RAPPORTI UE-AMERICA LATINA: Il 5° VERTICE EURO LATINO AMERICANO
Archivio > Anno 2008 > Dicembre 2008
di Raffaele CAMPANELLA (Ambasciatore)
L'America Latina vive da qualche anno una situazione tanto interessante quanto contraddittoria, caratterizzata da luci ed ombre. Sul versante degli elementi positivi si registrano alcuni dati inediti nella storia recente dell’area.
1. A livello politico sembrano ormai appartenere al passato golpe e alterazioni violente dell’ordine istituzionale. Con la sola eccezione di Cuba, il ricorso alle urne e il rispetto delle regole democratiche sembrano essere entrati, almeno su piano formale, nella pratica costante del subcontinente: lo attestano le numerose consultazioni elettorali, che si sono svolte negli ultimi anni a livello nazionale, regionale e municipale nella maggior parte dei Paesi. L’approvazione nel 2001 della “Carta Democratica Interamericana” è stata quindi la consacrazione formale di un lungo processo, durato oltre un decennio, e la formalizzazione di una cornice istituzionale di riferimento, che ha trovato puntuale applicazione nei numerosi processi elettorali svoltisi da allora ad oggi. Se ne è avuta una recente conferma in occasione del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei dodici paesi dell’Unasur, svoltosi a Santiago il 15 settembre 2008 per esaminare la difficile situazione politica creatasi in Bolivia. In tale circostanza è stato solennemente riaffermato il rispetto da parte di tutti della democrazia e dei diritti umani e ribadito l’impegno a non riconoscere “qualsiasi situazione che implichi un tentativo di golpe civile o di rottura dell’ordine istituzionale”.
2. Sul piano economico, 6 anni di crescita sostenuta hanno dato al subcontinente una spinta importante verso uno sviluppo più solido e continuativo. Secondo la CEPAL, la crescita complessiva dell’America Latina nel quinquennio 2003-2007 è stata del 24% così scandita: 2.1 % nel 2003; 6.2 % nel 2004; 4.2% nel 2005; 5.6 % nel 2006; 5.5% nel 2007. Per il 2008 si prevede una crescita del 4.9% subordinata ovviamente all’andamento generale dei mercati internazionali ed agli effetti della grave crisi finanziaria che sta colpendo duramente il mondo occidentale. Anche se non comparabili con quelli della Cina e dell’India, si tratta pur sempre di tassi di sviluppo significativi, soprattutto se paragonati a quelli della crescita mondiale ed europea. Questo positivo andamento è stato senz’altro favorito dal notevole aumento delle esportazioni di commodities, in termini sia di volume sia di prezzi, ma vi hanno influito anche buone politiche macroeconomiche, che hanno contribuito a contenere l’inflazione, ridurre la spesa e controllare i conti pubblici.
3. In questo panorama certamente incoraggiante sussistono tuttavia alcune zone d’ombra. La coesione sociale resta una delle questioni più preoccupanti per il futuro del subcontinente, afflitto ancora da gravi squilibri nella distribuzione della ricchezza. Nonostante alcuni progressi registrati negli ultimi anni, l’America Latina continua ad essere l’area più sperequata del pianeta, con quasi 200 milioni di poveri e oltre 70 milioni di indigenti, ossia il 36,5 % ed il 13,4% della popolazione complessiva: ciò comporta, come effetto aggiuntivo, gravi discriminazioni di fatto, forti disuguaglianze di opportunità e alti livelli di violenza.
Oltre ai problemi legati al consolidamento democratico, c’è da registrare una ricorrente conflittualità nei rapporti tra i vari stati, derivante sia da lunghi contenziosi storici ancora non del tutto risolti, sia da contrasti ideologici tra i governi. Così di volta in volta la Colombia si oppone al Venezuela ed all’Ecuador, il Cile al Perù, l’Argentina all’Uruguay, mentre la Bolivia insiste sul suo tradizionale reclamo di accesso al mare ed il Brasile oscilla fra la tendenza a fare “cavalier seul” e quella di assumere la leadership dell’America meridionale.
4. In questo contesto si è svolto a Lima dal 15 al 17 maggio 2008 il V Vertice UE - America Latina e Carabi che ha fatto il punto sullo stato dei rapporti fra queste due importanti aree del mondo.
