FONDI STRUTTURALI: LA NUOVA PROGRAMMAZIONE 2007-2013
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di Micaela FALCONE
Con
Regolamento (CE) 1083/2006 dell’11 luglio 2006 - in vigore dal 1°
gennaio 2007 - il Consiglio ha approvato la proposta della Commissione
recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale,
sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione per il periodo
2007-2013, abrogando il Regolamento (CE) 1260/1999, che aveva
disciplinato la programmazione degli interventi strutturali per il
precedente periodo 2000-2006.
In virtù del nuovo regolamento, cui si affiancano disposizioni specifiche per i singoli fondi [Reg. (CE) n. 1084/2006 del 11 luglio 2006; Reg. (CE) n. 1080/2006 del 5 luglio 2006; Reg. (CE) n. 1081/2006 del 5 luglio 2006], nella nuova programmazione 2007-2013 vengono introdotte significative innovazioni. Tali innovazioni sono dettate, da un lato, dalle priorità evidenziate dalle Agende di Lisbona (marzo 2000: crescita, competitività e occupazione) e di Göteborg (giugno 2001: ambiente), dall’altro dall’imponente ultimo allargamento dell’UE, che impone di ridisegnare la politica regionale e gli strumenti di coesione economica e sociale per garantirne utilità ed efficacia nell’Europa a 27 Stati membri. È evidente, infatti, che l’ingresso dei 12 Paesi ad est del nostro continente, caratterizzati da condizioni economiche e sociali ben al di sotto della media europea, ha delineato una delle principali sfide che l’UE è chiamata ad affrontare in termini di globalizzazione, sviluppo, armonizzazione, innovazione, conoscenza e ristrutturazione economica.
La programmazione 2007-2013 è improntata ai criteri generali di semplificazione e decentramento e dispone di un importo globale di finanziamento di 308 miliardi di euro.
La novità principale riguarda l’individuazione di tre nuovi obiettivi: convergenza, competitività regionale e occupazione, cooperazione territoriale europea (contro i 9 della precedente programmazione, se agli obiettivi 1, 2 e 3 si aggiungono le iniziative INTERREG III, EQUAL, URBAN, Leader + nonché la gestione a sè stante del Fondo di coesione e dello sviluppo rurale e del settore della pesca nelle zone escluse dall’Obiettivo 1).
Secondo quanto disposto dall’art. 3 del Reg. 1083/2006, l’obiettivo “Convergenza” mira ad accelerare la convergenza di Stati membri e regioni in ritardo di sviluppo, migliorandone le condizioni per la crescita e l’occupazione. Questo obiettivo, in cui confluisce il vecchio obiettivo 1, costituisce la priorità dei fondi FESR, FSE e Fondo di Coesione, con risorse pari a 253 miliardi di euro (cioè l’83% del totale). Sono ammesse ai finanziamenti disposti nell’ambito di tale obiettivo le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% del PIL medio dell’UE a 25 (art. 6); tuttavia, potranno beneficiare di un aiuto transitorio, specifico e decrescente, anche quelle regioni che superano la indicata percentuale esclusivamente a causa dell’effetto statistico dovuto all’allargamento, regioni cioè che avrebbero risposto ai criteri di ammissibilità in una Europa a 15 (art. 8). In Italia, le regioni ammesse a questo obiettivo sono Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, mentre la Basilicata è ammessa al regime transitorio. Gli Stati ammissibili al finanziamento del Fondo di Coesione sono quelli in cui il RNL pro capite è inferiore al 90% del RNL medio dell’UE a 25, a condizione che siano in grado di conformarsi ai criteri di convergenza economica di cui all’art. 104 TCE.
L’obiettivo “Competitività regionale e occupazione” punta a rafforzare la competitività e le attrattive delle regioni e l’occupazione, anticipando i cambiamenti economici e sociali mediante l’incremento e il miglioramento della qualità degli investimenti nel capitale umano, l’imprenditorialità, la tutela dell’ambiente e il miglioramento dell’accessibilità, dell’adattabilità dei lavoratori e delle imprese e lo sviluppo dei mercati del lavoro inclusivi. In questo obiettivo confluiscono i vecchi obiettivi 2 e 3 e le risorse per esso stanziate - pari a 50 miliardi di euro - sono destinate alle regioni e agli Stati che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’obiettivo precedente.
Il terzo ed ultimo obiettivo, decisamente innovativo rispetto alla programmazione 2000-2006, attiene alla “Cooperazione territoriale europea” ed è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale ed interregionale promuovendo la ricerca e lo scambio di esperienze al livello territoriale più adeguato, sostenendo una fattiva collaborazione tra autorità confinanti per la realizzazione di soluzioni congiunte a problemi comuni. Questo obiettivo trae spunto dalle iniziative INTERREG ma, nello specifico, intende rivolgersi a tutte le regioni della Comunità di livello NUTS 3 situate lungo le frontiere terrestri interne ed esterne, nonché lungo le frontiere marittime.
L’elenco delle regioni e degli Stati ammessi ai singoli obiettivi è adottato dalla Commissione in base al Reg. CE 1059/2003 (in parte modificato dal Reg. CE 1888/2005) che ha introdotto un sistema comune di classificazione delle regioni europee secondo ‘unità territoriali per la statistica’ (c.d. NUTS) e sarà oggetto di riesame nel 2010 sulla scorta di un aggiornamento dei dati relativi a PIL e RNL.
