta unica anni scanditi dalla crisi dell’11 settembre, dalla crescita enorme del prezzo del petrolio, da gravi crisi e scandali finanziari hanno visto il mantenimento di una stabilità monetaria, di una bassa inflazione e di risibili tassi di interesse a protezione dei ceti più deboli. Così come i crescenti flussi migratori, legati alla globalizzazione ed alla povertà di una parte preponderante del nostro globo, in assenza delle regole europee sarebbero sempre più incontrollabili e consistenti. Per non dimenticare infine che la “strategia di Lisbona”, se concretizzata, potrebbe portare un contributo importantissimo allo sviluppo di un efficace modello sociale europeo.
L’Europa ha dovuto spesso, nel corso degli oltre 50 anni della sua “nuova storia”, affrontare momenti difficili e colpi di freno nella sua crescita riuscendo comunque ad andare avanti, e tuttavia un insuccesso nell’entrata in vigore della Costituzione europea sarebbe oggi molto preoccupante. È infatti ben più ampia la posta in gioco, e cioè la nascita di un primo assetto costituzionale, e sono altresì epocali le sfide poste alla Comunità internazionale che richiedono il rapido consolidamento dell’unica innovazione politico-istituzionale sin qui espressa in grado di affrontarle con efficacia e nello spirito della pace.