LA QUESTIONE CIPRIOTA. APERTURA DI UN DIBATTITO *
Archivio > Anno 2004 > Ottobre 2004
di Augusto SINAGRA e Andrea CANNONE
* Si pubblicano con il consenso degli interessati la missiva del prof. Augusto Sinagra, ordinario di diritto dell'Unione europea nell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, e la risposta del prof. Andrea Cannone, straordinario di diritto internazionale nell'Università degli Studi di Bari.
LETTERA DI AUGUSTO SINAGRA
Caro Cannone,
ricevo regolarmente “Sud in Europa” e sull’ultimo numero ho avuto modo di leggere il suo articolo “Cipro e l’U.E.”.
La questione cipriota è da moltissimi anni nei miei interessi di studio e ciò non perché io sia amico personale del Presidente Rauf R. Denktas, o perché io sia dal 1989 Rappresentante permanente in Italia della Repubblica Turca di Cipro del Nord. La questione, infatti, suscita plurimi interessi per un internazionalista e il tuo articolo, cui ora mi riferisco, ne dà conferma.
Consentimi, tuttavia, qualche osservazione che non ha certamente riguardo alle valutazioni e ai punti di vista da te espressi che certamente non contesto e che anzi costituiscono per me, come si usa dire, un “arricchimento culturale”; hanno riguardo, però, ai presupposti storici dai quali muovono le tue valutazioni.
La Turchia non occupa una parte del territorio di uno Stato membro. Le Forze militari turche sull’Isola, da un canto intervennero il 20 luglio 1974 in esecuzione dell’obbligo di garanzia gravante sul governo di Ankara in base all’art. 14 dell’Accordo tripartito anglo-greco-turco di Zurigo del 1960 (sei informato del tentativo di colpo di Stato realizzato pochi giorni prima e con il quale voleva porsi a Presidente della Repubblica il noto pluriomicida greco-cipriota Nicos Sampson? che ne diresti nel vedere un bambino di tre anni ucciso con 38 revolverate e sentirti dire che si trattò di un incidente? – il bambino naturalmente era turco-cipriota); d’altro canto, le Forze militari turche si trovano sul territorio turco-cipriota che non è “parte del territorio di uno Stato membro dell’U.E.”, come tu osservi, ma è il territorio della seconda realtà statuale presente sull’Isola, come ormai viene da tutti riconosciuto anche se non in modo formale. Ma è appena il caso di rilevare e Tu lo insegni, che ai fini della sussistenza della statualità di un nuovo soggetto di diritto internazionale, questa non la si può far discendere adoperando ancora i vecchi arnesi del “riconoscimento” “costitutivo” o “dichiarativo”.
Ciò detto, non vedo perché tu addirittura veda una “deformazione storica” nel fatto che il Segretario di Stato americano si è rivolto al Capo del governo turco-cipriota chiamandolo “Signor Primo Ministro”. Ma come doveva chiamarlo, forse “Commendatore”?
È ben curioso che dopo trent’anni che il governo turco-cipriota viene chiamato “amministrazione turco-cipriota”, ci si debbano ora strappare le vesti per il fatto che per la prima volta e senza con ciò coinvolgere profili di statualità, il portavoce USA abbia detto “amministrazione greco-cipriota”.
Sono trent’anni che i turco-ciprioti subiscono la violenza morale e politica della Comunità internazionale che fino ad oggi ha preteso di vedere – contro il diritto, contro l’evidenza, contro la storia e soprattutto contro la realtà – nel governo greco-cipriota il solo e riconosciuto rappresentante legittimo di tutta l’Isola e di tutta la popolazione greco-cipriota e turco-cipriota!
Tu parli di una “invasione e occupazione militare tutt’ora esistente” da parte della Turchia (mentre la situazione è ben diversa), ma vorrei che tu mi chiarissi un punto: se è ancora in vigore la Costituzione del 1960 come fa Cipro a entrare nella U.E. se prima non ne fa parte anche la Turchia?
Se invece la Costituzione del 1960 non è più in vigore, mi vuoi spiegare per quale santa ragione la Costituzione greco-cipriota dovrebbe vincolare anche la Comunità turco-cipriota?
