ATTESA PER IL VERDETTO EUROPEO SULL’IRAP - Sud in Europa

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ATTESA PER IL VERDETTO EUROPEO SULL’IRAP

Archivio > Anno 2006 > Settembre 2006
di Michele ANTONUCCI (Tesoriere Camera Tributaria degli Avvocati di Bari)    
È ancora aperta la partita lussemburghese sulla legittimità dell’IRAP e, come il recente mondiale di calcio ha insegnato, per l’esito finale bisognerà aspettare i…calci di rigore. Per il giudizio europeo sull’imposta regionale, infatti, i tempi si sono allungati e si dovrà attendere quasi certamente la fine del mese di settembre o, più probabilmente, l’inizio di ottobre per il verdetto finale della Corte di Giustizia europea.È questa la previsione sulla quale sono pronti a scommettere i conoscitori della Corte considerando, da un lato, i tempi tecnici necessari all’organismo europeo per completare l’iter procedurale che dall’intesa a maggioranza semplice tra i tredici giudici porta alla traduzione nelle 20 lingue ufficiali dell’Unione (compresa la lingua processuale italiana) prima di arrivare all’emanazione della sentenza e, d’altro lato, avendo presente che il 6 ottobre scade il mandato di sei giudici della Corte, compreso il giudice relatore sull’IRAP, la tedesca Ninon Colneric.Difficile immaginare che un giudizio così importante e delicato sia sottoposto a un nuovo stravolgimento dopo aver già dovuto affrontare due udienze e il passaggio di consegne tra due Avvocati generali, dall’inglese Francis Geoffrey Jacobs all’austriaca Christine Stix-Hackl.Certo, la posta in gioco è molto alta e questo spiega l’estrema cautela degli eurogiudici nel pronunciarsi. È stato calcolato, infatti, che gli effetti di una sentenza che sancisca l’illegittimità dell’imposta regionale sulle attività produttive per violazione di norme di diritto comunitario potrebbe sottrarre fino a 150 miliardi di euro dalle casse dello Stato italiano e, comunque, la bocciatura dell’IRAP comporterebbe l’interruzione di un gettito di 30 – 35 miliardi di euro annui.Come è noto, la vicenda giudiziaria europea trae origine dal contenzioso instaurato dalla Banca Popolare di Cremona contro l’Agenzia delle Entrate Ufficio di Cremona per ottenere il rimborso dell’IRAP versata negli anni 1998 e 1999, sostenendo, tra l’altro, l’illegittimità dell’imposta in quanto incompatibile con l’art. 33, n.1 della Sesta Direttiva (n. 77/388/CEE), in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla Direttiva n. 91/680/CEE.La Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, investita della vertenza, ha, pertanto, proposto alla Corte di Giustizia del Lussemburgo domanda di pronuncia pregiudiziale (causa C-475/03), chiedendo, sostanzialmente, se l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP, in acronimo) sia compatibile con le disposizioni della Sesta Direttiva IVA che vietano agli Stati dell’Unione europea di introdurre o mantenere imposte simili all’IVA, in modo da non danneggiare il corretto funzionamento di quest’ultima.Con decisione del 28 settembre 2004 la Corte ha rinviato il procedimento alla Grande Sezione.Dopo la presentazione di osservazioni scritte ed orali da parte della Banca Popolare di Cremona, del Governo italiano e della Commissione europea, il 17 marzo 2005 l’Avvocato generale, Francis G. Jacobs, ha presentato le sue conclusioni, dichiarando l’illegittimità dell’IRAP in quanto, nei suoi caratteri essenziali, uguale all’IVA e, pertanto, ricadente nel divieto della Sesta Direttiva. In particolare, l’Avvocato generale, superando le obiezioni del Governo italiano, tese a negare il rapporto di affinità tra le due imposte, ha ritenuto di individuare nell’IRAP tutte le quattro caratteristiche essenziali dell’IVA, quali elaborate dalla giurisprudenza della Corte (e più specificatamente, dalla sentenza Dansk Denkavit pronunciata in seduta plenaria il 31 marzo 1992) in relazione alla definizione contenuta nell’art. 2 della Prima Direttiva (n. 67/227/CEE), e cioè: a) applicazione in modo generalizzato alle operazioni di cessione di beni o di prestazione di servizi; b) proporzionalità al prezzo di tali beni o servizi forniti; c) applicazione ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione; d) applicazione gravante sul valore aggiunto dei beni o servizi forniti. Tuttavia, nell’affermare la sostanziale sovrapponibilità dell’IRAP all’IVA, Francis G. Jacobs ha valutato l’impatto negativo che una declaratoria di incompatibilità con il diritto comunitario potrebbe avere sullo Stato italiano in termini finanziari e, considerato che la Commissione europea, con nota del 10 marzo 1997, aveva dato provvisoriamente all’Italia parere favorevole al progetto di introduzione dell’IRAP , ha suggerito alla Corte di limitare nel tempo gli effetti della sentenza, consigliando la ria-pertura della fase orale per discutere sui criteri da seguire nello stabilire detta eventuale limitazione. Sulla base di tali indicazioni e su richiesta di sette Stati membri, la Corte di Giustizia, con ordinanza del 21 ottobre 2005, ha disposto la riapertura della fase orale del procedimento, mettendo in discussione non solo il punto in ordine alla limitazione temporale della sentenza ma anche, nuovamente, l’analisi comparativa dell’imposta regionale italiana con il divieto di cui alla Sesta Direttiva. Il passaggio attraverso una nuova udienza