LA NORMATIVA COMUNITARIA IN MATERIA DI ORGANISMI GENETICAMENTE MODIFICATI E IL COMMERCIO CON L'ARGENTINA
Archivio > Anno 2003 > Dicembre 2003
di Maximiliano CHAB
La
normativa comunitaria in materia di organismi geneticamente modificati
(OGM) è attualmente in fase di revisione. Il 2 luglio 2003 il Parlamento
europeo ha definito la sua posizione di seconda lettura riguardo la
proposta di Regolamento che modifica la Direttiva 2001/18/CE concernente
la rintracciabilità ed etichettatura degli OGM e la rintracciabilità
dei cibi e mangimi ottenuti da OGM. È opportuno specificare che gli OGM –
in materia agricola – sono quegli organismi che hanno subito una
mutazione nella loro struttura genetica al fine di renderli più
resistenti a determinate malattie e permettere un uso minore di prodotti
agrochimici. Se, come pare attendibile, la suddetta proposta di
Regolamento sarà a breve approvata dal Consiglio può ritenersi che si
ridurranno ulteriormente le possibilità per i produttori argentini
d’introdurre i loro prodotti all’interno del mercato comunitario. Si
consideri che l’Argentina è il secondo esportatore mondiale di
transgenici. Gli Stati Uniti hanno il primato con il 66% degli ettari
destinati alla coltivazione di transgenici, segue l’Argentina con il
23%, al terzo posto si trova il Canada e in quarto luogo la Cina con il
4%.
Due sono i punti chiave della proposta, in primo luogo, in relazione all’etichettatura si prevede che tutti i prodotti transgenici o i derivati di questi dovranno portare la denominazione “Prodotto OGM” e dovrà essere specificato il tipo di OGM di cui si tratta. Attraverso l’etichettatura si dovrà individuare il produttore e dovrà indicarsi espressamente “Questo prodotto è ottenuto da OGM”, ovvero “Questo prodotto/ingrediente è ottenuto da OGM”. Tali espressioni dovranno essere utilizzate anche nella pubblicità del prodotto.
In secondo luogo, per quanto concerne la rintracciabilità si stabilisce che sarà necessario identificare i prodotti geneticamente modificati lungo tutta la catena produttiva, dalla elaborazione sino all’ultima fase di distribuzione. Attraverso la creazione di un codice unico, si vorrebbe garantire la possibilità, in qualunque fase, di verificare chi ha importato il prodotto e da dove esso proviene. A tal fine gli operatori dovranno conservare tutta la documentazione relativa al prodotto per un periodo di 10 anni. La finalità della rintracciabilità è quella di consentire il ritiro immediato, rapido e integrale di tali prodotti GM qualora essi si rivelassero nocivi o pericolosi per la salute umana.
La suddetta normativa comunitaria concerne tutti i tipi di OGM, siano essi materie prime (come la soia e il mais prodotti in Argentina), prodotti derivati (farine o oli) o cibi elaborati a partire da questi ingredienti. Questo potrebbe portare all’eccesso di applicare tale normativa anche alle carni qualora le mucche siano alimentate con mangimi geneticamente modificati.
La legislazione comunitaria, in materia di protezione dei consumatori, è molto più sviluppata di quella emanata dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, e in particolare degli accordi sulle misure sanitarie e fitosanitarie e sugli ostacoli tecnici al commercio, poiché si basa su un approccio più amplio del principio di precauzione, e sul diritto dei consumatori ad essere informati per effettuare una scelta ponderata tra i diversi prodotti. È vero tuttavia che misure come quelle stabilite dalla proposta di regolamento in questione potranno costituire, per economie come quella dell’Argentina, un onere praticamente impossibile da sostenere.
Nel caso argentino, circa 13 milioni di ettari sono destinati alla produzione di OGM (la soia copre il 61%, il mais il 21%) e le vendite verso i Paesi UE raggiungono i 2.000 milioni di dollari. Se l’Unione europea obbligherà ad etichettare tutti i prodotti GM, il risultato potrebbe essere il rifiuto automatico di tali prodotti da parte dei consumatori, data la pubblicità negativa che gli OGM hanno in Europa.
I Paesi come l’Argentina, forti produttori di OGM, con economie basate essenzialmente dall’esportazione di commodities affronteranno un duplice problema. Da una parte, sotto il profilo economico, si ritiene che l’industria agricola avrà bisogno di circa 280 milioni di dollari in più all’anno per avere linee di produzione differenziate, al fine di poter separare la soia transgenica da quella organica. Tale problema, di ordine economico, pare purtroppo non avere soluzione poiché sarà impossibile che i produttori argentini che vogliono esportare in Europa possano affrontare tali costi. Dall’altra, si prospetta un problema di carattere giuridico poiché dal 1998 la Comunità europea ha smesso di prendere in considerazione le richieste avanzate dai Paesi produttori di OGM (tra cui l’Argentina) per l’approvazione di nuovi prodotti biotecnologici. Questo ha indotto alcuni paesi tra cui l’Argentina a richiedere delle consultazioni secondo la procedura prevista nell’ambito del Sistema di Soluzione delle Controversie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (si veda la richiesta del 14 maggio 2003 - documento WT/DS293/1). Anche gli Stati Uniti e il Canada hanno chiesto consultazioni alla Comunità europea per la moratoria imposta sugli OGM. A tali richieste si sono aggiunte quelle dell’Australia, Brasile, Canada, Stati Uniti, India, Messico e Nuova Zelanda.)
