LA DISCIPLINA DEL FALLIMENTO TRANSFRONTALIERO NELL’UNIONE EUROPEA
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di Angela Maria ROMITO
Il
31 maggio 2002 è entrato in vigore il Regolamento (CE) n. 1346/2000 del
Consiglio dell’Unione europea del 29 maggio 2000, relativo alle
procedure di insolvenza transfrontaliere (in GUCE L 160, del 30.06.2000,
p. 1-18). E’ questo un ulteriore tassello nel mosaico del diritto
processuale europeo, che si inserisce nel più ampio quadro normativo in
materia di cooperazione giudiziaria disegnato dal Consiglio; ricordiamo
che sono stati approvati i seguenti regolamenti: Reg.1347/2000 relativo
alla competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in
materia matrimoniale e di potestà dei genitori sui figli (in GUCE L
160, del 30.06.2000, p. 19-29); Reg.1348/2000 in materia di notifiche
all’estero di atti giudiziari ed extragiudiziale in materia civile e
commerciale (in GUCE L 160, del 30.06.2000, p. 37-52); Reg. 44/2001 che
disciplina la competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni
in materia civile e commerciale (in GUCE L 12. Del 16.01.2001, p. 1-23);
e Reg. 1206 /2001 per l’assunzione delle prove in materia civile e
commerciale (in GUCE L 174, del 27.06.2001, p 1-24).
L'esigenza di realizzare un coordinamento tra gli ordinamenti, a diverso titolo, collegati con fallimenti aventi implicazioni transfrontaliere, deriva dal crescente intrecciarsi di rapporti economici tra soggetti di nazionalità diverse o che si trovano ad operare in paesi differenti; accade, infatti, sempre più di frequente che, in caso di apertura di una procedura concorsuale in un determinato Stato, soltanto una parte dei beni del debitore viene sottoposta all'esecuzione fallimentare, mentre il restante patrimonio, localizzato nel territorio degli altri paesi, viene sottoposto ad una procedura parallela e confliggente o risulta sottratto a qualunque procedura concorsuale. Di qui la necessità di un diritto fallimentare comunitario.
Il regolamento CE si divide in cinque capitoli per un totale di 47 articoli; esso si applicherà esclusivamente nel caso in cui il centro degli interessi principali del debitore sia localizzato all'interno del territorio comunitario (esclusa la Danimarca).
Nel preambolo del progetto di regolamento, al considerando 13, viene specificato che il centro degli interessi principali del debitore va inteso come il "luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile ai terzi, la gestione dei suoi interessi"; per le società e le persone giuridiche si presume che esso sia "il luogo in cui si trova la sede statutaria", mentre manca ogni riferimento alla definizione di centro degli interessi principali del debitore per quanto concerne gli imprenditori individuali (art. 3.3 del regolamento). Ai sensi dell'art. 1, per poter applicare il regolamento, è necessario che una procedura concorsuale sia fondata su: insolvenza del debitore; suo spossessamento, totale o parziale; nomina di un curatore o di un commissario. Nell'allegato A sono elencate, per ogni paese, le procedure aventi le caratteristiche appena descritte; per l'Italia sono indicati: il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria e l'amministrazione controllata. Sono, invece, escluse dal campo di applicazione del regolamento le procedure d'insolvenza riguardanti imprese assicuratrici, enti creditizi, imprese di investimento che detengono fondi o valori mobiliari di terzi e organismi di investimento collettivo (tali soggetti sono sottoposti ad una disciplina ad hoc, in ragione dell’importanza che rivestono nell’economia nazionale).
Le procedure di insolvenza e gli effetti da queste determinati sono regolate, salvo alcune eccezioni, dalla “lex fori concursus”, cioè la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura (art. 4). In ossequio al principio di universalità, il regolamento prevede il riconoscimento automatico delle decisioni straniere di apertura di una procedura principale, basandosi sul principio della fiducia reciproca che gli Stati contraenti devono riporre nelle decisioni che, anche in materia fallimentare, sono pronunciate da giudici appartenenti a Stati comunitari.
A condizione che negli altri Stati membri non vi siano procedure secondarie pendenti, il curatore della procedura principale gode in linea di massima negli altri Stati di tutti i poteri attribuitigli dalla legge dello Stato di apertura, e in particolare può trasferire i beni del debitore fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trovano. Una rilevante eccezione è prevista dall’art.26, ai sensi del quale il mancato riconoscimento di una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro potrà aversi solo se questo possa produrre effetti palesemente contrari all’ordine pubblico di un altro Stato membro. Una volta aperta una procedura principale, è possibile aprire procedure secondarie in Stati diversi a condizione che in essi si trovi una dipendenza, da identificarsi con "qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un'attività economica con mezzi umani e con beni". Le procedure secondarie possono essere aperte su istanza del curatore della procedura principale oppure di qualsiasi persona interessata o autorità legittimata secondo la legge dello Stato di apertura (art. 29), senza che sia necessaria un'ulteriore verifica dello stato di insolvenza del debitore (art. 27). Diversamente dalla procedura principale, le procedure secondarie non hanno effetti transnazionali, bensì solo territoriali ed hanno necessariamente carattere liquidatorio.