orale, di per sé molto raro (accade più o meno una volta l’anno su centinaia e centinaia di cause), ha, inoltre, segnato il passaggio di testimone dall’Avvocato generale Jacobs, in procinto di lasciare la Corte, alla collega austriaca Christine Stix – Hackl. Dopo ulteriori osservazioni scritte ed orali, presentate, complessivamente, da 13 Stati membri oltre che dalla Banca Popolare di Cremona e dalla Commissione Ue, il 14 marzo 2006 sono arrivate le nuove conclusioni dell’Avvocato generale Stix-Hackl che, fondamentalmente, ha condiviso l’analisi del suo predecessore, ritenendo che un’imposta come l’IRAP ricada nel divieto di cui all’art. 33, n.1 della Sesta Direttiva.Nuova bocciatura, dunque, ma in qualche modo temperata, dato che, attraverso un responso, a tratti, abilmente sibillino, sembra lasciare uno spiraglio di speranza per una sentenza dagli effetti meno afflittivi per l’Italia.Il nuovo Avvocato generale, dando per scontata la natura dell’IRAP quale descritta dal giudice remittente (la Commissione Tributaria di Cremona), ha ripercorso le valutazioni del collega Jacobs, condividendone largamente le conclusioni. Tuttavia, la Stix-Hackl ha proposto una serie di ulteriori specificazioni.In particolare, l’Avvocato generale ha ricordato che, nella valutazione della compatibilità di un’imposta nazionale con il sistema comunitario dell’IVA, la verifica della presenza di ciascuna delle quattro caratteristiche essenziali di detta imposta, ai fini dell’accertamento della violazione del divieto di cui alla Sesta Direttiva, può essere effettuata o in modo restrittivo e strettamente formale ovvero con approccio estensivo alla ricerca della somiglianza sostanziale dei due tributi, sottolineando di aver aderito a quest’ultimo sistema di analisi comparativa. Ad ogni modo, specialmente con riferimento alla quarta caratteristica (applicazione al valore aggiunto dei beni o servizi), la Stix-Hackl ha riconosciuto che, in ipotesi, potrebbero essere rilevate differenze che, tuttavia, non sarebbero importanti nel caso in cui il rapporto tra IRAP ed IVA, calcolate in funzione di aliquote diverse, sulla stessa base imponibile, risultasse costante per un campione rappresentativo di imprese assoggettate ad entrambe le imposte.Pertanto, pur concludendo nel senso che l’IRAP possiede le quattro caratteristiche essenziali dell’IVA e ricade, pertanto, nel divieto previsto dalla Sesta Direttiva, ha demandato al giudice nazionale l’accertamento sulla sussistenza della predetta condizione di parallelismo, tenendo conto delle caratteristiche dell’IRAP. A tal proposito, in sede di valutazione, ha, pure, ricordato che le sentenze pregiudiziali di interpretazione della Corte (ex art. 234 Trattato CE) non hanno l’effetto di invalidare direttamente un tributo nazionale, pur creando il presupposto in base al quale il giudice remittente può dichiarare l’incompatibilità con il diritto comunitario. Per quanto riguarda, invece, la limitazione temporale degli effetti della sentenza, salvaguardando sia la buona fede dello Stato italiano (valutata in base al citato parere della Commissione del 1997), sia l’esigenza di evitare una serie di difficoltà di ordine finanziario (nella specie, il sistema italiano di finanziamento delle spese regionali) e considerando la delicatezza della vertenza, protrattasi a lungo ed oggetto di grande attenzione, anche in funzione dell’incidenza sulla futura giurisprudenza in materia, l’Avvocato Stix-Hackl ha proposto che la sentenza produca effetti alla scadenza dell’esercizio tributario nel corso del quale la Corte pronuncerà il verdetto (e, dunque, presumibilmente, dall’ottobre 2006). A tale limitazione ha, inoltre, ritenuto di porre un’eccezione a favore di tutti coloro che abbiano avviato azioni legali dirette al rimborso dell’imposta anteriormente al 17 marzo 2005, data di presentazione delle conclusioni dell’Avvocato generale Jacobs, individuata quale elemento spartiacque fra azioni avviate tempestivamente e azioni di carattere potenzialmente speculativo. Il tutto, ad evidente discapito del diritto costituzionalmente garantito al cittadino italiano di richiedere il rimborso nel termine decadenziale di 48 mesi dalla data del versamento. Con queste premesse, già oggetto di valutazioni critiche da parte degli esperti del settore, la questione è ora rimandata ai giudici, chiamati a trovare un’intesa sia sul dispositivo che sulla motivazione della sentenza. Va, peraltro, detto che le conclusioni dell’Avvocato generale, di per sé non vincolanti per la Corte, indicando solo una possibile soluzione giuridica del caso, sono quasi sempre condivise dagli eurogiudici.In attesa che la sentenza sia emanata e prima ancora di procedere a tutti gli approfondimenti critici sui vari aspetti e risvolti della vicenda (giuridici, economici, di politica tributaria, di applicazione della sentenza da parte del giudice nazionale) va, da ultimo, segnalato che nel calendario provvisorio della Corte nulla è stato previsto, almeno fino al 22 settembre 2006.Insomma, per quella che già appare come una delle più travagliate sentenze della Corte di Giustizia europea bisognerà attendere… fino all’ultimo rigore.                                                                                                                     
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