La semplificazione delle garanzie finanziarie nella comunità europea - Sud in Europa

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La semplificazione delle garanzie finanziarie nella comunità europea

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di Antonio Leandro - Dottorando di ricerca Università "La Sapienza" di Roma    

Al quadro normativo comunitario regolante il mercato unico dei servizi finanziari si è di recente aggiunta la direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 giugno 2002 relativa ai contratti di garanzia finanziaria (1). 
Quanto all’ambito di applicazione ratione personae, l’art. 1 dispone che la direttiva si applica ai contratti in cui il beneficiario e il datore di garanzia siano autorità pubbliche, inclusi gli organismi del settore pubblico degli Stati membri incaricati della gestione del debito pubblico e gli organismi autorizzati a detenere conti di clienti, banche centrali, la Banca centrale europea, la Banca dei regolamenti internazionali, le banche multilaterali di sviluppo, il Fondo monetario internazionale, la Banca europea per gli investimenti, enti creditizi sottoposti a vigilanza, nonché agenti di regolamento, rimanendo escluse le persone fisiche.
Trattasi, quindi, nella maggior parte dei casi, di soggetti abilitati a partecipare a sistemi di gestione e trasferimento di strumenti finanziari o a sistemi di pagamento nel mercato comunitario.
L’ambito ratione materiae, prosegue lo stesso articolo, è quello dei contratti di garanzia da fornire in contanti o in strumenti finanziari, purché la garanzia sia fornita e la fornitura sia provata per iscritto, per ciò intendendosi anche la forma elettronica. In proposito, l’art. 2, dedicato alle definizioni, precisa, in primo luogo, che per contratto di garanzia finanziaria si intende il trasferimento a titolo di proprietà o di diritto reale di garanzia di contanti o strumenti finanziari a supporto di operazioni finanziarie, e, in secondo luogo, che per garanzia fornita si intende la garanzia finanziaria consegnata, trasferita, detenuta, iscritta o in altro modo designata cosicché risulti in possesso (o sotto il controllo) del beneficiario.
Rispetto a detti limiti di applicazione, la direttiva de qua, sulla scia della direttiva 98/26/CE del 19 maggio 1998 concernente il carattere definitivo degli ordini immessi nei sistemi di pagamento e di regolamento titoli, persegue gli obiettivi di semplificare il regime giuridico dei modi di costituzione ed escussione di garanzie finanziarie, e di eliminare le divergenze tra gli ordinamenti degli Stati membri quanto alla disciplina di taluni aspetti dell’esercizio dei diritti derivanti dal contratto di garanzia.
Al primo obiettivo sono da ricondurre le disposizioni previste dall’art. 3, per il quale la sola formalità richiesta per la valida costituzione, l’efficacia e l’ammissibilità di una garanzia è la prova scritta della fornitura, e dall’art.4, in base al quale l’escussione della garanzia, sempre che se ne siano verificati i presupposti, non è subordinata a una previa comunicazione al datore, né all’accertamento giudiziale delle condizioni di realizzo, né all’indizione di un’asta pubblica per la vendita dei beni vincolati, né, infine, al decorso di un periodo di tempo supplementare al temine di escussione.
Al raggiungimento del secondo obiettivo soccorrono le disposizioni degli artt. 5, 6 e 7.
La prima introduce una disciplina uniforme degli effetti della clausola contrattuale recante il diritto d’uso, cioè il riutilizzo del bene fornito in garanzia reale (p.e. il pegno su una quantità di strumenti finanziari), diritto che, in alcuni Stati membri, dà al beneficiario la libera disponibilità della garanzia reale come se ne fosse proprietario, in altri, invece, è subordinato al rispetto del diritto del datore alla restituzione della sua proprietà una volta rimborsato il debito. L’art. 5, dopo aver posto a carico degli Stati membri l’obbligo di riconoscere la validità di siffatte clausole, stabilisce che il beneficiario, dopo aver esercitato il diritto di utilizzazione della garanzia, è obbligato a restituire al datore, entro la data di scadenza delle prestazioni principali per cui la garanzia è stata fornita, garanzie equivalenti a quelle ottenute. Sicché, quando la garanzia è costituita in contanti, l’equivalente consisterà in un pagamento dello stesso importo e nella stessa valuta; quando si tratta di strumenti finanziari, esso consisterà in uno strumento finanziario dello stesso emittente, oppure appartenente alla stessa emissione e con lo stesso importo nominale.
L’art. 6 reca il divieto della c.d. riqualificazione di un contratto di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà. La disposizione, stabilendo che gli Stati membri devono as-sicurare che tale contratto possa avere effetto in conformità ai termini in esso stabiliti, fa sì che in quegli ordinamenti per cui i contratti pronti contro termine vanno qualificati come contratto di pegno, tali contratti possano comunque trasferire la proprietà sullo strumento finanziario.
L’art. 7 impone a tutti gli Stati membri di riconoscere la validità di clausole di c.d. compensazione close-out. Si tratta di clausole, spesso inserite in contratti a termine e altri contratti di garanzia con trasferimento del titolo di proprietà, in base alle quali il periodo mancante alla scadenza delle prestazioni reciproche viene azzerato e le prestazioni medesime sono sostituite dall’obbligo di una parte del contratto di versare all’altra un importo che rappresenta la differenza tra i valori stimati delle prestazioni sostituite.