Nel documento finale è stato ribadito il carattere “strategico” della relazione biregionale avviata dieci anni fa con il Vertice di Rio de Janeiro (giugno 1999): ciò non ha dato luogo, tuttavia, a quel salto di qualità che sembrerebbe dover scaturire da questa solenne riaffermazione di principio. In effetti, dopo anni di negoziati e, nonostante gli sforzi fatti dall’una e dall’altra parte, non si è ancora concluso nessuno degli accordi di associazione in discussione tra l’UE e le principali aggregazioni subregionali latinoamericane. In proposito la “Dichiarazione di Lima” si limita a formulare auspici e ad avanzare previsioni, sulla cui realizzabilità è difficile scommettere.
Ecco in sintesi lo stato attuale dei tre negoziati.
A. UE-MERCOSUR. Continua ad essere la trattativa più lunga e complessa e quella dagli esiti più incerti. Le difficoltà nascono sia all’interno del Mercosur per le asimmetrie e le divergenze esistenti fra i paesi membri (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, cui si è aggiunto nel luglio 2006 il Venezuela), sia nel legame che esiste fra questo negoziato e quello più ampio che si svolge in seno all’OMC (Doha Round). Così la “Dichiarazione di Lima”, pur sottolineando l’importanza di un accordo “ambizioso e bilanciato”, si limita a ribadire l’impegno delle parti a proseguire le trattative sulla base del lavoro già svolto e ad auspicarne uno sbocco favorevole “appena le condizioni lo consentiranno”.
B. UE-CAN. Anche in questo caso il documento finale prende atto delle difficoltà del negoziato e sottolinea la necessità di superare le asimmetrie che esistono sia all’interno dell’area (in pratica Bolivia ed Ecuador da un lato, Colombia e Perù dall’altro) sia tra quest’area e l’UE, a cui viene richiesto di adottare la necessaria “flessibilità” nell’approccio negoziale. L’auspicio è che i negoziati si concludano positivamente entro il 2009, tenendo presente che essi si svolgono con cadenza trimestrale, alternativamente in America Latina ed in Europa.
C. UE-SICA. È il negoziato che presenta maggiori possibilità di concludersi positivamente entro il 2009: e ciò in considerazione sia della maggiore omogeneità esistente nell’area centroamericana sia della concorde volontà dei paesi, che compongono il SICA, di superare le difficoltà interne in vista dei vantaggi che deriverebbero dall’accordo di associazione con l’UE. È significativo a tale proposito che anche il Panama abbia deciso di aderire al processo di integrazione centroamericana e che altrettanto potrebbe fare il Guatemala nei prossimi mesi.
Proprio la constatazione che i paesi dell’America meridionale, nonostante gli sforzi fatti da molti anni, non riescono ancora a far decollare seriamente i propri processi di integrazione subregionale, ha indotto il presidente del Brasile a lanciare, poco dopo il Vertice di Lima, una nuova ambiziosa iniziativa di aggregazione: l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR), il cui atto costitutivo è stato firmato a Brasilia il 23 maggio 2008 da dodici paesi fondatori. Questa nuova Unione aperta agli altri Paesi, dovrebbe raggruppare in un unico spazio economico-politico ma anche militare (è previsto un Consiglio Sudamericano di Difesa) i cinque paesi del Mercosur, i quattro della Can, nonché il Cile, il Suriname e la Guyana. Essa è destinata a sostituire la Comunità Sudamericana di Nazioni (CSN), creata nel 2005 dal Vertice di Cuzco e rimasta finora sostanzialmente sulla carta. Lula è stato esplicito nel delineare le finalità di Unasur: accantonare divergenze e conflitti e dedicarsi alla formazione di un solido blocco latino-americano capace di competere con le aree più importanti del mondo. Con questa mossa Lula cerca di assumere la leadership dell’America meridionale, proponendo un progetto che sia alternativo tanto all’ambiziosa idea statunitense di creare una vasta zona di libero scambio dall’Alaska alla Terra del Fuoco (ALCA), quanto alla contrastata ipotesi di Chávez di dar vita ad una improbabile “Alternativa Bolivariana delle Americhe” (ALBA).
D’altra parte, se le divergenze all’interno del Mercosur e della Can dovessero rivelarsi insanabili, resterebbe sempre aperta la strada di un negoziato diretto tra l’UE e i singoli paesi, alla stregua di quanto è stato fatto, con reciproca soddisfazione, con gli accordi di associazione economica che l’UE ha stipulato con il Messico (1997) e con il Cile (2002).