Il principio di semplificazione, che ha ispirato la nuova programmazione, ha determinato anche la riduzione degli strumenti di finanziamento utilizzati, che dai 6 precedenti vengono ridotti a 3. Infatti, secondo il sesto considerando del regolamento, FAEOG (nella duplice sezione “Orientamento” e “Garanzia”) e SFOP andrebbero integrati nelle specifiche politiche di riferimento della PAC e della pesca (pur mantenendo un costante coordinamento con gli altri fondi), mentre il Fondo di coesione viene assimilato, nella gestione e nei progetti di finanziamento, agli altri strumenti propri della politica di coesione, ovvero FSE (Fondo sociale europeo) e FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale).
Gli stanziamenti complessivi assegnati a ciascuno Stato nell’ambito dei singoli obiettivi non sono trasferibili tra loro (art. 22) ed il 3% della dotazione assegnata può essere accantonato – su iniziativa degli Stati stessi e previa autorizzazione della Commissione – in “riserve nazionali di efficacia ed efficienza” (art. 50), che fungono da importante elemento di motivazione per i gestori dei programmi poiché distribuite, a metà del periodo di programmazione, ai programmi che si dimostreranno più efficienti, premiandone qualità ed operosità. Novità rispetto al passato è la introduzione di una ulteriore “riserva nazionale per imprevisti”, istituita appunto per far fronte a crisi impreviste, locali o settoriali, derivanti dalla ristrutturazione economica e sociale o alle conseguenze dell’apertura degli scambi (art. 51).
Con Decisione 2006/702/CE del 6 ottobre 2006 il Consiglio ha adottato gli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione, identificando le priorità dell’UE che rappresentano l’indispensabile riferimento per la programmazione strutturale dei singoli Stati. La decisione, adottata in netto anticipo rispetto al termine fissato per il 1° febbraio 2007 dall’art. 26 Reg. 1083/2006, fa riferimento a quattro orientamenti principali, ovvero:
I. Rendere l’Europa più attraente per investimenti e occupazione e in tal senso potenziare le infrastrutture di trasporto, le sinergie tra la tutela ambientale e la crescita sulla base della sostenibilità, l’innovazione e la creazione di posti di lavoro, ridurre la dipendenza dalle fonti tradizionali di energia migliorando l’efficienza energetica e utilizzando le energie rinnovabili.
II. Promuovere conoscenza e innovazione, incrementando gli investimenti e migliorando l’accesso al finanziamento in questi settori, incoraggiando la società dell’informazione nonché la diffusione delle dotazioni in tema di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) delle imprese e dei privati.
III. Creare migliori e più numerosi posti di lavoro, modernizzando i sistemi di protezione sociale, migliorando l’adattabilità dei lavoratori e la flessibilità del mercato del lavoro, investendo nel capitale umano tramite il miglioramento dell’istruzione e delle competenze ed, infine, sviluppando la capacità amministrativa delle amministrazioni e dei servizi pubblici.
IV. Sviluppare la dimensione territoriale della politica di coesione, per consentirle di adattarsi alle esigenze e alle peculiarità specifiche dei territori, in base ai problemi o alle opportunità che risultano dalla rispettiva condizione geografica.
Sulla base di questi orientamenti strategici comunitari, ciascuno Stato membro è chiamato ad elaborare, entro il 6 marzo 2007, un “Documento - quadro di riferimento strategico nazionale (QSN)”. Questo documento, che si sostituisce ai precedenti Quadri Comunitari di Sostegno (QCS), Documenti Unici di Programmazione (DOCUP) e complementi di programmazione, identifica il collegamento tra la strategia di riforma nazionale e le priorità comunitarie, costituendo la base di partenza per preparare la programmazione nazionale dei Fondi. Il QSN contiene un’analisi preliminare della situazione nazionale, la strategia scelta in base a tale analisi comprese le priorità tematiche e territoriali, l’elenco dei programmi operativi, una programmazione di spesa e le procedure di coordinamento tra la politica di coesione europea e le politiche pertinenti a livello nazionale, settoriale e regionale degli Stati interessati (art. 27). È elaborato dallo Stato membro previa consultazione con i partner più rappresentativi a livello nazionale/locale e poi valutato ed approvato dalla Commissione entro tre mesi dalla sua ricezione.
A livello esecutivo le attività dei Fondi sono svolte sotto forma di Programmi Operativi (PO), redatti nell’ambito del Quadro di riferimento strategico nazionale dallo Stato membro o da una autorità da esso designata. Essi includono valutazioni, motivazioni, piani di finanziamento, disposizioni di attuazione e l’individuazione degli assi prioritari. Anche i Programmi Operativi vanno presentati alla Commissione non oltre cinque mesi dall’adozione degli orientamenti strategici comunitari per la coesione di cui all’articolo 26 del Regolamento (quindi entro il 6 marzo 2007) ed in seguito verranno valutati, eventualmente rivisti e infine adottati dalla Commissione stessa (artt. 32 e 37). I PO possono riguardare solo uno dei tre obiettivi e beneficiare del finanziamento di un solo Fondo. Costituisce eccezione a questa ultima disposizione la possibilità di finanziare in misura complementare (ed entro un limite del 10% del finanziamento comunitario di ciascun asse prioritario di un programma operativo) azioni che rientrano nel campo di intervento dell’altro Fondo a condizione che esse siano necessarie al corretto svolgimento dell’operazione, nonché la espressa previsione di intervento congiunto del FESR e del Fondo di coesione in materia di infrastrutture di trasporto ed ambiente (art. 34).