L’aspetto positivo della richiesta di consultazioni presentata dai paesi interessati si deve al fatto che, sebbene non sia detto che la moratoria imposta dalla CE sarà abrogata, tuttavia la CE dovrà assumere una posizione chiara in questa materia, così rilevante per l’economia e la salute pubblica.
Due sono i punti chiave della proposta, in primo luogo, in relazione all’etichettatura si prevede che tutti i prodotti transgenici o i derivati di questi dovranno portare la denominazione “Prodotto OGM” e dovrà essere specificato il tipo di OGM di cui si tratta. Attraverso l’etichettatura si dovrà individuare il produttore e dovrà indicarsi espressamente “Questo prodotto è ottenuto da OGM”, ovvero “Questo prodotto/ingrediente è ottenuto da OGM”. Tali espressioni dovranno essere utilizzate anche nella pubblicità del prodotto.
In secondo luogo, per quanto concerne la rintracciabilità si stabilisce che sarà necessario identificare i prodotti geneticamente modificati lungo tutta la catena produttiva, dalla elaborazione sino all’ultima fase di distribuzione. Attraverso la creazione di un codice unico, si vorrebbe garantire la possibilità, in qualunque fase, di verificare chi ha importato il prodotto e da dove esso proviene. A tal fine gli operatori dovranno conservare tutta la documentazione relativa al prodotto per un periodo di 10 anni. La finalità della rintracciabilità è quella di consentire il ritiro immediato, rapido e integrale di tali prodotti GM qualora essi si rivelassero nocivi o pericolosi per la salute umana.
La suddetta normativa comunitaria concerne tutti i tipi di OGM, siano essi materie prime (come la soia e il mais prodotti in Argentina), prodotti derivati (farine o oli) o cibi elaborati a partire da questi ingredienti. Questo potrebbe portare all’eccesso di applicare tale normativa anche alle carni qualora le mucche siano alimentate con mangimi geneticamente modificati.
La legislazione comunitaria, in materia di protezione dei consumatori, è molto più sviluppata di quella emanata dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, e in particolare degli accordi sulle misure sanitarie e fitosanitarie e sugli ostacoli tecnici al commercio, poiché si basa su un approccio più amplio del principio di precauzione, e sul diritto dei consumatori ad essere informati per effettuare una scelta ponderata tra i diversi prodotti. È vero tuttavia che misure come quelle stabilite dalla proposta di regolamento in questione potranno costituire, per economie come quella dell’Argentina, un onere praticamente impossibile da sostenere.
Nel caso argentino, circa 13 milioni di ettari sono destinati alla produzione di OGM (la soia copre il 61%, il mais il 21%) e le vendite verso i Paesi UE raggiungono i 2.000 milioni di dollari. Se l’Unione europea obbligherà ad etichettare tutti i prodotti GM, il risultato potrebbe essere il rifiuto automatico di tali prodotti da parte dei consumatori, data la pubblicità negativa che gli OGM hanno in Europa.
I Paesi come l’Argentina, forti produttori di OGM, con economie basate essenzialmente dall’esportazione di commodities affronteranno un duplice problema. Da una parte, sotto il profilo economico, si ritiene che l’industria agricola avrà bisogno di circa 280 milioni di dollari in più all’anno per avere linee di produzione differenziate, al fine di poter separare la soia transgenica da quella organica. Tale problema, di ordine economico, pare purtroppo non avere soluzione poiché sarà impossibile che i produttori argentini che vogliono esportare in Europa possano affrontare tali costi. Dall’altra, si prospetta un problema di carattere giuridico poiché dal 1998 la Comunità europea ha smesso di prendere in considerazione le richieste avanzate dai Paesi produttori di OGM (tra cui l’Argentina) per l’approvazione di nuovi prodotti biotecnologici. Questo ha indotto alcuni paesi tra cui l’Argentina a richiedere delle consultazioni secondo la procedura prevista nell’ambito del Sistema di Soluzione delle Controversie dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (si veda la richiesta del 14 maggio 2003 - documento WT/DS293/1). Anche gli Stati Uniti e il Canada hanno chiesto consultazioni alla Comunità europea per la moratoria imposta sugli OGM. A tali richieste si sono aggiunte quelle dell’Australia, Brasile, Canada, Stati Uniti, India, Messico e Nuova Zelanda.)
L’aspetto positivo della richiesta di consultazioni presentata dai paesi interessati si deve al fatto che, sebbene non sia detto che la moratoria imposta dalla CE sarà abrogata, tuttavia la CE dovrà assumere una posizione chiara in questa materia, così rilevante per l’economia e la salute pubblica.