E' CONSENTITO VENDERE MEDICINALI VIA INTERNET? LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA
Archivio > Anno 2004 > Marzo 2004
di Maria Luisa Gisella CARCHIA
La Corte di
Giustizia è intervenuta sulla delicata questione del commercio
intracomunitario dei farmaci, con la Sentenza 11 Dicembre 2003, nella
causa C- 322/01, Deutscher Apothekerverband contro 0800 Doc Morris NV,
Jacques Waterval.
Infatti, in particolare con l’utilizzo di Internet, è divenuto semplice aggirare le norme nazionali sulle prescrizioni di farmaci. La Corte ha risposto al quesito se, sulla base della normativa comunitaria, è possibile mettere in discussione le disposizioni nazionali tedesche che non permettono l’offerta di medicinali e la consegna di essi attraverso un servizio internazionale di vendita per corrispondenza. In particolare la Corte si sofferma sui limiti alla libertà di commercio riguardante i farmaci per cui necessita la prescrizione di un medico.
Il caso è nato a seguito delle questioni pregiudiziali proposte alla Corte dal Landgericht Frankfurt am Main (Germania), in seguito ad una controversia sorta tra l’Apathekerverband, che è un’associazione che ha lo scopo di difendere e promuovere gli interessi economici e sociali della professione farmaceutica, e la Doc Morris, che è una società per azioni con sede in Landgraaf (Paesi Bassi) la quale, oltre alla vendita per corrispondenza di medicinali, esercita un’attività farmaceutica tradizionale, aperta al pubblico. L’attività e il sito Internet di quest’ultima sono soggetti ad un’autorizzazione rilasciata dalle pubbliche autorità olandesi e sono oggetto di controllo da parte di queste ultime. La Doc Morris e il signor Waterval, secondo convenuto nella causa principale e farmacista autorizzato in Olanda, offrivano in vendita, all’indirizzo Internet 0800 Doc Morris, medicinali ad uso umano, con o senza obbligo di prescrizione medica, in lingua tedesca, per consumatori finali residenti in Germania. Essi vendevano esclusivamente medicinali autorizzati, sulla base di un autorizzazione ottenuta in Germania o nei Paesi Bassi. Da un lato l’Apothekerverband contestava l’offerta di tali medicinali e la consegna di essi tramite un servizio internazionale di vendita per corrispondenza, ritenendo che le disposizioni nazionali non permettevano l’esercizio di tali attività da parte dei convenuti e che il divieto stabilito da dette norme non poteva essere messo in discussione dagli artt. 28 CE e 30 CE; dall’altro, i convenuti ritenevano che la normativa nazionale, al contrario, autorizzava la loro attività e che il divieto di vendita di medicinali per corrispondenza non era compatibile con le disposizioni del diritto comunitario.
La Corte ha ritenuto applicabile l’art. 30 CE nel settore della produzione e della commercializzazione delle specialità medicinali, sino a quando l’armonizzazione delle normative nazionali non sia stata completamente realizzata in tali materie. La Corte, inoltre, ha ritenuto che la vendita di medicinali ai consumatori finali non costituiva oggetto di armonizzazione comunitaria completa. Tra i beni e interessi tutelati dal suddetto articolo, la salute o la vita delle persone occupano il primo posto ed è compito degli Stati membri e, nei limiti imposti dal trattato, decidere il livello di tutela che intendono accordare ed il grado di severità dei controlli da effettuare. In conformità alla giurisprudenza in materia, qualsiasi normativa nazionale che comporta un effetto restrittivo dovrebbe avere un carattere necessario e proporzionato. Tale effetto restrittivo è compatibile con il Trattato solo se necessario alla tutela delle suddette esigenze, a meno che le stesse potevano venire protette in modo altrettanto efficace, con provvedimenti meno restrittivi per gli scambi intracomunitari.
La Corte ha ritenuto inoltre che l’art. 30 CE poteva essere invocato per giustificare un divieto nazionale di vendita per corrispondenza dei medicinali, la cui vendita era riservata esclusivamente alle farmacie dello Stato membro interessato, purché esso riguardasse i medicinali soggetti a prescrizione medica. Detto articolo, invece, non poteva essere invocato per giustificare un divieto assoluto di vendita per corrispondenza dei medicinali che non erano soggetti a prescrizione medica nello Stato membro interessato.