Per ciascun Programma Operativo lo Stato membro designa le autorità incaricate di assicurare la corretta gestione, la sorveglianza e il controllo dell’attività dei Fondi.
Rispetto alla precedente programmazione rimane immutato il ruolo dell’Autorità di gestione, ovvero una autorità pubblica o un organismo pubblico o privato, nazionale, regionale o locale, responsabile di gestire il Programma Operativo in conformità con le disposizioni comunitarie e nazionali applicabili per l’intero periodo di programmazione (artt. 59 e 60); essa è inoltre incaricata di emanare i bandi per permettere la presentazione di proposte e progetti (da parte di enti locali, imprese, associazioni ecc.) tra i quali effettuare la selezione e di trasmettere alla Commissione le relazione annuali e finali di esecuzione del programma.
Di nuova introduzione è invece l’Autorità di certificazione (che si sostituisce alla precedente Autorità di pagamento), anch’essa designata dallo Stato membro ed incaricata di elaborare e trasmettere alla Commissione le dichiarazioni certificate delle spese e le domande di pagamento, garantendone l’esattezza attraverso una attività contabile informatizzata in grado di assicurare, in caso di irregolarità, il recupero dei finanziamenti versati (artt. 59 e 61). Accanto a queste Autorità vengono istituiti organismi intermedi, abilitati a ricevere e dare esecuzione ai pagamenti.
Ulteriore novità, in sostituzione del Servizio di Controllo Comunitario introdotto con Reg. (CE) 438/2001, è rappresentata dalla creazione di una Autorità di Audit, responsabile della verifica dell’efficace funzionamento del sistema di gestione e di controllo e dell’attendibilità delle domande finali di pagamento inoltrate alla Commissione, con la quale collabora costantemente nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 73).
Per ciascuno o per più Programmi Operativi lo Stato, d’intesa con l’Autorità di gestione, istituisce un Comitato di sorveglianza, presieduto da un rappresentante dello Stato ed in parte composto dai partner economici e sociali, nazionali o regionali. Il Comitato ha il compito di accertare efficacia e qualità dell’attuazione del Programma Operativo, in particolare approvando i criteri di selezione delle operazioni finanziate, valutando periodicamente i progressi compiuti nel perseguimento degli obiettivi specifici, esaminando ed approvando i rapporti annuali e finali di esecuzione, proponendo all’Autorità di gestione eventuali revisioni del PO (artt. 63-68).
I principi generali di funzionamento dei Fondi strutturali sono sanciti dagli artt. 9 – 17 del Regolamento 1083/2006 ed in parte si richiamano a quelli della precedente programmazione per quanto riguarda il partenariato (che comporta una stretta cooperazione tra la Commissione e le autorità di ciascuno Stato membro), l’addizionalità (secondo cui gli aiuti europei devono aggiungersi a quelli nazionali e non sostituirli) e la programmazione pluriennale. Ad essi, con il nuovo regolamento, si affiancano ulteriori principi di intervento quali complementarietà, coerenza, coordinamento e conformità. Esplicito riferimento è fatto, inoltre, a sviluppo sostenibile, parità tra uomini e donne, intervento proporzionale, livello territoriale dell’attuazione e gestione concorrente.
Sulla base di questi ultimi tre principi, nel quadro di una gestione concorrente del bilancio UE destinato ai Fondi da parte di Stati membri e Commissione, l’attuazione dei Programmi Operativi è di competenza degli Stati membri al livello territoriale più appropriato in base all’ordinamento di ciascuno Stato (del resto questo si evince dalla responsabilità diretta degli Stati nella nomina delle autorità preposte alla gestione dei singoli PO).
Gli Stati sono responsabili di una valutazione di efficacia ex ante per ciascun Programma Operativo, al fine di ottimizzare l’attribuzione delle risorse di bilancio e migliorare la qualità della programmazione (art. 48). Nell’esercizio delle proprie competenze di gestione e controllo essi sono, inoltre, i principali responsabili dell’individuazione e della correzione di eventuali irregolarità, con conseguente rimborso degli importi indebitamente versati, compresi, nel caso, gli interessi di mora (artt. 70 e 71).
Nel corso dell’intero periodo di programmazione, la Commissione, invece, accerta costantemente la conformità alle disposizioni comunitarie delle attività strutturali sulla base dei rapporti di controllo annuali, del parere dell’Autorità di audit e delle proprie verifiche, che consistono anche nella possibilità di controlli in loco ed accesso a libri contabili e a qualsiasi altro documento da parte di funzionari della Commissione o suoi rappresentanti autorizzati (art. 72). Al termine del periodo di programmazione, alla Commissione spetterà la valutazione di efficacia ex post, da effettuare in stretta collaborazione con lo Stato membro e l’Autorità di gestione, allo scopo di valutare l’impatto socio-economico delle iniziative adottate ed i relativi risultati in un quadro di insieme di tutti i Programmi Operativi nell’ambito di ciascun obiettivo (art. 49).