5. Oltre ai negoziati di associazione in via di discussione, restano naturalmente in piedi i tre assi tradizionali su cui si sviluppano ormai da tempo le relazioni tra l’UE e l’America Latina: dialogo politico, rafforzamento delle relazioni commerciali, cooperazione allo sviluppo.
Pur in mancanza di novità eclatanti in questi tre ambiti, va ricordato che l’UE è comunque per l’America Latina il primo partner in materia di investimenti esteri (400 miliardi di euro) e di aiuti allo sviluppo (2.7 miliardi di euro per il periodo 2007-2013) ed il secondo partner nel settore commerciale (160 miliardi di euro nel 2007). Sulla base di questi presupposti, autorevoli esponenti europei hanno sottolineato a Lima l’esigenza che l’America Latina offra agli investitori esteri le necessarie garanzie di sicurezza giuridica e di stabilità economica: suscita, infatti, apprensione l’atteggiamento di alcuni paesi (Venezuela, Bolivia), che hanno avviato la nazionalizzazione di settori produttivi, in cui risultano impegnate imprese europee, alcune di esse italiane.
Il documento finale se ne fa carico, affermando la necessità di preservare e promuovere politiche macroeconomiche “ordinate”, attuate in un clima di sicurezza per gli investimenti ed in un quadro internazionale, che consenta ai paesi latinoamericani di sviluppare proprie capacità di produrre beni e servizi con crescente valore aggiunto e di ottenere trasferimenti tecnologici ed investimenti esteri.
A questi assi tradizionali di collaborazione si è aggiunto a Lima l’impegno reciproco ad operare per: a) valorizzare il ruolo delle PMI nello sviluppo industriale dell’America Latina; b) ridurre la povertà, l’indigenza e le disuguaglianze sociali; c) promuovere lo sviluppo sostenibile, la protezione dell’ambiente e l’uso razionale delle risorse idriche ed energetiche; d) implementare gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici, sulla diversità biologica e sulla tutela delle foreste.
Qualche iniziativa concreta – come la messa a punto del programma “Euroclima” e l’istituzione di una “Fondazione UE-AL” – dovrebbe contribuire ad assicurare seguiti operativi ad alcuni dei numerosi impegni assunti a Lima dalle due parti in molteplici e svariati campi.
Una verifica dello stato di avanzamento della collaborazione complessiva fra le due sarà effettuata nel VI Vertice Unione Europea-America Latina, che si terrà in Spagna nel 2010.
1. A livello politico sembrano ormai appartenere al passato golpe e alterazioni violente dell’ordine istituzionale. Con la sola eccezione di Cuba, il ricorso alle urne e il rispetto delle regole democratiche sembrano essere entrati, almeno su piano formale, nella pratica costante del subcontinente: lo attestano le numerose consultazioni elettorali, che si sono svolte negli ultimi anni a livello nazionale, regionale e municipale nella maggior parte dei Paesi. L’approvazione nel 2001 della “Carta Democratica Interamericana” è stata quindi la consacrazione formale di un lungo processo, durato oltre un decennio, e la formalizzazione di una cornice istituzionale di riferimento, che ha trovato puntuale applicazione nei numerosi processi elettorali svoltisi da allora ad oggi. Se ne è avuta una recente conferma in occasione del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei dodici paesi dell’Unasur, svoltosi a Santiago il 15 settembre 2008 per esaminare la difficile situazione politica creatasi in Bolivia. In tale circostanza è stato solennemente riaffermato il rispetto da parte di tutti della democrazia e dei diritti umani e ribadito l’impegno a non riconoscere “qualsiasi situazione che implichi un tentativo di golpe civile o di rottura dell’ordine istituzionale”.
2. Sul piano economico, 6 anni di crescita sostenuta hanno dato al subcontinente una spinta importante verso uno sviluppo più solido e continuativo. Secondo la CEPAL, la crescita complessiva dell’America Latina nel quinquennio 2003-2007 è stata del 24% così scandita: 2.1 % nel 2003; 6.2 % nel 2004; 4.2% nel 2005; 5.6 % nel 2006; 5.5% nel 2007. Per il 2008 si prevede una crescita del 4.9% subordinata ovviamente all’andamento generale dei mercati internazionali ed agli effetti della grave crisi finanziaria che sta colpendo duramente il mondo occidentale. Anche se non comparabili con quelli della Cina e dell’India, si tratta pur sempre di tassi di sviluppo significativi, soprattutto se paragonati a quelli della crescita mondiale ed europea. Questo positivo andamento è stato senz’altro favorito dal notevole aumento delle esportazioni di commodities, in termini sia di volume sia di prezzi, ma vi hanno influito anche buone politiche macroeconomiche, che hanno contribuito a contenere l’inflazione, ridurre la spesa e controllare i conti pubblici.