Poi Tu parli delle “proprietà lasciate dai greco-ciprioti fug-giti nel 1974”. A parte il fatto che potrei ricordare non solo i turco-ciprioti fuggiti dal sud ma le centinaia e centinaia di turco-ciprioti massacrati al nord e al sud dai molto democratici e civili greci e greco-ciprioti, vi è che forse è il caso di rileggere gli accordi Denktas-Clerides di Vienna del 1975, promossi e “ratificati” dalle Nazioni Unite con i quali si conveniva pacificamente il trasferimento delle persone ed il volontario e reciproco abbandono delle proprietà.
Vedi, mio caro Cannone, potrei continuare ancora a lungo ma non è questa né la sede né l’occasione per farlo. Vorrei però dirti una cosa: per dirla con Aldo Bernardini, il giurista può non essere neutrale, ma deve essere obiettivo e francamente succede, poi, che si perde in termini di credibilità quando si assume così dichiaratamente, e senza neppure il tentativo di nasconderla, una così palese posizione filo-greca che tutto pretende di giustistificare per i greci e per i greco-ciprioti.
Molto sommessamente vorrei segnalarti il volume “La questione cipriota - La storia e il diritto” (Giuffrè 1999) curato da me e da Claudio Zanghì.
Da ultimo, vorrei proporTi una cosa che mi darebbe l'occasione molto lieta di poterti rivedere (tu sai la stima e l'amicizia che ho per te): perché non organizzi presso la tua Facoltà a Bari un dibattito su questo problema cipriota, anche a beneficio dei Tuoi studenti, per consentire anche a chi la pensa diversamente, come me, di poter esprimere il suo punto di vista?: la storia la si deve raccontare tutta e le valutazioni giuridiche vanno svolte, a mio avviso, con tutti e due gli occhi e non con uno solo.
Scusa questa noia che ti ho provocato e accogli i miei saluti più cordiali, unitamente al mio ultimo volume che ho veramente piacere di inviarti.
RISPOSTA DI ANDREA CANNONE
Era probabilmente inevitabile che si dovesse ricorrere alla cortesia del Direttore della Rivista prof. Triggiani per chiedere l’ulteriore pubblicazione di uno scambio di vedute sulla questione cipriota stante l’interesse che essa da molto tempo ha suscitato tra gli studiosi italiani (ricordo, tra quelli che in questo momento mi vengono in mente, il saggio di Elena Sciso sulla Rivista di diritto internazionale del 1977 sull’intervento turco a Cipro, il riferimento alla Repubblica Turco Cipriota del Nord contenuto nella voce ‘Riconoscimento’ (diritto internazionale) di Ugo Villani pubblicata nell’Enciclopedia del Diritto, gli articoli più recenti sempre sulla Rivista di diritto internazionale di Maria Chiara Vitucci del 1998 sulla responsabilità della Turchia nel caso Loizidou, quello Tuo pubblicato nel volume XXII di Comunicazioni e studi del 2002 in materia di non riconoscimento di uno Stato e poi, ancora, Grandi, Focarelli e altri). Ringrazio pertanto Ennio Triggiani e colgo l’occasione per fare alcune precisazioni rispondendo alle osservazioni del collega Sinagra.
La notizia relativa al tentativo di colpo di Stato a Cipro ordito dal grecocipriota Nicos Sampson prima dell’intervento armato turco a Cipro, come i lettori possono agevolmente verificare, è stata riportata nel mio articolo. Colgo l’occasione per informare doverosamente Te e i lettori di SudinEuropa che per la ricostruzione storica degli eventi ho fatto riferimento al saggio di Abdelkhaleq Berramdane pubblicato nella Revue du droit de l’Union européenne, 2003, p. 87 ss. con il titolo “Chypre entre adhèsion à l’Union européenne et réunification”.