In tema di gestione finanziaria la partecipazione comunitaria viene calcolata solo sulla base della spesa pubblica. Gli impegni di bilancio – così come avveniva in precedenza – sono effettuati per quote annuali per ciascun Fondo e obiettivo mentre i pagamenti, coerentemente con il proposito di semplificazione che ha ispirato la nuova disciplina, verranno effettuati per ciascun PO a livello delle priorità e non più delle misure. I pagamenti, erogati dalla Commissione, avvengono sotto forma di prefinanziamento (una volta adottata la decisione che approva un contributo dei Fondi ad un PO), di pagamenti intermedi (all’esito della presentazione delle domande di pagamento e delle relazioni di spesa raggruppate e trasmesse alla Commissione tre volte l’anno) e di pagamento del saldo finale (art. 75 ss).
Nel caso in cui una parte degli stanziamenti di bilancio non sia stata integralmente utilizzata o se al termine del secondo anno successivo a quello dell’impegno finanziario non sia stata presentata dallo Stato membro una domanda di pagamento conforme, la Commissione procede al disimpegno automatico dei relativi fondi che, in tal caso, sono svincolati e non possono essere riutilizzati dallo Stato assegnatario. Le eccezioni a questa regola generale (c.d. regola “n+2”) riguardano le cause di forza maggiore nonché i ricorsi amministrativi o giuridici, di cui la Commissione deve essere informata (artt. 93 - 97).
La Commissione può inoltre sospendere la totalità o una parte dei pagamenti nel caso in cui l’affidabilità della procedura di certificazione dei pagamenti sia compromessa da gravi carenze nel sistema di gestione e controllo del programma o da gravi irregolarità nelle dichiarazioni di spesa che non siano state giustificate o rettificate dalle autorità nazionali preposte (art. 92). Si tratta tuttavia di una conseguenza del mancato intervento correttivo da parte dello Stato interessato dalla violazione, dal momento che, come evidenziato dall’art. 98, spetta anzitutto agli Stati perseguire le irregolarità e prendere provvedimenti apportando rettifiche finanziarie quali la soppressione totale o parziale del contributo pubblico al programma operativo. I fondi di provenienza comunitaria così svincolati sono detratti dalle assegnazioni nazionali e tornano nella disponibilità del bilancio UE.
Va evidenziato che con le nuove disposizioni decade la precedente suddivisione del territorio a livello intraregionale (di cui al previgente art. 4 del Reg. (CE) 1260/99) e l’area di intervento è determinata su base regionale, in modo da coprire l’intero territorio della Regione interessata secondo le indicazioni e l’elenco presentato dallo Stato alla Commissione (art. 6 Reg. (CE) 1083/2006). Le disposizioni del Quadro Strategico Nazionale (QSN) prevedono che ogni Regione adotti un documento nel quale declinare la strategia specifica di politica regionale di coesione all’interno della propria programmazione generale, che prende il nome di Documento Unitario di Programmazione.
L’esperienza acquisita durante il periodo 2000 - 2006 ha suggerito, per la attuale programmazione, di concentrare l’attenzione della politica regionale europea al livello di intervento regionale e locale dei programmi operativi, dal momento che, in definitiva, è proprio la dimensione locale a beneficiare e quindi riflettere direttamente efficacia ed efficienza dell’azione strutturale.
Sulla base della medesima esperienza, si potrebbe tuttavia rilevare che la odierna persistenza di ampi divari nello sviluppo delle regioni comunitarie sembrerebbe dimostrare che le politiche finora adottate, nonostante l’entità delle risorse ad esse destinate, non siano state in grado di colmarli. Molti studi hanno del resto confermato che a partire dagli anni ‘90, nonostante la crescente attività degli interventi strutturali, si è assistito esclusivamente ad uno stabilizzarsi delle disparità regionali.
Ad una analisi più attenta, tuttavia, questo dato va letto diversamente, riconoscendo alla politica regionale dell’UE una importante funzione di equilibrio tra la volontà di rafforzare l’integrazione economica, sociale e territoriale all’interno dell’UE e gli effetti dell’allargamento. Infatti è opportuno evidenziare che, sebbene da un lato gli investimenti cofinanziati dai Fondi strutturali non abbiano determinato la convergenza regionale auspicata, dall’altro hanno sicuramente evitato che si acuissero le disparità in termini di reddito ed hanno attenuato gli effetti, in termini di specializzazione e concentrazione, del processo di integrazione europea. Inoltre, la politica regionale comunitaria ha decisamente incrementato la qualità degli interventi e migliorato la capacità di gestione e programmazione delle istituzioni periferiche, che oggi svolgono un ruolo fondamentale nel perseguimento degli obiettivi di coesione economica e sociale. Del resto, le ragioni dei diversi itinerari di sviluppo delle regioni europee non vanno ricercate esclusivamente nell’opportunità e nell’efficacia degli interventi comunitari, ma dovrebbero essere piuttosto esaminate in relazione al quadro delle politiche nazionali in cui si inseriscono, alle quali va attribuita la responsabilità di garantire un quadro macroeconomico stabile, mercati ed istituzioni efficienti e capacità di produrre innovazione tecnologica (cfr. Viesti, Prota, Le politiche regionali dell’UE, Urbino, 2004).