3. In questo panorama certamente incoraggiante sussistono tuttavia alcune zone d’ombra. La coesione sociale resta una delle questioni più preoccupanti per il futuro del subcontinente, afflitto ancora da gravi squilibri nella distribuzione della ricchezza. Nonostante alcuni progressi registrati negli ultimi anni, l’America Latina continua ad essere l’area più sperequata del pianeta, con quasi 200 milioni di poveri e oltre 70 milioni di indigenti, ossia il 36,5 % ed il 13,4% della popolazione complessiva: ciò comporta, come effetto aggiuntivo, gravi discriminazioni di fatto, forti disuguaglianze di opportunità e alti livelli di violenza.
Oltre ai problemi legati al consolidamento democratico, c’è da registrare una ricorrente conflittualità nei rapporti tra i vari stati, derivante sia da lunghi contenziosi storici ancora non del tutto risolti, sia da contrasti ideologici tra i governi. Così di volta in volta la Colombia si oppone al Venezuela ed all’Ecuador, il Cile al Perù, l’Argentina all’Uruguay, mentre la Bolivia insiste sul suo tradizionale reclamo di accesso al mare ed il Brasile oscilla fra la tendenza a fare “cavalier seul” e quella di assumere la leadership dell’America meridionale.
4. In questo contesto si è svolto a Lima dal 15 al 17 maggio 2008 il V Vertice UE - America Latina e Carabi che ha fatto il punto sullo stato dei rapporti fra queste due importanti aree del mondo.
Nel documento finale è stato ribadito il carattere “strategico” della relazione biregionale avviata dieci anni fa con il Vertice di Rio de Janeiro (giugno 1999): ciò non ha dato luogo, tuttavia, a quel salto di qualità che sembrerebbe dover scaturire da questa solenne riaffermazione di principio. In effetti, dopo anni di negoziati e, nonostante gli sforzi fatti dall’una e dall’altra parte, non si è ancora concluso nessuno degli accordi di associazione in discussione tra l’UE e le principali aggregazioni subregionali latinoamericane. In proposito la “Dichiarazione di Lima” si limita a formulare auspici e ad avanzare previsioni, sulla cui realizzabilità è difficile scommettere.
Ecco in sintesi lo stato attuale dei tre negoziati.
A. UE-MERCOSUR. Continua ad essere la trattativa più lunga e complessa e quella dagli esiti più incerti. Le difficoltà nascono sia all’interno del Mercosur per le asimmetrie e le divergenze esistenti fra i paesi membri (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, cui si è aggiunto nel luglio 2006 il Venezuela), sia nel legame che esiste fra questo negoziato e quello più ampio che si svolge in seno all’OMC (Doha Round). Così la “Dichiarazione di Lima”, pur sottolineando l’importanza di un accordo “ambizioso e bilanciato”, si limita a ribadire l’impegno delle parti a proseguire le trattative sulla base del lavoro già svolto e ad auspicarne uno sbocco favorevole “appena le condizioni lo consentiranno”.
B. UE-CAN. Anche in questo caso il documento finale prende atto delle difficoltà del negoziato e sottolinea la necessità di superare le asimmetrie che esistono sia all’interno dell’area (in pratica Bolivia ed Ecuador da un lato, Colombia e Perù dall’altro) sia tra quest’area e l’UE, a cui viene richiesto di adottare la necessaria “flessibilità” nell’approccio negoziale. L’auspicio è che i negoziati si concludano positivamente entro il 2009, tenendo presente che essi si svolgono con cadenza trimestrale, alternativamente in America Latina ed in Europa.
C. UE-SICA. È il negoziato che presenta maggiori possibilità di concludersi positivamente entro il 2009: e ciò in considerazione sia della maggiore omogeneità esistente nell’area centroamericana sia della concorde volontà dei paesi, che compongono il SICA, di superare le difficoltà interne in vista dei vantaggi che deriverebbero dall’accordo di associazione con l’UE. È significativo a tale proposito che anche il Panama abbia deciso di aderire al processo di integrazione centroamericana e che altrettanto potrebbe fare il Guatemala nei prossimi mesi.