Infatti, in particolare con l’utilizzo di Internet, è divenuto semplice aggirare le norme nazionali sulle prescrizioni di farmaci. La Corte ha risposto al quesito se, sulla base della normativa comunitaria, è possibile mettere in discussione le disposizioni nazionali tedesche che non permettono l’offerta di medicinali e la consegna di essi attraverso un servizio internazionale di vendita per corrispondenza. In particolare la Corte si sofferma sui limiti alla libertà di commercio riguardante i farmaci per cui necessita la prescrizione di un medico.
Il caso è nato a seguito delle questioni pregiudiziali proposte alla Corte dal Landgericht Frankfurt am Main (Germania), in seguito ad una controversia sorta tra l’Apathekerverband, che è un’associazione che ha lo scopo di difendere e promuovere gli interessi economici e sociali della professione farmaceutica, e la Doc Morris, che è una società per azioni con sede in Landgraaf (Paesi Bassi) la quale, oltre alla vendita per corrispondenza di medicinali, esercita un’attività farmaceutica tradizionale, aperta al pubblico. L’attività e il sito Internet di quest’ultima sono soggetti ad un’autorizzazione rilasciata dalle pubbliche autorità olandesi e sono oggetto di controllo da parte di queste ultime. La Doc Morris e il signor Waterval, secondo convenuto nella causa principale e farmacista autorizzato in Olanda, offrivano in vendita, all’indirizzo Internet 0800 Doc Morris, medicinali ad uso umano, con o senza obbligo di prescrizione medica, in lingua tedesca, per consumatori finali residenti in Germania. Essi vendevano esclusivamente medicinali autorizzati, sulla base di un autorizzazione ottenuta in Germania o nei Paesi Bassi. Da un lato l’Apothekerverband contestava l’offerta di tali medicinali e la consegna di essi tramite un servizio internazionale di vendita per corrispondenza, ritenendo che le disposizioni nazionali non permettevano l’esercizio di tali attività da parte dei convenuti e che il divieto stabilito da dette norme non poteva essere messo in discussione dagli artt. 28 CE e 30 CE; dall’altro, i convenuti ritenevano che la normativa nazionale, al contrario, autorizzava la loro attività e che il divieto di vendita di medicinali per corrispondenza non era compatibile con le disposizioni del diritto comunitario.
La Corte ha ritenuto applicabile l’art. 30 CE nel settore della produzione e della commercializzazione delle specialità medicinali, sino a quando l’armonizzazione delle normative nazionali non sia stata completamente realizzata in tali materie. La Corte, inoltre, ha ritenuto che la vendita di medicinali ai consumatori finali non costituiva oggetto di armonizzazione comunitaria completa. Tra i beni e interessi tutelati dal suddetto articolo, la salute o la vita delle persone occupano il primo posto ed è compito degli Stati membri e, nei limiti imposti dal trattato, decidere il livello di tutela che intendono accordare ed il grado di severità dei controlli da effettuare. In conformità alla giurisprudenza in materia, qualsiasi normativa nazionale che comporta un effetto restrittivo dovrebbe avere un carattere necessario e proporzionato. Tale effetto restrittivo è compatibile con il Trattato solo se necessario alla tutela delle suddette esigenze, a meno che le stesse potevano venire protette in modo altrettanto efficace, con provvedimenti meno restrittivi per gli scambi intracomunitari.
La Corte ha ritenuto inoltre che l’art. 30 CE poteva essere invocato per giustificare un divieto nazionale di vendita per corrispondenza dei medicinali, la cui vendita era riservata esclusivamente alle farmacie dello Stato membro interessato, purché esso riguardasse i medicinali soggetti a prescrizione medica. Detto articolo, invece, non poteva essere invocato per giustificare un divieto assoluto di vendita per corrispondenza dei medicinali che non erano soggetti a prescrizione medica nello Stato membro interessato.