Per questo, accanto al fondamentale supporto delle politiche regionali e di coesione economica e sociale europee, che operano in stretta sinergia con le altre politiche comunitarie, un ruolo essenziale in termini di sviluppo va riconosciuto alle politiche nazionali e agli Stati membri che, investiti della responsabilità primaria di attuare i programmi operativi con il supporto delle istituzioni comunitarie, devono impegnarsi a fondo per concretizzare i comuni obiettivi di convergenza.
In virtù del nuovo regolamento, cui si affiancano disposizioni specifiche per i singoli fondi [Reg. (CE) n. 1084/2006 del 11 luglio 2006; Reg. (CE) n. 1080/2006 del 5 luglio 2006; Reg. (CE) n. 1081/2006 del 5 luglio 2006], nella nuova programmazione 2007-2013 vengono introdotte significative innovazioni. Tali innovazioni sono dettate, da un lato, dalle priorità evidenziate dalle Agende di Lisbona (marzo 2000: crescita, competitività e occupazione) e di Göteborg (giugno 2001: ambiente), dall’altro dall’imponente ultimo allargamento dell’UE, che impone di ridisegnare la politica regionale e gli strumenti di coesione economica e sociale per garantirne utilità ed efficacia nell’Europa a 27 Stati membri. È evidente, infatti, che l’ingresso dei 12 Paesi ad est del nostro continente, caratterizzati da condizioni economiche e sociali ben al di sotto della media europea, ha delineato una delle principali sfide che l’UE è chiamata ad affrontare in termini di globalizzazione, sviluppo, armonizzazione, innovazione, conoscenza e ristrutturazione economica.
La programmazione 2007-2013 è improntata ai criteri generali di semplificazione e decentramento e dispone di un importo globale di finanziamento di 308 miliardi di euro.
La novità principale riguarda l’individuazione di tre nuovi obiettivi: convergenza, competitività regionale e occupazione, cooperazione territoriale europea (contro i 9 della precedente programmazione, se agli obiettivi 1, 2 e 3 si aggiungono le iniziative INTERREG III, EQUAL, URBAN, Leader + nonché la gestione a sè stante del Fondo di coesione e dello sviluppo rurale e del settore della pesca nelle zone escluse dall’Obiettivo 1).
Secondo quanto disposto dall’art. 3 del Reg. 1083/2006, l’obiettivo “Convergenza” mira ad accelerare la convergenza di Stati membri e regioni in ritardo di sviluppo, migliorandone le condizioni per la crescita e l’occupazione. Questo obiettivo, in cui confluisce il vecchio obiettivo 1, costituisce la priorità dei fondi FESR, FSE e Fondo di Coesione, con risorse pari a 253 miliardi di euro (cioè l’83% del totale). Sono ammesse ai finanziamenti disposti nell’ambito di tale obiettivo le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% del PIL medio dell’UE a 25 (art. 6); tuttavia, potranno beneficiare di un aiuto transitorio, specifico e decrescente, anche quelle regioni che superano la indicata percentuale esclusivamente a causa dell’effetto statistico dovuto all’allargamento, regioni cioè che avrebbero risposto ai criteri di ammissibilità in una Europa a 15 (art. 8). In Italia, le regioni ammesse a questo obiettivo sono Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, mentre la Basilicata è ammessa al regime transitorio. Gli Stati ammissibili al finanziamento del Fondo di Coesione sono quelli in cui il RNL pro capite è inferiore al 90% del RNL medio dell’UE a 25, a condizione che siano in grado di conformarsi ai criteri di convergenza economica di cui all’art. 104 TCE.
L’obiettivo “Competitività regionale e occupazione” punta a rafforzare la competitività e le attrattive delle regioni e l’occupazione, anticipando i cambiamenti economici e sociali mediante l’incremento e il miglioramento della qualità degli investimenti nel capitale umano, l’imprenditorialità, la tutela dell’ambiente e il miglioramento dell’accessibilità, dell’adattabilità dei lavoratori e delle imprese e lo sviluppo dei mercati del lavoro inclusivi. In questo obiettivo confluiscono i vecchi obiettivi 2 e 3 e le risorse per esso stanziate - pari a 50 miliardi di euro - sono destinate alle regioni e agli Stati che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’obiettivo precedente.
Il terzo ed ultimo obiettivo, decisamente innovativo rispetto alla programmazione 2000-2006, attiene alla “Cooperazione territoriale europea” ed è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale ed interregionale promuovendo la ricerca e lo scambio di esperienze al livello territoriale più adeguato, sostenendo una fattiva collaborazione tra autorità confinanti per la realizzazione di soluzioni congiunte a problemi comuni. Questo obiettivo trae spunto dalle iniziative INTERREG ma, nello specifico, intende rivolgersi a tutte le regioni della Comunità di livello NUTS 3 situate lungo le frontiere terrestri interne ed esterne, nonché lungo le frontiere marittime.
L’elenco delle regioni e degli Stati ammessi ai singoli obiettivi è adottato dalla Commissione in base al Reg. CE 1059/2003 (in parte modificato dal Reg. CE 1888/2005) che ha introdotto un sistema comune di classificazione delle regioni europee secondo ‘unità territoriali per la statistica’ (c.d. NUTS) e sarà oggetto di riesame nel 2010 sulla scorta di un aggiornamento dei dati relativi a PIL e RNL.