Continuo a ritenere che l’affermazione di due distinte entità statali a Cipro (Repubblica di Cipro e Repubblica Turca di Cipro del Nord) da Te sostenuta non corrisponda alla situazione reale. Invero la Repubblica Turca di Cipro del Nord proclamata a seguito dell’invasione (o, se preferisci un altro termine, dell’intervento militare) da parte della Turchia e della successiva e tuttora esistente occupazione militare turca (quello che nel Tuo saggio del 2002 a p. 375 chiami “il dato meramente fattuale della presenza di forze militari ancorché importanti”) difetta del requisito della “indipendenza” come affermato, tra l’altro, anche dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tant’è che ad un certo punto ha persino fatto capolino la minaccia della Turchia di annessione della parte settentrionale di Cipro come 82.ma provincia per scongiurare l’adesione dell’Isola all’Unione europea (ne parla sempre il Berramdane nell’articolo citato sopra a p. 101). D’altra parte mi riesce difficile pensare che circa 30.000 soldati e poliziotti turchi siano “meramente presenti” per godere i benefici offerti dal clima e dalle bellezze naturali dell’isola.
L’esito positivo del referendum nella parte turcocipriota dell’isola sulla riunificazione di Cipro e sull’adesione dell’intera isola all’Unione europea denota peraltro la disponibilità ad abbandonare il progetto di uno Stato turcocipriota indipendente.
Che poi la condanna dell’intervento e della proclamazione unilaterale della Repubblica Turca di Cipro del Nord costituisca, come Tu affermi, “violenza morale e politica della Comunità internazionale” è un’affermazione che contiene un giudizio politico rispetto alla quale se ne possono contrapporre altre di contenuto diverso e persino contrario.
Quanto poi all’articolo del Trattato di garanzia da Te evocato quale fondamento giuridico dell’intervento militare turco del 1974, è vero che l’art. IV prevede “the right to take action” a favore di ciascuna delle tre Potenze garanti (Regno Unito, Grecia e Turchia) in caso di violazione del Trattato (ossia, di violazione dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e della sicurezza di Cipro) e a seguito di impossibilità di azione comune e concertata tra le tre Potenze garanti. Ma è anche vero che tale “right to take action” è attribuito “with the sole aim” (nel testo francese “dans le but exclusif”) (corsivo mio) del ristabilimento dell’ordine delle cose (state of affairs) creato dal Trattato. Mi sembra invece che l’intervento militare della Turchia e la proclamazione della RTCN siano andati in senso contrario rispetto a tale ristabilimento; chè, anzi, essi abbiano prodotto la lesione dell’integrità territoriale in quanto, una volta fallito il tentativo di colpo di Stato da parte della fazione grecocipriota di Sampson doveva ritenersi non realizzato il mutamento dello ‘state of affairs’ a Cipro. In altri termini, a me pare che il fallito colpo di Stato di Sampson, abbia offerto alla Turchia solo il pretesto per realizzare l’invasione dell’isola di Cipro in aperta violazione del divieto dell’uso della forza sancito dall’art. 2 par. 4 Carta N.U..
Ed ancora devo fare un rilievo rispetto al profilo dell’adesione di Cipro all’Unione europea - profilo che interessa gli internazionalisti ma che Tu curiosamente non richiami - che, secondo la Turchia, sarebbe in violazione del Trattato di garanzia del 1960. In base all’art. I secondo comma del Trattato di garanzia del 1960 la Repubblica di Cipro aveva assunto l’obbligo di non partecipare in tutto o in parte a qualsiasi unione politica o economica “with any State whatsoever” (“avec quelque État que ce soit”). La finalità di tale disposizione era di impedire l’enosis con la Grecia o il taksim con eventuale aggregazione successiva alla Turchia. Sicchè la predetta posizione della Turchia – con riferimento all’ingresso di Cipro all’Unione europea – presuppone un’interpretazione estensiva di quella disposizione non compatibile con lo scopo del Trattato (in tal senso si sono orientati studiosi come Crawford, Häfner e Pellet: KLEBES-PELISSIER, L’adhèsion de la Rèpublique de Chypre à l’Union européenne, in RTDE, 2003, p. 441 ss. in specie p. 461).
Ed infine il contrasto della domanda di adesione di Cipro con la carta costituzionale del 1960 da Te sostenuto (un profilo che sembra interessare più i costituzionalisti e sul quale mi trovo, come dire, meno preparato): come Tu ricordi, in base all’art. 50 della Costituzione del 1960 le decisioni di politica estera e, in particolare, qualsiasi decisione relativa all’adesione a un’organizzazione internazionale o a qualsiasi alleanza di cui non facciano parte Grecia e Turchia, è sottoposta al diritto di veto del Presidente o del vicepresidente della Repubblica (quest’ultimo, in base alla Costituzione, necessariamente turcocipriota). Orbene, già dopo gli scontri interetnici nell’isola del 1963-64 le istituzioni della Costituzione del 1960 non hanno funzionato ‘a regime’, realizzandosi l’estraneazione dei turcociprioti dalle istituzioni costituzionali e una marcata tendenza degli stessi ad autogovernarsi senza tuttavia che ciò comportasse assunzione di potere sovrano e di indipendenza.