In base a quanto disposto dal regolamento esiste una terza tipologia di procedura d'insolvenza: la procedura territoriale, aperta nello Stato in cui il debitore ha una dipendenza prima dell'apertura di una procedura principale, è limitata ai beni presenti nel territorio dello Stato di apertura e, a differenza della procedura secondaria, non ha obbligatoriamente carattere liquidatorio. Il regolamento prevede, inoltre, una specifica disciplina relativa ai diritti dei creditori che devono essere informati, senza ritardo, dell'apertura di una procedura di insolvenza e possono insinuare il proprio credito nella procedura principale o in qualsiasi procedura secondaria ( art.39 ss.).
Il regolamento contiene inoltre disposizioni volte a impedire potenziali disparità di trattamento conseguenti alla diversità delle norme degli Stati membri in materia di ripartizione. Qualora al creditore sia stata riconosciuta una quota del proprio credito in una procedura di insolvenza, egli partecipa ai riparti effettuati in un'altra procedura soltanto allorché i creditori dello stesso grado siano stati soddisfatti in modo equivalente nell'ambito di detta altra procedura. La soluzione sembra valida ed equa, nonché rispondente agli interessi di tutti i creditori.
Passando ad esaminare nel merito alcuni istituiti che hanno carattere innovativo per il nostro sistema in quanto non sono previsti dalle norme concorsuali, merita una certa attenzione la figura del curatore provvisorio. A norma dell’art 38 del regolamento, infatti, il giudice di uno Stato membro dove sia stata avviata la procedura di insolvenza principale, nominerà un curatore provvisorio per garantire la conservazione dei beni del debitore. Tale curatore è legittimato a chiedere tutti i provvedimenti conservativi per i beni del debitore che si trovano in un altro Stato membro, previsti dalla legge di detto Stato per il periodo che separa la richiesta dalla decisione di apertura di una procedura d’insolvenza. Egli, dunque, avrà solo potere di impulso relativamente agli strumenti conservativi del patrimonio e non potrà liquidare nulla. Un’altra novità di cui il legislatore italiano dovrà tener conto riguarda il sistema della pubblicità delle procedure, sia di quelle principali sia di quelle secondarie, con la conseguente necessità di istituire un pubblico registro nel quale dovranno confluire i dati delle procedure.
In virtù dello spirito di leale collaborazione europea, il nuovo sistema presuppone una stretta collaborazione tra i diversi curatori ed in generale tra gli organi delle procedure; la vera sfida per il legislatore italiano, quindi, è porre rimedio all’eccessiva durata delle nostre procedure per evitare che, per esempio, gli organi di una procedura secondaria aperta in un Paese diverso dal nostro debbano attendere il lento svolgimento delle fasi della procedura principale italiana.
L’entrata in vigore del regolamento è , dunque, l’occasione per il legislatore nazionale per una seria riflessione sul sistema concorsuale interno per adeguarlo ai principi generali che informano il provvedimento comunitario.
L'esigenza di realizzare un coordinamento tra gli ordinamenti, a diverso titolo, collegati con fallimenti aventi implicazioni transfrontaliere, deriva dal crescente intrecciarsi di rapporti economici tra soggetti di nazionalità diverse o che si trovano ad operare in paesi differenti; accade, infatti, sempre più di frequente che, in caso di apertura di una procedura concorsuale in un determinato Stato, soltanto una parte dei beni del debitore viene sottoposta all'esecuzione fallimentare, mentre il restante patrimonio, localizzato nel territorio degli altri paesi, viene sottoposto ad una procedura parallela e confliggente o risulta sottratto a qualunque procedura concorsuale. Di qui la necessità di un diritto fallimentare comunitario.
Il regolamento CE si divide in cinque capitoli per un totale di 47 articoli; esso si applicherà esclusivamente nel caso in cui il centro degli interessi principali del debitore sia localizzato all'interno del territorio comunitario (esclusa la Danimarca).
Nel preambolo del progetto di regolamento, al considerando 13, viene specificato che il centro degli interessi principali del debitore va inteso come il "luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile ai terzi, la gestione dei suoi interessi"; per le società e le persone giuridiche si presume che esso sia "il luogo in cui si trova la sede statutaria", mentre manca ogni riferimento alla definizione di centro degli interessi principali del debitore per quanto concerne gli imprenditori individuali (art. 3.3 del regolamento). Ai sensi dell'art. 1, per poter applicare il regolamento, è necessario che una procedura concorsuale sia fondata su: insolvenza del debitore; suo spossessamento, totale o parziale; nomina di un curatore o di un commissario. Nell'allegato A sono elencate, per ogni paese, le procedure aventi le caratteristiche appena descritte; per l'Italia sono indicati: il fallimento, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria e l'amministrazione controllata. Sono, invece, escluse dal campo di applicazione del regolamento le procedure d'insolvenza riguardanti imprese assicuratrici, enti creditizi, imprese di investimento che detengono fondi o valori mobiliari di terzi e organismi di investimento collettivo (tali soggetti sono sottoposti ad una disciplina ad hoc, in ragione dell’importanza che rivestono nell’economia nazionale).