Il principio di semplificazione, che ha ispirato la nuova programmazione, ha determinato anche la riduzione degli strumenti di finanziamento utilizzati, che dai 6 precedenti vengono ridotti a 3. Infatti, secondo il sesto considerando del regolamento, FAEOG (nella duplice sezione “Orientamento” e “Garanzia”) e SFOP andrebbero integrati nelle specifiche politiche di riferimento della PAC e della pesca (pur mantenendo un costante coordinamento con gli altri fondi), mentre il Fondo di coesione viene assimilato, nella gestione e nei progetti di finanziamento, agli altri strumenti propri della politica di coesione, ovvero FSE (Fondo sociale europeo) e FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale).
Gli stanziamenti complessivi assegnati a ciascuno Stato nell’ambito dei singoli obiettivi non sono trasferibili tra loro (art. 22) ed il 3% della dotazione assegnata può essere accantonato – su iniziativa degli Stati stessi e previa autorizzazione della Commissione – in “riserve nazionali di efficacia ed efficienza” (art. 50), che fungono da importante elemento di motivazione per i gestori dei programmi poiché distribuite, a metà del periodo di programmazione, ai programmi che si dimostreranno più efficienti, premiandone qualità ed operosità. Novità rispetto al passato è la introduzione di una ulteriore “riserva nazionale per imprevisti”, istituita appunto per far fronte a crisi impreviste, locali o settoriali, derivanti dalla ristrutturazione economica e sociale o alle conseguenze dell’apertura degli scambi (art. 51).
Con Decisione 2006/702/CE del 6 ottobre 2006 il Consiglio ha adottato gli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione, identificando le priorità dell’UE che rappresentano l’indispensabile riferimento per la programmazione strutturale dei singoli Stati. La decisione, adottata in netto anticipo rispetto al termine fissato per il 1° febbraio 2007 dall’art. 26 Reg. 1083/2006, fa riferimento a quattro orientamenti principali, ovvero:
I. Rendere l’Europa più attraente per investimenti e occupazione e in tal senso potenziare le infrastrutture di trasporto, le sinergie tra la tutela ambientale e la crescita sulla base della sostenibilità, l’innovazione e la creazione di posti di lavoro, ridurre la dipendenza dalle fonti tradizionali di energia migliorando l’efficienza energetica e utilizzando le energie rinnovabili.
II. Promuovere conoscenza e innovazione, incrementando gli investimenti e migliorando l’accesso al finanziamento in questi settori, incoraggiando la società dell’informazione nonché la diffusione delle dotazioni in tema di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) delle imprese e dei privati.
III. Creare migliori e più numerosi posti di lavoro, modernizzando i sistemi di protezione sociale, migliorando l’adattabilità dei lavoratori e la flessibilità del mercato del lavoro, investendo nel capitale umano tramite il miglioramento dell’istruzione e delle competenze ed, infine, sviluppando la capacità amministrativa delle amministrazioni e dei servizi pubblici.
IV. Sviluppare la dimensione territoriale della politica di coesione, per consentirle di adattarsi alle esigenze e alle peculiarità specifiche dei territori, in base ai problemi o alle opportunità che risultano dalla rispettiva condizione geografica.
Sulla base di questi orientamenti strategici comunitari, ciascuno Stato membro è chiamato ad elaborare, entro il 6 marzo 2007, un “Documento - quadro di riferimento strategico nazionale (QSN)”. Questo documento, che si sostituisce ai precedenti Quadri Comunitari di Sostegno (QCS), Documenti Unici di Programmazione (DOCUP) e complementi di programmazione, identifica il collegamento tra la strategia di riforma nazionale e le priorità comunitarie, costituendo la base di partenza per preparare la programmazione nazionale dei Fondi. Il QSN contiene un’analisi preliminare della situazione nazionale, la strategia scelta in base a tale analisi comprese le priorità tematiche e territoriali, l’elenco dei programmi operativi, una programmazione di spesa e le procedure di coordinamento tra la politica di coesione europea e le politiche pertinenti a livello nazionale, settoriale e regionale degli Stati interessati (art. 27). È elaborato dallo Stato membro previa consultazione con i partner più rappresentativi a livello nazionale/locale e poi valutato ed approvato dalla Commissione entro tre mesi dalla sua ricezione.
A livello esecutivo le attività dei Fondi sono svolte sotto forma di Programmi Operativi (PO), redatti nell’ambito del Quadro di riferimento strategico nazionale dallo Stato membro o da una autorità da esso designata. Essi includono valutazioni, motivazioni, piani di finanziamento, disposizioni di attuazione e l’individuazione degli assi prioritari. Anche i Programmi Operativi vanno presentati alla Commissione non oltre cinque mesi dall’adozione degli orientamenti strategici comunitari per la coesione di cui all’articolo 26 del Regolamento (quindi entro il 6 marzo 2007) ed in seguito verranno valutati, eventualmente rivisti e infine adottati dalla Commissione stessa (artt. 32 e 37). I PO possono riguardare solo uno dei tre obiettivi e beneficiare del finanziamento di un solo Fondo. Costituisce eccezione a questa ultima disposizione la possibilità di finanziare in misura complementare (ed entro un limite del 10% del finanziamento comunitario di ciascun asse prioritario di un programma operativo) azioni che rientrano nel campo di intervento dell’altro Fondo a condizione che esse siano necessarie al corretto svolgimento dell’operazione, nonché la espressa previsione di intervento congiunto del FESR e del Fondo di coesione in materia di infrastrutture di trasporto ed ambiente (art. 34).