Si tratta di un’anomalia costituzionale che, pur grave, non si presta, dal punto di vista del diritto internazionale, a essere valutata in termini di formazione di una nuova entità statale nell’isola e relativa trasformazione della Costituzione della Repubblica di Cipro in una nuova Costituzione, quella che Tu chiami Costituzione greco-cipriota.
Sono pienamente d’accordo con Te quando dici che bisogna ricordare anche le sofferenze della comunità turcocipriota negli eventi del 1974, le case, le proprietà e i villaggi abbandonate da questi ultimi: in effetti nel mio articolo non ho adeguatamente evidenziato il carattere “forzato” del loro “raggruppamento” nella parte settentrionale dell’isola. Ma ciò non fa che rafforzare il mio convincimento che – credo sia anche Tuo – della necessità di una pacificazione peraltro resa ormai più vicina grazie al “circolo virtuoso” determinato da una serie di fattori quali la presenza di una forza di peace-keeping nell’isola da decenni, le decisioni degli organi di Strasburgo, gli sforzi del rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU, di quelli della Commissione europea, in particolare del Commissario responsabile dell’allargamento, dei governanti di Grecia e Turchia (questi ultimi hanno dovuto, tra l’altro, perentoriamente affermare che “il dossier cipriota non costituisce proprietà personale di Rauf Denktash” leader storico dei turcociprioti noto per le sue posizioni contrarie al progetto di riunificazione dell’isola) e, last but not least, dei leaders delle due principali comunità etniche che vivono entrambe da secoli nell’isola.
Leggerò con attenzione il volume del 1999 sulla questione cipriota che mi hai cortesemente segnalato e ricambio altrettanto affettuosamente i saluti.
* Si pubblicano con il consenso degli interessati la missiva del prof. Augusto Sinagra, ordinario di diritto dell'Unione europea nell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, e la risposta del prof. Andrea Cannone, straordinario di diritto internazionale nell'Università degli Studi di Bari.
LETTERA DI AUGUSTO SINAGRA
Caro Cannone,
ricevo regolarmente “Sud in Europa” e sull’ultimo numero ho avuto modo di leggere il suo articolo “Cipro e l’U.E.”.
La questione cipriota è da moltissimi anni nei miei interessi di studio e ciò non perché io sia amico personale del Presidente Rauf R. Denktas, o perché io sia dal 1989 Rappresentante permanente in Italia della Repubblica Turca di Cipro del Nord. La questione, infatti, suscita plurimi interessi per un internazionalista e il tuo articolo, cui ora mi riferisco, ne dà conferma.
Consentimi, tuttavia, qualche osservazione che non ha certamente riguardo alle valutazioni e ai punti di vista da te espressi che certamente non contesto e che anzi costituiscono per me, come si usa dire, un “arricchimento culturale”; hanno riguardo, però, ai presupposti storici dai quali muovono le tue valutazioni.
La Turchia non occupa una parte del territorio di uno Stato membro. Le Forze militari turche sull’Isola, da un canto intervennero il 20 luglio 1974 in esecuzione dell’obbligo di garanzia gravante sul governo di Ankara in base all’art. 14 dell’Accordo tripartito anglo-greco-turco di Zurigo del 1960 (sei informato del tentativo di colpo di Stato realizzato pochi giorni prima e con il quale voleva porsi a Presidente della Repubblica il noto pluriomicida greco-cipriota Nicos Sampson? che ne diresti nel vedere un bambino di tre anni ucciso con 38 revolverate e sentirti dire che si trattò di un incidente? – il bambino naturalmente era turco-cipriota); d’altro canto, le Forze militari turche si trovano sul territorio turco-cipriota che non è “parte del territorio di uno Stato membro dell’U.E.”, come tu osservi, ma è il territorio della seconda realtà statuale presente sull’Isola, come ormai viene da tutti riconosciuto anche se non in modo formale. Ma è appena il caso di rilevare e Tu lo insegni, che ai fini della sussistenza della statualità di un nuovo soggetto di diritto internazionale, questa non la si può far discendere adoperando ancora i vecchi arnesi del “riconoscimento” “costitutivo” o “dichiarativo”.