Inoltre, la direttiva stabilisce come gli Stati membri debbano contenere gli effetti che l’apertura di una procedura di insolvenza può produrre sul realizzo delle garanzie. Così, in base all’art. 5 n. 5, gli Stati membri devono introdurre disposizioni che impediscano all’avvio di una procedura di insolvenza nei confronti del datore o del beneficiario della garanzia di pregiudicare l’efficacia del contratto di garanzia. In quest’ottica, l’art. 8 prevede, tra altri, l’obbligo di disapplicare le disposizioni che invalidano il contratto perfezionato il giorno dell’avvio delle procedure di insolvenza, sebbene anteriormente all’apertura di questa; sicché ai contratti di garanzia finanziaria non si applica la c.d. regola dell’ora zero la quale, disponendo la retroattività della procedura di insolvenza alla mezzanotte del giorno in cui se ne è disposta l’apertura, priva di effetti ogni operazione successiva a tale ora, benché antecedente di fatto all’apertura della procedura medesima.
Infine, è da rilevare che la direttiva introduce una soluzione al conflitto di leggi che può sorgere su alcuni aspetti relativi agli effetti reali del contratto (la natura giuridica del diritto trasferito, le relative modalità di acquisto, il suo regime di opponibilità ai terzi, il problema del concorso tra aventi diritto sugli strumenti, nonché le modalità di escussione della garanzia) nell’ipotesi di garanzia costituita in forma scritturale su strumenti finanziari.
In proposito, occorre ricordare che le operazioni in forma scritturale relativi a strumenti finanziari (anche se emessi e custoditi sotto forma di documento) consistono in iscrizioni contabili effettuate da un intermediario sui conti detenuti a nome dei clienti. Le garanzie finanziarie, traslative della proprietà o di altro diritto reale sullo strumento finanziario, risultano dalle iscrizioni sui conti tenuti a nome del datore e del beneficiario.
Si pone un problema di conflitto di leggi allorché, per esempio, i conti dove avvengono siffatte iscrizioni afferiscano a due o più intermediari operanti in Stati diversi rispetto a quello in cui ha sede la società di gestione presso la quale lo strumento finanziario è depositato.
Ora, è noto che la proprietà e i diritti reali di garanzia su un bene sono regolati dalla lex rei sitae, cioè la legge del luogo in cui si trova il bene al momento in cui detti aspetti devono essere valutati.
Così, nel caso di trasferimento di valori mobiliari mediante consegna di documenti, questa legge è quella del luogo in cui si trova il documento.
Senonché, nel caso di trasferimento contabile di diritti, il ricorso alla lex rei sitae pone notevoli problemi. Difatti, se la garanzia fosse costituita su un portafoglio di titoli rappresentati da documenti, l’applicazione del criterio della lex rei sitae, individuando tante leggi quanti sono gli Stati in cui i documenti si trovano, sottoporrebbe gli aspetti reali della garanzia a una pluralità di leggi con il rischio che lo stesso aspetto venga da queste diversamente disciplinato.
Se, invece, il diritto fosse costituito su strumenti finanziari dematerializzati, cioè privi di un supporto cartaceo già al momento dell’emissione, si porrebbe il problema di qualificare l’oggetto della garanzia, visto che in tal caso manca un bene materiale cui fare riferimento.
Alcuni ordinamenti (Belgio, Lussemburgo, e, fuori dall’U-nione europea, gli Stati Uniti) hanno cercato di risolvere detti problemi adeguando il criterio di collegamento della lex rei sitae alla caratteristica della circolazione in forma scritturale, e concludendo che gli aspetti reali di un diritto sullo strumento finanziario fossero meglio collegati con lo Stato dove si trova il conto in cui è avvenuta l’iscrizione del diritto medesimo.
A ben vedere, tuttavia, il generico riferimento al conto non conduce in ogni caso a una sola legge applicabile.
Difatti, i moderni sistemi internazionali di trasferimento degli strumenti finanziari sono caratterizzati, almeno in principio, da una pluralità di livelli di intermediazione afferenti a diversi Stati e ai quali sono riconducibili altrettanti conti in cui la singola operazione finanziaria è registrata.
Per questo motivo, i menzionati ordinamenti hanno mo-dificato la precedente soluzione dando rilevanza solo al conto dell’intermediario sul quale il beneficiario della garanzia iscrive il suo diritto, soluzione, questa, che è comunemente denominata place of relevant intermediary approach.
Bene, l’art.9 della direttiva in commento accoglie tale soluzione, allorché stabilisce che le questioni su menzionate sono sottoposte alla legge dello Stato in cui si trova il conto di pertinenza, il quale, secondo quanto riporta la relazione della Commissione che accompagna la proposta della direttiva, è, appunto, il conto su cui il beneficiario della garanzia detiene il proprio diritto.


(1) in G.U.C.E, L168 del 27 giugno 2002, p. 43 ss.                                                                                                                     
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