Proprio la constatazione che i paesi dell’America meridionale, nonostante gli sforzi fatti da molti anni, non riescono ancora a far decollare seriamente i propri processi di integrazione subregionale, ha indotto il presidente del Brasile a lanciare, poco dopo il Vertice di Lima, una nuova ambiziosa iniziativa di aggregazione: l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR), il cui atto costitutivo è stato firmato a Brasilia il 23 maggio 2008 da dodici paesi fondatori. Questa nuova Unione aperta agli altri Paesi, dovrebbe raggruppare in un unico spazio economico-politico ma anche militare (è previsto un Consiglio Sudamericano di Difesa) i cinque paesi del Mercosur, i quattro della Can, nonché il Cile, il Suriname e la Guyana. Essa è destinata a sostituire la Comunità Sudamericana di Nazioni (CSN), creata nel 2005 dal Vertice di Cuzco e rimasta finora sostanzialmente sulla carta. Lula è stato esplicito nel delineare le finalità di Unasur: accantonare divergenze e conflitti e dedicarsi alla formazione di un solido blocco latino-americano capace di competere con le aree più importanti del mondo. Con questa mossa Lula cerca di assumere la leadership dell’America meridionale, proponendo un progetto che sia alternativo tanto all’ambiziosa idea statunitense di creare una vasta zona di libero scambio dall’Alaska alla Terra del Fuoco (ALCA), quanto alla contrastata ipotesi di Chávez di dar vita ad una improbabile “Alternativa Bolivariana delle Americhe” (ALBA).
D’altra parte, se le divergenze all’interno del Mercosur e della Can dovessero rivelarsi insanabili, resterebbe sempre aperta la strada di un negoziato diretto tra l’UE e i singoli paesi, alla stregua di quanto è stato fatto, con reciproca soddisfazione, con gli accordi di associazione economica che l’UE ha stipulato con il Messico (1997) e con il Cile (2002).
5. Oltre ai negoziati di associazione in via di discussione, restano naturalmente in piedi i tre assi tradizionali su cui si sviluppano ormai da tempo le relazioni tra l’UE e l’America Latina: dialogo politico, rafforzamento delle relazioni commerciali, cooperazione allo sviluppo.
Pur in mancanza di novità eclatanti in questi tre ambiti, va ricordato che l’UE è comunque per l’America Latina il primo partner in materia di investimenti esteri (400 miliardi di euro) e di aiuti allo sviluppo (2.7 miliardi di euro per il periodo 2007-2013) ed il secondo partner nel settore commerciale (160 miliardi di euro nel 2007). Sulla base di questi presupposti, autorevoli esponenti europei hanno sottolineato a Lima l’esigenza che l’America Latina offra agli investitori esteri le necessarie garanzie di sicurezza giuridica e di stabilità economica: suscita, infatti, apprensione l’atteggiamento di alcuni paesi (Venezuela, Bolivia), che hanno avviato la nazionalizzazione di settori produttivi, in cui risultano impegnate imprese europee, alcune di esse italiane.
Il documento finale se ne fa carico, affermando la necessità di preservare e promuovere politiche macroeconomiche “ordinate”, attuate in un clima di sicurezza per gli investimenti ed in un quadro internazionale, che consenta ai paesi latinoamericani di sviluppare proprie capacità di produrre beni e servizi con crescente valore aggiunto e di ottenere trasferimenti tecnologici ed investimenti esteri.
A questi assi tradizionali di collaborazione si è aggiunto a Lima l’impegno reciproco ad operare per: a) valorizzare il ruolo delle PMI nello sviluppo industriale dell’America Latina; b) ridurre la povertà, l’indigenza e le disuguaglianze sociali; c) promuovere lo sviluppo sostenibile, la protezione dell’ambiente e l’uso razionale delle risorse idriche ed energetiche; d) implementare gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici, sulla diversità biologica e sulla tutela delle foreste.
Qualche iniziativa concreta – come la messa a punto del programma “Euroclima” e l’istituzione di una “Fondazione UE-AL” – dovrebbe contribuire ad assicurare seguiti operativi ad alcuni dei numerosi impegni assunti a Lima dalle due parti in molteplici e svariati campi.
Una verifica dello stato di avanzamento della collaborazione complessiva fra le due sarà effettuata nel VI Vertice Unione Europea-America Latina, che si terrà in Spagna nel 2010.