Ciò detto, non vedo perché tu addirittura veda una “deformazione storica” nel fatto che il Segretario di Stato americano si è rivolto al Capo del governo turco-cipriota chiamandolo “Signor Primo Ministro”. Ma come doveva chiamarlo, forse “Commendatore”?
È ben curioso che dopo trent’anni che il governo turco-cipriota viene chiamato “amministrazione turco-cipriota”, ci si debbano ora strappare le vesti per il fatto che per la prima volta e senza con ciò coinvolgere profili di statualità, il portavoce USA abbia detto “amministrazione greco-cipriota”.
Sono trent’anni che i turco-ciprioti subiscono la violenza morale e politica della Comunità internazionale che fino ad oggi ha preteso di vedere – contro il diritto, contro l’evidenza, contro la storia e soprattutto contro la realtà – nel governo greco-cipriota il solo e riconosciuto rappresentante legittimo di tutta l’Isola e di tutta la popolazione greco-cipriota e turco-cipriota!
Tu parli di una “invasione e occupazione militare tutt’ora esistente” da parte della Turchia (mentre la situazione è ben diversa), ma vorrei che tu mi chiarissi un punto: se è ancora in vigore la Costituzione del 1960 come fa Cipro a entrare nella U.E. se prima non ne fa parte anche la Turchia?
Se invece la Costituzione del 1960 non è più in vigore, mi vuoi spiegare per quale santa ragione la Costituzione greco-cipriota dovrebbe vincolare anche la Comunità turco-cipriota?
Poi Tu parli delle “proprietà lasciate dai greco-ciprioti fug-giti nel 1974”. A parte il fatto che potrei ricordare non solo i turco-ciprioti fuggiti dal sud ma le centinaia e centinaia di turco-ciprioti massacrati al nord e al sud dai molto democratici e civili greci e greco-ciprioti, vi è che forse è il caso di rileggere gli accordi Denktas-Clerides di Vienna del 1975, promossi e “ratificati” dalle Nazioni Unite con i quali si conveniva pacificamente il trasferimento delle persone ed il volontario e reciproco abbandono delle proprietà.
Vedi, mio caro Cannone, potrei continuare ancora a lungo ma non è questa né la sede né l’occasione per farlo. Vorrei però dirti una cosa: per dirla con Aldo Bernardini, il giurista può non essere neutrale, ma deve essere obiettivo e francamente succede, poi, che si perde in termini di credibilità quando si assume così dichiaratamente, e senza neppure il tentativo di nasconderla, una così palese posizione filo-greca che tutto pretende di giustistificare per i greci e per i greco-ciprioti.
Molto sommessamente vorrei segnalarti il volume “La questione cipriota - La storia e il diritto” (Giuffrè 1999) curato da me e da Claudio Zanghì.
Da ultimo, vorrei proporTi una cosa che mi darebbe l'occasione molto lieta di poterti rivedere (tu sai la stima e l'amicizia che ho per te): perché non organizzi presso la tua Facoltà a Bari un dibattito su questo problema cipriota, anche a beneficio dei Tuoi studenti, per consentire anche a chi la pensa diversamente, come me, di poter esprimere il suo punto di vista?: la storia la si deve raccontare tutta e le valutazioni giuridiche vanno svolte, a mio avviso, con tutti e due gli occhi e non con uno solo.
Scusa questa noia che ti ho provocato e accogli i miei saluti più cordiali, unitamente al mio ultimo volume che ho veramente piacere di inviarti.