Le procedure di insolvenza e gli effetti da queste determinati sono regolate, salvo alcune eccezioni, dalla “lex fori concursus”, cioè la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura (art. 4). In ossequio al principio di universalità, il regolamento prevede il riconoscimento automatico delle decisioni straniere di apertura di una procedura principale, basandosi sul principio della fiducia reciproca che gli Stati contraenti devono riporre nelle decisioni che, anche in materia fallimentare, sono pronunciate da giudici appartenenti a Stati comunitari.
A condizione che negli altri Stati membri non vi siano procedure secondarie pendenti, il curatore della procedura principale gode in linea di massima negli altri Stati di tutti i poteri attribuitigli dalla legge dello Stato di apertura, e in particolare può trasferire i beni del debitore fuori dal territorio dello Stato membro in cui si trovano. Una rilevante eccezione è prevista dall’art.26, ai sensi del quale il mancato riconoscimento di una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro potrà aversi solo se questo possa produrre effetti palesemente contrari all’ordine pubblico di un altro Stato membro. Una volta aperta una procedura principale, è possibile aprire procedure secondarie in Stati diversi a condizione che in essi si trovi una dipendenza, da identificarsi con "qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un'attività economica con mezzi umani e con beni". Le procedure secondarie possono essere aperte su istanza del curatore della procedura principale oppure di qualsiasi persona interessata o autorità legittimata secondo la legge dello Stato di apertura (art. 29), senza che sia necessaria un'ulteriore verifica dello stato di insolvenza del debitore (art. 27). Diversamente dalla procedura principale, le procedure secondarie non hanno effetti transnazionali, bensì solo territoriali ed hanno necessariamente carattere liquidatorio.
In base a quanto disposto dal regolamento esiste una terza tipologia di procedura d'insolvenza: la procedura territoriale, aperta nello Stato in cui il debitore ha una dipendenza prima dell'apertura di una procedura principale, è limitata ai beni presenti nel territorio dello Stato di apertura e, a differenza della procedura secondaria, non ha obbligatoriamente carattere liquidatorio. Il regolamento prevede, inoltre, una specifica disciplina relativa ai diritti dei creditori che devono essere informati, senza ritardo, dell'apertura di una procedura di insolvenza e possono insinuare il proprio credito nella procedura principale o in qualsiasi procedura secondaria ( art.39 ss.).
Il regolamento contiene inoltre disposizioni volte a impedire potenziali disparità di trattamento conseguenti alla diversità delle norme degli Stati membri in materia di ripartizione. Qualora al creditore sia stata riconosciuta una quota del proprio credito in una procedura di insolvenza, egli partecipa ai riparti effettuati in un'altra procedura soltanto allorché i creditori dello stesso grado siano stati soddisfatti in modo equivalente nell'ambito di detta altra procedura. La soluzione sembra valida ed equa, nonché rispondente agli interessi di tutti i creditori.
Passando ad esaminare nel merito alcuni istituiti che hanno carattere innovativo per il nostro sistema in quanto non sono previsti dalle norme concorsuali, merita una certa attenzione la figura del curatore provvisorio. A norma dell’art 38 del regolamento, infatti, il giudice di uno Stato membro dove sia stata avviata la procedura di insolvenza principale, nominerà un curatore provvisorio per garantire la conservazione dei beni del debitore. Tale curatore è legittimato a chiedere tutti i provvedimenti conservativi per i beni del debitore che si trovano in un altro Stato membro, previsti dalla legge di detto Stato per il periodo che separa la richiesta dalla decisione di apertura di una procedura d’insolvenza. Egli, dunque, avrà solo potere di impulso relativamente agli strumenti conservativi del patrimonio e non potrà liquidare nulla. Un’altra novità di cui il legislatore italiano dovrà tener conto riguarda il sistema della pubblicità delle procedure, sia di quelle principali sia di quelle secondarie, con la conseguente necessità di istituire un pubblico registro nel quale dovranno confluire i dati delle procedure.
In virtù dello spirito di leale collaborazione europea, il nuovo sistema presuppone una stretta collaborazione tra i diversi curatori ed in generale tra gli organi delle procedure; la vera sfida per il legislatore italiano, quindi, è porre rimedio all’eccessiva durata delle nostre procedure per evitare che, per esempio, gli organi di una procedura secondaria aperta in un Paese diverso dal nostro debbano attendere il lento svolgimento delle fasi della procedura principale italiana.
L’entrata in vigore del regolamento è , dunque, l’occasione per il legislatore nazionale per una seria riflessione sul sistema concorsuale interno per adeguarlo ai principi generali che informano il provvedimento comunitario.