Per ciascun Programma Operativo lo Stato membro designa le autorità incaricate di assicurare la corretta gestione, la sorveglianza e il controllo dell’attività dei Fondi.
Rispetto alla precedente programmazione rimane immutato il ruolo dell’Autorità di gestione, ovvero una autorità pubblica o un organismo pubblico o privato, nazionale, regionale o locale, responsabile di gestire il Programma Operativo in conformità con le disposizioni comunitarie e nazionali applicabili per l’intero periodo di programmazione (artt. 59 e 60); essa è inoltre incaricata di emanare i bandi per permettere la presentazione di proposte e progetti (da parte di enti locali, imprese, associazioni ecc.) tra i quali effettuare la selezione e di trasmettere alla Commissione le relazione annuali e finali di esecuzione del programma.
Di nuova introduzione è invece l’Autorità di certificazione (che si sostituisce alla precedente Autorità di pagamento), anch’essa designata dallo Stato membro ed incaricata di elaborare e trasmettere alla Commissione le dichiarazioni certificate delle spese e le domande di pagamento, garantendone l’esattezza attraverso una attività contabile informatizzata in grado di assicurare, in caso di irregolarità, il recupero dei finanziamenti versati (artt. 59 e 61). Accanto a queste Autorità vengono istituiti organismi intermedi, abilitati a ricevere e dare esecuzione ai pagamenti.
Ulteriore novità, in sostituzione del Servizio di Controllo Comunitario introdotto con Reg. (CE) 438/2001, è rappresentata dalla creazione di una Autorità di Audit, responsabile della verifica dell’efficace funzionamento del sistema di gestione e di controllo e dell’attendibilità delle domande finali di pagamento inoltrate alla Commissione, con la quale collabora costantemente nell’esercizio delle proprie funzioni (art. 73).
Per ciascuno o per più Programmi Operativi lo Stato, d’intesa con l’Autorità di gestione, istituisce un Comitato di sorveglianza, presieduto da un rappresentante dello Stato ed in parte composto dai partner economici e sociali, nazionali o regionali. Il Comitato ha il compito di accertare efficacia e qualità dell’attuazione del Programma Operativo, in particolare approvando i criteri di selezione delle operazioni finanziate, valutando periodicamente i progressi compiuti nel perseguimento degli obiettivi specifici, esaminando ed approvando i rapporti annuali e finali di esecuzione, proponendo all’Autorità di gestione eventuali revisioni del PO (artt. 63-68).
I principi generali di funzionamento dei Fondi strutturali sono sanciti dagli artt. 9 – 17 del Regolamento 1083/2006 ed in parte si richiamano a quelli della precedente programmazione per quanto riguarda il partenariato (che comporta una stretta cooperazione tra la Commissione e le autorità di ciascuno Stato membro), l’addizionalità (secondo cui gli aiuti europei devono aggiungersi a quelli nazionali e non sostituirli) e la programmazione pluriennale. Ad essi, con il nuovo regolamento, si affiancano ulteriori principi di intervento quali complementarietà, coerenza, coordinamento e conformità. Esplicito riferimento è fatto, inoltre, a sviluppo sostenibile, parità tra uomini e donne, intervento proporzionale, livello territoriale dell’attuazione e gestione concorrente.
Sulla base di questi ultimi tre principi, nel quadro di una gestione concorrente del bilancio UE destinato ai Fondi da parte di Stati membri e Commissione, l’attuazione dei Programmi Operativi è di competenza degli Stati membri al livello territoriale più appropriato in base all’ordinamento di ciascuno Stato (del resto questo si evince dalla responsabilità diretta degli Stati nella nomina delle autorità preposte alla gestione dei singoli PO).
Gli Stati sono responsabili di una valutazione di efficacia ex ante per ciascun Programma Operativo, al fine di ottimizzare l’attribuzione delle risorse di bilancio e migliorare la qualità della programmazione (art. 48). Nell’esercizio delle proprie competenze di gestione e controllo essi sono, inoltre, i principali responsabili dell’individuazione e della correzione di eventuali irregolarità, con conseguente rimborso degli importi indebitamente versati, compresi, nel caso, gli interessi di mora (artt. 70 e 71).
Nel corso dell’intero periodo di programmazione, la Commissione, invece, accerta costantemente la conformità alle disposizioni comunitarie delle attività strutturali sulla base dei rapporti di controllo annuali, del parere dell’Autorità di audit e delle proprie verifiche, che consistono anche nella possibilità di controlli in loco ed accesso a libri contabili e a qualsiasi altro documento da parte di funzionari della Commissione o suoi rappresentanti autorizzati (art. 72). Al termine del periodo di programmazione, alla Commissione spetterà la valutazione di efficacia ex post, da effettuare in stretta collaborazione con lo Stato membro e l’Autorità di gestione, allo scopo di valutare l’impatto socio-economico delle iniziative adottate ed i relativi risultati in un quadro di insieme di tutti i Programmi Operativi nell’ambito di ciascun obiettivo (art. 49).