RISPOSTA DI ANDREA CANNONE
Era probabilmente inevitabile che si dovesse ricorrere alla cortesia del Direttore della Rivista prof. Triggiani per chiedere l’ulteriore pubblicazione di uno scambio di vedute sulla questione cipriota stante l’interesse che essa da molto tempo ha suscitato tra gli studiosi italiani (ricordo, tra quelli che in questo momento mi vengono in mente, il saggio di Elena Sciso sulla Rivista di diritto internazionale del 1977 sull’intervento turco a Cipro, il riferimento alla Repubblica Turco Cipriota del Nord contenuto nella voce ‘Riconoscimento’ (diritto internazionale) di Ugo Villani pubblicata nell’Enciclopedia del Diritto, gli articoli più recenti sempre sulla Rivista di diritto internazionale di Maria Chiara Vitucci del 1998 sulla responsabilità della Turchia nel caso Loizidou, quello Tuo pubblicato nel volume XXII di Comunicazioni e studi del 2002 in materia di non riconoscimento di uno Stato e poi, ancora, Grandi, Focarelli e altri). Ringrazio pertanto Ennio Triggiani e colgo l’occasione per fare alcune precisazioni rispondendo alle osservazioni del collega Sinagra.
La notizia relativa al tentativo di colpo di Stato a Cipro ordito dal grecocipriota Nicos Sampson prima dell’intervento armato turco a Cipro, come i lettori possono agevolmente verificare, è stata riportata nel mio articolo. Colgo l’occasione per informare doverosamente Te e i lettori di SudinEuropa che per la ricostruzione storica degli eventi ho fatto riferimento al saggio di Abdelkhaleq Berramdane pubblicato nella Revue du droit de l’Union européenne, 2003, p. 87 ss. con il titolo “Chypre entre adhèsion à l’Union européenne et réunification”.
Continuo a ritenere che l’affermazione di due distinte entità statali a Cipro (Repubblica di Cipro e Repubblica Turca di Cipro del Nord) da Te sostenuta non corrisponda alla situazione reale. Invero la Repubblica Turca di Cipro del Nord proclamata a seguito dell’invasione (o, se preferisci un altro termine, dell’intervento militare) da parte della Turchia e della successiva e tuttora esistente occupazione militare turca (quello che nel Tuo saggio del 2002 a p. 375 chiami “il dato meramente fattuale della presenza di forze militari ancorché importanti”) difetta del requisito della “indipendenza” come affermato, tra l’altro, anche dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tant’è che ad un certo punto ha persino fatto capolino la minaccia della Turchia di annessione della parte settentrionale di Cipro come 82.ma provincia per scongiurare l’adesione dell’Isola all’Unione europea (ne parla sempre il Berramdane nell’articolo citato sopra a p. 101). D’altra parte mi riesce difficile pensare che circa 30.000 soldati e poliziotti turchi siano “meramente presenti” per godere i benefici offerti dal clima e dalle bellezze naturali dell’isola.
L’esito positivo del referendum nella parte turcocipriota dell’isola sulla riunificazione di Cipro e sull’adesione dell’intera isola all’Unione europea denota peraltro la disponibilità ad abbandonare il progetto di uno Stato turcocipriota indipendente.
Che poi la condanna dell’intervento e della proclamazione unilaterale della Repubblica Turca di Cipro del Nord costituisca, come Tu affermi, “violenza morale e politica della Comunità internazionale” è un’affermazione che contiene un giudizio politico rispetto alla quale se ne possono contrapporre altre di contenuto diverso e persino contrario.
Quanto poi all’articolo del Trattato di garanzia da Te evocato quale fondamento giuridico dell’intervento militare turco del 1974, è vero che l’art. IV prevede “the right to take action” a favore di ciascuna delle tre Potenze garanti (Regno Unito, Grecia e Turchia) in caso di violazione del Trattato (ossia, di violazione dell’indipendenza, dell’integrità territoriale e della sicurezza di Cipro) e a seguito di impossibilità di azione comune e concertata tra le tre Potenze garanti. Ma è anche vero che tale “right to take action” è attribuito “with the sole aim” (nel testo francese “dans le but exclusif”) (corsivo mio) del ristabilimento dell’ordine delle cose (state of affairs) creato dal Trattato. Mi sembra invece che l’intervento militare della Turchia e la proclamazione della RTCN siano andati in senso contrario rispetto a tale ristabilimento; chè, anzi, essi abbiano prodotto la lesione dell’integrità territoriale in quanto, una volta fallito il tentativo di colpo di Stato da parte della fazione grecocipriota di Sampson doveva ritenersi non realizzato il mutamento dello ‘state of affairs’ a Cipro. In altri termini, a me pare che il fallito colpo di Stato di Sampson, abbia offerto alla Turchia solo il pretesto per realizzare l’invasione dell’isola di Cipro in aperta violazione del divieto dell’uso della forza sancito dall’art. 2 par. 4 Carta N.U..