In tema di gestione finanziaria la partecipazione comunitaria viene calcolata solo sulla base della spesa pubblica. Gli impegni di bilancio – così come avveniva in precedenza – sono effettuati per quote annuali per ciascun Fondo e obiettivo mentre i pagamenti, coerentemente con il proposito di semplificazione che ha ispirato la nuova disciplina, verranno effettuati per ciascun PO a livello delle priorità e non più delle misure. I pagamenti, erogati dalla Commissione, avvengono sotto forma di prefinanziamento (una volta adottata la decisione che approva un contributo dei Fondi ad un PO), di pagamenti intermedi (all’esito della presentazione delle domande di pagamento e delle relazioni di spesa raggruppate e trasmesse alla Commissione tre volte l’anno) e di pagamento del saldo finale (art. 75 ss).
Nel caso in cui una parte degli stanziamenti di bilancio non sia stata integralmente utilizzata o se al termine del secondo anno successivo a quello dell’impegno finanziario non sia stata presentata dallo Stato membro una domanda di pagamento conforme, la Commissione procede al disimpegno automatico dei relativi fondi che, in tal caso, sono svincolati e non possono essere riutilizzati dallo Stato assegnatario. Le eccezioni a questa regola generale (c.d. regola “n+2”) riguardano le cause di forza maggiore nonché i ricorsi amministrativi o giuridici, di cui la Commissione deve essere informata (artt. 93 - 97).
La Commissione può inoltre sospendere la totalità o una parte dei pagamenti nel caso in cui l’affidabilità della procedura di certificazione dei pagamenti sia compromessa da gravi carenze nel sistema di gestione e controllo del programma o da gravi irregolarità nelle dichiarazioni di spesa che non siano state giustificate o rettificate dalle autorità nazionali preposte (art. 92). Si tratta tuttavia di una conseguenza del mancato intervento correttivo da parte dello Stato interessato dalla violazione, dal momento che, come evidenziato dall’art. 98, spetta anzitutto agli Stati perseguire le irregolarità e prendere provvedimenti apportando rettifiche finanziarie quali la soppressione totale o parziale del contributo pubblico al programma operativo. I fondi di provenienza comunitaria così svincolati sono detratti dalle assegnazioni nazionali e tornano nella disponibilità del bilancio UE.
Va evidenziato che con le nuove disposizioni decade la precedente suddivisione del territorio a livello intraregionale (di cui al previgente art. 4 del Reg. (CE) 1260/99) e l’area di intervento è determinata su base regionale, in modo da coprire l’intero territorio della Regione interessata secondo le indicazioni e l’elenco presentato dallo Stato alla Commissione (art. 6 Reg. (CE) 1083/2006). Le disposizioni del Quadro Strategico Nazionale (QSN) prevedono che ogni Regione adotti un documento nel quale declinare la strategia specifica di politica regionale di coesione all’interno della propria programmazione generale, che prende il nome di Documento Unitario di Programmazione.
L’esperienza acquisita durante il periodo 2000 - 2006 ha suggerito, per la attuale programmazione, di concentrare l’attenzione della politica regionale europea al livello di intervento regionale e locale dei programmi operativi, dal momento che, in definitiva, è proprio la dimensione locale a beneficiare e quindi riflettere direttamente efficacia ed efficienza dell’azione strutturale.
Sulla base della medesima esperienza, si potrebbe tuttavia rilevare che la odierna persistenza di ampi divari nello sviluppo delle regioni comunitarie sembrerebbe dimostrare che le politiche finora adottate, nonostante l’entità delle risorse ad esse destinate, non siano state in grado di colmarli. Molti studi hanno del resto confermato che a partire dagli anni ‘90, nonostante la crescente attività degli interventi strutturali, si è assistito esclusivamente ad uno stabilizzarsi delle disparità regionali.
Ad una analisi più attenta, tuttavia, questo dato va letto diversamente, riconoscendo alla politica regionale dell’UE una importante funzione di equilibrio tra la volontà di rafforzare l’integrazione economica, sociale e territoriale all’interno dell’UE e gli effetti dell’allargamento. Infatti è opportuno evidenziare che, sebbene da un lato gli investimenti cofinanziati dai Fondi strutturali non abbiano determinato la convergenza regionale auspicata, dall’altro hanno sicuramente evitato che si acuissero le disparità in termini di reddito ed hanno attenuato gli effetti, in termini di specializzazione e concentrazione, del processo di integrazione europea. Inoltre, la politica regionale comunitaria ha decisamente incrementato la qualità degli interventi e migliorato la capacità di gestione e programmazione delle istituzioni periferiche, che oggi svolgono un ruolo fondamentale nel perseguimento degli obiettivi di coesione economica e sociale. Del resto, le ragioni dei diversi itinerari di sviluppo delle regioni europee non vanno ricercate esclusivamente nell’opportunità e nell’efficacia degli interventi comunitari, ma dovrebbero essere piuttosto esaminate in relazione al quadro delle politiche nazionali in cui si inseriscono, alle quali va attribuita la responsabilità di garantire un quadro macroeconomico stabile, mercati ed istituzioni efficienti e capacità di produrre innovazione tecnologica (cfr. Viesti, Prota, Le politiche regionali dell’UE, Urbino, 2004).
Per questo, accanto al fondamentale supporto delle politiche regionali e di coesione economica e sociale europee, che operano in stretta sinergia con le altre politiche comunitarie, un ruolo essenziale in termini di sviluppo va riconosciuto alle politiche nazionali e agli Stati membri che, investiti della responsabilità primaria di attuare i programmi operativi con il supporto delle istituzioni comunitarie, devono impegnarsi a fondo per concretizzare i comuni obiettivi di convergenza.