Ed ancora devo fare un rilievo rispetto al profilo dell’adesione di Cipro all’Unione europea - profilo che interessa gli internazionalisti ma che Tu curiosamente non richiami - che, secondo la Turchia, sarebbe in violazione del Trattato di garanzia del 1960. In base all’art. I secondo comma del Trattato di garanzia del 1960 la Repubblica di Cipro aveva assunto l’obbligo di non partecipare in tutto o in parte a qualsiasi unione politica o economica “with any State whatsoever” (“avec quelque État que ce soit”). La finalità di tale disposizione era di impedire l’enosis con la Grecia o il taksim con eventuale aggregazione successiva alla Turchia. Sicchè la predetta posizione della Turchia – con riferimento all’ingresso di Cipro all’Unione europea – presuppone un’interpretazione estensiva di quella disposizione non compatibile con lo scopo del Trattato (in tal senso si sono orientati studiosi come Crawford, Häfner e Pellet: KLEBES-PELISSIER, L’adhèsion de la Rèpublique de Chypre à l’Union européenne, in RTDE, 2003, p. 441 ss. in specie p. 461).
Ed infine il contrasto della domanda di adesione di Cipro con la carta costituzionale del 1960 da Te sostenuto (un profilo che sembra interessare più i costituzionalisti e sul quale mi trovo, come dire, meno preparato): come Tu ricordi, in base all’art. 50 della Costituzione del 1960 le decisioni di politica estera e, in particolare, qualsiasi decisione relativa all’adesione a un’organizzazione internazionale o a qualsiasi alleanza di cui non facciano parte Grecia e Turchia, è sottoposta al diritto di veto del Presidente o del vicepresidente della Repubblica (quest’ultimo, in base alla Costituzione, necessariamente turcocipriota). Orbene, già dopo gli scontri interetnici nell’isola del 1963-64 le istituzioni della Costituzione del 1960 non hanno funzionato ‘a regime’, realizzandosi l’estraneazione dei turcociprioti dalle istituzioni costituzionali e una marcata tendenza degli stessi ad autogovernarsi senza tuttavia che ciò comportasse assunzione di potere sovrano e di indipendenza.
Si tratta di un’anomalia costituzionale che, pur grave, non si presta, dal punto di vista del diritto internazionale, a essere valutata in termini di formazione di una nuova entità statale nell’isola e relativa trasformazione della Costituzione della Repubblica di Cipro in una nuova Costituzione, quella che Tu chiami Costituzione greco-cipriota.
Sono pienamente d’accordo con Te quando dici che bisogna ricordare anche le sofferenze della comunità turcocipriota negli eventi del 1974, le case, le proprietà e i villaggi abbandonate da questi ultimi: in effetti nel mio articolo non ho adeguatamente evidenziato il carattere “forzato” del loro “raggruppamento” nella parte settentrionale dell’isola. Ma ciò non fa che rafforzare il mio convincimento che – credo sia anche Tuo – della necessità di una pacificazione peraltro resa ormai più vicina grazie al “circolo virtuoso” determinato da una serie di fattori quali la presenza di una forza di peace-keeping nell’isola da decenni, le decisioni degli organi di Strasburgo, gli sforzi del rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU, di quelli della Commissione europea, in particolare del Commissario responsabile dell’allargamento, dei governanti di Grecia e Turchia (questi ultimi hanno dovuto, tra l’altro, perentoriamente affermare che “il dossier cipriota non costituisce proprietà personale di Rauf Denktash” leader storico dei turcociprioti noto per le sue posizioni contrarie al progetto di riunificazione dell’isola) e, last but not least, dei leaders delle due principali comunità etniche che vivono entrambe da secoli nell’isola.
Leggerò con attenzione il volume del 1999 sulla questione cipriota che mi hai cortesemente segnalato e ricambio altrettanto affettuosamente i saluti.